La Chiesa Italiana e le prospettive del paese

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Capire il momento e affrontare il domani

3. Le persistenti difficoltà che anche l'Italia sperimenta oggi non sono frutto di fatalità.

Sono invece segno che il vertiginoso cambiamento delle condizioni di vita ci è largamente sfuggito di mano, e che tutti siamo stati in qualche modo inadempienti.

Senza fermarci sul passato, se non per scoprirvi comuni errori, dobbiamo piuttosto guardare alla realtà odierna e affrontare il domani, radicati nei valori di una tradizione positiva che ci appartiene.

A quali valori vogliamo ispirare il nostro futuro?

Non intendiamo qui fare analisi dettagliate della realtà sociale ed economica, né tanto meno indicare prospettive di carattere politico.

Esaminiamo responsabilmente, piuttosto, la situazione attuale, per proporre a tutti, e particolarmente alle comunità cristiane, alcune considerazioni, secondo quanto è pertinente al nostro compito.

Ripartire dagli "ultimi"

4. Il progresso economico e sociale che anche l'Italia ha sviluppato dagli anni del dopoguerra è per tanti versi innegabile.

Ma con esso si sono pure affermati elementi regressivi, che hanno portato alla perdita di valori, senza i quali è impossibile che quel progresso sia vero e proceda ancora per il bene comune.

Conosciamo la complessità dei problemi che al riguardo occorre affrontare.

Ma, innanzitutto, bisogna decidere di ripartire dagli "ultimi", che sono il segno drammatico della crisi attuale.

Fino a quando non prenderemo atto del dramma di chi ancora chiede il riconoscimento effettivo della propria persona e della propria famiglia, non metteremo le premesse necessarie a un nuovo cambiamento sociale.

Gli impegni prioritari sono quelli che riguardano la gente tuttora priva dell'essenziale: la salute, la casa, il lavoro, il salario familiare, l'accesso alla cultura, la partecipazione.

5. Bisogna, inoltre, esaminare seriamente le situazioni degli emarginati, che il nostro sistema di vita ignora e perfino coltiva: dagli anziani agli handicappati, dai tossicodipendenti ai dimessi dalle carceri o dagli ospedali psichiatrici.

Perché cresce ancora la folla di "nuovi poveri"?

Perché a una emarginazione clamorosa risponde così poco la società attuale?

Le situazioni accennate devono entrare nel quadro dei programmi delle amministrazioni civiche, delle forze politiche e sociali che, garantendo spazio alla libera iniziativa e valorizzando i corpi intermedi, coinvolgano la responsabilità dell'intero paese sulle nuove necessità.

Per un genere diverso di vita

6. Con gli "ultimi" e con gli emarginati, potremo tutti recuperare un genere diverso di vita.

Demoliremo, innanzitutto, gli idoli che ci siamo costruiti: denaro, potere, consumo, spreco, tendenza a vivere al di sopra delle nostre possibilità.

Riscopriremo poi i valori del bene comune: della tolleranza, della solidarietà, della giustizia sociale, della corresponsabilità.

Ritroveremo fiducia nel progettare insieme il domani, sulla linea di una pacifica convivenza interna e di una aperta cooperazione in Europa e nel mondo.

E avremo la forza di affrontare i sacrifici necessari, con un nuovo gusto di vivere.

7. Questa esigenza di cambiamento è ampiamente intuita tra la popolazione.

Emerge soprattutto quando la gente vive i drammi che nascono dalla dissipazione di valori essenziali dell'esistenza umana, quali sono: il diritto a nascere e a vivere, la libertà dell'amore, la famiglia, il lavoro, il senso del dovere e del sacrificio, la tensione morale e religiosa.

E rivela, comunque, che è ormai tempo di misurarsi non sul vuoto di tanti discorsi, ma su progetti concreti, che abbiano senso.

Crescere insieme, partecipare, lavorare

8. Nascono per questo, tra le altre, alcune urgenze che comportano la responsabilità di tutti.

Il paese non crescerà, se non insieme.

