Mosè educa il suo popolo

4-12-2004

Don Mauro Agreste

Indice

1) Immagini dell'ambiente della cultura egizia
2) La Mesopotamia da cui è partito Abramo
3) Attraverso gli eventi della natura, Dio educa il suo popolo
4) La concezione di una vita dopo la morte è entrata anche nel pensiero del popolo eletto
5) 1700 circa, gli ebrei entrano in Egitto
6) La condizione di schiavitù che gli ebrei vivono
7) La schiavitù ebraica è una schiavitù insolita
8) Mosè viene accolto ed educato nella cultura egizia
9) Dio si manifesta nel roveto ardente
10) La scrittura antica e la scrittura moderna

1) Immagini dell'ambiente della cultura egizia

Ramses, dove gli Ebrei erano dislocati per la costruzione della città e qui abbiamo alcune immagini dell'ambiente della cultura egizia.

Ovviamente voi potete ben immaginare come essere vicini a un grande fiume, che permettesse delle coltivazioni floride, ricche, fosse un miraggio per queste popolazioni nomadi, che si erano sì stanziate e stabilite, ma tuttavia non erano abituate ad avere un'abbondanza così di acqua, come invece l'Egitto testimoniava.

L'Egitto è una grande civiltà che si è sviluppata grazie alla possibilità di avere molta acqua a disposizione, ma se voi esaminate bene tutte le grandi civiltà sono nate in luoghi in cui era possibile l'irrigazione.

2) La Mesopotamia da cui è partito Abramo

La Mesopotamia da cui è partito Abramo è la zona probabilmente più anticamente abitata proprio grazie alla presenza di questi due fiumi, che assicuravano la possibilità di vita per tutte le popolazioni.

Qui abbiamo delle raffigurazioni da cui si intuisce che l'Egitto era legato soprattutto all'alluvione del Nilo che consentiva una terra fertile.

E in effetti in questo si può vedere una mano di Dio, che sicuramente ha permesso la vicenda di Giuseppe per la salvezza dell'Egitto, ma ha permesso anche la realizzazione delle promesse che Dio stesso aveva fatto al tempo di Abramo, ossia ti darò una terra fertile che tu potrai abitare, ma voi vi rendete conto che cosa significa di dare una terra stanziale a un popolo che è abituato ad essere nomade?

E come diceva giustamente Piero prima, un popolo nomade abituato all'allevamento, che non ha radici al territorio, ma che ha radici solo nel suo stesso clan.

Dare una terra a un popolo a cui la terra non interessa gran ché significa costruirlo veramente dalle fondamenta.

3) Attraverso gli eventi della natura, dio educa il suo popolo

Possiamo vedere in questo disagio provocato dalla carestia, quindi questo trasferimento dal paese della terra promessa fino in Egitto, noi vediamo sicuramente una mano provvidenziale in cui attraverso gli eventi della natura, Dio educa il suo popolo all'attaccamento alla terra che Dio gli darà.

Dopo questa esperienza dell'Egitto il popolo cambierà sostanzialmente, da popolo nomade si trasformerà in un popolo stanziale e quindi impara le tecniche di coltivazione, perché le ha viste in Egitto e che saranno poi alla base della costruzione di un regno, di un popolo che starà veramente in una terra e che finalmente apprezzerà l'idea di essere dislocato in un posto che Dio ha pensato per loro.

Qui vediamo altri aspetti della cultura egizia, la capacità di costruzioni, le architetture che ancora stupiscono gli studiosi dei nostri giorni, poi abbiamo altre scene di coltivazioni, scene di vita quotidiana, era molto radicata nella cultura egizia la consapevolezza di una vita dopo la morte, una vita che però in ogni caso era la ripresentazione della vita terrena, quindi c'era una stretta correlazione tra ciò che si era nella vita terrena e quello che si sarebbe stato dopo la vita terrena.

4) La concezione di una vita dopo la morte e' entrata anche nel pensiero del popolo eletto

Anche se nella spiritualità egizia si intravede un itinerario e un cambiamento di mentalità, soprattutto quando si presentano queste divinità che pesano il cuore di colui che è trapassato, per vedere se è degno dell'aldilà o no.

comunque questa concezione di una vita dopo la morte, sicuramente è entrata anche nel pensiero del popolo eletto, anche se ci vollero secoli, prima che ci fosse una consapevolezza più piena su questo aspetto di una vita dopo la morte.

