L'Evangelizzazione del mondo contemporaneo Parte I - Situazione dell'Italia rispetto alla evangelizzazione 1. - Evangelizzare significa annunziare il messaggio della salvezza all'uomo non in maniera qualsiasi, ma in modo che lo ascolti, lo comprenda e lo accolga. Perciò, affinché l'evangelizzazione sia efficace, è necessario conoscere l'uomo a cui essa è rivolta, la situazione storica in cui vive, i condizionamenti culturali e socio logici a cui è sottoposto, in modo da adattare il messaggio alle sue capacità di ascolto e di comprensione. 2. - Chi è l'uomo « italiano » a cui la Chiesa italiana rivolge il messaggio di salvezza? In quale situazione storica egli vive e a quali condizionamenti culturali e sociologici egli è soggetto? L'Italia, sotto il profilo culturale, sociologico ed economico si iscrive in un'area più ampia: quella dell'Europa occidentale e della civiltà occidentale. Ora questa civiltà è caratterizzata da alcuni grandi fenomeni che condizionano la vita, il pensiero, i sentimenti e le aspirazioni degli uomini che a quella civiltà appartengono. 3. - Tali fenomeni sotto l'aspetto socio-economico sono l'accelerata industrializzazione, l'urbanizzazione, la diffusione del benessere, il crescente influsso dei mass-media, il consumismo fino allo spreco, la diffusione d'una mentalità e d'un costume sempre più « permissivi », specialmente nel campo della sessualità. 4. - Sotto l'aspetto culturale: il pluralismo delle concezioni della vita e del mondo, la tolleranza reciproca, lo storicismo con il conseguente relativismo della verità, la sfiducia nella capacità dell'uomo di raggiungere la verità assoluta e quindi la disistima della metafisica, la fiducia nella scienza e nel progresso scientifico-tecnico, ritenuto capace di risolvere tutti i problemi dell'uomo, il rifiuto delle forme autoritarie del potere e la preferenza per le forme democratiche ed egualitarie, la percezione del valore assoluto della libertà, la coscienza di vivere in un mondo radicalmente ingiusto e il conseguente desiderio di un mondo più giusto e più umano. 5. - Sotto il profilo religioso: la diffusione dell'ateismo teorico e pratico, l'espandersi dell'indifferenza religiosa, la crescente secolarizzazione della vita, del costume e delle situazioni, la sfiducia, specialmente da parte dei giovani, nelle Chiese « istituzionali » e la simpatia con cui si guarda ai movimenti religiosi « liberi » ed alle religioni orientali. 6. - Sia pure in misura differente degli altri Paesi occidentali, questi fenomeni si verificano anche in Italia e condizionano l'atteggiamento degli italiani nei confronti dell'evangelizzazione. 7. - Infatti: sotto il profilo socio-economico, l'Italia diviene un Paese sempre più industrializzato ( dal 1952 al 1970 hanno abbandonato l'agricoltura per passare all'industria ed ai servizi 4.223.000 persone ed oggi l'industria occupa il 40% degli occupati ); le città crescono enormemente ogni anno ( nel 1972 sono passate dalle campagne alle città e dai piccoli ai grandi centri oltre 1.400.000 persone ) mentre le campagne si spopolano: l'emigrazione italiana all'interno e all'estero è un fenomeno di proporzioni gigantesche ( dal 1946 al 1971 hanno emigrato all'estero 6.880.000 italiani, in massima parte dal Sud e dalle Isole ); il benessere è diffuso, sia pure in maniera assai ineguale ( ad un reddito pro-capite di 1.266.200 lire nel Centro-Nord corrispondeva, nel 1971, un reddito di 683.700 nel Sud ). Se la stampa quotidiana è poco letta, sono invece molto diffuse le riviste illustrate ed anche assai diffusi gli apparecchi radio e televisivi ( nel 1971 gli abbonati alla RAI-TV erano 11.850.487 ); i consumi sono molto alti ( nel 1971 su un reddito nazionale di 62.913 miliardi di lire le spese per consumi privati furono di 40.240 miliardi ); sono molto diffusi i mali sociali propri delle società industrializzate, come la pornografia, specialmente nella stampa e nel cinema, la prostituzione, il traffico della droga, gli aborti clandestini, il costante aumento della criminalità ( in un anno c'è stato un aumento di 181.000 reati ), la crisi dell'istituto familiare (dopo la prima ondata del 1971 sono diminuite le richieste di divorzio, ma sono aumentate le separazioni legali, che sono l'anticamera del divorzio, e nelle città sono molto cresciuti i matrimoni civili ). 8. - Sotto il profilo culturale, anche in Italia si diffonde un pluralismo ideologico che dà diritto di cittadinanza a tutte le ideologie ed alla libera manifestazione del pensiero; nella cultura sono molto diffusi lo storicismo ed il relativismo, cosicché si guarda con sospetto la ricerca della verità assoluta e si accusa di integrismo chi afferma di possedere verità assolute; c'è nelle grandi masse popolari una fiducia cieca nella scienza ed un grande ottimismo circa la sua capacità di risolvere tutti i problemi, mentre gli scienziati si mostrano più cauti e più coscienti dei limiti e dei pericoli della scienza e della tecnica; è molto forte il senso della libertà e dell'eguaglianza; specialmente tra i giovani è viva la coscienza che il mondo di oggi è radicalmente ingiusto e deve essere cambiato. 9. - Sotto il profilo religioso, in Italia l'ateismo teorico, con l'aperta negazione di Dio, è poco diffuso ( forse il 5% degli italiani adulti e l'8% dei giovani sono atei ), ma è più diffuso nella forma del materialismo pratico; invece, è molto diffusa l'indifferenza religiosa ( secondo recenti statistiche il 55-60% degli italiani sarebbero religiosamente indifferenti, cioè non praticherebbero affatto o solo sporadicamente, mentre i partecipanti alla Messa ogni domenica sarebbero tra il 25-30% e quelli saltuari sarebbero il 10-15%: la situazione sarebbe migliore nelle campagne, dove andrebbero alla Messa ogni domenica il 59% dei coltivatori diretti ); la mentalità, la vita, il costume e le istituzioni ( scuole, ospedali, ecc. ) vanno sempre più secolarizzandosi e laicizzandosi, mentre la religione perde spazio e terreno e diviene sempre più un fatto personale e privato. C'è verso la Chiesa un atteggiamento molto complesso che va dall'ammirazione per la grandezza e la forza della Chiesa e dalla stima profonda per alcuni sacerdoti ed alcune istituzioni religiose all'accusa alla Chiesa di essere ricca, di fare politica e di ricavare vantaggi dalla situazione politica ed alle accuse al clero di essere troppo attaccato al denaro ed alle comodità della vita, troppo autoritario; non manca chi accusa la Chiesa di godere di una situazione di privilegio, chi l'accusa di essere arroccata su posizioni tradizionali e, quindi, nonostante certe aperture conciliari che sono servite solo a dar fumo negli occhi, di essere nemica del progresso civile e culturalmente arretrata, quindi incapace di adattarsi alle esigenze del mondo moderno specialmente nel campo della sessualità ( limitazione delle nascite, divorzio, aborto ); specialmente tra i giovani incontrano favore i movimenti religiosi « liberi », che sono però d'importazione americana, e suscitano entusiasmo certi aspetti delle religioni orientali ( induismo, buddismo, zen, yoga ). 10. - Quest'insieme di fatti determinano l'atteggiamento del popolo italiano nei riguardi dell'evangelizzazione: di fronte a questa esso non è una carta bianca, non è « neutro », ma per alcuni aspetti è chiuso all'evangelizzazione e per altri è aperto ( i termini di « chiusura » e di « apertura » devono intendersi non in senso assoluto, ma relativo ). 11. - L'uomo italiano è chiuso all'evangelizzazione per la mentalità laicista, che gli fa considerare la religione come inutile, frutto di superstizione, ed anche dannosa per lo sviluppo, l'equilibrio e la felicità dell'uomo. Questa mentalità è rafforzata, da una parte, dalla diffusione dell'umanesimo laicista ( cfr. Il laicismo. Lettera pastorale dell'Episcopato italiano al clero, 25 marzo 1960 ), secondo il quale la religione lede la dignità dell'uomo con i suoi dogmi ed asservisce l'intelligenza umana e con la sua morale oscurantista ed arretrata ostacola il pieno esercizio della libertà ed impedisce lo sviluppo dell'uomo; dall'altra, è rafforzata dal crescente processo di secolarizzazione, perché questa, anche quando non sfocia nel secolarismo, crea attorno all'uomo una atmosfera di assenza di Dio e di naturalismo agnostico, che non solo non aiuta l'ascolto del messaggio evangelico, ma positivamente lo impedisce. Infatti, la secolarizzazione è tendenzialmente antropocentrica, mondana e profana: cioè tende a mettere l'uomo al primo posto e ad affermare la piena autonomia da Dio e da ogni verità e norma morale trascendenti ed a considerare Dio e la religione come nonvalori e come « irrilevanti » per la vita dell'uomo sulla terra; tende a concentrare l'uomo su questo mondo e sui valori mondani, ritenuti come gli unici valori dell'esistenza, tende ad escludere Dio da tutti i settori della vita e a tener ben distinti e separati l'ambito profano e l'ambito religioso, escludendo ogni influsso di questo su quello. Perciò, quanto più si laicizza e si secolarizza, l'uomo italiano diviene chiuso ed estraneo al problema religioso ed al messaggio evangelico. 12. - Anche per la sua mentalità materialistica ed edonistica l'uomo italiano è chiuso all'evangelizzazione: infatti, chi fa del denaro e del piacere i suoi ideali, chi fissa la sua attenzione su questa terra in maniera così piena da rifiutare ogni prospettiva di un'« altra» vita non può né comprendere né accogliere e neppure ascoltare un messaggio che è centrato sull'amore di Dio e del prossimo, sul distacco dal denaro, sui valori della povertà e della verginità, sulla rinunzia e sulla comunione con Dio nella vita eterna. Questa mentalità materialistica ed edonistica è rafforzata, sul piano pratico, dalle spinte al consumismo ed all'erotismo che vengono dai mass-media, e sul piano teorico, è rafforzata dalla diffusione capillare del marxismo e del freudismo, che godono in Italia di grande prestigio non solo tra gli intellettuali, ma anche nelle masse popolari. 13. - Altro motivo di chiusura dell'uomo italiano all'evangelizzazione è la sua mentalità positivista e scientista: questa infatti, da una parte, lo rende poco interessato all'argomentazione razionale, anzi scettico nei riguardi di tutto ciò che non si vede e non si tocca e non si può dimostrare con argomenti scientifici; dall'altra lo rende inetto e incapace di percepire la dimensione del « mistero ». Ora, il messaggio evangelico, da una parte ha una dimensione « razionale », senza la quale esso viene a poggiare sul terreno del « sentimento » che "è estremamente labile o sul fideismo, dall'altra ha una dimensione « misterica », inaccessibile alla verifica scientifica, che si deve accettare con spirito di fede. Inoltre, lo spirito scientista gli fa riporre tutta la sua fiducia nella scienza, dalla quale egli attende la sua salvezza, e lo spirito positivista gli fa desiderare la salvezza, non dal peccato che per lui non ha senso, ma dai mali di questo mondo. Ora egli ha la sensazione che il messaggio evangelico non serva gran che a liberare l'uomo dalla fame, dalle malattie, dalle ingiustizie, ma che sia piuttosto un impedimento alla liberazione dell'uomo dai suoi mali, come quando condanna il divorzio, la limitazione delle nascite, l'eutanasia, ed una remora allo sviluppo dell'uomo, come quando « pretende » imporre limiti morali alla ricerca ed alla sperimentazione scientifica. 14. - Infine l'uomo italiano appare chiuso all'evangelizzazione per le condizioni in cui egli vive concretamente: infatti, egli vive nel chiasso, nel rumore, assillato dal dover far tutto in fretta: non ha perciò la possibilità di raccogliersi in silenzio per riflettere ed ascoltare Dio che parla « dentro »; vive assillato dai problemi economici, dalla paura di perdere il posto di lavoro, dall'insicurezza per il futuro cosicché non ha voglia e tempo per pensare ai problemi spirituali; fa un lavoro monotono o massacrante che lo stanca e lo abbrutisce e talvolta per recarsi al lavoro deve fare un lungo viaggio, che aggiunge fatica a fatica, cosicché quando torna a casa stanco cerca solo una facile evasione nel giuoco o nei mass-media. 