28 giugno 1960 Promulgazione delle Sacre Costituzioni del Primo sinodo della Diocesi di Roma Basilica Vaticana Festività dei Ss. Apostoli Pietro e Paolo Signor Cardinale, Allorché il senso vivo della Nostra precipua responsabilità pastorale di Episcopus Romanus Ci suggerì di assumere personalmente il compito immediato ed intero di convocare, secondo i sacri canoni, il Sinodo Diocesano, di dirigerne la preparazione, di fissare le Costituzioni, Ci fu motivo di commossa edificazione la vostra delicatezza del sapervi ritrarre dalla funzione ordinaria, in questa parte, di Nostro Vicario Generale, pur seguendoCi in convenevole misura con la amabilità della vostra presenza e dei vostri consigli sempre tanto cari e preziosi. Ora, ad azione sinodale compiuta, ed a celebrata promulgazione della nuova legislazione diocesana, il nobile ricomparire della vostra persona nell'atto di ricevere dalle Nostre mani il volume delle Sacrae Constitutiones, ed in ripresa felice della interezza delle vostre ordinarie attribuzioni: e le vostre così preziose ed elette espressioni, in rappresentanza delle voci del clero e delle voci del popolo fedele, aggiungono corona di esultanza per tutto ciò che il Signore si è degnato operare in Noi, e nella nostra famiglia diocesana, già in questi primi venti mesi di grande benedizione del Nostro umile episcopato. Il richiamo poi che le vostre parole ci fanno alle ragioni ed agli interessi della grande opera che qui solennemente si conchiude non poteva essere più felice. « Opera in vero tutta intesa a far sì che Roma per il suo fervore spirituale, per il suo attaccamento alla fede degli Apostoli viva sempre più in armonia col suo carattere sacro, con la sua missione e con la sua responsabilità - come voi diceste bene - di centro del mondo cristiano », civitas sacerdotalis et regia per sacram beati Petri sedem, caput orbis effecta. Anche la testimonianza che voi Ci rinnovate, Signor Cardinale, della gratitudine lieta ed edificante di tutto il popolo Romano per questo primo dono del Sacro Sinodo, che la grazia del Signore Ci concesse di offrire a tutti i Nostri diocesani, è certo motivo di umile ma sincero compiacimento: di compiacimento e anche di incoraggiamento, ad osare con fiducia, a moltiplicare le sollecitudini che la caritas Christi ( quae ) urget nos, ( Cfr. 2 Cor 5,14 ) pur con calma, se vuolsi, ma giorno per giorno, secondo le Nostre forze, infaticabilmente Ci accende nel cuore a servizio delle anime e delle famiglie, a letizia degli occhi e dei cuori. Più gradita ancora - lasciateCelo dire - Ci è l'attestazione, Signor Cardinale, dell'impegno solenne che tutti insieme i figli di Roma prendono per bocca vostra, di assecondare gli inviti della Santa Madre Chiesa alla fedeltà alle leggi divine ed ecclesiastiche, con prontezza di obbedienza, con generosità di azione, e, quando occorra, anche con nobiltà di sacrificio. Gli articoli del Sinodo Nostro Romano sono certo copiosi: e riguardano una molteplicità di titoli e di argomenti disposti sopra un raggio dei rapporti più vari, benché attingenti uno stesso principio fondamentale di ordine, di disciplina, di elevazione spirituale e religiosa. A chi li legge, però, uno per uno e anche tutti insieme nel loro complesso con rispetto e con attenzione, essi danno chiarezza e visioni inattese, circa la direzione da darsi alla propria condotta nel servizio di Dio, nel ministero delle anime, e, per i laici, nella cooperazione delle proprie energie all'azione del sacerdozio, che è quanto dire alla vita e santificazione completa della Chiesa, considerata nella sua struttura sociale sino alla perfezione di Corpo mistico di Cristo. Talora, a ricercarne la bellezza e l'intima connessione, più che alcunché di arido e di pesante, rivelano tocchi di elevazione così delicata, da farne risultare come una inaspettata salmodia, che dà chiarezza allo spirito, e quiete e dolcezza al cuore. Anche l'eccellente latino in cui gli articoli sono redatti contribuisce alla percezione immediata e suadente del loro contenuto. Tra i salmi del Salterio Davidico che diffondono, nell'anima del recitante il Breviario Domenicale, tanto riposo ed abbandono, è celeberrimo il salmo 119: Beati immaculati in via, qui ambulant in lege