Crocevia

Indice

Crescendo capiamo ...

Crescendo capiamo che questa ricerca è influenzata dagli altri e ci impone di essere in armonia almeno con le persone che conosciamo.

Dobbiamo riconoscere, anche se questo ci preoccupa non poco, che dovremmo cercare di fare in modo "che nessuno sia infelice per causa nostra".37

E poi c'è l'incontro con l'amore che ci coglie sempre impreparati e incapaci.

La natura e la grandezza dell'amore38 ci sono oscure: prima sono limitate al sentimento o alla sensualità poi inizia un cammino che ci porterà, chissà quando, ad avere una capacità di amare ragionevolmente matura, purificata, fedele, spirituale.

Non ci sembra vero che l'arte delle arti è l'arte dell'amore.

Proviamo ad amarci sul serio unendoci in una forma di matrimonio e ci svegliamo genitori e gravati di una realtà, "la famiglia", che conosciamo come figli, eredi, e che invece ci dicono essere un "luogo teologico.39

Vivere è problematico, spesso conflittuale, mai facile e semplice.

L'apparente assenza di problemi che vediamo in altri nasconde sempre la quota di pesi esistenziali da cui non possiamo prescindere.

Può esserci un momento, anche prolungato, di serenità, di pubblica considerazione, di assenza di problemi ma poi la vita cambia e si alternano le stagioni.

È la normalità umana, altalenante, svelante e comune a tutti, che si afferma.

Spesso la interpretiamo come sconfitta o sfortuna senza capire che invece e segno del divenire davvero "umani".

Non è semplice per nessuno, e uno dei gravi errori generazionali è quello di nascondere ai giovani, ai nostri figli, le difficoltà della vita e di educarli in modo parziale non evidenziando loro i problemi esistenziali e il tentativo, il modo, di superarli.

"Uno dei compiti fondamentali
della generazione futura
sarà espropriare
un certo numero di mercanti e farisei
dei valori spirituali
la cui rappresentanza essi
si attribuiscono indebitamente.40

