La giustizia nel mondo

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I. La giustizia e la società mondiale

7. Crisi di solidarietà universale

Il mondo, nel quale la chiesa vive ed opera, è schiavo di un tremendo paradosso.

Le forze, che lavorano per l'avvento di una società mondiale unificata, giammai erano apparse tanto potenti e dinamiche; esse si fondano sulla consapevolezza di una piena eguaglianza fondamentale, nonché della dignità umana di tutti gli uomini.

Questi, essendo membri della medesima famiglia, sono indissolubilmente congiunti tra di loro nell'unico destino del mondo intero, alla cui responsabilità partecipano.

8. Le ultime possibilità offerte dalla tecnologia sono basate sull'unità della scienza, sulla globalità e simultaneità delle comunicazioni, sulla nascita di un « universo economico », completamente interdipendente.

Gli uomini, inoltre, cominciano ad avvertire una nuova e più radicale dimensione dell'unità, scoprendo che le risorse, come i preziosissimi tesori dell'aria e dell'acqua, da cui la vita non può prescindere, e la piccola e fragile « biosfera » del complesso di tutti gli esseri che vivono sopra la terra, non sono illimitate, ma che, invece, devono essere conservate e preservate come un patrimonio unico di tutta l'umanità.

9. Il paradosso deriva dal fatto che, entro questa prospettiva di unità, le forze di divisione e gli antagonismi sembrano oggi aumentare la loro spinta.

Le antiche divisioni tra nazioni e imperi, tra stirpi e classi possiedono ora nuovi strumenti tecnici di distruzione: la rapida corsa agli armamenti minaccia il sommo bene degli uomini, cioè la vita; immiserisce sempre più gli uomini e i popoli poveri, avvantaggiando soltanto quelli già potenti; ingenera un pericolo continuo di conflagrazione e, nel caso delle armi nucleari, minaccia di distruggere tutta la vita dalla faccia della terra.

Nel medesimo tempo, sorgono nuove divisioni per separare l'uomo dal suo prossimo.

Se non viene combattuto e superato mediante un'azione sociale e politica, l'influsso del nuovo ordinamento industriale e tecnologico non fa che favorire la concentrazione delle ricchezze, del potere, della capacità decisionale presso un piccolo gruppo, pubblico o privato, di dirigenti.

L'ingiustizia economica e la mancanza di partecipazione sociale impediscono all'uomo il raggiungimento dei suoi fondamentali diritti umani e civili.

10. La speranza, che negli ultimi venticinque anni ha pervaso il genere umano - che cioè la crescita economica procurasse tanta quantità di beni da permettere che i poveri si alimentassero almeno con le briciole che cadono dalla mensa - si è dimostrata vana nelle regioni poco evolute e nelle sacche di miseria delle regioni ricche, a causa del rapido incremento della popolazione e dell'abbondanza di manodopera, a causa della stagnazione rurale e della mancata riforma agraria ed a causa del generale flusso migratorio verso le città, dove tuttavia le industrie, benché dotate di grandi capitali, forniscono ben pochi posti di lavoro, tanto che un quarto dei lavoratori non di rado rimane disoccupato.

Questo stato di soffocante oppressione produce a ritmo costante schiere sempre più numerose di « emarginati », di uomini insufficientemente nutriti, abitanti in case disumane, analfabeti, privi di qualsiasi potere politico e della conveniente disposizione alla responsabilità e alla dignità morale.

11. Inoltre, la richiesta di risorse e di energia da parte delle nazioni più ricche - sia capitaliste che socialiste - è tale ( al pari dell'inquinamento che dal loro uso risulta nell'atmosfera e nei mari ) che gli elementi essenziali della vita sulla terra, quali sono l'aria e l'acqua, sarebbero irreparabilmente compromessi se gli alti tassi di consumo e di contaminazione, in continuo aumento, fossero estesi a tutta l'umanità.

12. Il forte impulso all'unità mondiale e la disparità di distribuzione, per cui le decisioni circa i tre quarti dei redditi, e del commercio sono affidate solo ad un terzo del genere umano, cioè a quella parte che gode di maggiore sviluppo - come anche l'insufficienza di un progresso puramente economico, proprio mentre si ha una nuova percezione dei limiti materiali della « biosfera » - ci spingono a renderci conto del fatto che, nel mondo moderno, stanno sorgendo nuove forme nel concepire la dignità umana.

13. Diritto allo sviluppo

Di fronte ai sistemi internazionali di dominio l'attuazione della giustizia viene sempre più a dipendere dalla volontà di promozione.