15. - Ma se per certi aspetti l'uomo italiano è chiuso al messaggio evangelico, per altri è o può essere aperto e disposto all'ascolto. Infatti, la crisi dei grandi « miti » del nostro tempo - il benessere, il progresso, la scienza, la libertà - nei quali l'uomo poneva la sua fiducia, può aiutarlo a porsi il problema religioso. Così, egli si accorge che il benessere non ha portato all'uomo la felicità e che, anzi, col crescere del benessere materiale è cresciuto il malessere spirituale dell'uomo: malessere fatto di angoscia, di solitudine, di ansia, di sentimenti di inutilità e di insoddisfazione tanto che i Paesi in cui maggiore è il benessere sono i Paesi in cui maggiore è il numero dei suicidi e maggiore è l'uso della drogà. Si accorge che al progresso scientifico e tecnico non ha corrisposto un progresso culturale e morale: col progresso gli uomini non sono diventati più buoni, più umani e più fraterni, ma al contrario è cresciuto l'egoismo individuale e di gruppo, sono aumentate l'indifferenza e la chiusura alle sofferenze ed ai bisogni degli altri; col progresso sono nate forme di crudeltà orrende. Si accorge che la scienza non ha mantenuto le sue promesse, perché, se ha risolto certi problemi, ne ha creato altri più gravi e terribili: infatti, proprio in virtù della scienza, è nato lo spettro della distruzione totale dell'uomo e della vita per mezzo delle armi atomiche. Si accorge, infine, che la libertà assoluta, svincolata cioè da ogni rapporto a Dio ed alla legge morale, diventa sfrenato libertinaggio e degenera nel trionfo dell'egoismo più spietato e chiuso agli altri. Di fronte al crollo di questi « miti » che davano senso alla sua vita ed al suo lavoro, l'uomo di oggi può sentirsi disposto a porsi il problema del senso della vita e quindi il problema religioso. L'inquietudine che questa crisi dei suoi valori suscita in lui può fargli chiedere se, per caso, i veri valori della vita, capaci di un senso, non siano i valori religiosi, evangelici. 16. - L'uomo di oggi ha fortissima l'aspirazione alla giustizia, alla fraternità ed alla concordia tra gli uomini, alla solidarietà ed alla pace tra i popoli; sente il bisogno di creare un mondo più umano e più giusto, in cui l'uomo non sia sacrificato alla produzione ed al profitto, in cui il lavoro sia umanizzato, in cui scompaiano le tremende disparità ed ingiustizie attuali, le oppressioni politiche ed economiche, le torture, il razzismo, le discriminazioni a motivo della religione, della cultura e del paese di appartenenza, in cui nazioni e popoli minori non siano sacrificati alla volontà di dominio e di potenza dei « grandi »: infatti, la grande parola d'ordine del mondo di oggi è la « liberazione ». Eppure, insieme con questa aspirazione alla liberazione, l'uomo di oggi sperimenta l'incapacità pratica in cui si trova di costruire un mondo più giusto e più pacifico. Poiché mai ci sono state tante guerre e guerriglie, come in questi anni; il razzismo prospera vigoroso anche in paesi e zone in cui era sconosciuto; le torture sono all'ordine del giorno; i « piccoli » vengono sacrificati agli interessi dei « grandi »; il divario tra i « popoli della fame » e i « popoli dell'opulenza », invece di diminuire cresce, perché i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Di fronte all'incapacità di realizzare le sue aspirazioni, l'uomo di oggi può chiedersi se questa sua incapacità non dipenda dall'aver imboccato una strada sbagliata e se la via indicata dal messaggio evangelico e dalla Chiesa per risolvere i problemi del mondo attuale non sia la via giusta; può chiedersi se la salvezza dell'uomo e del mondo - non solo eterna ma anche temporale - non debba essere cercata nella persona e nel messaggio di Gesù: se, cioè, il vero e totale Liberatore dell'uomo non sia Gesù Cristo. 17. - Nelle crisi di tutte le « speranze » umane, nella crisi delle ideologie e dei sistemi politici, sociali ed economici, che si sono dimostrati incapaci di mantenere le loro promesse - crisi del liberalismo capitalista, crisi dei sistemi marxisti, riformisti o rivoluzionari - c'è nel mondo di oggi, specialmente presso i giovani, l'attesa di una speranza che non deluda, l'attesa di soluzioni nuove che veramente risolvano gli angosciosi problemi di oggi e diano coraggio a coloro che vogliono impegnarsi a costruire un mondo nuovo: questa attesa genera negli uomini di oggi, in particolare nei giovani, una certa disponibilità ad accogliere il Vangelo che è un messaggio di speranza, a vedere in Cristo morto e risorto colui che può fondare, proprio perché ha vinto il male e la morte, la speranza degli uomini su basi veramente solide. 18. - Per quanto laico e secolarizzato sia, l'uomo di oggi ha delle aspirazioni ed esigenze che almeno in una certa misura sono « religiose ». Ciò è dimostrato dal pullulare di forme di religiosità degradata, come l'astrologia, la divinazione, lo spiritismo. Tra gli stessi cattolici, la caduta del ritualismo e del devozionismo spinge alla ricerca di una esperienza religiosa più autentica ed essenziale. 19. - Un elemento che rimane di fondamentale importanza per cogliere l'apertura dell'italiano al messaggio di salvezza è la tradizione cristiana, che ha permeata profondamente la mentalità, la cultura e la storia d'Italia. Questa realtà non va né dimenticata, né sottovalutata, perché testimonia la presenza di solide tradizioni religiose, di cui sarebbe errato non prendere atto. D'altro lato questa tradizione plurisecolare di segni e consuetudini religiose comporta tuttora la presenza di forme sociologiche e culturali, che influiscono, specialmente nel mondo rurale, in modo considerevole sia sul costume che sulla mentalità della gente. Il nostro è un Paese di battezzati, immerso per secoli - ed anche oggi - nella realtà della grazia. Si potrà lamentare che molte volte ci si accosta ai sacramenti più per un fatto di tradizione che per una scelta e una convinzione di fede, ma il fatto resta e deve essere considerato come un motivo di speranza ed un appello ad una evangelizzazione piena e continua del messaggio cristiano. 20. - Altro elemento che indica una apertura all'evangelizzazione in mezzo al popolo italiano è il pullulare di gruppi spontanei, di comunità di base, di gruppi di contestazione. Possiamo certamente essere rammaricati perché forze cosi vive promuovono molte volte più la disgregazione che la comunione ecdesiale, l'assolutizzazione di alcune verità cristiane, anziché l'accoglienza umile e generosa dell'intero messaggio cristiano. Però come non scorgere in questi fenomeni così tipici dell'ora presente un anelito di autenticità ed un richiamo a tutta la Chiesa ad una fedeltà sempre più radicale al Vangelo? 21. - Se questa è la situazione italiana oggi, che cosa deve fare la Chiesa? Il suo compito essenziale è l'evangelizzazione, cioè l'annunzio del messaggio evangelico. Ma, prima di evangelizzare, è necessario disporre gli animi all'ascolto della Parola di salvezza, far desiderare la salvezza che Cristo ha portato al mondo. Perciò, se è urgente per la Chiesa evangelizzare - « Vae mihi si non evangelizavero » - non è meno importante ed urgente per essa fare opera di pre-evangelizzazione, sull'esempio di Paolo nel suo discorso agli Ateniesi. 22. - Questa opera di pre-evangelizzazione deve consistere nel rompere e scardinare le « chiusure » che l'uomo di oggi oppone all'evangelizzazione anzitutto, facendo opera di bonifica intellettuale, col combattere le filosofie materialiste ed atee e col mostrare la falsità dei pregiudizi antireligiosi, presentando una concezione della vita spiritualista, aperta a Dio ed ai valori trascendenti: questo dovrebbe essere il compito della cultura cattolica e questa dovrebbe essere la funzione dell'Università cattolica e delle scuole cattoliche secondarie; poi facendo opera di bonifica morale, col combattere l'edonismo, la pornografia, il culto del denaro che è all'origine della grave corruzione morale che oggi esiste a livello professionale, amministrativo e politico, il permissivismo morale che ritiene tutto lecito; facendo, infine, opera di bonifica sociale, col combattete le condizioni disumanizzanti in cui l'uomo di oggi vive, per quanto riguarda il lavoro, l'abitazione, la scuola, l'assistenza sanitaria, i minori senza famiglia, gli anziani e gli handicappati. 23. - L'impegno di pre-evangelizzazione deve consistere anche nel favorire e sviluppare le « aperture » che l'uomo di oggi ha o può avere al messaggio evangelico, col fargli prendere coscienza che la sua « inquietudine » di fronte al crollo dei suoi miti è di natura metafisica e religiosa, secondo l'esperienza di un grande « deluso » della terra e del mondo, sant'Agostino: « Fecisti nos, Domine, ad Te et inquietum est cor nostrum donec requiescat in Te »; col fargli comprendere che la sua aspirazione ad un mondo più giusto e fraterno resterà sempre inappagata finché non si convince che il male sta nel cuore dell'uomo e che solo Cristo è capace di guarire l'uomo e di liberarlo dal peccato e dalle sue conseguenze, che sono appunto i mali di questo mondo; col fargli prendere coscienza che nella crisi di tutte le speranze umane solo Cristo può dare all'uomo la speranza che non delude: « spes quae non confundit »; che la sua ricerca di « qualche cosa » al di là di quello che si vede e si tocca, di una « esperienza religiosa » può essere appagata solo dalla conoscenza e dall'amore di Dio e di Cristo. 24. - Ma per poter pre-evangelizzare, la Chiesa deve farsi ascoltare, deve essere « credibile ». Purtroppo, ci sono oggi molti pregiudizi contro la Chiesa, che ne infirmano gravemente la credibilità e che fanno sì che essa non sia ascoltata e, anzi, talvolta, sia respinta a priori. Alcuni di questi pregjudizi sono dovuti alle lotte che nel passato ci sono state tra la Chiesa e la società civile: diffusi dalla cultura « ufficiale » italiana, essi sono profondamente radicati specialmente negli ambienti intellettuali, cosicché sradicarli è molto difficile. Altri pregiudizi sono nati in questi anni, a causa dell'intervento della Chiesa nel campo politico, dovuto a necessità storiche contingenti: cosicché, per molti italiani, oggi la Chiesa fa politica o è una Chiesa « di parte », perché appoggia un partito contro altri. 25. - Perciò, per poter fare opera di pre-evangelizzazione, la Chiesa italiana deve sforzarsi di eliminare dalla sua vita tutto ciò che favorisce il persistere di questi pregiudizi e di mostrarsi, perciò, sempre più « credibile » ed autentica. In particolare, deve sempre più chiaramente prendere le sue distanze dalla politica concreta e militante, pur dovendo intervenire in campo politico quando sono in giuoco le esigenze del Regno di Dio ed i diritti della persona umana, per denunziare le ingiustizie e proporre le vie da percorrere per costruire un mondo più umano e più fraterno; soprattutto, deve mostrarsi distaccata dal denaro e dagli interessi economici o di prestigio, evitando tutto ciò che può far pensare alla ricerca del lucro anche nell'amministrazione dei sacramenti; deve purificare la sua religiosità da forme « superstiziose » o folcloristiche che impressionano negativamente. 26. - Positivamente, la Chiesa italiana deve mostrare in se stessa che il Vangelo è veramente capace di creare un mondo nuovo di fraternità, di libertà, di amore: deve, cioè, divenire l'« icona del mondo futuro ». Perciò, essa deve eliminare dal suo seno ogni forma di ingiustizia, ogni mancanza di rispetto della dignità delle persone, ogni divisione « classista » nel clero e nei fedeli, ogni fermento « razzista », mostrandosi sempre più quello che la Chiesa è nella sua essenza profonda: una « comunione » o, come diceva il martire sant'Ignazio, una « agàpe », non chiusa in se stessa in spirito di difesa, ma aperta a tutti, credenti e non credenti, rispettosa della libertà di tutti, capace di apprezzare tutto ciò che di buono, di bello e di grande, tutto ciò che di autenticamente umano c'è nel mondo di oggi, nel quale, nonostante la presenza di tanto male, Dio è all'opera e silenziosamente costruisce il suo Regno. Parte II - Contributo della Chiesa Italiana alla teologia dell'evangelizzazione 27. - Poiché il problema dell'evangelizzazione solleva oggi molte difficoltà non solo di ordine pastorale e pratico, ma anche di ordine teologico, la Chiesa italiana ritiene opportuno, anzi necessario, che il Sinodo dei Vescovi elabori una teologia dell'evangelizzazione, esplicitando e coordinando i dati della Sacra Scrittura e della Tradizione della Chiesa: si indicherà, in tal modo, alle Chiese patricolari una linea teologica e pastorale su cui tutti possano convenire, al di là delle legittime accentuazioni e differenziazioni richieste da situazioni particolari. Soprattutto, la Chiesa italiana, ritiene indispensabile che il Sinodo risponda ad alcuni problemi particolari sorti nella Chiesa dopo il Concilio circa l'evangelizzazione, poiché le differenti e talvolta opposte risposte che si danno a tali problemi creano sbandamento e confusione nei fedeli e divisioni e lacerazioni profonde nel tessuto ecclesiale. La Chiesa italiana, desiderando portare il suo modesto contributo all'opera sinodale, presenta qui dapprima un breve abbozzo di teologia dell'evangelizzazione e poi un tentativo di soluzione agli odierni problemi dell'evangelizzazione. 