15 Luglio 1970

Aspetti positivi in un tempo di prova

Abbiamo parlato tante volte, in queste Udienze generali, del Concilio, sempre in termini elementari per adeguarci alla natura di questi incontri brevi e familiari, e ci accorgiamo che molto, per non dire tutto, resterebbe da dire.

Avremo sempre modo, a Dio piacendo, di ritornare a questa grande scuola per trarne insegnamenti antichi e nuovi, e specialmente per avere lumi direttivi all'opera di « aggiornamento » ( secondo la celebre parola del nostro venerato predecessore Papa Giovanni XXIII, nel suo discorso di apertura del Concilio ecumenico ), cioè all'opera di adattamento della vita e della esposizione della dottrina della Chiesa, sempre salva l'integrità della sua essenza e della sua fede, alle esigenze della sua missione apostolica, secondo le vicende della storia e le condizioni dell'umanità, a cui tale missione si rivolge.

Ma siamo tutti desiderosi di spostare lo sguardo dal Concilio al Post-Concilio, cioè ai risultati che da esso sono stati generati, alle conseguenze che ne sono derivate, all'accoglienza che la Chiesa ed il mondo hanno fatto agli avvenimenti e agli insegnamenti conciliari.

Il Concilio, come episodio storico, è già di ieri; il nostro temperamento moderno ci porta a guardare al presente, anzi all'avvenire.

Il Post-Concilio assume ora grande interesse.

Quali effetti ha prodotto il Concilio? quali altri può e deve produrre?

Tutti siamo convinti che cinque anni dalla conclusione del Concilio non bastano per dare su di esso e sulla sua importanza, sulla sua efficacia un giudizio esatto e definitivo; e siamo tuttavia tutti parimenti convinti che il Concilio non si può dire concluso allo scadere della sua durata, come succede di tanti avvenimenti che il tempo, passando, seppellisce e consente che solo gli studiosi delle cose morte ne conservino viva la memoria.

È il Concilio un avvenimento che dura, non solo nella memoria, ma nella vita della Chiesa, e che è destinato a durare, dentro e fuori di lei, per lungo tempo ancora.

Tensioni, novità, trasformazioni

Questo primo aspetto del Post-Concilio meriterebbe lunga considerazione, non foss'altro per determinare se l'eredità del Concilio è semplicemente una permanenza, o se è anche un processo in via di sviluppo;

per stabilire cioè quali insegnamenti esso ci ha lasciati da ritenere stabili e fissi, come in genere succedeva dopo gli antichi Concili conclusi con delle definizioni dogmatiche, ancora oggi e per sempre valide nel patrimonio della fede;

e quali altri esso ci ha annunciati da svolgere e da sperimentare in una successiva fecondità, come è da supporre che principalmente lo siano quelli del Vaticano secondo, qualificato piuttosto come Concilio pastorale, cioè rivolto all'azione.

Esame questo importante e difficile, che non senza l'assistenza del magistero ecclesiastico può essere via via compiuto.

Un secondo aspetto, che impegna oggi l'attenzione di tutti, è lo stato presente della Chiesa, posto a confronto con quello anteriore al Concilio; e siccome lo stato presente della Chiesa si può dire caratterizzato da tante agitazioni, tensioni, novità, trasformazioni, discussioni, eccetera, subito i pareri si dividono:

chi rimpiange la supposta tranquillità di ieri, e chi gode finalmente dei mutamenti in corso;

chi parla di disintegrazione della Chiesa e chi sogna il sorgere d'una nuova Chiesa;

chi trova che le novità siano troppe e troppo rapide, e quasi sovversive della tradizione e dell'identità della Chiesa autentica;

e chi invece accusa lento e pigro e forse reazionario lo svolgimento delle riforme già compiute o iniziate;

chi vorrebbe ricostituire la Chiesa secondo la sua figura primitiva, contestando la legittimità del suo logico sviluppo storico;

e chi vorrebbe invece sospingere questo sviluppo nelle forme profane della vita corrente fino a dissacrare e a secolarizzare la Chiesa, disgregandone le strutture a vantaggio d'una semplice, gratuita e inconsistente vitalità carismatica; e così via.