14. Nelle nazioni in via di sviluppo e nel cosiddetto mondo del socialismo, la volontà di promozione si afferma soprattutto attraverso la lotta per le forme di rivendicazione e di espressione, quale è determinata dall'evoluzione dello stesso sistema economico.

15. Questa aspirazione alla giustizia si afferma attraverso il superamento della soglia da cui comincia la coscienza di « valere di più, essere di più » ( cf. Pop. Progr. n. 15 ), a livello sia dell'uomo nella sua interezza sia di tutti gli uomini: essa si esprime nella coscienza che si ha del diritto allo sviluppo.

Questo diritto va considerato nella reciproca compenetrazione dinamica di tutti quei diritti umani fondamentali, sui quali si basano le aspirazioni degli individui e delle nazioni.

16. Tale desiderio, però, non potrà soddisfare alle attese più vive del nostro tempo, se ignorerà gli ostacoli obiettivi che le strutture sociali frappongono alla conversione dei cuori, o anche all'attuazione dell'ideale della carità.

Esso esige, al contrario, che sia superata la condizione generale di emarginazione sociale, che siano eliminate le strettoie o i circoli viziosi che sono ormai trasformati in sistemi.

Essi, infatti, si oppongono all'ascesa collettiva ai frutti di un'adeguata remunerazione dei fattori della produzione, e rafforzano la condizione di diseguaglianza perché uno acceda alle possibilità e ai servizi collettivi, per cui gran parte degli abitanti ne è mantenuta estranea.

Se le nazioni e le regioni che sono in via di sviluppo non giungono alla liberazione attraverso lo sviluppo, c'è davvero il pericolo che le condizioni di vita, create soprattutto dalla dominazione coloniale, possano evolvere verso una nuova forma di colonialismo, per la quale le nazioni in via di sviluppo resteranno vittime del gioco delle forze economiche internazionali.

Un tale diritto allo sviluppo è, innanzitutto, un diritto alla speranza secondo la dimensione concreta, che offre oggi il genere umano.

Per essere in grado di rispondere a questa speranza, sarebbe necessario purificare il concetto di evoluzione da quei miti e da quelle false convinzioni, che sono ancora insite in una certa struttura mentale, legata alla nozione deterministica e automatica del progresso.

17. Allorché prendono in mano il proprio futuro con questa volontà di promozione, i popoli in via di sviluppo - pur se non riescono ad arrivare al risultato finale - esprimeranno autenticamente la propria distinta personalità.

E perché essi rispondano alle diseguali relazioni nell'ambito dell'odierno complesso mondiale, un certo nazionalismo responsabile conferisce loro l'impulso necessario perché raggiungano la propria identità.

Da questa fondamentale autodeterminazione possono derivare i tentativi per l'integrazione dei nuovi complessi politici, i quali renderebbero possibile ai medesimi popoli il loro pieno sviluppo, e le misure necessarie per superare l'inerzia, che potrebbe rendere vano tale sforzo - come in certi casi la pressione demografica -, o anche nuovi sacrifici che l'incremento della pianificazione richiede a quella generazione che intende costruire il proprio futuro.

18. D'altra parte, non si può concepire una vera promozione senza riconoscere la necessità - nel quadro della politica prescelta - sia dello sviluppo, il quale risulta a un tempo dall'incremento economico e dalla partecipazione, sia dell'arricchimento, che implica anche il progresso sociale di tutta la comunità, la quale supera gli squilibri regionali e le zone isolate di floridezza.

Questa stessa partecipazione, poi, costituisce un diritto che deve essere applicato tanto in campo economico, quanto in quello sociale e politico.

19. Mentre riaffermiamo il diritto dei popoli a conservare la propria identità, sempre più evidente ci appare l'assoluta inefficacia della lotta contro la modernizzazione come lesiva dell'indole propria delle nazioni, appellandosi unicamente alle sacre consuetudini storiche e alle venerande forme di vita.

Orbene, se la modernizzazione si interpreta nel senso che sia a servizio del bene della nazione, gli uomini potranno creare una cultura che costituirà una vera e propria eredità quasi come una vera « memoria sociale », che è attiva e plasma un'autentica personalità creatrice nel concerto delle nazioni.

20. Ingiustizie senza voce

Noi riscontriamo nel mondo un complesso di ingiustizie, le quali costituiscono il nocciolo dei problemi del nostro tempo e la cui soluzione richiede fatiche e responsabilità in tutti i livelli della società, anche in quelli che si riferiscono alla società mondiale, verso la quale tendiamo in quest'ultima quarta parte del secolo XX.