Nei libri che noi abbiamo, per es. quello dei Maccabei, abbiamo delle affermazioni che ci parlano di una vita dopo la morte.

Diciamo che nell'aldilà non è che ci andavano tutti, che coloro che avevano la possibilità di avere una tomba che conservasse i loro resti mortali, allora si assicuravano una vita nell'aldilà, coloro che invece non l'avevano restavano nel nulla.

Qui vedete il faraone Ramses II che indossa la corona dell'alto e basso Egitto, era quella famosa corona doppia; quella parte rotonda rappresenta il basso Egitto, quella parte dietro l'alto Egitto.

Poiché in antichità erano due regni distinti, da quando furono uniti il faraone per simboleggiare l'unione di tutto lo Stato indossava la doppia corona.

Qui lo vediamo indossando la doppia corona.

Allora ci troviamo tra il 1300 e il 1000, l'epoca dell'esodo.

5) 1700 circa, gli ebrei entrano in Egitto

Possiamo dire che probabilmente entrarono in Egitto circa nel 1700.

Nel 1850 abbiamo più o meno la chiamata di Abramo, 1700 circa gli Ebrei entrano in Egitto, la vicenda di Giuseppe venduto dai fratelli, la sua prigionia, il suo entrare nelle grazie del faraone, diventare viceré di Egitto, amministratore dell'agricoltura del paese, affrontare i sette anni di carestia.

Da questo periodo in poi il popolo ebraico entra ben accolto dalla gerarchia egizia, proprio perché il viceré era ebreo e aveva salvato l'Egitto dalla distruzione della carestia.

Poi la carestia passò, ma gli Ebrei restano lì, perché ormai avevano assunto una posizione favorevole e quindi restano in questo territorio.

Trovandosi in una posizione florida il popolo si moltiplica, poi il fatto che la famiglia di Giuseppe si fosse trasferita in Egitto, non significa solo i dodici fratelli con le loro mogli e i loro figli, significa tutto il clan, perché questi erano i capi del clan, ma nel clan confluivano tantissime altre persone.

Se pensate che con Abramo si mosse una popolazione di più di settanta persone, per un'unica famiglia, considerate per 12 e quindi in tutto questo tempo il popolo si moltiplicò.

In circa 400 anni divenne così numeroso che la gerarchia egiziana cominciò a temere il pericolo di insurrezioni; infatti il popolo ebraico continuava a mantenere le sue tradizioni pur essendo nel territorio egizio e tutto questo faceva temere il governo egiziano sulla possibilità di un colpo di stato.

6) La condizione di schiavitù' che gli ebrei vivono

Ecco allora che viene la necessità di soggiogare questo enorme numero di persone e il libro dell'Esodo ci parla della condizione di schiavitù che gli Ebrei vivono in questo tempo.

Naturalmente non furono impiegati per la prima costruzione dei grandi templi o dei grandi monumenti, perché questi erano riservati a coloro che facevano parte del popolo egiziano.

Furono messi in schiavitù, nel senso che furono obbligati a costruire delle città, non tanto dei monumenti, infatti il libro dell'Esodo ci parla come essi fossero impegnati nell'impastare la paglia insieme al fango per fare i mattoni crudi.

Ora questo tipo di mattone crudo era il materiale che veniva usato, non per la costruzione dei grandi templi per i quali si usava del materiale più nobile, tipo le pietre che provenivano dall'entroterra, dalle cave del Sudan, ma serviva questo materiale più povero e più facile da costruire, come materiale di base necessario alla costruzione delle case, quindi le abitazioni, le quali non erano mai molto alte e il materiale che veniva usato, fango e paglia, assicurava una temperatura favorevole a tutti gli abitanti della casa.

Dunque la necessità di questa schiavitù era una schiavitù un po' insolita, se vogliamo, nel mondo egiziano, perché di solito gli schiavi egizi erano i prigionieri di guerra, che venivano messi in schiavitù.