1) Teologia dell'Evangelizzazione 28. - Natura dell'evangelizzazione L'evangelizzazione è l'atto col quale la Chiesa, sotto l'impulso dello Spirito Santo, annunzia ed attua la salvezza che il Padre, nel suo infinito amore, offre a tutti gli uomini in Cristo e per mezzo di Cristo, morto e risorto. L'evangelizzazione ha dunque una struttura interna ed una struttura esterna: nella sua struttura interna essa, nella sua origine e nella sua efficacia, è essenzialmente « trinitaria », cioè opera della SS. Trinità, poiché nasce dall'amore del Padre, è compiuta dal Figlio e riceve la sua efficacia dallo Spirito Santo; nella sua struttura esterna essa è essenzialmente « ecclesiale », perché è opera della Chiesa in quanto è « sacramento di salvezza per tutto il genere umano ». L'evangelizzazione è, dunque, una realtà complessa, in cui la struttura interna e quella esterna sono intimamente fuse in un unico atto ecclesiale, il quale, però, ha due aspetti, che sono, sì, distinti, ma nello stesso tempo sono complementari. L'evangelizzazione, infatti, comporta in primo luogo l'annunzio della salvezza; comporta in secondo luogo l'attuazione della salvezza: cosicché l'evangelizzazione esprime non un aspetto soltanto ma tutta la missione della Chiesa. 29. - L'annunzio della salvezza. L'annunzio della « parola di salvezza » ( At 13,26 ) si svolge in varie tappe: dapprima, l'annunzio è fatto a chi ancora ignora il messaggio di salvezza, allo scopo di portarlo alla « conversione », cioè al pentimento ed alla fede ( annunzio kerigmatico ); poi è fatto a chi è già convertito, per risvegliame ed alimentarne la fede ( catechesi ) o difenderla dagli errori ( definizioni dogmatiche, interventi del magistero ordinario ), oppure perché conformi la sua vita al messaggio di salvezza ( omelia, predicazione ) o si ponga sulla via della perfezione evangelica ( per esempio, esercizi spirituali ). 30. - L'attuazione della salvezza. L'attuazione della salvezza si ha nel sacramento, perché la salvezza cristiana « viene a noi per via sacramentale » ( C.E.I., Evangelizzazione e sacramenti, n. 32, 12 luglio 1973): anzitutto, in Cristo e per mezzo di Cristo, in quanto è « sacramento del Padre » e del suo amore salvifico, che è all'origine di tutta l'opera della salvezza; poi nella Chiesa e per mezzo della Chiesa, in quanto è « sacramento di Cristo » e « segno e strumento » della salvezza operata da Cristo ( cfr. Lumen gentium, 1 ); infine nei sacramenti della Chiesa, in quanto attuazioni privilegiate della sacramentalità della Chiesa, alle quali Cristo ha attribuito la singolare efficacia di comunicare agli uomini la sua stessa vita, a cominciare dal Battesimo col quale si entrà a far parte della Chiesa come comunità di salvezza fino all'Eucaristia, la quale, perciò, è « il culmine di tutta l'evangelizzazione » (Presbyterorum Ordinis, 5 ). 31. - In realtà, c'è un legame strettissimo e vivente tra la Parola e il Sacramento, non solo perché Cristo stesso lo ha posto quando ha comandato agli Apostoli di annunziare il messaggio della salvezza e di battezzare ( cfr. Mt 28,19 ), ma perché la Parola, essendo parola di salvezza e quindi di vita, tende a tradursi immediatamente in Sacramento, che è appunto il segno e lo strumento con cui Cristo nella Chiesa e per mezzo della Chiesa, comunica al credente la sua vita, unendolo vitalmente a sé. Perciò dice giustamente il documento della C.E.I.: « L'evangelizzazione è indispensabile premessa al sacramento, mentre il sacramento la comprende e ne porta a pienezza l'annunzio, che diventa in tal modo operativo di grazia attraverso il segno » ( Evangelizzazione e sacramenti, n. 41 ). 32. - Intesa, perciò, in senso pieno, l'evangelizzazione non può essere ridotta al solo annunzio del messaggio della salvezza e tanto meno al solo « primo » annunzio ( annunzio kerigmatico ), ma deve comprendere anche l'attività sacramentale, come attuazione « piena » dell'annunzio della salvezza: si può quindi dire che nell'evangelizzazione è compresa ed attuata tutta la missione della Chiesa. 33. - L'opera dello Spirito Santo nell'evangelizzazione L'evangelizzazione è opera della Chiesa, ma questa evangelizza sotto l'impulso dello Spirito Santo: « È spinta, infatti, dallo Spirito Santo a cooperare perché sia eseguito il piano di Dio, il quale ha costituito Cristo principio di salvezza per il mondo intero » ( Lumen gentium, 17 ). Forte dello Spirito ricevuto nella Pentecoste, come Cristo, unto da Dio di Spirito Santo ( cfr. At 10,38 ), evangelizza « i poveri », così la Chiesa, nei suoi apostoli, annunzia « con tutta franchezza » ( At 28,31 ) il messaggio di Gesù, con la grazia e la forza dello Spirito Santo ( cfr. At 2,4ss ). È, poi, lo Spirito Santo che con la sua « consolazione » moltiplica la Chiesa ( cfr. At 9,31 ), perché egli dà forza di convinzione alla parola degli apostoli ed apre il cuore dei credenti all'accoglimento dell'annunzio, poiché solo nello Spirito noi conosciamo Cristo e confessiamo che « Gesù è Signore » ( 1 Cor 12,3 ). 34. - Chi deve evangelizzare L'evangelizzazione è l'opera di « tutta » la Chiesa, della gerarchia e del laicato: « Ad ogni discepolo di Cristo incombe il dovere di diffondere, quanto gli è possibile, la fede » ( Lumen gentium, 17 ). L'evangelizzazione non è, perciò, riservata alla gerarchia, ma è dovere di tutti i cristiani, anche dei laici: « La vocazione cristiana è per sua natura anche vocazione all'apostolato » ( Apostolicam actuositatem, 2 ). Però, se nella Chiesa c'è « unità di missione », c'è anche « diversità di ministero » ( Apostolicam actuositatem, 2 ). Così, per quanto riguarda l'evangelizzazione, la gerarchia ha il compito primario e specifico di « rendere testimonianza al messaggio della grazia di Dio » ( At 20,24 ) in nome di Cristo e con la sua autorità, di custodirlo nella sua integrità e immune da ogni errore come lo ha ricevuto dagli Apostoli, e di applicarlo alle realtà storiche in continuo movimento; invece, i laici, esercitando il loro ufficio profetico, di annunzio del Vangelo, devono farlo in spirito di comunione con la gerarchia e di obbedienza filiale al suo insegnamento, pur potendo e dovendo collaborare con essa nell'arricchimento e nello sviluppo omogeneo del messaggio evangelico e nell'applicarlo alle situazioni ed ai problemi del proprio tempo. 35. - Ma, più che su questa « diversità di ministero », bisogna oggi insistere sul dovere che tutti i laici hanno di partecipare, secondo le proprie possibilità, all'unica missione evangelizzatrice della Chiesa. Nonostante l'insegnamento e le esortazioni del Concilio Vaticano II, i laici cristiani non hanno ancora preso piena coscienza del loro dovere di evangelizzare i loro fratelli. In particolare, si deve insistere sul dovere dei genitori di essere i primi maestri della fede dei loro figli e di collaborare con i sacerdoti nell'iniziazione cristiana di essi. « La famiglia è chiamata ad essere il primo luogo di annunzio del messaggio cristiano e di educazione permanente alla fede » ( Evangelizzazione e sacramenti, n. 95 ). 36. - Evangelizzazione e testimonianza L'evangelizzazione non è un annunzio qualsiasi, ma è una « testimonianza », è l'annunzio fatto da un « testimone » che si rende garante della verità di quanto annunzia: infatti, per annunziare agli uomini il messaggio della salvezza, Gesù costituisce gli Apostoli suoi « testimoni … fino agli estremi confini della terra » ( At 1,8 ): essi devono attestare solennemente dinanzi agli uomini tutto quello che è avvenuto dal battesimo di Giovanni fino all'ascensione di Gesù e di cui sono stati testimoni ( cfr. At 1,22 ); in particolare, devono essere i testimoni della Risurrezione « davanti al popolo » ( At 13,31 ). È quanto essi fanno: « Questo Gesù Dio l'ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni » ( At 2,32 ). Tanto che « credere » è accettare la testimonianza degli Apostoli: « È stata creduta la nostra testimonianza in mezzo a voi », scrive San Paolo ai Tessalonicesi ( 2 Ts 1,10 ). Evangelizzare è quindi testimoniare, è rendere testimonianza a Cristo: testimonianza che può giungere fino al martirio: quanti, infatti, sono perseguitati « a causa della testimonianza resa a Gesù » ( Ap 1,9 ) e quanti sono sgozzati per la testimonianza di Gesù e la Parola di Dio ( cfr. Ap 6,9; Ap 17,6 ). Allora la testimonianza della fede è consacrata dalla testimonianza del sangue. 37. - Nell'evangelizzazione della Chiesa di oggi permane la testimonianza apostolica, perché per mezzo di una catena ininterrotta di testimoni fedeli ( Tradizione ) la Chiesa di oggi si ricollega agli Apostoli ed alla loro predicazione: cosicché, la testimonianza della Chiesa di oggi è la stessa testimonianza degli Apostoli. Ma, come gli Apostoli testimoniarono la verità e la realtà di quanto annunziavano con la santità della vita e con la sofferenza spinta fino al martirio, così oggi la Chiesa, per poter evangelizzare efficacemente, deve divenire sempre più santa nella sua vita e sempre più evangelica nelle sue strutture e nel suo comportamento, deve essere sempre pronta a sopportare per il Vangelo la sofferenza, la persecuzione e il martirio. Non basta che nella Chiesa ci siano dei santi e dei martiri; è necessario che tutta la Chiesa, nella sua globalità di popolo di Dio, appaia sempre di più come il segno di Dio innalzato tra i popoli ( cfr. Is 11,12; Conc. Vat. I,Const. de Fide catholica, c. 3 ). 38. - Perciò, l'evangelizzazione comporta, per la Chiesa e per ogni cristiano, un impegno di fedeltà al Vangelo e di santità di vita sempre più intenso. Questo non significa che la Chiesa debba rinunciare, come ritengono alcuni, all'evangelizzazione finché non si sia rinnovata interiormente e non appaia chiaramente come segno di Dio nel mondo: ciò vorrebbe dire, per essa, rinunziare definitivamente al suo compito di evangelizzazione, perché, essendo formata di peccatori, la Chiesa non sarà mai santa perfettamente, ma sarà « sempre bisognosa di purificazione » e dovrà « continuamente far penitenza e rinnovarsi » ( Lumen gentium, 8 ). Significa solo che la Chiesa, prendendo sempre più coscienza dello strettissimo legame che c'è tra evangelizzazione e testimonianza di santità e di martirio, deve impegnarsi sulla via della fedeltà al Vangelo assai più di quanto oggi non faccia. Non si deve, infatti, sottovalutare - e il Sinodo dovrebbe prestarvi una particolare attenzione - il fatto che, almeno in alcuni Paesi di antica cristianità, oggi la Chiesa « istituzionale » da alcuni cattolici, appartenenti ai gruppi del « dissenso » e dei « cristiani critici », sia accusata di essere il principale ostacolo all'evangelizzazione per la sua vita ed il suo agire difformi dal Vangelo, e dai non credenti e credenti « marginali » sia considerata non « credibile » nel suo annunzio del messaggio evangelico, proprio per la distanza e l'incoerenza tra ciò che fa e ciò che annunzia, tra la sua vita e il suo messaggio. Ma, se la testimonianza della vita è necessaria per l'efficacia dell'evangelizzazione, da sola non basta all'evangelizzazione, come oggi alcuni pretendono: in realtà, essa è resa intelligibile dalla proclamazione della Parola: non si comprende il significato ed il valore d'una testimonianza se non si sa a chi o a che cosa si dà testimonianza. A sua volta, però, la proclamazione della Parola è resa credibile dalla testimonianza che con la sua vita, con le sue opere e, se è necessario, col suo sangue rende a quella parola colui che la proclama. 