24 Gennaio 1960

Inaugurazione del Sinodo Romano

Venerabili Fratelli e diletti figli!

Lo Spirito del Signore ci ha qui raccolti in questa nostra sacrosanta Arcibasilica Lateranense per la inaugurazione di un avvenimento destinato a segnare una epoca novella di grazia e di vita spirituale nella Nostra città e diocesi di Roma.

Vogliamo dirvene qualcosa a vostra edificazione e ad invito di preghiera.

Una delle istituzioni che molto contribuì lungo i secoli alla affermazione ed alla dilatazione della cristiana dottrina e della disciplina fu il convenire dei rappresentanti più alti dell'ordine ecclesiastico in pacifica e fraterna discussione, sotto la presidenza e la direzione o con la approvazione del Sommo Pastore nella successione del primo degli Apostoli, a cui il divino Fondatore affidò il governo della sua Chiesa: il convenire - diciamo - per l'esame e lo studio di alcuni punti più importanti concernenti la dottrina e la vita religiosa.

Il primo Concilio di Gerusalemme

Questi convegni si chiamarono Concili.

Se ne ha una traccia prima nel libro degli Atti degli Apostoli ( Cfr. At 15 )

É il cosiddetto Concilio di Gerusalemme, che risale all'anno 50 dopo Cristo.

Notate i personaggi che vi ebbero parte.

Erano i più autorevoli ed i più insigni di quei primi anni di iniziazione apostolica e di conquista cristiana.

Pietro il capo, lui in persona, la pietra fondamentale della Chiesa, e Giacomo il minore, il primo Vescovo di Gerusalemme: Paolo e Barnaba, che già tanto avevano lavorato nella organizzazione della prima Chiesa ad Antiochia, e che di là e delle altre giovani Chiese reca vano la testimonianza del grande fervore di quegli inizi: narrantes conversionem gentium, e suscitando gaudium magnum omnibus fratribus. ( At 15,3 )

Una grave questione aveva suggerito quel primo ritrovo cogli Apostoli e cogli anziani.

Le porte della Chiesa erano aperte per tutti: ebrei e gentili.

Per gli ebrei era ancora obbligatorio osservare la circoncisione, ed altre prescrizioni Mosaiche?

Erano obbligati anche i gentili ad adattarsi alle stesse forme antiche nell'atto di divenire, di fatto e di nome, come ad Antiochia già cominciarono a chiamarsi, cioè cristiani?

Che incanto lo svolgersi di quella adunanza!

Cum magna conquisitio fieret, ( At 15,7 ) scrive l'autore degli Atti, - la questione era grave - ecco Pietro levarsi su e dire in affermazione immediata del suo altissimo ministero: « Uomini - viri fratres - fratelli: voi sapete che Dio fin dai primi giorni tra noi dispose che i gentili udissero la parola del Vangelo dalla mia bocca e credessero.

Dio, dunque, che conosce i cuori, si dichiarò per essi dando loro lo Spirito Santo come l'ha dato a noi.

Né fra noi e loro ha fatto alcuna differenza, avendo purificato i loro cuori, mediante la Fede.

Or dunque perchè mai tentate Dio a porre sul collo dei discepoli un giogo, che né i padri nostri, né noi abbiamo potuto portare?

Noi crediamo, per la grazia del Signore Gesù Cristo, di salvarci nella stessa guisa che loro ». ( At 15,7-11 )

E tacque, e fu silenzio della moltitudine intera, mentre Paolo e Barnaba continuavano a dire le meraviglie, miracoli e prodigi, che si erano moltiplicati per mezzo loro fra i gentili.

Dopo la pausa sorse Giacomo, il Vescovo di Gerusalemme.

Rifacendosi alle parole di Pietro egli condusse l'uditorio alla conclusione, ormai bene intesa da tutti: nessuna molestia potersi o doversi fare a coloro che si convertono dal gentilesimo, né obbligazione di passare attraverso la circoncisione o la sinagoga: e che ci si accontentasse di alcuni riguardi rispettosi alla legge di Mosè rifuggenti però da ogni compromesso di carattere dottrinale per l'avvenire.

