3 Ottobre 1973

Nel Vangelo la sorgente di energia per attuare la giustizia umana e sociale

Figli carissimi,

Noi tutti, alunni di Cristo, il Maestro dell'umanità, noi tutti illuminati dalla sua scienza della vita, considerata nel disegno totale dei suoi veri valori e dei suoi supremi destini, noi tutti perciò resi particolarmente sensibili agli avvenimenti del nostro tempo e alle sorti dell'umanità, dobbiamo essere i più attenti e i più sensibili sia alle condizioni in cui gli uomini vivono, sia ai fatti che si riferiscono a quell'equilibrio in cui si svolgono, o dovrebbero svolgersi, i rapporti fra gli uomini, al quale equilibrio diamo il nome sublime e potente di giustizia.

La giustizia, ossia la forma autentica, la forma veramente umana e razionale, che deve, o dovrebbe regolare la convivenza umana, è un ideale al quale noi cristiani, noi cattolici specialmente, dobbiamo dedicare pensiero ed azione con grande impegno, anzi oggi con accresciuto interesse, per il fatto, veramente strano, che a mano a mano che il progresso si svolge nel mondo ( con la cultura, la tecnica, la ricchezza, ecc. ), non progredisce per ciò stesso la giustizia, cioè quell'ordine umano, che costituisce il più alto valore sociale; anzi spesso l'accresciuto benessere di alcuni avviene a spese di altri, o almeno sveglia in coloro, ai quali non è stato possibile conseguire un eguale benessere, un senso d'infelicità, un senso d'ingiustizia, e perciò un desiderio di lotta e di rivendicazione di pari, o anche di superiore fortuna.

Perché vi parliamo noi di questo grande fenomeno sociale, ch'è il problema della giustizia sociale?

Perché noi tutti abbiamo una prossima occasione di dedicarvi nuovo studio e opera nuova; e quest'occasione è l'Anno Santo, nella cui sfera noi stiamo entrando.

Ascoltate. È chiaro che l'Anno Santo vuol essere un avvenimento eminentemente religioso.

La religione deve prendere più che mai in tale periodo, caratterizzato da intensa coscienza spirituale e da particolari osservanze di profonda pietà, il governo delle nostre anime; dobbiamo in tale singolare e stimolante circostanza sentirci cristiani, pervasi dalla fede e attenti alle buone e intime esortazioni dello Spirito.

E proprio perciò essa deve esercitare su di noi un forte e nuovo stimolo per la causa della giustizia nel mondo.

Questo effetto altro non è che l'avvertenza dell'inevitabile e magnifico collegamento fra l'amore a Dio, primo e riassuntivo precetto offerto all'essere umano, e l'amore al prossimo, che dal primo deriva e al primo necessariamente si accompagna.

Ora, ricordate bene, la vera e progressiva giustizia nasce dall'amore.

Questa è una verità non soltanto teoretica; è una verità feconda della nostra concezione sociale, e distingue il nostro modo d'essere, di pensare e d'operare da quei sistemi dottrinali, politici, sociali, che traggono dall'odio, dall'interesse, dalla sola simpatia filantropica, dalle prevalenti tendenze dell'opinione pubblica i principii del diritto e del dovere sociale, cioè della giustizia.

Sembra a noi importante, alle soglie dell'Anno Santo, richiamare testualmente le parole, consegnate alla Chiesa e al mondo, dal Sinodo episcopale del 1971, circa la giustizia nel mondo: « Il messaggio cristiano integra nell'attitudine stessa dell'uomo verso Dio la sua attitudine verso gli altri uomini; la sua risposta all'amore di Dio, che ci salva mediante Cristo, non diventa effettiva se non nell'amore e nel servizio per gli altri.

L'amore del prossimo e la giustizia sono inseparabili.

L'amore innanzi tutto implica un'esigenza radicale di giustizia, cioè un riconoscimento della dignità e dei diritti del prossimo.

La giustizia poi raggiunge la sua pienezza interiore solo nell'amore.

Perché in realtà ogni uomo è immagine visibile di Dio invisibile, e fratello di Cristo; perciò il cristiano trova in ciascun uomo Dio stesso con la sua esigenza assoluta di giustizia ».

Questi i principii.

Dobbiamo ricordarli e riaffermarli, e precisamente in questa occasione?

che si affaccia sulla storia d'un mondo che non sembra capace di cavare dalle sue stesse conquiste quella felicità,

quella umanità, alla quale aspira con esasperata coscienza:

l'odio, da cui certi movimenti sociali derivano la loro forza, la lotta implacabile d'uomo contro uomo, alla quale si impegnano,

e la conseguente concezione classista della società,

la valutazione preponderante attribuita ai valori economici e alla filosofia materialista del mondo e della vita;

come, d'altra parte, l'egoismo, di cui è imbevuto l'uomo nella ricchezza e nel potere,

e l'opinione statica dell'ordine, o del disordine sociale, della giustizia e del diritto,

come pure quella che il progresso sociale si realizza da sé, senza bisogno d'interventi onerosi e difficili, eccetera,

dicono l'insufficienza, o l'errore dei principii dai quali parte il « gigante cieco », ch'è l'uomo moderno, privo della luce, cioè della sapienza, che il cristianesimo ha fatto risplendere sulla scena del mondo.

Ma ancora attenzione.

Abbiamo noi cristiani, privilegiati possessori dei veri principii fondamentali della vita, la logica, il coraggio, l'arte, la pazienza per cavare da essi la fecondità, di cui sono potenzialmente capaci?

Un grande dovere di coerenza insorge davanti a noi.

Senza mutuare da fonti estranee e alla fine deludenti la dottrina e l'energia per la giustizia fra gli uomini e per l'amore che ne deve intessere la socialità, non dovremmo noi attingere d'al Vangelo e dalle interpretazioni che la Chiesa vi ha date, la norma amorosa e audace per rimetterci nuovamente a promuovere la giustizia nel mondo?

E non sarebbe questa ora di religioso fervore, ch'è l'Anno Santo, quella propizia?

Noi lo desideriamo di cuore, offrendo anche l'umile nostra opera per la causa della giustizia nel mondo, e sperando d'avere la Chiesa tutta, associata nella grande impresa, al servizio e al seguito di tutti gli uomini di buona volontà.

Con la nostra Apostolica Benedizione