39. - Come evangelizzare La Parola di Dio « è potenza di Dio per la salvezza » ( Rm 1,16 ): ha, perciò, un vigore interiore proprio che non gli viene da colui che la proclama. Essa agisce per forza propria, non per la forza che le viene dal modo intelligente e persuasivo con cui l'apostolo la proclama. Perciò, san Paolo annunzia il Vangelo « non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo » ( 1 Cor 1,17 ): poiché « è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione » ( 1 Cor 1,21 ), egli non è venuto a Corinto ad annunziare « la testimonianza di Dio con sublimità di parola o di sapienza », ma si è presentato ai corinzi « in debolezza e con molto timore e trepidazione » e la sua parola e il suo messaggio « non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza », ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza », affinché la fede dei corinzi « non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio » ( 1 Cor 2,1-5 ). L'evangelizzazione, perciò, va fatta con mezzi « poveri », nello stile di umiltà e di povertà che fu proprio di Cristo e degli Apostoli, e l'apostolo non deve porre la sua fiducia nei mezzi umani di cui può disporre ( ma che possono anche mancargli ), bensì nella potenza di Dio. Perciò, egli non si lascerà impaurire dalle difficoltà ma annunzierà il Vangelo « con franchezza e senza impedimento » ( parresìa ) ( At 28,31 ), « in ogni occasione opportuna e non opportuna » ( 2 Tm 4,2 ), sapendo di essere un « collaboratore di Dio » ( 1 Cor 3,9 ) ed un « ambasciatore di Cristo » per riconciliare gli uomini con Dio ( 2 Cor 5,20 ). Essendo comunicazione della salvezza agli uomini mediante la Parola ed i Sacramenti, l'evangelizzazione esige un linguaggio e dei segni che siano comprensibili e significativi per l'uomo a cui essa è diretta. Ciò pone due grossi problemi: il problema del linguaggio e il problema dei segni. 40. - Il problema del linguaggio. Il linguaggio non è solo un sistema di segni fonici convenzionali, ma è legato al carattere, alla mentalità ed alla cultura di un popolo: perciò, non si può comprendere il linguaggio di un popolo se non se ne conoscono la psicologia, la storia e la cultura, se non si riesce a penetrarne lo spirito. Ciò pone all'evangelizzazione un grave problema. Infatti, oggi l'evangelizzazione è fatta in un linguaggio che non è quello del nostro tempo, perché o viene usato il linguaggio biblico o viene usata una terminologia che risente fortemente del linguaggio della filosofia e della teologia scolastica. Ora il linguaggio biblico ( ebraico, aramaico e greco-popolare ) appartiene ad una civiltà molto lontana dalla nostra: affinché perciò l'annunzio del messaggio della salvezza, che è fatto nel linguaggio biblico, sia compreso rettamente, è necessaria una buona catechesi biblica, la quale, però, è di difficile attuazione, data anche la brevità del tempo di cui si dispone per l'evangelizzazione e la ristretta capacità di ascolto di coloro ai quali è rivolto l'annunzio della salvezza. Per quanto riguarda la terminologia scolastica, essa è molto utile per esprimere con esattezza e precisione la fede cristiana, ma per la sua astrattezza è molto lontana dal linguaggio di oggi, assai concreto e legato ad una mentalità scientifica e positiva. Ciò esige una traduzione del messaggio evangelico in un linguaggio che, senza tradirne il contenuto, lo renda immediatamente comprensibile e significativo per l'uomo di oggi: cosa non facile, perché, non essendo il linguaggio mai « neutro » ma legato alla mentalità dell'epoca, in un'epoca di secolarizzazione qual è la nostra, si rischia di « secolarizzare » il messaggio evangelico. 41. - Il problema dei segni. A parte i segni naturali, che sono patrimonio di ogni civiltà e comprensibili per ogni uomo, i segni convenzionali variano da civiltà a civiltà. Così, alcuni dei segni sacramentali sono immediatamente percepibili anche da parte dell'uomo moderno, ma altri lo sono meno o non lo sono affatto: se, per esempio, in una civiltà rurale, l'olio è un segno facilmente comprensibile, in una civiltà urbana ed industriale lo è molto di meno e fuori dell'area mediterranea può non esserlo affatto. Di qui la necessità d'una catechesi dei segni sacramentali e, per quanto attiene ai segni non sacramentali, la necessità che ciascun popolo o ciascuna area di civiltà abbia segni propri, immediatamente percepibili: solo così il cristianesimo può incarnarsi nelle varie culture e divenire una religione non più straniera per i popoli non-occidentali. 42. - Chi deve essere evangelizzato Il messaggio della salvezza è rivolto a tutti, perché Dio « vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità » ( 1 Tm 2,3 ). Perciò, nessuno può e deve essere escluso dall'annunzio del Vangelo: si tratti di uomini singoli o di classi sociali. È, quindi, da condannare la pretesa di alcuni cristiani di riservare l'annunzio evangelico ai soli « poveri », intendendo con questo termine la classe « sociale » dei poveri, degli oppressi e degli emarginati. La Chiesa deve fare come il seminatore che getta il seme della Parola dovunque - anche sulla strada, tra le pietre e tra i rovi ( cfr. Mt 13,3-9 ) - poiché « Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre » ( Mt 3,9 ). Si deve tuttavia riconoscere che, nell'annunzio della salvezza, i « poveri », cioè coloro che non avendo beni terreni ed essendo privi o privati del potere su cui potersi appoggiare per farsi valere, pongono la loro fiducia e la loro speranza in Dio, attendendo da lui la loro salvezza, godono di un particolare « privilegio »: essi sono i « primi » ad essere chiamati al Regno di Dio; anzi, il Regno di Dio appartiene già ad essi ( cfr. Mt 5,3 ). Perciò, come Cristo è stato inviato dal Padre « per annunziare ai poveri un lieto messaggio » ( Lc 4,18 ), così la Chiesa è inviata da Cristo ad evangelizzare, prima di tutti gli altri, i poveri. Quindi, nell'annunzio del messaggio evangelico, la Chiesa deve privilegiare i poveri, gli emarginati, gli oppressi. 43. - Ma, rivolta a tutti gli uomini, e in maniera privilegiata ai poveri, la Parola di Dio fruttificherà in maniera assai differente: talvolta fruttificherà poco o non fruttificherà affatto; anche quando cadrà sulla « terra buona », darà ora il cento, ora il sessanta ed ora il trenta ( cfr. Mt 13,8 ). Ciò significa che, se da una parte, la Chiesa dovrà preoccuparsi di un cattolicesimo « qualitativo », dall'altra, non dovrà cessare di essere « Chiesa di popolo ». Si deve, perciò, respingere la tendenza rigorista che vorrebbe ridurre la Chiesa ad un « piccolo gregge » di cristiani ferventi, mettendo fuori di essa coloro che, pur conservando qualche germe di fede, non praticano se non in maniera sporadica oppure non si mostrano degni del nome cristiano: poiché, se la Chiesa ha l'obbligo di porre questi cristiani di fronte alle loro responsabilità e di esigere da essi coerenza tra fede e vita, ha anche l'obbligo di non spegnere il lucignolo fumigante, ma piuttosto di adoperarsi perché esso prenda vigore. Anche nei riguardi della religiosità popolare, che oggi alcuni, anche col pretesto dell'opposizione che esisterebbe tra « religione » e « fede », troppo facilmente tacciano di « religione » e di « superstizione », la Chiesa deve sforzarsi di purificarla dalle possibili incrostazioni superstiziose e magiche e di elevarla al piano d'una fede sempre più cosciente e matura, ma non deve eliminarla col pretesto che essa è di ostacolo ad una fede autentica: anche i « poveri » e quelli che hanno una fede « povera » hanno diritto ad avvicinarsi a Dio con i mezzi di cui sono capaci. Ma il messaggio della salvezza non è rivolto dalla Chiesa solo agli individui ed ai popoli, bensì anche alle culture dei vari popoli. Ciò, per due motivi. 44. - L'evangelizzazione, per essere efficace e di effetto duraturo, deve incarnare il messaggio cristiano nelle varie culture dei popoli che essa vuole raggiungere; infatti, un uomo o un popolo di una data cultura è veramente evangelizzato solo quando il messaggio evangelico gli è presentato nel suo linguaggio e in un modo confacente alla sua mentalità. Per questo « la Chiesa, fin dagli inizi della sua storia, imparò ad esprimere il messaggio di Cristo ricorrendo ai concetti ed alle lingue dei diversi popoli; ed inoltre si sforzò di illustrarlo con la sapienza dei filosofi: allo scopo, cioè, di adattare quanto conveniva il Vangelo sia alla capacità di tutti, sia alle esigenze dei dotti. E tale adattamento della predicazione della parola rivelata deve rimanere legge di ogni evangelizzazione » (Gaudium et spes, 44 ). 45. - Nel disegno di Dio, ogni popolo ed ogni cultura sono destinati a dare il loro apporto alla comprensione sempre più piena delle « imperscrutabili ricchezze di Cristo » ( Ef 3,8 ) e del suo mistero, ad arricchire spiritualmente la Chiesa di Dio con l'immettervi energie nuove di pensiero e di azione e, infine, ad arricchire tutta la comunità dei popoli; ma, affinché ciò avvenga, ogni cultura deve convertirsi al Vangelo: perciò, nei suoi confronti il messaggio evangelico ha una funzione critica, perché ne denuncia gli aspetti che sono incompatibili con la verità umana e cristiana e spinge a superarli e a correggerli, ed ha una funzione di fermento, perché l'aiuta a sviluppare gli elementi validi: « Così, dice ancora la Cost. Gaudium et spes ( n. 44 ), viene sollecitata in ogni popolo la capacità di esprimere secondo il modo proprio il messaggio di Cristo e al tempo stesso viene promosso uno scambio vitale tra la Chiesa e le diverse culture dei popoli ». 46. - Oggetto dell'evangelizzazione Qual'è l'oggetto dell'annunzio salvifico? Che cosa la Chiesa deve evangelizzare? Ebbene, la Chiesa deve proclamare il messaggio di Gesù e degli Apostoli. Ora, Gesù ha annunziato la prossima venuta del Regno di Dio ( cfr. Mc 1,15 ): più precisamente, ha annunziato che nella sua persona, nelle sue opere e nel suo messaggio, il Regno escatologico di Dio è già presente ed agisce nel mondo, sia pure in forma incoativa e germinale, e che tutti - in particolare, i poveri, i piccoli, i peccatori, gli esclusi - sono chiamati ad entrarvi ed a prendere parte al grande festino messianico, in cui Dio partecipa la sua gioia agli uomini suoi figli; le uniche condizioni per entrare nel Regno di Dio sono la penitenza, con l'accettazione della grazia del perdono e del rinnovamento che Dio offre, e la fede: « Il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo » ( Mc 1,15 ). Così, per Gesù il centro del messaggio è il Regno di Dio. 47. - Gli Apostoli, rendendo esplicito il pensiero di Gesù, spostano il centro di gravità del messaggio evangelico dal Regno di Dio a colui che lo porta e lo realizza incoativamente con la sua morte e la sua risurrezione: Gesù, che ha salvato gli uomini dal peccato con la sua morte sulla croce e con la sua risurrezione li ha giustificati, introducendoli nel Regno del Padre e rendendoli partecipi della natura divina in qualità di figli adottivi di Dio. Oggetto della predicazione apostolica è quindi Gesù, Salvatore degli uomini con la sua morte e la sua risurrezione: al di fuori di lui non c'è per gli uomini speranza di salvezza, poiché « non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati » ( At 4,12 ). È questo messaggio apostolico che la Chiesa deve continuare ad annunziare agli uomini, offrendo loro la salvezza che Cristo ha meritato per essi. L'evangelizzazione nei suoi due momenti di « Parola » e di « Sacramento » ( momenti inscindibili, perché la Parola solo « nel Sacramento trova tutta la sua pienezza », cosicché « Parola e Sacramento rendono attuale ed operante, in tutta la sua efficacia, la salvezza operata da Cristo », come è detto nel documento della C.E.I.,Evangelizzazione e sacramenti, n. 48 ) è, perciò, un atto essenzialmente « religioso » che ha per oggetto la « salvezza » dell'uomo « in Cristo ». 48. - Scopo dell'evangelizzazione L'evangelizzazione si propone, come suo scopo ultimo, la « salvezza » degli uomini « in Cristo »: salvezza che è un processo continuo di crescita in Cristo, cioè nella fede e nella carità, e che si compirà pienamente e definitivamente nell'ultimo giorno. Difatti, il cristiano deve essere avido di un « puro latte spirituale per crescere con esso verso la salvezza » ( 1 Pt 2,2 ), la quale è « prossima a rivelarsi negli ultimi tempi » ( 1 Pt 1,5 ), quando Cristo, manifestandosi nella sua gloria di Dio e Salvatore nostro ( Tt 2,13 ), farà conseguire ai suoi eletti la salvezza « insieme alla gloria celeste » ( 2 Tm 2,10 ). 