Così venne risolto chiaramente e pacificamente un punto fondamentale di fede e di libertà.

Concili successivi: Da Nicea al Vaticano I

Dopo il Concilio di Gerusalemme, la Chiesa doveva attraversare tre secoli di persecuzione e di sangue.

Nel suo ricomporsi, dopo l'incontro di Milano, più vigorosa che mai, incominciarono ad affacciarsi dubbi e questioni ed errori di natura dottrinale e di disciplina: e con ciò opportunità di adunanze collettive sul tipo di quella prima di Gerusalemme: il successore di S. Pietro a presiedere e a moderare; gli anziani, con lui, a discutere e definire.

La piccola Chiesa di Gerusalemme e di Antiochia si era dilatata secondo le proporzioni del mondo romano; la voce degli Apostoli aveva raggiunto i confini della terra.

Difficoltà, incertezze, contrasti, soffio di false dottrine ed errate interpretazioni del testo antico e della tradizione secolare dell'insegnamento di Gesù consigliarono queste assise solenni del pensiero cristiano e cattolico nella ricerca di formulazioni dottrinali sicure, nell'avviamento ad espressioni di attività religiose secondo le esigenze e le circostanze spesso notevoli delle varie epoche succedentisi nel corso della storia della cristianità.

Ed ecco dall'inizio del secolo IV, il secolo dei grandi Padri e Dottori, sino ad oltre la metà del secolo XIX, provato dai gravi errori filosofici ed antireligiosi moderni, distendersi la magnifica successione dei Concili Ecumenici, dal I Niceno del 325 al I Vaticano del 1869-1870, tutti intesi, in rappresentanza della cattolicità compatta ed organizzata, a difendere, con la stessa autorità di Gesù Cristo, l'integrità della fede e il vigore della disciplina, a risolvere questioni importanti di dottrina o di costume, ad arrestare o volgere in meglio situazioni gravissime di carattere religioso, e talora politico e sociale.

Di questi venti Concili, ben cinque furono celebrati sotto le antiche volte di questo Laterano glorioso, che così nobilmente ci accoglie: ben otto segnano punti luminosi della Chiesa d'Oriente: e fra questi, due Niceni, quattro Costantinopolitani, uno di Efeso e un altro di Calcedonia: e poi in Occidente due Lionesi, uno di Vienna, uno di Costanza, uno di Firenze e, il più copioso e ricco di benefici perduranti sino a noi, il Tridentino, cui seguì il Vaticano nel secolo scorso.

Concilio Ecumenico e Sinodo Diocesano

Venerabili Fratelli e diletti figli: queste sono riunioni solenni riferentisi alla Chiesa Cattolica sparsa nel mondo universo.

Ricordare tutti insieme i Concili del passato fa palpitare il nostro cuore per la aspettazione ansiosa del grande e nuovo Concilio Ecumenico che sarà il XXI della storia, e che or fa un anno vi abbiamo annunziato nella festa liturgica della Conversione di S. Paolo.

Ma non è questo il Concilio per cui voi avete risposto all'invito per questa sera qui al Laterano.

Nella storia della Chiesa, accanto agli interessi di ordine religioso e mondiale, di cui un Concilio Ecumenico viene ad occuparsi, la sollecitudine del ministero pastorale delle anime affidato da Gesù a Pietro, capo e principe dell'apostolato, e, sotto la sua autorità, ai venerabili Vescovi, nelle singole Chiese o singola porzione del gregge di Cristo, ha suggerito durante i secoli la opportunità di ecclesiastici incontri di minori proporzioni che quelle di un Concilio Generale: determinate dalla misura delle regioni e delle singole diocesi, che trapuntano di luce spirituale e religiosa le varie Nazioni della terra.

Questi incontri, se di parecchie diocesi di una stessa regione, si chiamano Concili Provinciali; se di una diocesi sola, l'appellativo ufficiale è Sinodo Diocesano.

LasciateCi dire, venerabili Fratelli e diletti figli, cosa che abbiamo rivelata a pochi e come in religioso segreto.

