17 Maggio 1978

Nella sapienza della croce la fiducia nell'avvenire

Bisogna pensare, anzi ripensare.

Noi siamo in un momento storico, nel quale la situazione della società si evolve, si trasforma, si presenta con nuovi problemi, nuove difficoltà, nuove possibilità.

La scena esterna della vita ha una grande ripercussione sui nostri animi.

La tragedia dell'on. Moro, e degli uomini della sua scorta, ci ha turbati profondamente; la sua conclusione ci fa riflettere tristemente a questo avvenimento, come ad una crisi, il cui epilogo non ha ancora sciolto i problemi ch'essa solleva; sebbene nuovi aspetti dell'infausto dramma si aprano davanti a noi come indizi di novità migliori.

Ma quanti fatti si pongono, che turbano le previsioni concepite sul mondo sognato nell'ordine, nella giustizia, nella pace, e funestato da leggi inaccettabili, da contrasti non mai sopiti, da questioni che il progresso stesso fa sorgere e inasprisce …

Un senso di pessimismo viene a soffocare tante speranze serene e a scuotere la nostra fiducia nella bontà del genere umano.

È una riflessione dolorosa e pericolosa la nostra, perché svuota la fiducia nell'avvenire d'un mondo giusto e felice.

Ecco: qui deve fermarsi lo slittamento del nostro possibile pessimismo.

Faremo questa operazione di ricupero del nostro doveroso ottimismo con alcuni pensieri fondamentali, che dobbiamo trarre dalla nostra coscienza religiosa, senza pregiudicare quelli che possiamo derivare anche dalla nostra ragione e dalla nostra esperienza.

Il primo pensiero confortatore lo dobbiamo chiedere alla esistenza e alla bontà di Dio, che lascia alla vicenda umana i sinistri sviluppi che possono derivarle dalla capricciosa, instabile, fallibile libertà, che l'economia del governo superiore del mondo concede a quel minuscolo, ma terribile essere, che si chiama uomo, il quale per difetto o per malizia ( con la complicità d'un altro essere misterioso e malefico, il diavolo! ), può turbare lo svolgimento ideale e regolare dell'operare dell'uomo stesso.

Ma questo disordine non immobilizza la mano di Dio, che può intervenire e può trarre un bene nuovo dal male causato dalla cattiveria della sua creatura.

Anzi questa operazione di restauro dell'ordine è un altro grande effetto della presenza divina nella scena umana, la quale presenza può dedurre effetti positivi da ogni umana situazione; ricordiamo San Paolo, il quale ci assicura che « tutto concorre al bene di coloro che amano Iddio » ( Rm 8,28 ).

Ed una delle arti della Provvidenza a nostro riguardo è proprio quella di farci trovare tesori di salvezza nell'esperienza stessa di certi mali, che fanno soffrire la nostra esistenza.

E qui ricordiamo la parola immensamente consolatrice, innovatrice di Cristo stesso: « Beati gli afflitti, perché saranno consolati ( Mt 5,4 ), alla quale fa eco un'altra parola del divino Maestro, relativa alle tribolazioni del periodo estremo della storia: « con la vostra pazienza, voi salverete le vostre anime » ( Lc 21,19 ).

Vi è nell'umana sofferenza una certezza, che dovrebbe consolarla e renderla tollerabile, ed è che la sofferenza non è inutile: essa è collegata con un premio che faceva dire a San Francesco d'Assisi, pur afflitto dalle sue stimmate: « tanta è la gioia che mi aspetto, che ogni pena mi è diletto ».

Fra le grandi meraviglie operate dal cristianesimo vi è ancor quella di aver insegnato a soffrire pazientemente e a scoprire tesori di umanità e di grazia nel dolore e nella sventura ( Cfr. Fr. Coppée, La bonne souffrance, 1908 ).

Perciò il nostro ripensamento ci riconduce all'ottimismo, il quale non è solo una tesi intellettuale, ma è altresì quella visione della vita, anzi quella esperienza che dà grandezza e non illusorio conforto a chi vive il cristianesimo e sa trovare nella croce la sapienza e l'energia di cui ha bisogno la nostra povera ma eroica esistenza.

Con la nostra Benedizione Apostolica.