49. - Ma, se la salvezza è lo scopo ultimo dell'evangelizzazione, lo scopo immediato è la « conversione ». Per questo Gesù, venuto a chiamare i peccatori a convertirsi ( eis metànoian ) » ( Lc 5,32 ), inizia la sua predicazione con l'esortazione a convertirsi: « Convertitevi e credete al Vangelo » ( Mc 1,15 ). Cioè, Gesù invita l'uomo a prendere coscienza del suo stato di peccatore, a pentirsi dei suoi peccati ed a rivolgersi con umiltà e fiducia a Dio che è pronto a perdonare: « O Dio, abbi pietà di me peccatore » ( Lc 18,13); soprattutto, ad aver fede in lui, che « ha il potere in terra di rimettere i peccati » ( Mt 9,6 ): « la tua fede ti ha salvata; va in pace » ( Lc 7,50 ). La conversione comporta, dunque, un mutamento radicale di atteggiamento nei confronti di se stesso, del mondo e di Dio: è una conversione del cuore, che si traduce in un modo nuovo di agire. Paolo può dire ai tessalonicesi « vi siete convertiti a Dio, allontanandovi dagli idoli per servire al Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio Gesù che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, che ci libera dall'ira ventura » ( 1 Ts 1,9-10 ). La conversione, quindi, comporta il pentimento, la fede, il proposito di una vita nuova nel servizio di Dio e nella ricerca del Regno di Dio e della sua giustizia. Essa, però, esige di essere suggellata e coronata dal Battesimo, in cui trova il punto culminante. Il motivo è che tutto il processo della conversione è opera della grazia di Dio: è, infatti, la grazia che spinge l'uomo al pentimento ( cfr. Lc 15,8ss ); è la grazia che fa dire all'uomo il « sì » della fede ( cfr. Ef 2,8 ). Il Battesimo altro non è se non il completamento dell'opera della grazia: nel Battesimo, infatti, lo Spirito, mediante i segni sacramentali « del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola » ( Ef 5,26 ), prende possesso del credente, lo unisce a Cristo morto e risorto, e gli dà l'intima certezza di essere entrato nel Regno di Dio. 50. - I credenti, convertiti e battezzati, formano la Chiesa, nuovo popolo di Dio e mistico corpo di Cristo: Chiesa, che è « mistero », ma che è anche « istituzione » visibile e storica. È nella Chiesa, mistero ed istituzione, in quanto sacramento di Cristo, che i credenti trovano la salvezza. Così, lo scopo dell'evangelizzazione è triplice: lo scopo immediato è la conversione degli uomini; lo scopo mediato è l'edificazione della Chiesa, come istituzione sacramentale di salvezza; lo scopo ultimo è la salvezza degli uomini in Cristo. Non si tratta, però, di tre scopi distinti, bensì di tre aspetti di una realtà unica, ma complessa, che San Paolo così esprime nella lettera a Tito: « Quando però si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna » ( Tt 3,4-7 ). 2) I problemi odierni dell'evangelizzazione I problemi maggiormente presenti nella Chiesa italiana, e sui quali si auspicherebbe dal Sinodo una parola di chiarimento e di soluzione, sono i seguenti: 51. - Si deve ancora evangelizzare? Alcuni cristiani oggi si chiedono se la Chiesa debba ancora evangelizzare. Essi si pongono questi interrogativi per le seguenti ragioni: a) l'uomo di oggi va sempre più secolarizzandosi nel pensiero, nel costume e nella vita, cosicché egli diviene sempre più impermeabile ad un discorso propriamente religioso e sempre meno interessato ad una soluzione religiosa del problema dell'esistenza umana: ormai, la religione è divenuta per lui « irrilevante » e non degna di essere presa in considerazione; oppure è mistificante; oppure è dannosa per la vita e la felicità dell'uomo. Che serve, allora, evangelizzare? b) l'uomo di oggi è stanco delle molte parole che dice la Chiesa, poiché ad esse non corrispondono i fatti: nel suo discorso religioso, la Chiesa oggi non è più « credibile ». Perciò, la cosa migliore che può fare non è quella di parlare, ma quella di rendersi credibile, dando « testimonianza » al Vangelo: non evangelizzare, quindi, ma testimoniare il Vangelo; c) l'uomo di oggi è estremamente geloso della sua libertà interiore: egli vede l'evangelizzazione come un attentato più o meno subdolo alla sua libertà, specialmente se la Chiesa pretende condizionare la libertà religiosa dell'individuo dalla nascita fino alla sua maturità con !'imporgli il Battesimo e l'educazione cristiana nell'infanzia e nella adolescenza; d) poiché Cristo è morto per tutti e poiché, nel suo infinito amore il Padre dà a tutti la grazia della salvezza, avendo tutti incluso nel disegno di salvezza che egli ha concepito ed attuato in Cristo, tutti sono già « cristiani », anche se non ne sono coscienti. Perché allora volerli fare cristiani non più « anonimi », specialmente se ciò potrebbe disturbarli nella loro buona fede ed essere per loro motivo non di più sicura salvezza, ma di perdizione? e) specialmente quando si tratta di individui e popoli che praticano altre religioni, non conviene predicare il Vangelo che potrebbe disturbarli nella loro buona fede, ma piuttosto aiutarli a vivere meglio la loro religione: infatti ogni religione è per i suoi aderenti la via « ordinaria » della salvezza, mentre il cristianesimo è la via « straordinaria » (cfr. H. R. Schlette, Le religioni come tema della teologia, Morcelliana, Brescia, 1968, pp. 85-86: « La strada di salvezza delle religioni si può definire come ordinaria e quella della Chiesa come straordinaria » ). 52. - Di fronte a queste affermazioni ed a questi dubbi, il Sinodo deve prendere nettamente posizione, ribadendo, da una parte, la necessità dell'evangelizzazione e, dall'altra, il suo primato su ogni altra attività della Chiesa. Infatti, la missione affidata da Cristo alla Chiesa e valevole per tutti i tempi fino alla fine del mondo è l'evangelizzazione, portata fino ai confini della terra ( cfr. Mt 28,18-20 ): cosicché se la Chiesa cessasse di evangelizzare, mancherebbe al suo principale dovere ed al motivo per cui è stata istituita; perciò, in pratica, cesserebbe di essere. La Chiesa dice con San Paolo: « Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo! » ( 1 Cor 9,16 ). Tale necessità si fonda sul fatto che il Padre ha costituito Cristo « principio di salvezza per il mondo intero » (Lumen gentium, 17 ), cosicché fuori dell'influsso salvifico di Cristo non è possibile salvarsi: « È dunque necessario che tutti a lui si convertano, dopo averlo conosciuto attraverso la predicazione della Chiesa, ed a lui ed alla Chiesa, suo corpo, siano incorporati per mezzo del Battesimo » ( Ad gentes, 7 ). Ciò significa che la via ordinaria e normale della salvezza, positivamente voluta da Dio, è costituita dall'adesione esplicita a Cristo mediante la fede e dall'incorporazione piena alla Chiesa mediante il Battesimo e l'Eucaristia: cioè, Dio vuole positivamente che normalmente la savezza sia legata alla fede in Cristo ed all'incorporazione piena alla Chiesa. Nella sua infinita bontà per le sue creature, egli concede la grazia della salvezza anche a chi senza sua colpa non conosce Cristo e la Chiesa ma fa quello che è in suo potere per salvarsi, sforzandosi di vivere con rettitudine secondo i dettami della sua coscienza ( cfr. Lumen gentium, 16 ); tuttavia, questa è una via straordinaria di salvezza, non la via ordinaria, da lui scelta e voluta positivamente. 53. - Cosicché il fatto che, nella sua misericordia, Dio salvi tutti coloro che, pur non conoscendo Cristo e la Chiesa, temono Dio e praticano la giustizia ( cfr. At 10,35 ), non significa che ciò corrisponde in pieno al suo disegno di salvezza: significa solo che, non potendosi questo attuare in Cristo e nella Chiesa come egli vorrebbe, Dio sceglie altre strade per salvare gli uomini. Ma si tratta pur sempre di vie straordinarie, che non corrispondono pienamente al suo disegno di salvezza, anche se può avvenire che gli uomini salvati da Dio per tali vie siano più numerosi di quelli da lui salvati per la via ordinaria dell'adesione esplicita a Cristo e della piena incorporazione alla Chiesa. Quindi, anche se Dio può salvare e realmente salva alcuni uomini per altre vie, il comando di Cristo agli Apostoli: « Predicate il vangelo ad ogni creatura » ( Mc 16,15 ) conserva la sua piena validità ed urgenza: solo, infatti, con l'evangelizzazione si può attuare in pieno il disegno di salvezza degli uomini, quale è stato concepito ed attuato dal Padre in Cristo mediante l'opera dello Spirito Santo. 54. - La Chiesa, quindi, deve essere « per sua natura missionaria» ( Ad gentes, 2 ), sempre, anche quando gli uomini non sono disposti o rifiutano di ascoltare il messaggio della salvezza: in tal caso, essa deve esporli all'ascolto mediante un'opera di pre-evangelizzazione e di « preparazione evangelica », stimolando la nascita del problema religioso, ma non deve abbandonare il campo, o chiudendosi in se stessa, scoraggiata, oppure mettendosi a fare altre cose, illudendosi in tal modo di servire meglio il mondo e gli uomini: in realtà, il migliore e più importante servizio che la Chiesa può rendere al mondo è l'evangelizzazione. Di qui, il primato dell'evangelizzazione su ogni altra attività culturale, educativa, scientifica e sociale. 55. - Il secondo motivo che rende necessario ed urgente il compito missionario della Chiesa sta nel fatto che solo nell'adesione esplicita a Cristo nella fede e nella perfetta incorporazione alla Chiesa mediante il Battesimo gli uomini possono trovare « tutti » i mezzi di salvezza di cui hanno bisogno. Infatti, quelli che non conoscono Cristo e non sono incorporati alla Chiesa, pur non essendo abbandonati da Dio ed alieni dalla grazia di Cristo, sono tuttavia privi della pienezza di grazia che Cristo riversa nella sua Chiesa. Perciò, la loro condizione rispetto alla salvezza è oggettivamente una condizione di precarietà e di incertezza. Infatti, non conoscendo la verità su Dio e sull'uomo che Cristo ha portato nel mondo, facilmente essi cadono in errori anche gravi: « Molto spesso, dice la Cost. Lumen gentium ( n. 16 ), gli uomini, ingannati dal Maligno, hanno vaneggiato nei loro pensamenti ed hanno scambiato la verità divina con la menzogna, servendo la creatura piuttosto che il Creatore, oppure vivendo e morendo senza Dio in questo mondo, sono esposti alla disperazione finale ». 56. - Ma, soprattutto, senza la forza divina che viene dai sacramenti, dalla preghiera della Chiesa e dalla comunione dei santi, difficilmente gli uomini riescono a vincere il male che è in loro e ad aprirsi alla carità: cosicché diventano schiavi del peccato e preda dell'egoismo, dell'orgoglio e della sensualità. In tali condizioni è assai difficile che essi prestino ascolto alla voce di Dio, che risuona nella loro coscienza, per invitarli alla penitenza ed alla conversione e prepararli all'infusione delle virtù soprannaturali della fede e della carità, senza le quali non c'è salvezza. 57. - Perciò, in risposta ai dubbi espressi, si deve dire che se nello attuale mondo secolarizzato ci sono delle chiusure al Vangelo, ci sono anche delle aperture, su cui si può far leva per rendere interessante e significativo il messaggio evangelico anche per l'uomo della « città secolare ». La Chiesa deve oggi rendersi « credibile » agli uomini con la sua « testimonianza » al Vangelo, ma non può esaurire nella « testimonianza » la sua presenza e la sua missione nel mondo, per la natura stessa della testimonianza che è sempre testimonianza ad una persona o ad un messaggio, nel nostro caso, a Cristo ed al messaggio evangelico: se gli uomini non sanno chi è Cristo e qual è il suo messaggio, che senso avrebbe la testimonianza resa ad essi? Ora è l'evangelizzazione che fa conoscere Cristo ed il suo messaggio. 58. - L'evangelizzazione non è un attentato alla libertà umana, perché è una proposta fatta all'uomo, non un'imposizione o una coercizione: « Nessuno, infatti, può essere costretto ad abbracciare la fede contro la sua volontà » ( Dignitatis humanae, 10 ). L'atto di fede è per sua natura un atto volontario. Questo, però, non significa che uno può abbracciare la religione che vuole o anche essere ateo: ognuno, infatti, ha l'obbligo morale di cercare la verità religiosa e di aderire alla verità cristiana come l'unica verità che libera e salva, egli ha l'obbligo morale di prendere in considerazione la proposta della Chiesa. È falso, poi, che il Battesimo e l'educazione cristiana ricevuti nell'infanzia e nell'adolescenza siano un'offesa alla libertà e la predeterminino e condizionino nell'adulto; si deve, invece, affermare che la maturano, liberandola dai condizionamenti che il peccato e l'errore esercitano su di essa. È la Verità che fa liberi. 