Quando nella Nostra umile preghiera il Signore ci fece spuntare nell'intima semplicità del cuore l'idea di un Concilio Ecumenico, e ne parlammo dimessamente con qualcuno, una voce commossa Ci suggerì: « Padre Santo! Bella l'idea di un Concilio Ecumenico: ma perchè non pensare innanzi tutto ai bisogni immediati di Roma colla preparazione di un Sinodo Diocesano dell'Urbe, che è centro della Cristianità e da mezzo secolo in qua ha allargato le sue proporzioni da 400 mila abitanti del 1900 a oltre due milioni di abitanti, secondo la statistica più recente? ».

La grazia del Signore, venerabili Fratelli e diletti figli, con molta semplicità, fece il prodigio.

Ad un anno esatto dalla confidenziale comunicazione ai Signori Cardinali riuniti presso la tomba di San Paolo, che l'accolsero con tanta tenerezza ed esultanza spirituale, eccoci questa sera alla inaugurazione del Sinodo Romano.

Il primo Sinodo Postridentino a Roma

Esso è il primo, nella storia caratteristica di Roma, madre delle genti Cristiane: ed è degno del più grande rispetto: già dal suo primo annunzio.

Guardiamoci bene dal giudicare, in tono meno favorevole e cortese per l'Urbe, questo entrare la celebrazione di un Sinodo nella sua storia solamente ora, mentre da secoli e da secoli si sono celebrati e continuano a celebrarsi ancora Sinodi Diocesani in tutte le Nazioni cattoliche del mondo, soprattutto dalla pubblicazione degli Atti del Concilio di Trento in poi.

Gli è che ove sta perenne - e di là zampilla per diversi rivoli su tutta la terra - la sorgente purissima ed incontaminata della autorità della Santa Chiesa, per l'insegnamento della sicura dottrina e per l'indicazione della perfetta disciplina, tutto è semplificato, né occorrono particolari discussioni o direttive.

Siamo però ben lontani dal ritenere che la vita del clero in Roma durante il medioevo e nei secoli successivi, prima e dopo il Concilio di Trento, si svolgesse sine lege, e un po' alla ventura.

La preparazione diligente ed attiva delle imminenti Costituzioni Sinodali che verranno rese di pubblica ragione come le sacre tavole di una legge sempre antica e pura, ma posta ora in armoniosa corrispondenza colle moderne condizioni di vita, questa preparazione - dunque - ha determinato la ricerca attenta della documentazione, non copiosissima, invero, ma preziosa delle antiche disposizioni ecclesiastiche che ressero la convivenza e la zelante attività, del clero Romano, occupato, dai secoli remoti sino ai tempi nostri, nel duplice impegno della amministrazione ecclesiastica del governo universale della Chiesa, e della cura fervorosa delle anime appartenenti alla diocesi di Roma o che qui convengono da tutti i punti della terra.

L'esperienza del passato posta a servizio delle nuovissime esigenze del mondo moderno fornirà consigli preziosi a richiamo, a ravviamento e complemento, a più vasta, profonda ed elevata espressione di spirito e di vitalità religiosa: così da segnare davvero una, ripresa delle nostre cristiane energie che la grazia di Gesù penetra, santifica ed esalta.

Il precetto del Signore non si arresta al fa questo e vivrai: hoc fac et vives: ma procede ben oltre, invitandoci tutti al buon ordine ed alla santità, divenuti riflesso ed immagine di lui: siate santi, perchè santo sono io: poiché quella è la perfezione, quella è la letizia dell'uomo e del cristiano: così da far dire ad un pensatore, colto in buon punto: « Non esiste che una tristezza nel mondo: quella di non essere santo ».

Ecclesiastici e semplici fedeli

Arrivati a questo punto del Nostro dire, Ci occorre farvi un rilievo, venerabili Fratelli e diletti figli.

Il Sinodo Diocesano imminente è una riunione di ecclesiastici, e solo di ecclesiastici appartenenti al clero diocesano secolare e regolare.

