Crociata della sofferenza  

B233-A7

Anno XXI - Lettera N. 86 - Ottobre 1984

Fatevi imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amati. ( Ef 5,12 )

Fratelli,

nei suoi pellegrinaggi apostolici, in tutte le parti del mondo, Giovanni Paolo II riserva sempre uno dei suoi incontri ai sofferenti.

Sono gli incontri caratterizzati da una affettuosa partecipazione del suo cuore paterno con quelli che nel corpo o nello spirito portano i segni della Croce.

E sono sempre molti.

In ogni tipo di società e di cultura è questa una realtà che non manca mai: la sofferenza.

Nel suo carattere di universalità essa unisce spiritualmente tutti i sofferenti del mondo.

Accanto alle sofferenze più evidenti e più note, si affiancano le sofferenze più intime e più nascoste.

Da ogni angolo della terra, dove esiste una creatura umana, si innalza il grido della sofferenza e, per grazia di Dio, si moltiplicano le iniziative e le buone volontà a servizio di chi soffre.

In questa grande famiglia di sofferenti si trova anche il nostro posto, il posto di ciascuno di noi, col suo carico di croce più o meno pesante.

Siamo portati a considerare sempre assai più pesante il carico che grava sulle nostre spalle e talora ci pare che la nostra vita sia la più tribolata: è naturale, perché è questo il peso che dobbiamo portare noi.

Ma uno sguardo più ampio sulla sofferenza dell'umanità che ci circonda può servirci a vedere con occhio meno pessimistico le tribolazioni e le infermità da cui siamo afflitti.

Davanti e accanto a noi ci sono forse sofferenze assai più grandi e più gravi, tribolazioni assai più tristi e desolanti.

Per questo Gesù ci invita a prendere ognuno la nostra croce; ma non è sufficiente.

Occorre che ognuno prenda la sua croce e segua Gesù.

Solo cosi la croce acquista un suo significato ed ha una sua motivazione.

Il Papa, in ogni suo incontro con i sofferenti, orienta gli animi a cogliere questo significato e a riflettere su questa motivazione.

Sovente usa delle affermazioni che danno conforto se accolte e meditate.

Ai sofferenti di St. John's in Canada il 13 settembre 1984 così si rivolge: « Voi prendete parte attiva alla vita della comunità.

Anche nella Chiesa avete un importante ruolo da svolgere.

Voi siete chiamati a partecipare pienamente alla sua vita e alla sua missione nel mondo.

Voi siete chiamati ad esercitare la vostra missione al fine di formare il Corpo del Cristo, la Chiesa, e di promuovere il Regno di Dio in questo mondo.

La vostra personale chiamata alla santità e al servizio di amore al prossimo non è separata dalla vostra vita quotidiana.

Piuttosto la vostra paziente accettazione della vostra incapacità e la vostra gioiosa speranza di fronte alle difficoltà, sono a loro modo una proclamazione del Vangelo perché esse portano una silenziosa testimonianza del potere salvifico di Dio che lavora nella vostra vita.

« Fatevi, dunque, come dice San Paolo, imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amati » ( Ef 5,12 ).

Cercate di accettare ogni cosa con spirito di fede e nella luce della Croce.

E possiate trovare nell'EucarIstia e nella preghiera la forza che occorre per superare ogni ostacolo, il potere liberatore dell'amore di Cristo che ha conquistato il mondo.

Cari fratelli e care sorelle in Cristo: siate sicuri che non siete mai soli.

Il Signore vi ama e vi ha dato un posto speciale nella Chiesa ».

Ai sofferenti incontrati ad Einsiedien in Svizzera il 16 giugno 1984, così si rivolgeva:

« Agli occhi del mondo la sofferenza, la malattia e la morte sono qualcosa di spaventoso, di sterile e di distruttivo.

Specialmente quando i bambini devono soffrire, quando degli esseri umani che non hanno colpa del loro male - e sono la maggioranza - vengono colpiti innocenti da una disgrazia, da una limitazione o da dolori incurabili, ci troviamo di fronte a un enigma che non possiamo onestamente risolvere in modo solamente umano.

Può rendere crudeli, può amareggiare non soltanto chi viene direttamente colpito, ma anche coloro che gli sono vicini, impotenti a portare loro aiuto e che soffrono per la loro impotenza.

E ci si chiede: Perché? Perché proprio io? Perché proprio adesso?

Perché mia moglie, mio padre, mia sorella, il mio amico? - Questi interrogativi sono ben comprensibili.

Oggi invece vorrei farvi un'altra domanda che potrebbe portarci lontano.

È una domanda che estrae la spina mortale della sterile distruzione e dell'odio per la vita, che può trafiggere nella sofferenza e nella malattia.

È l'interrogativo non solo sul « perché », ma sul « a che scopo »?

Su questa terra nessuno può rispondere al « perché ».

Invece la domanda « a che scopo » mi è stato caricato questo fardello, può schiuderci nuovi orizzonti.

Quando hanno chiesto a Gesù se fosse stato il cieco nato a peccare o i suoi genitori, Egli rispose contro ogni aspettativa: « Ne lui ha peccato ne i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio » ( Gv 9,3 ).

Con questa premessa l'interrogativo « a che scopo » suggerisce una parola ancora più importante, che può darvi la direzionE determinante: « A che scopo, Signore? ».

