Gesù e la città di Gerusalemme

Un riferimento ideale per costruire un vero rapporto positivo di collaborazione tra Chiesa e città è guardare a come Gesù ha vissuto il suo legame con la città di Gerusalemme, una città da Lui amata in modo unico, ma in rapporto alla quale ci sono stati momenti di sofferenza, soprattutto per essere stato incompreso e rifiutato.

Possiamo ricordare quattro momenti significativi per spiegare come Gesù si è rapportato alla sua città e come la città di Gerusalemme si è posta nei confronti di Lui:

- Gesù piange su Gerusalemme perché "non ha conosciuto il tempo in cui è stata visitata da Dio" ( Lc 19,41-44 )

- Gesù fa il suo ingresso messianico in Gerusalemme ed accetta di essere acclamato Messia e re

- Gesù è rifiutato dalla sua città e viene crocifisso "fuori della porta" ( Eb 13,12 )

- Gesù risorto ritorna in città e porta il frutto della sua Pasqua, che è la salvezza espressa nel dono della pace messianica.

Entra a porte chiuse nel cenacolo, dove si trovavano i discepoli, si ferma in mezzo a loro e dice "Pace a voi!" ( Gv 20,18 ).

Venendo ora a noi e facendo una riflessione seria su quale sia oggi, a 2000 anni dalla nascita di Cristo, la situazione della nostra Città in rapporto a Gesù e al suo Vangelo, di cui la Chiesa deve essere segno, potremmo lasciarci interpellare da questi interrogativi:

- Che cosa può significare per la nostra città il pianto di Gesù?

Forse anche noi non abbiamo conosciuto il giorno in cui siamo stati visitati dal Signore, cioè abbiamo perso grandi occasioni di un nuovo incontro col messaggio cristiano?

- Che cosa vuol dire, oggi, per una città, la nostra città, aprirsi all'accoglienza di questo "Re - Messia" che viene in umiltà a portare la pace, se non la speranza che generazioni passate, presenti e future sappiano ritrovarsi nel Signore e nei valori spirituali e umani che Egli ci propone?

- Che cosa può significare per noi mettere "fuori dalla porta della città" il Signore, se non l'illusione di riuscire da soli a costruirci un ambiente di vita che sia in grado di rispondere alle esigenze profonde delle persone?

Perché molti, troppi, vivono nell'oscurità interiore, disorientati, paurosi, senza prospettive, incapaci di dare un senso al loro vivere, agli impegni quotidiani, al soffrire e al morire?

Non vi pare che la ragione profonda di queste situazioni è il rifiuto di confrontarsi con Dio?

- Che cosa può voler dire per noi, in questo momento, un Gesù risorto, vivo, presente, che desidera entrare nel cuore delle persone, nelle famiglie ed anche nel tessuto sociale della nostra città?

- Che significato ha oggi per Torino un Gesù che viene e dice: "Pace a voi"?