Pertanto, dobbiamo essere preparati ad assumerci nuovi impegni e nuovi compiti in ogni campo dell'attività umana e, particolarmente, nell'ambito della società mondiale, se veramente vogliamo praticare la giustizia.

La nostra azione deve essere anzitutto diretta a quegli uomini e nazioni che, a causa delle varie forme di oppressione e dell'attuale indole della nostra società, sono vittime silenziose dell'ingiustizia, anzi non hanno modo di far sentire la loro voce.

21. È questo, ad esempio, il caso degli emigranti, che spesso sono costretti a lasciare la patria per cercare lavoro, ma davanti ai quali tante volte si chiudono le porte per motivi discriminatori, oppure, se viene aperta loro una porta, sono spesso obbligati a condurre una vita malsicura o sono trattati in modo disumano.

Lo stesso avviene anche quando si tratta di ceti che hanno minor fortuna nella promozione sociale, come quello dei lavoratori e specialmente degli agricoltori, che rappresentano la parte più grande nel processo dell'evoluzione.

22. Si deve deplorare, in particolar modo, la condizione di migliaia e migliaia dì profughi, e dì qualsiasi ceto o popolo che è perseguitato - talvolta in forma istituzionalizzata - per la sua origine razziale o etnica oppure per ragioni tribali.

Questa persecuzione per ragioni tribali può assumere, alcune volte, le caratteristiche di un genocidio.

23. In molte regioni la giustizia viene lesa molto gravemente nei riguardi di coloro che soffrono persecuzione per la fede, oppure sono sottoposti in molti modi e continuamente ad un'azione di oppressiva ateizzazione da parte delle fazioni politiche e dei pubblici poteri, oppure sono privati della libertà religiosa: sia perché non viene loro permesso di onorare Dio con culto pubblico, sia perché è loro proibito di insegnare e propagare pubblicamente la fede, sia perché si vieta loro di svolgere attività temporali in conformità ai principi della propria religione.

24. La giustizia é violata anche dalle antiche e nuove forme di oppressione, che derivano dalle limitazioni dei diritti individuali tanto nella repressione ad opera del potere politico, quanto nella violenza di una privata reazione, fino all'estremo limite delle condizioni elementari dell'integrità personale.

Conosciamo molto bene i casi di tortura - specialmente contro i prigionieri politici - a cui, per di più, molte volte è negato un processo regolare o che sono sottoposti ad arbitrii durante il giudizio.

Né sono da dimenticare i prigionieri di guerra, i quali, anche dopo la convenzione di Ginevra, sono trattati in forma disumana.

25. La contestazione contro l'aborto legale, contro l'imposizione di mezzi anticoncezionali e le pressioni contro la guerra sono forme significative della rivendicazione del diritto alla vita.

26. Inoltre, la coscienza del nostro tempo esige la verità nei sistemi di comunicazione sociale, il che include anche il diritto all'immagine oggettiva, che gli stessi mass-media ci offrono, e la possibilità di correggerne la manipolazione.

Si deve pure sottolineare che il diritto, soprattutto dei fanciulli e dei giovani, all'educazione, all'ambiente di vita e ai mezzi di comunicazione moralmente sani, ai nostri giorni è nuovamente messo in pericolo.

L'azione delle famiglie nella vita sociale raramente e in forma insufficiente è riconosciuta dalle istituzioni statali.

Né si deve dimenticare il numero crescente delle persone che spesso vengono trascurate dalla famiglia e dalla comunità: i vecchi, gli orfani, gli ammalati e ogni altro genere di derelitti.

27. Necessità del dialogo

Per raggiungere la vera unità di intenti, richiesta dalla società umana mondiale, appare necessaria l'opera cosiddetta « di mediazione » per superare le continue opposizioni, gli ostacoli e i privilegi inveterati che si incontrano nel cammino verso una società più umana.

28. Ma una mediazione effettiva porta con sé la creazione di una duratura atmosfera di dialogo, nella cui progressiva instaurazione possano ritrovarsi gli uomini non costretti da condizioni geopolitiche, ideologiche, socioeconomiche, e dalle differenze che esistono di solito tra le singole generazioni.

Per restituire il senso della vita attraverso l'adesione ai suoi autentici valori, la partecipazione e la testimonianza dei giovani che ascendono sono tanto necessarie quanto la comunicazione tra i popoli.

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