59. - Nel disegno di salvezza di Dio anche il cristiano « anonimo » è destinato a divenire un cristiano « esplicito » mediante l'opera evangelizzatrice della Chiesa: se non lo diviene, il disegno di salvezza voluto da Dio non si compie nella sua pienezza, anche perché a lui non giunge tutta la pienezza di grazia di Cristo. In tal modo, l'opera della redenzione resta almeno in parte frustrata. 60. - Affermare che le religioni non cristiane siano per i loro aderenti la via « ordinaria » della salvezza non solo è in contrasto con tutta la tradizione cristiana, ma priva Cristo e la Chiesa della loro ragione di essere: infatti, se così fosse, la persona e la missione di Gesù non avrebbero senso e la Chiesa sarebbe superflua. La realtà, invece, è un'altra: le religioni non cristiane, per quello che di vero e di santo contengono, non sono estranee a Cristo, luce che illumina ogni uomo e fonte di ogni verità religiosa; anzi, sono lavorate dalla grazia di Cristo e riflettono non raramente un raggio della verità che da lui promana: possono, quindi, costituire come una « preparazione evangelica » ( Lumen gentium, 16 ). Si può, anzi, dire che esse entrano nell'unico piano salvifico di Dio e possono costituire per coloro che vi aderiscono in buona fede lo strumento e il canale della grazia salvifica di Cristo, non nel senso che siano come la Chiesa « sacramento di salvezza »; ma nel senso, che possono offrire a Cristo l'occasione prossima al suo intervento salvifico ed anche in qualche modo disporre a tale intervento soprannaturale i loro aderenti. Non si deve, però, dimenticare che le religioni non cristiane contengono anche errori o indicano strade che non conducono a Dio ed alla salvezza: anzi, lo stesso bene e le stesse verità che contengono devono essere purificati dalle scorie e condotti alla loro pienezza. Perciò, la Chiesa è tenuta ad annunciare anche agli uomini di altre religioni Cristo, che è Via, Verità e Vita, nel quale gli uomini « devono trovare la pienezza della vita religiosa » ( Nostra aetate, 2 ), affinché essi, non rinunciando a quanto di vero e di santo posseggono nella loro religione, lo completino e lo portino alla perfezione con la « pienezza » che abita in Cristo, il quale è venuto non per abolire o distruggere, ma per « portare a compimento » tutto ciò che di vero e di grande, anche sotto il profilo religioso, l'uomo ha creato. 61. - Qual è la missione della Chiesa oggi? Un problema che angustia molti cristiani oggi è quello della missione della Chiesa nel mondo contemporaneo: la Chiesa deve evangelizzare oppure deve promuovere lo sviluppo dell'uomo? Deve impegnarsi nell'annunzio del messaggio evangelico e nell'attuazione della salvezza mediante l'attività sacramentale, oppure deve impegnarsi nella azione sociale per il miglioramento delle condizioni di vita dell'umanità e nella lotta a fianco dei poveri e degli emarginati per la loro liberazione dall'alienazione e dallo sfruttamento del sistema capitalistico e la loro promozione umana? 62. - Questo problema nasce innanzitutto da una considerazione esegetica: Gesù, facendo propria la profezia di Isaia ( Is 61,1ss ), ha detto di essere stato « mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione, per rimettere in libertà gli oppressi » ( Lc 4,18 ). La Chiesa, che è chiamata a prolungare nel tempo la persona di Gesù e la sua azione, ha, perciò, la sua stessa missione: come Gesù, anch'essa deve annunziare ai poveri ed ai prigionieri delle strutture sociali ingiuste la liberazione, deve adoperarsi per mettere in libertà gli oppressi. 63. - Nasce anche da una considerazione teologica: secondo il Vangelo, ai poveri appartiene il Regno di Dio e Gesù si è chiaramente schierato dalla loro parte contro i ricchi, all'indirizzo dei quali ha gridato: « Guai a voi, ricchi … » ( Lc 6,24 ). I poveri dunque sono i preferiti di Dio e di Cristo; devono, perciò, essere i preferiti della Chiesa. E come Cristo ha operato in loro favore secondo le condizioni del suo tempo, così la Chiesa deve operare a favore dei poveri secondo le condizioni del nostro tempo: condizioni che, per la presa di coscienza, da parte dei poveri, dello sfruttamento subìto, sono « rivoluzionarie », di « lotta di classe ». 64. - Infine nasce da una considerazione pastorale: affinché la Chiesa possa annunziare ai poveri il messaggio evangelico, deve farsi accettare da essi: quindi, deve avvicinarsi ad essi, parlare il loro linguaggio, prendere le loro difese, lottare a fianco di essi per il miglioramento delle loro condizioni; quando avrà fatto questo, i poveri saranno disposti ad ascoltare il messaggio evangelico che essa porta loro, non prima. Del resto, che senso avrebbe parlare di salvezza spirituale ed escatologica ad uomini che devono affrontare i problemi materiali del pane quotidiano, del posto di lavoro, della dignità personale umiliata ogni giorno dalle condizioni inumane del lavoro? Un tale discorso sembrerebbe ad essi un tentativo di far loro accettare la loro attuale condizione e di frenare la loro combattività ed il loro spirito di lotta per migliorare la loro situazione: tentativo che andrebbe a tutto vantaggio di coloro che impongono ai poveri una condizione di oppressione e di sfruttamento. 65. - Spinti da queste considerazioni, non sono pochi i cristiani i quali affermano che la missione essenziale e primaria della Chiesa oggi è la « liberazione dei poveri ». Quanto all'evangelizzazione, alcuni la fanno consistere nella « liberazione dei poveri »; altri ritengono che la Chiesa deve prima liberare i poveri e poi evangelizzarli. Il Sinodo dovrà necessariamente far luce su questo problema, che è oggi il più cruciale ed il più discusso tra i cattolici e che è motivo di gravi divisioni nella Chiesa. Sembra che aiuterebbe a trovare la soluzione giusta il far luce su due problemi che sono a monte. Il primo è di ordine esegetico: Qual è stata, secondo il Vangelo, la missione che Gesù si è attribuita? Il secondo è di ordine teologico: Come bisogna intendere la « salvezza » che Cristo è venuto a portare agli uomini e quindi quali sono i rapporti tra « salvezza » e « liberazione umana », tra « salvezza » e « promozione umana? ». 66. - La missione di Gesù secondo i Vangeli Facendo propria la profezia di Isaia, Gesù afferma di essere stato inviato per annunziare ai « poveri » che Dio viene a salvarli e a liberarli dai loro mali. Nell'Antico Testamento Dio si era chiamato difensore di coloro che erano senza difesa, protettore del povero, della vedova, dell'orfano, e dell'oppresso ed aveva promesso che un giorno egli avrebbe regnato sulla terra ed allora avrebbe manifestato la sua regale giustizia col salvare i poveri e vendicarli dai loro oppressori, giudicando « tra pecora grassa e pecora magra » ( Ez 34,20 ). Gesù, annunziando che il Regno di Dio è « vicino », afferma che sta per verificarsi la promessa di Dio: perciò, egli proclama « beati » i poveri e si circonda di essi. Non si mette, però, alla loro testa per aiutarli a liberarsi dall'oppressione dei ricchi e dei potenti e così uscire dal loro stato di povertà. Egli, cioè, non chiama i poveri alla rivolta sociale, perché non sono i poveri che si salvano da sé, ma è Dio che dovrà salvarli e porre fine alle sofferenze: essi devono attendere l'intervento liberatore di Dio. Dell'avverarsi di questa promessa Gesù dà alcuni « segni » ed « anticipazioni », compiendo a favore dei poveri alcuni gesti di liberazione: egli infatti sana gli infermi, dà da mangiare alle folle affamate, libera gli ossessi; ma questi sono segni che il Regno è già venuto in qualche misura e, soprattutto, sono anticipazioni del Regno che verrà nella sua pienezza alla fine dei tempi, in un giorno ed in un'ora che nessuno conosce: solo allora Dio salverà pienamente e definitivamente i poveri, facendoli partecipare al banchetto eterno. 67. - Perciò, la salvezza e la liberazione dei poveri che Gesù annunzia cominciano già a realizzarsi su questa terra col fatto che i poveri credono nel messaggio di Gesù e si aggregano alla sua Chiesa, attendendo con pazienza la venuta del Regno di Dio nella sua pienezza; ma esse, nella loro pienezza, sono realtà essenzialmente escatologiche. Per tale motivo, Gesù non ha voluto essere né un Messia politico né un agitatore sociale, ma solo svolgere una missione religiosa: quella di annunziare agli uomini la venuta del Regno di Dio ed introdurli in esso. È quindi un controsenso ed una contraffazione del Vangelo vedere nella « liberazione » dei poveri annunziata da Isaia per i tempi messianici e fatta propria da Gesù un invito alla lotta politica per liberare i poveri di oggi dall'oppressione capitalistica ed imperialistica. Gesù non ha predicato la rivoluzione sociale o politica, ma la rivoluzione religiosa, invitando gli uomini a convertirsi a Dio ed a cercare prima di tutto il suo Regno, non primariamente a cambiare le strutture ingiuste di questo mondo: queste sarebbero state trasformate una volta che fosse cambiato il cuore dell'uomo con la conversione, perché il male non risiede primariamente nelle strutture sociali e politiche ingiuste, ma nel cuore dell'uomo ( cfr. Mt 15,18.20 ). Non si può dunque ridurre il cristianesimo predicato da Gesù ad un manifesto politico-sociale con una coloritura religiosa o ad una specie di messianismo terrestre per la « liberazione » dell'uomo dai mali sociali. Questo non significa che il messaggio cristiano di liberazione religiosa ed escatologica dei poveri non abbia una dimensione politica e sociale di grande rilievo; significa solo che non si può ridurre tutto alla « liberazione » dai mali di questo mondo. 68. - Salvezza « cristiana » e liberazione « umana » Si è detto che l'oggetto dell'evangelizzazione è la « salvezza »: che cosa significa questo termine e in quale rapporto esso sta col termine di « liberazione»? « Salvezza », « redenzione », « liberazione» sono termini biblici, ma non hanno sempre lo stesso senso e lo stesso contenuto in tutta la Bibbia. Infatti, nell'Antico Testamento, la salvezza e la liberazione sono essenzialmente salvezza e liberazione dai nemici che opprimono Israele - Egitto, Assiria, Filistei - e dai pericoli che essi fanno correre alla sua libertà ed ai suoi beni: così, nel pericolo di un'invasione dal Nord, Geremia dice a Gerusalemme: « Purifica il tuo cuore dalla malvagità, Gerusalemme, perché possa uscirne salva » ( Ger 4,14 ): per Israele il grande gesto di salvezza di Dio è stato la liberazione dall'Egitto. Ma Dio è salvatore anche degli individui dalla prova e dall'angoscia ( Sal 86,2 ), da un pericolo pressante e mortale ( Sal 69,2.15 ), soprattutto dalla persecuzione dei nemici ( Sal 22,22 ). Inoltre Dio promette per la fine dei tempi la salvezza per il Resto d'Israele: Dio, dice Geremia, salverà il suo popolo riconducendolo nella sua terra ( Ger 31,7 ) ed inviandogli il Re-Messia ( Ger 23,6 ). Perciò, il Re escatologico sarà « Salvatore » ( cfr. Zc 9,9 ): egli salverà i poveri oppressi ( Sal 72,4.13 ). Perciò, nell'Antico Testamento, la « salvezza » si mantiene esclusivamente sul piano terrestre, storico. 69. - Nel Nuovo Testamento, la « salvezza » è ancora il tema essenziale, ma non è più salvezza dai mali di questo mondo. Certo, Gesù salva i malati che lo toccano con fede ( cfr. Mt 9,22 ), salva Pietro che cammina sulle acque ( cfr.Mt 8,25 ); tuttavia, egli porta agli uomini una salvezza ben più importante della salvezza dalla malattia o dal pericolo di morte: la salvezza dal peccato. Così è salvata la peccatrice, perché le sono stati rimessi i suoi peccati ( cfr. Lc 7,48 ) e la salvezza è entrata nella casa di Zaccheo che si è pentito delle sue ruberie. In realtà, per Gesù il vero male dell'uomo è il peccato, il quale lo mette in pericolo di dannazione; ma egli ha il potere di salvarlo e di liberarlo da questo male, a condizione che l'uomo si penta, creda in lui, entri per la porta stretta e faccia parte del suo gregge. Anzi, solo Gesù può salvare gli uomini dai loro peccati: questi, perciò, per non perdersi, devono credere in lui ed accettare la grazia della salvezza che egli loro offre, facendosi battezzare nel suo nome ed aggregandosi alla sua Chiesa. 