Allorché le operazioni del Sinodo si inizieranno, la voce di un prelato inviterà tutti i laici ad uscire: Exeant omnes, come a segnare le demarcazioni nette nella Chiesa di Dio fra il clero e il popolo.

Forse che ciò significa frattura e separazione fra il clero e i fedeli: fra i sacerdoti ed i laici?

Per nulla affatto: nessuna separazione.

Ma questo vuol essere ricordato.

La Chiesa Santa di Cristo è una società perfetta, in cui i singoli che la compongono partecipano a tutti i vantaggi, alle ricchezze spirituali del suo sacro patrimonio di dottrina e di grazia.

Trattandosi di un organismo vitale, tutto vi è congegnato con tale apprestamento e qualificazione di elementi e di istrumenti, da corrispondere alle finalità soprannaturali, le quali toccano la terra, ma si adergono verso i cieli eterni.

Ciò comporta una distinzione netta fra il clero ed il popolo: distinzione non separazione.

Al clero spetta una funzione direttiva e santificatrice dì tutto il corpo sociale, per cui occorre una chiamata, una vocazione divina, una consacrazione.

Il popolo cristiano è invitato alla stessa partecipazione di grazia celeste.

Ma la distribuzione di questa grazia il Signore, il Signore Gesù, Verbo di Dio fatto uomo per salvare il mondo intero, è al sacerdozio che l'ha affidata, all'ordine sacerdotale espressamente istituito per l'esercizio di questa altissima funzione intermedia fra cielo e terra, a beneficio e a santificazione del popolo, che da Cristo prende nome.

Auspici celesti: I due Giovanni, il Battista e l'Evangelista

Figliuoli Nostri prediletti di Roma!

Quanto torna gradito al cuore di tutti noi, clero e fedeli, il richiamo dei due grandi titolari di questa Basilica Cattedrale, i due Giovanni, il Precursore e l'Evangelista, il richiamo, diciamo, alle alte ragioni che hanno ispirato questo Sinodo Romano, la cui convocazione trova già nella vostra presenza di questa sera una risposta così nobile ed importante.

Dal mosaico dell'abside luminoso il Battista ci invita a preparare, in noi innanzitutto, la plebe santa e perfetta riempiendo le valli delle nostre debolezze e abbassando la vanità e le pretese del nostro amor proprio; riducendo e correggendo le asprezze del cammino: aspera in vias planas; e procedendo ciascuno con coraggio e tutti insieme felicemente per le vie del Signore.

A sua volta, Giovanni, il veggente di Patmos, l'evangelista delle sublimità divine, e della tenerezza di Gesù, gli fa coro ripetendo fino alla sua più tarda età il possente invito al fraterno amore che riassume la sostanza viva del Vangelo, la pace degli uomini e dei popoli, i fondamenti della verace civiltà.

L'ordine dei lavori sinodali: « Non solvere, sed adimplere »

Le disposizioni canoniche5 determinano con esattezza le persone ecclesiastiche cui compete il dovere e il diritto di partecipare alle congregazioni sinodali; ma è ben lodevole che tutto il ceto sacerdotale corrisponda all'amabile invito del Vescovo che si allieta di vedere attorno a sé, per la circostanza, il maggior numero di sacerdoti diocesani secolari e regolari: ed è inoltre naturale, anche da parte del laicato, il desiderio di condividere, in qualche modo, le sollecitudini della Santa Chiesa per il buon successo dell'importante e solenne avvenimento.

Esso merita, dunque subito l'onore di qualche informazione più precisa, circa la materia dello studio proposto a questo straordinario convegno.

Programma assai vasto, la cui elaborazione occupò in questi mesi dell'anno decorso la applicazione intensa di ben otto Sottocommissioni composte di illustri notabilità ecclesiastiche, la cui completezza e per numero e per competenza dottrinale teologica, giuridica e pastorale solo a Roma era facile trovare, così ben riunite e ricche di pratica esperienza, atteso il felice avverarsi qui, in questa capitale del cattolicesimo e al centro del governo della Chiesa, di quanto S. Leone Magno augurava per i suoi tempi.