Questo non è più un interrogativo insignificante, che cade nel vuoto, ma che si rivolge a Uno che ha sofferto e che ha lottato fino all'ultimo sangue, che, « con forti grida e lacrime » come si legge nella lettera agli Ebrei « imparò l'obbedienza » ( Eb 5,7-8 ).

Egli vi capisce e sa come vi sentite. Egli stesso in un primo momento ha pregato che gli fosse allontanato l'amaro calice ( Mt 26,39 ).

Ma era così ubbidiente al volere del Padre che alla fine poté dare un assenso completo e libero.

Da Lui potete imparare a rendere il dolore ricco di frutti e di significato per la salvezza del mondo.

Con Lui la vostra malattia e sofferenza possono rendervi più uomini e perfino più felici e più liberi.

Molti hanno imparato da Lui e così, alla fonte del conforto, sono cambiati.

Andate dunque alla scuola della Sua sofferenza salvifica e ripetete spesso la preghiera che Santa Caterina da Siena ha sempre rivolto a Cristo nei suoi tanti dolori: « Signore, dimmi la verità sulla tua croce, voglio ascoltarti ».

Come cristiani noi non vediamo nella sofferenza un funesto o addirittura insensato destino umano, ma alla fine il mistero della croce e della risurrezione di Cristo.

La malattia e la sofferenza non sono per il credente una sorte così tragica, che deve subire passivamente, ma piuttosto un compito, grazie al quale vivere in modo particolare la propria vocazione cristiana.

Esse sono l'invocazione di Dio agli uomini: invocazione agli uomini perché siano fraternamente vicini ai sofferenti; invocazione ai sofferenti perché non si rassegnino al proprio dolore, ne si ribellino amareggiati ma piuttosto perché in esso riconoscano la possibilità di una più intensa forma della sequela di Cristo.

Soltanto la nostra fede può darci il coraggio e la forza.

Con la fiduciosa accettazione ogni sofferenza umana può diventare partecipazione personale all'offerta salvifica di Cristo che ha sofferto per i peccati degli uomini.

Cristo stesso perciò continua la Sua Passione nell'uomo che soffre ».

La ricchezza di questi pensieri può trovare nel nostro spirito attento e aperto alla azione della Grazia, uno sviluppo e una applicazione al nostro particolare caso.

Quando la sofferenza si fa più acuta e il dolore più intenso, quando la sfiducia e la disperazione tentano il nostro spirito, quando la strada da percorrere si fa più buia e difficile, quando non ce la facciamo proprio più, cerchiamo, fratelli e sorelle, in qualcuno di questi pensieri una luce di speranza: rileggiamoli.

Ci accorgeremo che un pensiero in quel momento si farà più vivo al nostro animo e ci aiuterà a superare il momento critico.

Ci vuole della buona volontà e forse non sempre siamo in forze per poterla usare.

Gridiamo a Dio la nostra invocazione di aiuto: « O Dio, vieni a salvarmi! Signore vieni presto in mio aiuto! ».

Non cesseranno le sofferenze ma siamo certi che Dio Padre buono ascolta il nostro grido e ci darà la grazia di far penetrare nei nostri cuori sentimenti di serenità e di accettazione.

Per questo contributo offerto, forse con le lacrime agli occhi, ma con la serenità nel cuore, Dio darà alla sua Chiesa sante vocazioni sacerdotali e religiose, e il nostro dolore offerto avrà una sua risonanza anche nella Chiesa che verrà.

Con questa certezza continuiamo, fratelli e sorelle, a dare con generosità preghiere e sofferenze, sotto lo sguardo materno della Vergine Immacolata che partecipa alla nostra sofferenza perché ci ha avuti come figli nel momento del suo grande dolore sul Calvario.

Intenzione generale per il prossimo trimestre

Preghiamo Dio che ci conceda di essere generosi nella partecipazione all'opera di redenzione, in unione a Cristo Crocifisso.

Intenzioni particolari

Ricordiamo nelle nostre preghiere e nelle nostre offerte di sofferenze le seguenti intenzioni che ci sono state raccomandate:

- le vocazioni all'apostolato tra i giovani;

- le vocazioni dell'Unione Catechisti;

- l'aiuto ad anime consacrate in crisi;

- le intenzioni degli iscritti:

Ricordiamo nelle preghiere di suffragio:

- i defunti per cui si chiedono preghiere: R.M.E. ( Biancavilla ) per la sua famiglia; C.R. ( Grugliasco ); A.V. e M.-R.L. e F. ( Catania ); M. D'A. G. ( Catania ) per la sua salute; F.C. ( Milano ); P.C.-G.G. ( Schio ); E.G.E. ( Vibo Valentia ); E.B. ( Lanzo Torinese ); S.C. ( Vibo Valentia ) per sé e per i suoi cari; C.C. ( Fiumefreddo ) per sé e per la sua famiglia; A.C. ( Montchanin - F ); G.A. ( Chivasso ); Enrico e Maria Cleofe Parenzo ( Carrara ); Gianmarco Locali ( Mantova ); Olga e Zemelia Salvini ( Avigliana ); Secondo Bosio ( Poirino ); Raymond ( Montchanin - F ).

La Vergine Immacolata ci guidi a Gesù Crocifisso e Gesù viva sempre nei nostri cuori!

La Presidenza