70. - Quindi, la salvezza cristiana è, nella sua essenza profonda, liberazione dal peccato e dalla morte e vita di intimità con Dio e di partecipazione alla sua gioia eterna ed infinita; è passaggio dal dominio delle tenebre al Regno di Cristo, « per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati » ( Col 1,14 ). Questa salvezza, benché sia già reale, è tuttavia ancora « in speranza » ( Rm 8,24 ): essa non si realizzerà pienamente se non alla manifestazione finale e gloriosa del nostro Salvatore Gesù, il quale compirà la sua opera di salvezza dal peccato e dalla morte trasformando il nostro corpo ad immagine del suo corpo glorioso ( cfr. Fil 3,20ss ) e, col nostro corpo, trasformerà l'intera creazione, liberandola dalla schiavitù della corruzione ( cfr. Rm 8,21 ). Perciò, nel Nuovo Testamento la salvezza è essenzialmente spirituale ed escatologica; si colloca, quindi, nettamente al di là della salvezza terrestre e storica dell'Antico Testamento. 71. - Significa questo che tra « salvezza cristiana » e « liberazione umana », cioè tra salvezza dal peccato e liberazione degli uomini dai mali che li opprimono, come la fame, il sottosviluppo, l'oppressione politica e lo sfruttamento economico, non ci sia nessun rapporto, e che perciò la Chiesa, che ha per missione l'annunzio e l'attuazione della « salvezza cristiana » si debba disinteressare della « liberazione umana », come d'un problema che non fa parte della sua missione? No, certamente. Infatti, il peccato da cui Cristo salva l'uomo è una realtà spirituale, interiore all'uomo - il peccato è nel cuore, dice Gesù - ma si traduce e si manifesta all'esterno, nei mali di cui è causa: cioè, la fame, le sofferenze, le condizioni di sottosviluppo, di oppressione politica e di sfruttamento economico sono il frutto dei peccati e della malvagità del cuore umano. Le strutture sociali ingiuste sono anch'esse frutto di peccato: sia del peccato individuale e personale, sia del peccato sociale » ( cioè del peccato di gruppi, di popoli, di nazioni, di continenti ). In altre parole, i mali sociali sono non puri accidenti storici di cui nessuno è responsabile, ma sono frutto del peccato dell'uomo: si chiami questo peccato egoismo individuale o collettivo, ambizione, orgoglio, volontà di potenza, attaccamento al danaro, sodisfacimento dei propri istinti sensuali e delle proprie passioni. 72. - Perciò, Cristo, salvando l'uomo dal peccato, lo salva anche dalle conseguenze e dai frutti del peccato, che sono i mali sociali: la salvezza che Cristo porta all'uomo non è dunque solo salvezza spirituale ed escatologica, ma ha anche una profonda ripercussione nella storia, perché diviene anche liberazione dai mali del mondo. La salvezza « cristiana » diviene liberazione « umana ». Per questo motivo Gesù, nel momento stesso in cui annunzia la salvezza dal peccato e dalla morte mediante la conversione e la fede in lui, guarisce i malati e libera gli ossessi: distruggendo il peccato nelle anime, egli distrugge le conseguenze del peccato nei corpi. 73. - La Chiesa ha, dunque, una funzione da svolgere nella liberazione degli uomini dai mali che li opprimono, perché tra salvezza « cristiana » e liberazione « umana » c'è un legame intrinseco strettissimo; ma tale funzione non consiste per essa nel combattere direttamente contro i mali che oggi opprimono l'umanità accanto agli altri uomini che combattono per la liberazione « umana » con diversi « progetti » e prospettive differenti, bensì consiste nel portare agli uomini la salvezza « cristiana », e quindi nel combattere i mali del mondo alla loro radice. In altre parole, il contributo specifico e proprio che la Chiesa dà alla lotta per la liberazione « umana » sta nell'evangelizzazione, cioè nell'annunziare agli uomini la salvezza ad essi portata da Cristo e nell'attuarla, sta nello sforzo che essa fa di convertire gli uomini e di portarli alla fede in Cristo. Così, la Chiesa promuove la liberazione « umana » evangelizzando. 74. - Perciò, il dilemma che oggi alcuni pongono: « La Chiesa deve evangelizzare o deve impegnarsi nella liberazione dell'uomo dai mali di questo mondo », non ha ragione di esistere. La Chiesa evangelizza e promuove lo sviluppo dell'uomo e la liberazione dai suoi mali. Resta, così, stabilito che anche oggi, quello che di meglio e di più utile la Chiesa può fare per gli uomini è restare fedele alla missione che Cristo le ha assegnato: l'evangelizzazione. Ciò non toglie, però, che la Chiesa, restando sempre primaria la sua missione evangelizzatrice, non possa, sotto !'impulso della carità di Cristo, impegnarsi in opere di liberazione « umana » quando le necessità siano urgenti o quando sia necessario fare opera di supplenza. È quanto, del resto, la Chiesa ha sempre fatto nel passato e fa ancora oggi, accompagnando l'evangelizzazione con opere di carità, di assistenza e di promozione umana, seguendo l'esempio di Cristo che, mentre « andava attorno per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno », guariva « ogni malattia e infermità » ( Mt 9,35 ). 75. - La storia, luogo teologico? Teologia dei « segni dei tempi » Uno dei problemi più difficili nati negli anni dopo il Concilio è quello del rapporto tra Chiesa e mondo, tra storia della salvezza e storia profana: se il mondo e la storia sono già nell'area della salvezza, che senso ha una distinzione tra Chiesa e mondo e tra storia sacra e storia profana? Se la storia profana è anch'essa « sacra », Dio parla alla Chiesa anche attraverso la storia. È nata, così, la teologia dei « segni dei tempi ». Alcuni, però, l'hanno distorta pretendendo di vedere in ogni avvenimento storico un « segno dei tempi » - donde un'inflazione di tali segni - ma soprattutto pretendendo che fossero i « segni dei tempi » a dover giudicare il Vangelo e la Tradizione della Chiesa e non viceversa. È necessario, perciò, che la dottrina dei « segni dei tempi » venga chiarita nel suo vero significato. 76. - Si deve partire dal presupposto che nella storia umana si compiono parallelamente, ma intrecciantisi l'uno con l'altro in modo che all'occhio umano paiono inestricabili, due « misteri »: il mysterium salutis che è opera dello Spirito creatore e della « potenza della risurrezione » di Cristo, ed il mysterium iniquitatis, che è opera dell'Avversario di Dio. Per tale motivo, la storia è parola di Dio, ma una parola che giunge all'uomo inestricabilmente confusa con altre parole, che sono « mondane » o « diaboliche ». Di qui, la necessità di leggere la storia per discernervi i « segni » di Dio. La storia è dunque un luogo teologico, ma ha bisogno di essere sottoposta ad un rigoroso discernimento spirituale, per non prendere per « parola » di Dio quella che è semplicemente una parola umana o addirittura una parola del Maligno. Questo discernimento va fatto alla luce del Vangelo, come esso è compreso e vissuto dalla Chiesa e specialmente dai santi; inoltre, va fatto comunitariamente ed all'interno della fede e della speranza della Chiesa, la quale sola gode dell'assistenza dello Spirito per « discernere » i « segni dei tempi ». Parte III - Proposte della Chiesa Italiana in ordine all'evangelizzazione dell'Italia e del mondo 77. - Rilievi sulla situazione italiana A causa della struttura ancora prevalentemente clericale della Chiesa italiana, il senso della responsabilità circa l'evangelizzazione, sia nelle diocesi come nelle parrocchie, è notevole nei sacerdoti e nei gruppi di laici particolarmente impegnati nell'apostolato ( Azione Cattolica ecc. ), ma è carente nei fedeli, anche se col sorgere d'una fede più matura e più personale le cose vanno lentamente cambiando. Rimane tuttavia bisognosa di maggiore e di più vitale impegno la dimensione missionaria della Chiesa in Italia, in gran parte rivolta più alla cura della Chiesa già costituita e delle sue peraltro necessarie articolazioni e strutture, che non alla evangelizzazione di tutti gli uomini, compresi i cosiddetti « lontani », che da noi sono per lo più battezzati. È vero, poi, che troppe forze che potrebbero essere impegnate nell'evangelizzazione sono assorbite in compiti amministrativi ed organizzativi, che potrebbero essere svolti da laici. 78. - La pastorale lentamente ma sicuramente si orienta sempre più verso la preparazione di famiglie cristiane e di genitori che siano educatori dei figli alla fede mediante corsi di formazione cristiana permanente e mediante la loro responsabilizzazione in occasione della richiesta del Battesimo per i figli, come pure della celebrazione della Comunione e della Cresima. Le parrocchie, in genere, non sono e non si sentono comunità in senso pieno, anche se il discorso comunitario va facendosi sempre più sentito: specialmente nella liturgia, nei gruppi, nei consigli pastorali, ecc. Indubbiamente le mutate condizioni storiche richiedono un ripensamento della parrocchia, perché possa essere veramente una comunità evangelizzatrice: parrocchie di 50 mila abitanti e di 200 abitanti hanno di comune solo il nome. Occorre una scelta: se per « parrocchia » si debba intendere una « comunità di base », quindi una comunità a dimensione umana, al massimo di poche centinaia di persone, oppure un centro di servizi per le persone e i gruppi che ad essa fanno riferimento. L'esigenza comunitaria è molto sentita tra i giovani, che in molte parti hanno dato vita a gruppi e comunità, in cui la partecipazione comunitaria è molto intensa. Alcuni di questi « gruppi spontanei » e « comunità di base » sono stati e sono un elemento di sensibilizzazione, di animazione e di rinnovamento nella vita delle parrocchie, ma altri gruppi hanno assunto un atteggiamento di contestazione più o meno radicale nei riguardi delle strutture ecclesiali e della gerarchia. Salvo pochi casi, si sono rivelate di effimera durata. In quasi tutte le diocesi esistono i Consigli presbiterali e pastorali ed in molte parrocchie esistono i Consigli pastorali: superata la fase iniziale, che quasi dappertutto è stata difficile, oggi sono in ripresa, ma i loro frutti sono limitati, per la poca fiducia che a volte riscuotono presso sacerdoti e laici. Eppure non si vedono altri strumenti così significativi, nel contesto socio-religioso attuale, per « dare la parola a tutta la Chiesa ». Le comunità religiose si vanno sempre più inserendo nella pastorale della Chiesa locale, anche se ancora esistono talune resistenze e difficoltà. 79. - In generale nella predicazione e nella catechesi non sono taciuti, attenuati o falsamente interpretati i dogmi fondamentali; piuttosto fa spesso difetto una presentazione globale ed equilibrata della fede cristiana, per cui si insiste più su aspetti secondari di immediato interesse che sugli aspetti essenziali della fede; inoltre, la predicazione è più moralistica che teologica e spirituale. In tutte le diocesi c'è la preoccupazione della formazione permanente del clero mediante ritiri e giornate sacerdotali, corsi periodici di aggiornamento teologico e biblico. In poche diocesi ci sono istituti di pastorale. É avvertita l'esigenza di biblioteche aggiornate e di corsi di specializzazione per i vari settori della pastorale. Le Facoltà teologiche potrebbero dare un maggiore contributo alla formazione permanente del clero. La formazione dei candidati al sacerdozio è indirizzata alla futura evangelizzazione sia con la preparazione teologica specifica, sia con il graduale inserimento nella vita diocesana mediante esperienze pastorali, durante il corso teologico. Si notano qua e là difficoltà ed incertezze. Per la preparazione dei laici all'esercizio dell'apostolato vengono organizzati corsi di teologia, conferenze, giornate di studio, incontri di spiritualità. 80. - In Italia c'è una sola Università cattolica: per essa c'è stima e fiducia, anche se avvenimenti recenti che hanno turbato la vita dell'Ateneo milanese hanno scosso la fiducia di alcuni fedeli. Alcuni, però, ritengono le Università cattoliche superate e dubitano della loro capacità di dare ai giovani una formazione culturale veramente cristiana. Le scuole « cattoliche » primarie e secondarie tenute da istituti religiosi godono in genere molta stima e sono molto ricercate, ma, non avendo aiuti finanziari dallo Stato, sono aperte solo agli alunni delle classi agiate e non sempre riescono a dare agli alunni una formazione cristiana che incida sulla loro vita professionale e civica. Per i giovani che studiano nelle scuole dello Stato c'è l'insegnamento della religione per un'ora alla settimana, dato generalmente da un sacerdote, ma l'efficacia pastolare di tale insegnamento è piuttosto limitata, anche per lo scarso impegno degli alunni e talora degli insegnanti, i quali non sempre sono preparati dal punto di vista didattico all'insegnamento della religione. 