13 Ottobre 1993

1. Il Concilio Vaticano II determina il posto che, sulla linea della tradizione più antica, occupano i Diaconi nella gerarchia ministeriale della Chiesa: “In un grado inferiore della gerarchia stanno i diaconi, ai quali sono imposte le mani “non per il sacerdozio, ma per un ministero”.

Infatti sostenuti dalla grazia sacramentale nel ministero della liturgia, della predicazione e della carità, servono il popolo di Dio, in comunione col Vescovo e il suo presbiterio” ( Lumen Gentium, 29 ).

La formula “non per il sacerdozio, ma per un ministero” è ripresa da un testo della Traditio apostolica di Ippolito, ma il Concilio la colloca su di un orizzonte più ampio.

In questo testo antico, il “ministero” viene precisato come “servizio del Vescovo”; il Concilio pone l’accento sul servizio del popolo di Dio.

Infatti, già questo significato fondamentale del servizio diaconale era stato affermato all’origine da sant’Ignazio di Antiochia, che chiamava i Diaconi “ministri della Chiesa di Dio”, ammonendo che per questo motivo erano obbligati a piacere a tutti ( cf. Ad Tral., 2, 3 ).

Oltre che come ausiliario del Vescovo, nel corso dei secoli il Diacono è stato considerato al servizio anche della comunità cristiana.

2. Per essere ammessi a svolgere le loro funzioni, i Diaconi ricevono, prima ancora dell’Ordinazione, i ministeri di lettore e di accolito.

Il conferimento di questi due ministeri manifesta un duplice orientamento essenziale nelle funzioni diaconali, come spiega la Lettera apostolica Ad Pascendum di Paolo VI ( 1972 ): “In particolare conviene che i ministeri di lettore e di accolito siano affidati a coloro che, come candidati all’Ordine del diaconato o del presbiterato, desiderano consacrarsi in modo speciale a Dio e alla Chiesa.

Questa infatti, proprio perché “mai non cessa di nutrirsi del pane della vita dalla mensa sia della parola di Dio che del corpo di Cristo, e di proporlo ai fedeli”, ritiene molto opportuno che i candidati agli Ordini sacri, tanto con lo studio quanto con l’esercizio graduale del ministero della parola e dell’altare, conoscano e meditino per un intimo contatto questo duplice aspetto della funzione sacerdotale” ( Ench. Vat., IV, 1781 ).

Questo orientamento vale non soltanto per la funzione sacerdotale, ma anche per quella diaconale.

3. Bisogna ricordare che, prima del Concilio Vaticano II, lettorato ed accolitato erano considerati come degli Ordini minori.

Già nel 252 il Papa Cornelio, in una lettera ad un Vescovo, indicava sette gradi nella Chiesa di Roma ( cf. Eusebio, Hist. Eccl., VI, 43: PG 20, 622 ): sacerdoti, diaconi, suddiaconi, accoliti, esorcisti lettori e ostiarii.

Nella tradizione della Chiesa latina erano ammessi tre ordini maggiori: sacerdozio, diaconato, suddiaconato; e quattro ordini minori: accolitato, esorcistato, lettorato, ostiariato.

Era un ordinamento della struttura ecclesiastica dovuto alle necessità delle comunità cristiane nei secoli e determinato dall’autorità della Chiesa.

Con il ristabilimento del diaconato permanente, questa struttura è stata cambiata e per quanto riguarda l’ambito sacramentale, riportata ai tre Ordini di istituzione divina: diaconato, presbiterato, Episcopato.

Infatti Paolo VI, nella sua Lettera apostolica sui ministeri della Chiesa latina ( 1972 ), ha soppresso – oltre alla “tonsura”, che segnava l’ingresso nello stato clericale – il suddiaconato le cui funzioni sono demandate al lettore e all’accolito.

Ha mantenuto il lettorato e l’accolitato, ma considerati non più come Ordini, ma come ministeri, e conferiti non per “ordinazione”, ma per “istituzione”.

Questi ministeri devono essere ricevuti dai candidati al diaconato e al presbiterato, ma sono accessibili anche a laici che nella Chiesa vogliano assumere i soli impegni che vi corrispondono: il lettorato, come ufficio di leggere la Parola di Dio nell’assemblea liturgica, ad eccezione del Vangelo, e di assumere alcune funzioni ( come dirigere il canto, istruire i fedeli ); e l’accolitato, istituito per aiutare il Diacono e per fare da ministro al Sacerdote ( cf. Ministeria quaedam, V, VI: Ench. Vat., IV, 1762-1763 ).