Gli stessi costruttori dei grandi monumenti non erano schiavi, generalmente era gente del popolo, la quale o era pagata, in minima parte ovviamente, ma considerava la costruzione della tomba del faraone un onore e confluivano nelle casse dello Stato le offerte di tutto il regno d'Egitto per la costruzione di questi grandi monumenti.

7) La schiavitù ebraica è una schiavitù insolita

Mentre per quello che si riferisce alla raffigurazione della costruzione dei mattoni, la schiavitù ebraica è una schiavitù insolita, poiché non erano prigionieri di guerra, ma costituivano un pericolo per lo Stato, erano troppi e li si stancava fisicamente finché non avessero le energie necessarie a congregarsi per dare inizio a qualche rivoluzione.

Quindi la costruzione dei mattoni aveva questa finalità.

In tutta questa vicenda ci troviamo circa nel 1200, epoca in cui comincia la soppressione della volontà di ribellarsi da parte del popolo, sorge la figura di Mosè.

8) Mosè viene accolto ed educato nella cultura egizia

Cerchiamo di tenere presente il dato biblico: il nome Mosé salvato dalle acque evidenzia la consapevolezza, non solo della regina, ma di tutta la corte di quella che fosse l'origine di Mosé, il quale però viene accolto ed educato nella cultura egizia, quindi entra di fatto nella famiglia reale.

Qui potrete trovare, Esodo 2,1-10 la vicenda di Mosè e cap. 3: Dio sceglie Mosè per liberare il popolo Ebreo, tutto da leggere.

Dunque Mosè fugge nel deserto e li viene salvato da Ietro e dalle sue figlie.

E lui si stabilisce in questo deserto e diventa allevatore, ma mica per poco tempo, per diversi anni è rimasto lì a fare l'allevatore fino all'età di 80anni circa.

9) Dio si manifesta nel roveto ardente

Quando cioè noi diciamo: bene, adesso vado in pensione; invece quando noi diciamo adesso vado in pensione, Dio si manifesta a Mosè nel famoso roveto ardente e parla a lui.

Quindi l'ulteriore insegnamento è che Dio interviene nella vita degli uomini anche e soprattutto quando gli uomini avvertono la loro debolezza, la loro piccolezza, la loro fragilità.

Una riflessione potrebbe essere anche questa: Dio si serve di te, quando tu ti senti così fragile, così debole da sapere che tutto ciò che è in te, non può che provenire da Lui.

Ciò che farà dire a Paolo: non sono io che vivo, ma è Cristo che vive in me, quando sono debole è allora che sono forte.

10) La scrittura antica e la scrittura moderna

Qui avete due tipi di scrittura, la scrittura antica o quadrata e la scrittura moderna, dove è riportato il nome di Jhavhè, ossia il tetragramma sacro, sono le quattro scritture sacre.

Si legge da destra a sinistra. In questa scrittura non sono evidenziate le vocali, che invece saranno evidenziate solo molti secoli dopo in ebraico moderno oltre a questa scrittura curva, sono stati aggiunti i segni che indicano le vocali che sono dei puntini, dei trattini ecc. molto piccoli e ci indicano con quali vocali si possono pronunciare queste lettere.

Nella scrittura ebraica si scrivono solo le consonanti, l'aggiunta delle vocali è molto recente.

Quindi jhvh sono le quattro lettere sacre che non possono essere pronunciate, infatti chi è che riesce a pronunciare jhvh?

Ecco a queste sono state messe delle vocali da cui viene fuori Jhavhè, jheovha, adhonhai ecc, ma che sono semplicemente degli artifici fonetici, cioè degli artifici per poterle pronunciare quelle parole, ma in realtà quelle lettere lì non si possono pronunciare, è chiaro?

A pag. 24 trovate alcuni nomi di Dio nella Bibbia. El, vuol dire divinità; eloim, adhonhai, jhavhè ecc.

Allora tutti i nomi che ancora oggi noi usiamo, che hanno questo suffisso el, si riferiscono a qualche cosa che parla di Dio: Gabri-ele ( forza di Dio ), Dani-ele ( verità di Dio ), Raffa-ele ( medicina di Dio ), Emanu-ele ( con noi Dio ) ecc.

Sarebbe curioso trovare una lista di nomi che abbiano questo suffisso.

Allora per la prossima volta ognuno cerchi le parole che hanno questo suffisso, con il suo significato.