Indice

37 Aelerdo di Rielvaux, Specchio della carità, Ed. Cantagalli. "Essere felice è sapere che nessuno è infelice per causa mia. Ciò che rende buono o cattivo non è il "sentire" ma l'acconsentire"
38 Guglielmo di Saint Thierry, Natura e grandezza dell'amore, Ed. Quiqajon.
1. L'arte delle arti è l'arte dell'amore. La natura stessa e Dio artefice della natura ne hanno riservato a sé l'insegnamento. Perché l'amore, che è suscitato dal Creatore della natura, se la sua purezza naturale non è intorbidita da affetti adulteri, insegna se stesso: ma solo a quanti si lasciano ammaestrare da lui, ammaestrare da Dio.
2. L'amore è infatti una forza dell'anima, che la conduce come per un peso naturale al luogo e al fine che le è proprio.
3. E il peso, come dice qualcuno che veramente è filosofo, non sempre conduce in basso: il fuoco va verso l'alto, l'acqua verso il basso, e così è di ogni cosa. Anche l'uomo è mosso dal suo peso, che conduce naturalmente lo spirito verso l'alto e il corpo verso il basso, ciascuno al luogo e al fine che gli è proprio.
4. Qual è il luogo del corpo? È scritto: «Tu sei terra e andrai alla terra». Sullo spirito invece nel libro della Sapienza è scritto: «E ritornerà lo spirito a Dio che l'ha creato». Osserva l'uomo nel momento in cui si dissolve! Osserva come in virtù del suo peso egli venga condotto nella sua interezza al luogo che gli è proprio.
5. Quando tutto procede bene e nell'ordine stabilito lo spirito torna a Dio che l'ha creato, il corpo invece torna nella terra, e non solo nella terra ma in tutti gli elementi dei quali era composto e formato.
6. Quando la terra, il fuoco, l'acqua e l'aria rivendicano qualcosa di lui, quando la natura dopo aver operato la composizione opera la dissoluzione, ogni cosa in virtù del suo peso si riaccosta al suo elemento.
7. La dissoluzione è piena allorché è compiuto il ristabilimento di ciascuna di esse nel luogo che le è proprio. Si tratti di corruzione, di imputridimento, o non sia meglio piuttosto parlare, come si è fatto, di dissolvimento, giudichi chi vuole.
8. Certo è che nessuna di queste realtà si allontana dal sentiero stabilito dalla sua natura; solo l'anima miserabile, spirito degenere che pure di per sé vi tende naturalmente, corrotta dalla malattia del peccato non riesce, o impara faticosamente, a tornare al suo principio.
9. Dal suo peso naturale lo spirito è spinto costantemente a una meta precisa: desidera la beatitudine, sogna la beatitudine, quindi nient'altro cerca se non essere beato.
10. Ma cercando la beatitudine fuori dalla regione e dalla via che gli è propria si allontana grandemente dal suo tendere naturale: e così perde l'istruzione della natura. Ormai ha bisogno di un uomo da cui essere istruito, un uomo che su quella beatitudine che è naturalmente cercata attraverso l'amore lo istruisca ricordandogli dove essa vada cercata, e come, in quale regione, per quale via.
11. L'amore dunque, si detto, è stato posto naturalmente nell'anima umana dall'artefice della natura, ma dopo che ha perduto la legge di Dio deve essere istruito da un uomo. Istruito non perché ci sia, come se già non ci fosse; ma perché sia purificato e sul modo di essere purificato; perché avanzi e sul modo di avanzare; perché si solidifichi e sul modo di solidificarsi.
12. Dovendo dunque parlare dell'amore, nella misura in cui lo concederà Colui verso il cui amore tutto il creato si affatica, cominciamo la nostra esposizione partendo dall'origine di esso; passeremo poi a tracciare lo sviluppo dei suoi progressi come per età che si succedono l'una all'altra fino a una feconda vecchiaia: una vecchiaia piena non di dolore senile, ma di misericordia feconda.
13. Come secondo il crescere o il decrescere delle forze vitali il fanciullo si muta in giovane, il giovane in uomo maturo, l'uomo maturo in vecchio mutando i nomi dell'età a seconda dei mutamenti di qualità, così a seconda dei progressi di virtù la volontà si espande in amore, l'amore in carità e la carità in sapienza.
14. Deve esserci ben chiaro, a proposito dell'amore di cui stiamo parlando, da chi esso ha sortito i natali, di quale insigne lignaggio può vantarsi, di qual luogo è originario.
15. Innanzitutto dunque, Dio è il suo luogo di nascita. Là è nato, là è stato nutrito, là è cresciuto. Là esso è cittadino, non forestiero ma nativo. L'amore infatti è donato da Dio solo; e in lui rimane, poiché a nessuno è dovuto se non a lui e a causa di lui.