81. - La Chiesa italiana è molto preoccupata degli strumenti della comunicazione sociale ( stampa, radio, TV ), ma può esercitare su di essi un influsso assai limitato, sia perché, per quanto riguarda la stampa, non dispone dei mezzi finanziari che sono necessari per creare organi di stampa di grande diffusione ( dei giornali « cattolici » italiani uno solo - « Avvenire» - è a raggio nazionale, ma poco diffuso, sia perché, per quanto riguarda la radio e la TV, questi strumenti sono monopolio statale. Tuttavia, tanto nei grandi giornali a raggio nazionale quanto alla radio e alla TV lavorano giornalisti cattolici: cosicché l'informazione religiosa è abbastanza ampia ed esatta e non mancano programmi e rubriche religiose adatte alle varie età e situazioni. Non c'è, invece, uno sforzo sufficiente per preparare persone cristianamente formate, capaci di servirsi di tali strumenti. Scarsa è pure la formazione dei cristiani al senso critico nell'uso degli strumenti della comunicazione sociale. 82. - La Chiesa italiana esercita il suo carisma profetico nella critica delle istituzioni sociali, ma in maniera saltuaria e senza molto incidere sulle situazioni che restano quelle che sono. L'ascolto è limitato anche perché in questa denunzia si esige da molti l'impegno della gerarchia, ma il resto della comunità cristiana è piuttosto assente. La Chiesa italiana è presente nel mondo del lavoro mediante movimenti di lavoratori cristiani a carattere educativo-apostolico e a carattere educativo-sociale e mediante il Gruppo sacerdotale per la pastorale del lavoro. Anche un discreto numero di sacerdoti lavorano come « preti operai », dando una notevole testimonianza cristiana. Tuttavia i loro rapporti col Vescovo e con il resto della comunità cristiana sono talvolta difficili. Tuttavia, la Chiesa non raggiunge la massima parte della classe operaia italiana, la quale ha verso di essa un atteggiamento di estraneità, se non sempre di ostilità. 83. - La Chiesa italiana è povera. Però, l'impressione popolare è che la Chiesa sia ricca e potente; frequentemente sulla stampa e nei discorsi della gente si parla delle grandi « ricchezze » del Vaticano. C'è nella Chiesa italiana lo sforzo di mantenersi al di sopra delle classi, ma specialmente nel mondo operaio è diffusa l'opinione che la Chiesa sia dalla parte delle classi ricche e sia legata al potere politico: la stessa opposizione della Chiesa al socialismo e, in particolare, al comunismo è interpretata da alcuni come un segno di avversione della Chiesa agli interessi della classe operaia e come un appoggio offerto alle classi ricche perché continuino a sfruttare i poveri. É anche abbastanza diffusa l'impressione che la Chiesa, pur predicando la giustizia, la carità e la solidarietà, non attui essa per prima quanto predica agli altri, poiché alcuni preti e religiosi non si attengono alle norme della giustizia sociale nei riguardi dei lavoratori da essi dipendenti e non mettono a disposizione dei poveri parte dei beni di cui dispongono. Perciò, anche se nelle sue dichiarazioni la Chiesa prende sinceramente la parte dei poveri, essa non è creduta da questi: essi hanno l'impressione che si tratti più di parole che di fatti. 84. - L'impegno di evangelizzazione della Chiesa in Italia è stato promosso e portato avanti dai Vescovi, che non hanno mancato di fornire importanti documenti pastorali. Si segnalano in particolare: Magistero e teologia nella Chiesa, 16 gennaio 1968; Matrimonio e famiglia oggi in Italia, 15 novembre 1969; Vivere la fede oggi, 4 aprile 1971; La restaurazione del Diaconato permanente in Italia, 8 dicembre 1971; L'impegno morale del cristiano, 11 marzo 1972; Evangelizzazione e sacramenti, 12 luglio 1973. 85. - Proposte per il Sinodo Nella luce del « rilievo di situazione » assumono più profondo e vigoroso risalto le proposte e le opzioni fondamentali dello schema « preparatorio » « su come debba essere promossa oggi l'evangelizzazione ». Esse trovano unanimi consensi, sia nell'insegnamento dei Vescovi e sia nell'impegno pastorale, che ha caratterizzato la Chiesa in Italia, in questi ultimi anni. Si indicano e si formulano, a questo punto, alcuni orientamenti e proposte, sui quali si ritiene importante un approfondimento ed un eventuale pronunciamento nei lavori dell'assise Sinodale. 86. - Necessità di passare da una pastorale di sacramentalizzazione, valida in una situazione di « cristianità », ad una pastorale di evangelizzazione, richiesta dai tempi nuovi della Chiesa e del mondo. Se ci si limita ancora a concentrare l'attenzione quasi unicamente sulla « prassi sacramentale » si finisce per ridurre il sacramento, avulso dal suo vitale contesto di fede, ad un puro gesto di pratica esteriore, senza riflessi concreti e fecondi nella vita. Il documento pastorale « Evangelizzazione e sacramenti » e il piano pastorale triennale corrispondente indicano questo « salto di qualità » fatto dalla Chiesa in Italia ed ormai in fase di realizzazione nelle nostre Chiese particolari. In verità questa scelta, per la sua tematica e i suoi obiettivi, trascende i limiti di tempo imposti da un triennio e si pone a monte di un progetto pastorale a lunga scadenza, avviando un'impostazione veramente innovatrice, richiesta dall'attuale situazione socio-culturale, anche se radicata nella perenne missione e tradizione della Chiesa. L'inchiesta socio-religiosa promossa dalla C.E.I., in concomitanza col piano pastorale, ha chiaramente posto in evidenza come da noi una vera impostazione di « evangelizzazione » si realizza in una percentuale ancora bassa di casi e come soltanto da una convinzione profonda da parte di tutti gli operatori della pastorale sulla priorità dell'evangelizzazione potranno essere superate abitudini e stanchezze ed un nuovo vigoroso impulso sospingerà l'azione apostolica della Chiesa nel mondo di oggi. Al tempo stesso si impone anche un altro orientamento quanto mai importante e decisivo: da una pastorale che ha per destinatario primo e quasi esclusivo il praticante, occorre scegliere una pastorale che pur non trascurando il praticante dia più spazio all'azione rivolta verso i non-credenti e i non-praticanti; occorre cioè pur senza abbandonare una pastorale di « cristianità » passare più decisamente ad una pastorale di « missione ». Proprio per questa scelta di una Chiesa evangelizzatrice e missionaria si chiede al Sinodo di fornire, in organica ed armonica sintoni a col Concilio Vaticano II, una presentazione globale e sintetica dei contenuti fondamentali riguardanti l'annunzio del messaggio cristiano, oggi. 87. - Tale primato dell'evangelizzazione e della missione non deve tuttavia far dimenticare la necessità di un' opera di pre-evangelizzazione, illuminata e concreta. L'inchiesta socio-religiosa ha rilevato come tale pre-evangelizzazione è quasi sempre assente, là dove più vivo appare il rapporto chiesa-mondo. La scarsità di iniziative nei riguardi di quanti si dichiarano non-credenti e soprattutto nel mondo della scuola, della cultura, del lavoro, dei mezzi della comunicazione sociale, del tempo libero ecc. ne sono un indice allarmante. Per questo il documento « Evangelizzazione e sacramenti » sottolinea come rientra nel contesto globale dell'evangelizzazione l'avvertita presenza e la conseguente valorizzazione di tutti quegli aspetti di promozione umana, a cui sono tanto sensibili gli uomini del nostro tempo. La celebrazione di un Convegno nazionale con la partecipazione di tutte le componenti ecclesiali, sul tema «Evangelizzazione e promozione umana » vuol essere una risposta unitaria della Chiesa in Italia, che si allinea, del resto, su quanto a riguardo di tale tema hanno già affermato alcune sue Conferenze regionali ( Piemonte, Lombardia, Triveneto, Flaminia ), il recente Convegno della Diocesi di Roma, cui deve aggiungersi la preparazione, già in fase avanzata, del documento sui problemi dell'Italia meridionale. 88. - « Resta tuttavia principale impegno operativo della Chiesa in Italia, emergente dalla riflessione in atto, il rinnovamento della catechesi. Le linee di tale rinnovamento sono già state proposte dall'Episcopato italiano nell'apposito "documento-base", che prepara e fonda la compilazione e l'accoglienza dei nuovi catechismi » ( Evangelizzazione e sacramenti, n. 79 ). Il « Catechismo dei bambini » ha rappresentato un primo frutto, cui stanno per aggiungersi gli altri: il catechismo dei fanciulli, dei preadolescenti, dei giovani e degli adulti. Il ripristino dell'istituto del catecumenato o catechesi permanente appare indispensabile, sia là dove è necessario risvegliare la fede, sia dove i sacramenti vengono richiesti senza una prassi di vita cristiana. Solo in tal modo la vita cristiana potrà anche oggi, in situazioni socio-religiose mutate, non perdere i suoi elementi fondamentali che il catecumenato le garantisce, facendola essere un cammino di fede e di conversione con cui l'uomo, mosso dall'annuncio della Buona Novella, viene gradualmente introdotto nel mistero di Cristo e nella vita della Chiesa. L'intero rinnovamento della catechesi dovrà fare attenzione non soltanto ai contenuti della fede, ma anche al linguaggio e alla incarnazione del messaggio nelle concrete situazioni esistenziali. 89. - In ordine ad un'opera profonda di evangelizzazione e di catechesi si impone la necessità di avere delle « comunità evangelizzanti » ( famiglie-gruppi-comunità parrocchiali ): non si può infatti separare l'atto dell'evangelizzazione dalla comunità che evangelizza. Di qui la necessità di una promozione della famiglia come comunità ecclesiale, costituita dal sacramento del Matrimonio e che, per ministero e carisma proprio, è destinataria e al tempo stesso protagonista di evangelizzazione nella Chiesa e nel mondo. Il documento dell'episcopato italiano su « Matrimonio e famiglia oggi in Italia » rappresenta un momento culminante di questa attenzione della Chiesa italiana alla promozione della famiglia, come comunità evangelizzante e come soggetto di pastorale. Collegata ad essa deve esservi un'azione costante, preoccupata non solo della cura dei singoli, ma della formazione di autentiche comunità di fede, testimonianti ed evangelizzanti. Ciò potrà avvenire, sia favorendo la corresponsabilità ad ogni livello, sia dando vita ad esperienze nuove di vita comunitaria. 90. - In questa linea si colloca lo sviluppo dei ministeri anche laicali, considerati sia nella loro realtà di maggior ricchezza di doni che il Signore fa alla sua Chiesa, sia anche per sollevare i sacerdoti da altri impegni che assorbono forza e tempo, a scapito del loro compito specifico di evangelizzatori. Né può essere dimenticato il fatto che la presenza di ministri laici dà alla Chiesa maggior forza di incisività e di penetrazione nei più svariati contesti del vivere umano. Tale sviluppo dei ministeri offre alla Chiesa nuove energie per una pastorale d'insieme, che superi i limiti della parrocchia, per realizzare una presenza autentica, anche se non istituzionalizzata, della Chiesa in mezzo agli operai, agli studenti, ai giovani. Le stesse « comunità di base », considerate non già come ambienti chiusi in se stessi, ma come momenti della più grande comunità parrocchiale, possono trovare nel ministero del Diaconato un valido e prezioso sostegno. 91. - Grave problema della Chiesa italiana e della Chiesa nel mondo appare quello della estraneità del mondo del lavoro e in particolare della classe operaia. Si auspica che il Sinodo tenga presente in modo particolare l'evangelizzazione del mondo del lavoro. 92. - Si impone inoltre che la Chiesa utilizzi ed educhi all'uso dei mezzi di comunicazione sociale; segua e partecipi al progresso culturale. L'essere presente in questi settori o centri non deve significare per la Chiesa acquisizione di potere umano o ricerca di sicurezza terrena, ma possibilità nuove di servizio degli uomini e di annunzio del messaggio cristiano. 93. - La Chiesa, infine, docile all'azione dello Spirito e attenta ai « segni dei tempi », deve offrire una testimonianza evangelica e profetica di povertà, di interiore comunione ed unità e di fraterno servizio verso tutti gli uomml in un mondo - come il nostro - dominato e diviso dall'egoismo e dalle sue strutture oppressive. In particolare si chiedono al Sinodo chiare e coraggiose indicazioni che aiutino la Chiesa a testimoniare la sua libertà apostolica di fronte ad ogni potere, per annunziare, nel modo più efficace e credibile all'uomo di oggi, Cristo e il suo Vangelo di salvezza.