L'ora presente è ora di tempesta e di transizione.

Il Concilio non ci ha dato, per adesso, in molti settori, la tranquillità desiderata; ma piuttosto ha suscitato turbamenti e problemi, certamente non vani all'incremento del regno di Dio nella Chiesa e nelle singole anime; ma è bene ricordare: questo è un momento di prova.

Chi è forte nella fede e nella carità può godere di questo cimento ( Cfr. S. TH. IIª-IIæ, 123, 8 ).

È necessario vigilare

Non diciamo di più.

Le riviste e le librerie sono inondate di pubblicazioni circa la fase feconda e critica della Chiesa nella stagione storica Post-conciliare.

Occorre vigilare.

Lo Spirito di scienza, di consiglio, di intelletto e di sapienza è oggi da invocare con particolare fervore.

Fermenti nuovi si agitano d'intorno a noi; sono buoni, o nocivi?

Tentazioni nuove e doveri nuovi balzano davanti a noi.

Ripetiamo le esortazioni di San Paolo: « Sempre siate lieti.

E pregate senza smettere mai.

In ogni cosa rendete grazie ( a Dio ); perché questa è la volontà di Dio, a voi manifestata in Gesù Cristo.

Non spegnete lo spirito.

Le profezie non le trascurate.

Tutto esaminate; ritenete ciò ch'è buono.

Da ogni specie di male astenetevi » ( 1 Ts 5,16-22 ).

Aggiungeremo semplicemente la raccomandazione ad una triplice fedeltà.

Fedeltà al Concilio: procuriamo di conoscere meglio, di studiare, di esplorare, di penetrare i suoi magnifici e ricchissimi insegnamenti.

Forse la loro stessa abbondanza, la loro densità, la loro autorità ha scoraggiato molti dalla lettura e dalla meditazione di così alta e impegnativa dottrina.

Molti, che parlano del Concilio, non ne conoscono i meravigliosi e poderosi documenti.

Alcuni, a cui preme più la contestazione e il cambiamento precipitoso e sovversivo, osano insinuare che il Concilio è ormai superato; serve, essi osano pensare, solo per demolire, non per costruire.

Invece chi vuol vedere nel Concilio l'opera dello Spirito Santo e degli organi responsabili della Chiesa ( ricordiamo la qualificazione teologica del primo Concilio, quello di Gerusalemme: Visum est Spiritui Sancta et nobis, è parso allo Spirito Santo e a noi … ) ( At 15,28 ) prenderà in mano con assiduità e riverenza il « tomo » del recente Concilio, e procurerà di farne alimento e legge per la propria anima e per la propria comunità.

Seconda fedeltà.

Fedeltà alla Chiesa.

Capirla bisogna, amarla, servirla, promuoverla.

Sia perché segno e perché strumento di salvezza.

Sia perché oggetto dell'amore immolato di Cristo: Egli dilexit Ecclesiam et se ipsum tradidit pro ea, amò la Chiesa e diede se stesso per lei ( Ef 5,25 ).

E sia perché noi siamo la Chiesa, quel corpo mistico di Cristo, nel quale siamo vitalmente inseriti, e nel quale avremo noi stessi la nostra eterna fortuna.

Questa fedeltà alla Chiesa, voi lo sapete, è oggi da molti tradita, discussa, interpretata a modo proprio, minimizzata; cioè né compresa nel suo profondo e autentico significato, né professata con l'ossequio e la generosità che, non per nostra mortificazione, ma per nostro esperimento e nostro onore, essa si merita.

E finalmente: fedeltà a Cristo.

Tutto è qui.

Non vi ripeteremo soltanto le parole di Simone Pietro, del quale siamo miseri, ma veri successori, e sulla tomba del quale ora qui ci troviamo: « Signore, a chi andremo noi? Tu solo hai parole di vita eterna » ( Gv 6,69 ).

Fedeltà a Cristo.

Questo deve essere il Post-Concilio, Fratelli e Figli carissimi.

Con la Nostra Apostolica Benedizione.