4. Il Concilio Vaticano II elenca le funzioni liturgiche e pastorali del Diacono: “Amministrare solennemente il Battesimo, conservare e distribuire l’Eucaristia, assistere e benedire in nome della Chiesa il Matrimonio, portare il Viatico ai moribondi, leggere la Sacra Scrittura ai fedeli istruire ed esortare il popolo, presiedere al culto e alla preghiera dei fedeli, amministrare i sacramentali, dirigere il rito funebre e della sepoltura” ( LG 29 ).

Il Papa Paolo VI, nella Sacrum Diaconatus Ordinem ( n. 22,10 ): Ench. Vat., II, 1392 ), ha inoltre disposto che il Diacono può “guidare legittimamente, in nome del parroco o del Vescovo, le comunità cristiane disperse”.

È una funzione missionaria da svolgere nei territori, negli ambienti, negli strati sociali, nei gruppi, dove manchi o non sia facilmente reperibile il Presbitero.

Specialmente nei luoghi dove nessun Sacerdote sia disponibile per celebrare l’Eucaristia, il Diacono riunisce e dirige la comunità in una celebrazione della Parola con distribuzione delle sacre Specie, debitamente conservate.

È una funzione di supplenza che il Diacono svolge per mandato ecclesiale quando si tratta di rimediare alla scarsità di Sacerdoti.

Ma questa supplenza, che non può mai essere completamente sostitutiva, richiama, alle comunità prive di Sacerdote, l’urgenza di pregare per le vocazioni sacerdotali e di adoperarsi per favorirle come un bene comune per la Chiesa e per loro stesse.

Anche il Diacono deve promuovere questa preghiera.

5. Sempre secondo il Concilio, le funzioni attribuite al Diacono non possono diminuire il ruolo dei laici chiamati e disposti a collaborare con la gerarchia nell’apostolato.

Anzi, tra i compiti del Diacono vi è quello di “promuovere e sostenere le attività apostoliche dei laici”.

In quanto presente e inserito più del Sacerdote negli ambiti e nelle strutture secolari, egli si deve sentire incoraggiato a favorire l’avvicinamento tra il ministero ordinato e le attività dei laici, nel comune servizio del Regno di Dio.

Altra funzione dei Diaconi è quella caritativa, che comporta anche un opportuno servizio nell’amministrazione dei beni e nelle opere di carità della Chiesa.

I Diaconi hanno in questo campo la funzione di “esercitare, in nome della gerarchia, i doveri della carità e dell’amministrazione, nonché le opere di servizio sociale” ( Paolo VI, Sacrum Diaconatus Ordinem, 22,9 ): Ench. Vat., II, 1392 ).

A questo riguardo il Concilio rivolge loro una raccomandazione che deriva dalla più antica tradizione delle comunità europee: “Essendo dedicati agli uffici di carità e di assistenza, i diaconi si ricordino del monito di san Policarpo: « misericordiosi, attivi, camminanti nella verità del Signore, il quale si è fatto servo di tutti »” ( Lumen Gentium, 29; cf. Ad Phil., 5,2, ed. Funk, I, p. 300 ).

6. Sempre secondo il Concilio, il diaconato sembra particolarmente utile nelle giovani Chiese.

Perciò il Decreto Ad gentes stabilisce: “Laddove le Conferenze Episcopali lo riterranno opportuno, si restauri l’Ordine diaconale come stato permanente, a norma della costituzione “sulla Chiesa”.

È bene, infatti, che uomini, i quali di fatto esercitano il ministero del Diacono, o perché come catechisti predicano la Parola di Dio, o perché a nome del parroco e del Vescovo sono a capo di comunità cristiane lontane, o perché esercitano la loro carità attraverso appunto le opere sociali e caritative, siano confermati e stabilizzati per mezzo della imposizione delle mani, che è tradizione apostolica, e siano più saldamente congiunti all’altare per poter esplicare più fruttuosamente il loro ministero con l’aiuto della grazia sacramentale del diaconato” ( Ad Gentes, 16 ).

È noto che dove l’azione missionaria ha fatto sorgere nuove comunità cristiane, i catechisti svolgono spesso un ruolo essenziale.

In molti luoghi sono essi che animano la comunità, la istruiscono, la fanno pregare.

L’Ordine del diaconato può confermarli nella missione che esercitano, mediante una consacrazione più ufficiale e un mandato più espressamente conferito dall’autorità della Chiesa con il conferimento di un sacramento, nel quale, oltre la partecipazione alla fonte di ogni apostolato, che è la grazia di Cristo Redentore, effusa nella Chiesa dallo Spirito Santo, si riceve un carattere indelebile che configura in modo speciale il cristiano a Cristo, “il quale si è fatto “Diacono”, cioè il servo di tutti” ( CCC 1570 ).