Non per nulla il Beato Apostolo Pietro fu qui e resta di qua maestro della fede e della vita religiosa per tutte le Nazioni.

Da quando s'iniziò la preparazione di questo Sinodo stavano in programma di studio otto grandi quadri di buon lavoro.

Il titolo di ciascuno ve ne dà le dimensioni e l'alta significazione.

Primo quadro: le persone componenti l'ordine sacerdotale nelle varie gradazioni;

secondo: il magistero;

terzo: il culto divino, nelle sue svariatissime-espressioni;

quarto: i Sacramenti, dal Battesimo al Matrimonio;

quinto l'azione di apostolato nelle sue molteplici forme;

sesto quadro, importantissimo: l'educazione cristiana della gioventù;

settimo: le cose, o meglio, il patrimonio di cultura, di arte, di edifici sacri e di attrezzature sussidiarie;

ottavo: le istituzioni di assistenza e di beneficenza, così preziose e ormai così diffuse, a sollievo ed a conforto della umana e cristiana fraternità.

Ripensando a questa varietà imponente di problemi proposti alla, investigazione, ed alla eventuale ripresentazione in faccia alle condizioni moderne di vita pratica e concreta, è spontaneo ed ansioso insieme il chiedersi se il Sinodo sia chiamato a modificazioni profonde nei riferimenti della pratica religiosa e delle costumanze che da secoli sono passate nel sangue della generazione attuale.

Diletti figli: rammentate quanto vi raccontammo del Concilio di Gerusalemme dell'anno 50 post Christum.

Quella risposta di S. Pietro, a proposito delle rituali usanze ebraiche circa la Circoncisione ed altre cose, è sempre ed ancora chiarificatrice.

Negli Atti degli Apostoli è S. Luca che scrive.

Le parole di San Pietro, seguite da quelle di San Giacomo, ci riconducono a Cristo in persona là dove S. Matteo racconta di lui ( Cfr. Mt 5,1-10 ) e scrive che, dopo di avere annunziato le beatitudini, e di aver detto ai discepoli che essi erano il sale della terra e la luce del mondo, il divino Rabbi aggiunse queste altre parole: « Non vogliate credere che io sia venuto per abolire la legge e i profeti; non sono venuto per abolirli ma per completarli ».

Non veni solvere, sed adimplere. ( Mt 5,17 )

E poi aggiunse parecchi esempi: di variazioni da lui introdotte circa l'applicazione del testo della legge antica.

« Voi avete udito questo … ed io vi aggiungo anche questo ».

Per ben sei volte, cioè su sei punti ben precisati, Gesù continuò a dire su questa stessa forma: « Voi avete udito: ed io vi dico ».

Linguaggio, che mostra come Nostro Signore Gesù Cristo aggiungesse nuovi e importanti verità e precetti, a complemento e perfezionamento dell'Antica Legge.

Ma oltre alla immutabile veritas Domini quae manet in aeternum, c'è qualche cosa di variabile nelle forme accidentali, sempre degne di rispetto, ma suscettibili di attenuazioni o di accentuazioni anche più vive.

É ciò che avviene nella Santa Chiesa che è depositaria ed interprete della dottrina di Gesù, e ne continua l'insegnamento che non muta: ma quanto alla disciplina e alle forme accidentali e secondarie ne consente, secondo i tempi e circostanze, qualche modificazione.

Invito per tutti alla preghiera

Figliuoli diletti, restiamo fedeli a Cristo e alla sua Chiesa santa e benedetta: e saremo salvi, e saremo felici.

Nella preghiera per il Sinodo che, su Nostra indicazione, fu recitata nelle chiese di Roma in questi mesi, ci sono queste espressioni: « O Signore Gesù prepara, apri, riscalda i nostri cuori con le effusioni del tuo Spirito, perchè le disposizioni sinodali trovino ciascuno di noi docile all'obbedienza, pronto all'azione, generoso nel sacrificio ».

A questa mite e serena conclusione desideriamo condurre, diletti figli, il Nostro semplice conversare di questa sera.