Ha bisogno di ritrovare il senso autentico dello Stato, della casa comune, del progetto per il futuro.

Ha bisogno perciò di un buon confronto culturale e di una buona comunicazione sociale.

Sono così in causa le grandi agenzie che possono creare serio confronto tra i diversi modi di vedere le cose e che devono parlare con verità: la scuola, i centri e le organizzazioni sociali, la stampa, la radio, la televisione, il teatro, il cinema.

C'è un crescente rischio che queste agenzie si snaturino e diventino strumenti di manipolazione, di destabilizzazione e conflitto, di incomunicabilità, perfino di disprezzo della realtà popolare, come nel caso della diffusione della pornografia e della provocazione all'intolleranza e alla violenza.

9. Il Paese non può dare deleghe in bianco a nessuno: ha bisogno e ha il dovere di partecipare.

Vuole essere consapevole delle proprie scelte e sta imparando a esercitare questo suo diritto, organizzandosi nel territorio: nella scuola, nelle strutture sanitarie e assistenziali, oltre che sul posto del lavoro e sul piano politico.

Ma ha bisogno, per questo, di una classe dirigente e politica trasparente, capace di dare senso alle sue aspirazioni e di aprire strade sicure, con onestà e competenza.

E chiede una legislazione efficace, non farraginosa, non ambigua, non soggetta a svuotamenti arbitrari nella fase di applicazione, adeguata a garantire gli onesti da qualsiasi potere occulto, politico o non che esso sia.

10. Il Paese chiede di lavorare.

Ha bisogno di riscoprire il senso pieno del diritto-dovere del lavoro, e di organizzarlo in termini di sicurezza, combattendo la disoccupazione, aprendo prospettive ai giovani, superando gli squilibri tra le popolazioni del nord e del sud, mettendo in atto un adeguato sistema economico che consideri il capitale e le strutture del lavoro a servizio dell'uomo, della piena espansione della sua personalità, della sua civile convivenza.

È qui, in larga parte, che si devono cercare soluzioni decisive non solo per le prospettive economiche del paese, ma, e soprattutto, per la qualità di una esistenza umana quale Dio stesso l'ha progettata, quando ha creato l'uomo e la donna perché, dominando l'universo, conoscessero il suo amore e gli rispondessero con amore.

Una prevedibile fatica

11. La crisi in corso non si risolverà a brevi scadenze, né possiamo attendere soluzioni miracolistiche.

Conosceremo ancora per molto tempo le contraddizioni di carattere socio-economico, le minacce della violenza e del terrorismo, la precarietà delle strutture pubbliche, la fatica di costruire l'Europa, i rischi per la pace internazionale, il dramma della fame nel mondo.

Dovremo pertanto imparare a vivere nella crisi con lucidità e con coraggio, non per adagiarci rassegnati nella situazione, ma per disporci tutti a pagare di persona.

Questa prevedibile fatica ha bisogno di forte vigore morale.

Il consumismo ha fiaccato tutti.

Ha aperto spazi sempre più vasti a comportamenti morali ispirati solo al benessere, al piacere, al tornaconto degli interessi economici o di parte.

Lo smarrimento prodotto da simile costume di vita pesa particolarmente sui giovani, intacca il ruolo della famiglia e indebolisce il senso della corresponsabilità, tre dei cardini portanti di un sicuro tessuto sociale.

Si tratta oggi di andare con decisione controcorrente e di porre sui valori morali le premesse di una organica cultura di vita.

Se tale decisione sarà forte e ci troverà uniti, batteremo ogni logica di distruzione e di morte, e non solo per ciò che riguarda il nostro paese.

Non su una ingannevole e iniqua corsa agli armamenti accetteremo di porre le basi della cooperazione internazionale, ma sul diritto di tutti gli uomini e di tutti i popoli, particolarmente di coloro che sono schiavi della fame, delle malattie, dello sfruttamento e della paura, a esistere, a decidere, a lavorare e a vivere con noi.

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