16. E dato che si sta parlando dei suoi natali, quando Dio Trinità creò l'uomo a sua immagine plasmò in lui una certa somiglianza con la Trinità, in cui risplendesse l'immagine della Trinità creatrice. Grazie a tale somiglianza quel nuovo abitatore del mondo era destinato ad aderire indissolubilmente al suo principio, a Dio suo creatore, se l'avesse voluto.
17. E collocò in quella sua specie di cittadella la forza della memoria che gli ricordasse sempre la potenza e la bontà del Creatore. Subito, senz'alcun intervallo di tempo, la memoria generò da sé stessa la ragione; e la memoria e la ragione produssero da sé stesse la volontà.
18. Perché la memoria possiede e contiene in sé l'obbiettivo cui tendere; la ragione, la via per cui tendere; la volontà tende. Queste tre realtà sono qualcosa di unico ma sono anche qualcosa di efficace, così come nell'altissima Trinità una è la sostanza e tre le persone.
19. E come in questa il Padre è generante, il Figlio è generato e lo Spirito Santo procede da entrambi, così dalla memoria è generata la ragione, dalla memoria e dalla ragione procede la volontà. Perché dunque l'anima razionale creata nell'uomo aderisse a Dio, il Padre rivendicò a sé la memoria; il Figlio la ragione; lo Spirito Santo procedente da entrambi, la volontà procedente da entrambe.
20. Ecco da chi la volontà ha sortito i natali; ecco qual è la sua nascita, la sua adozione, la sua dignità, la sua nobiltà.
21. Per mezzo della grazia proveniente e cooperante, essa comincia ad aderire con il suo buon assenso allo Spirito Santo che è amore e volontà del Padre e del Figlio: comincia così a volere con veemenza ciò che Dio vuole e ciò che la memoria e la ragione suggeriscono di volere, e volendo con veemenza diventa amore. Poiché nient'altro è l'amore se non una volontà veemente riposta nel bene.
22. Di per sé infatti la volontà è un affetto neutro, posto nell'anima razionale in modo tale da essere capace sia di bene che di male. È riempito di bene quand'è aiutato dalla grazia; di male quando lasciato a sé stesso vien meno nel proprio intimo.
23. Perché infatti nulla mancasse da parte del Creatore all'anima umana, le è stata data una volontà libera di volgersi dall'una o dall'altra parte. Quando concorda con la grazia che la soccorre acquista dignità e nome di virtù, e diventa amore; quando, lasciata a sé stessa, vuole usufruire di sé in totale autonomia sperimenta il proprio intimo venir meno, e riceve i nomi dei vizi, tanti quanti ne possiede: cupidigia, avarizia, lussuria e altri nomi di questo tipo.
24. All'inizio del suo cammino, insomma, la volontà si trova quasi al bivio della lettera di Pitagora ed è costituita libera. Se, secondo la dignità conferitagli dalla sua natura, si innalza fino all'amore essa avanza nel modo che si è detto secondo l'ordine naturale delle sue potenzialità: dall'amore alla carità, dalla carità alla sapienza.
25. Altrimenti, priva di ordine in sé stessa ma all'interno del giusto ordinamento di Dio, trascinata in precipitosa rovina e sopraffatta dalle tenebre della confusione viene sepolta nell'inferno dei vizi, a meno che non giunga per lei prontamente il soccorso della grazia. Se a questo punto abbandona la via dell'inferno e prende a volgere il passo verso l'alto; se docile alla grazia che la conduce e la nutre cresce fino all'amore, una volta che è stabilita nella forza della giovinezza comincia a passare da uno spirito di timore a uno spirito di pietà. Fino allora temeva la pena come fa il fanciullo; da ora comincia ormai a gustare una grazia che le è nuova, poiché comincia ormai ad amare Dio e a dargli culto nella pietà. Sta scritto a questo riguardo: "La pietà è il culto di Lui". Il giovane dunque a questo punto dia prova di quella forza e di quel vigore che sono naturali non all'età, ma alla virtù, senza perdere gli stimoli naturali della giovinezza ma servendosi della ragione per vietarsi di corromperli.
26. A causa di tali stimoli diventano folli quanti corrompono, quanti cioè passano come ombra, il cui spirito è come quello delle fiere e del bestiame, la cui carne secondo il profeta è come la carne degli asini: molto più dunque sarà lecito diventar folli in un modo tutto loro a quanti, nel fervore di una giovinezza spirituale, sono nella verità dell'amore e sono mossi dai suoi stimoli spirituali. Sarebbe motivo di profonda vergogna per la natura se potessero fare più strada nel male quanti la corrompono che non nel bene quanti davvero la amano
39 Giorgio Campanini, Il sacramento antico - Matrimonio e famiglia come luogo teologico, Ed. EDB
40 Emmanuel Mounier, Dalla proprietà capitalista alla proprietà umana