È un invito paterno che rivolgiamo ora a tutti gli ecclesiastici dai gradi più eccelsi della Gerarchia sino ai più modesti, ma tutti, oh! quanto preziosi collaboratori nella cura delle anime; invito paterno ai fedeli appartenenti a tutti gli ordini e i ceti sociali.

Vuol essere, dunque, una grande affermazione che si leva da tutta la vasta diocesi di Roma, insieme conclamante al buon successo del Sinodo, insieme auspicante al rinnovamento della sua vita spirituale, e alla edificazione del mondo intero, che sappiamo intento a riguardare il buon esempio dei Romani, ed unito in ispirito ai propositi di vigorosa attività per il pacifico regno di Cristo Signore santo e benedetto nei secoli.

Nelle opere nostre noi cerchiamo piamente la luce benigna della Santissima Trinità: Padre, Figlio, Spirito Santo.

All'inizio di questo grande atto del Sinodo Diocesano, che egualmente interessa, benché con varietà di irradiazione, il clero e il popolo Nostro, è allo Spirito Santo che tutta la nostra collettività si leva come nell'inno mattutino dell'ora di terza di tutti i giorni: l'ora della prima Pentecoste cristiana.

Il Veni Creator è la preghiera ufficiale della Chiesa allo Spirito Santo, per le occasioni più solenni.

Esso è cantico misterioso e sublime, sempre nuovo e sempre inesauribile, dagli accenti ispirati, teneri insieme e solenni.

Invitiamo perciò le vostre voci, ed i vostri cuori, venerabili Fratelli e diletti figli, a sciogliere questa sera stessa la grande supplicazione ed a volerla continuare nelle pubbliche e private preghiere durante i tre giorni del Sinodo, instanter, instantius, instantissime.

Questo nostro incontro vespertino, riuscito così grandioso e solenne, qui negli splendori della Nostra sacrosanta Arcibasilica Lateranense, dove è eretta la Cattedra del Vescovo di Roma, inaugura ufficialmente alla presenza del clero e del popolo il grande Sinodo dell'Urbe.

L'inclemenza della temperatura invernale suggerisce che le tre grandi Sessioni riservate al clero, e che costituiranno il vivo e il sostanziale dell'eccezionale avvenimento, vengano celebrate presso la Basilica di S. Pietro nell'aula della Benedizione.

É là che invitiamo tutti gli ecclesiastici ammessi al Sinodo a convenire per tre giorni consecutivi.

Ma la pia esultanza della partecipazione unanime di clero e di popolo, di cui gustiamo questa sera la solennità e la primizia, vuole essere rinnovata la domenica 31 gennaio, nella Basilica di S. Pietro, a titolo di generale ed entusiastica riconoscenza all'Augusta e Santissima Trinità per l'immenso beneficio, per il profluvio di grazie dalla terra e dal cielo, che l'imminente Sinodo già promette ed annuncia.

Figli Nostri dilettissimi di Roma!

Sursum corda et sursum preces: in alto i cuori, in alto le preghiere.

Stasera due benedizioni: la prima dell'umile Vicario di Cristo, e poi quella grande e solenne di Cristo Gesù stesso dal suo Sacramento di amore.

Nella imminente settimana, che vuol essere e restare preclarissima per la storia di Roma cristiana, i sacerdoti ed i religiosi saranno ciascuno al suo proprio posto di preghiera, di studio riflessivo, di consiglio intorno ai vari articoli della ringiovanita legislazione diocesana in preparazione: i fedeli tutti quanti, e specialmente le congregazioni religiose maschili e femminili, siano felici unanimemente di collaborare anche essi, dal di fuori, coi voti e con le preghiere al mistero di grazia, di luce e di forza, che non solo la Nostra città, ma tutte le diocesi del mondo, auspicando e cantando, attendono e salutano.

La Madre di Gesù e madre nostra dolcissima, giustamente invocata madre del Buon Consiglio, ci sia dal cielo, ci sia da tutti gli altari di Roma e del mondo, da tutte le immagini di lei che abbelliscono le vie nostre, ci sia e resti orante, propizia e benedicente.

Così sia.


5 Cfr. C.I.C. can. 358