Domini. S. Ambrogio ce ne diede una esposizione che è un incanto, un poema grandioso di accordi tra la legge del Signore e la corrispondenza del cristiano perfetto. Leggere e rivedere i vari titoli del Sinodo Nostro, e farci seguire come in sottovoce dalle note che vagamente si intrecciano nel lungo salmo Davidico del mattino domenicale o dei giorni liturgicamente più solenni dell'anno ecclesiastico, credete - come Ci piace dirlo non solo a quanti apparteniamo al ceto sacerdotale, ma a tutti i cari Nostri fedeli componenti, secondo le parole di S. Pietro, ( Cfr. 1 Pt 2,9 ) il regale sacerdotium, la gens sancta, il populus acquisitionis - questo significa gustare veramente la propria appartenenza alla famiglia, alla Chiesa, al mistico Corpo di Cristo. Il Sinodo dice ordine, armonia, pace e vero godimento, perchè è vera bellezza spirituale di quaggiù, riverbero delle bellezze ineffabili, che ci attendono nelle regioni celesti. Ed in questa luce di verità, di disciplina, di ordine perfetto, torna l'accordo del trinomio che amiamo sovente ricordare: lex credendi, lex supplicandi, lex agendi: legge del credere, legge del pregare, legge del fare. Questa la regola d'oro della vita cattolica, individuale e collettiva: questa è la fonte di ogni consolazione: la via sicura, lungo la quale il fedele raggiunge sempre le sue mete. La, Chiesa di Cristo è tempio materiale, che si moltiplica dovunque quattro pietre si congiungono per comporre un altare. La Chiesa è soprattutto tempio spirituale, dove ogni cristiano sa di avere il suo posto: sa di averlo, ed è cosciente del suo dovere di tenerlo con onore, con dignità, con garbo. Beato chi comprende queste cose, e si assicura, rispettandole, i beni eterni. Diletti figliuoli, sacerdoti e laici, cristiani noi siamo e cattolici. Facciamo onore alle nostre origini sacre e alla nostra storia e tradizione religiosa. Sappiamo rinunziare a certe sinuosità del nostro piccolo io, in cui amiamo nascondere le deficienze della nostra cultura religiosa, a certe bizzarrie del nostro gusto personale pretenzioso di tutto giudicare, ciò che l'Autorità della S. Chiesa, ricca di secolare esperienza e di materna saggezza, crede opportuno disporre così nei rapporti delle strutture materiali ed esteriori, edifici sacri, riti, devozioni, ma soprattutto nella interpretazione della legge del Signore, segnata nei due Testamenti e nel magistero e ministero vivente del Pastore Universale - per umile che sia la sua persona - vivificato dalla realtà e dalla grazia di una promessa e di una assistenza divina, che nell'ordine della dottrina di fede e di costumi non può fallire. Le alte parole del grande poeta cristiano restano sempre vere per ciò che basta all'universale salvamento dalla piovra di innumerevoli errori, che scorazzano per il mondo e seducono gli incauti: Se mala cupidigia altro vi grida Uomini siate e non pecore matte. L'invito: siate uomini e non pecore matte, pasciute di vento, diviene ammonimento a generale correzione. Purtroppo in ogni secolo la tentazione fa la prova anche di anime rette, ma facili all'incantesimo dell'errore e del male. Per questo la Chiesa va incontro ai suoi figli in ogni tempo, in forme adatte di richiamo, di ammonimento, di incoraggiamento. Non diversamente il lungo salmo 119 prende fine. Li il riassunto dell'ordinaria vicenda umana che attraversa i secoli. Benedette le nostre anime, esposte anch'esse alla tentazione, ma pronte a rimettersi sul buon cammino. Ecco, o Signore, - conchiude il suo canto il Salmista - le mie vie sono innanzi a Te. Io bramo la mia salvezza da Te, o Signore, poiché la tua legge è la mia meditazione e la mia delizia. Viva l'anima mia e Ti lodi: i tuoi giudizi mi soccorrano. E se io vo errando come pecorella smarrita, cerca il tuo servo: perchè i tuoi precetti non li voglio dimenticare. Vivat anima mea et laudet Te et decreta tua adiuvent me. ( Sal 119,175 ) Venerabili Fratelli; diletti figli! Questa celebrazione del primo Sinodo Romano fu certo una bella azione. Il Signore benedica a quanti cooperarono al suo successo. La esecuzione delle costituzioni sinodali impegna tutti e ciascuno gli appartenenti al clero Romano: essa vuole essere un avviamento alla celebrazione di portata ben più vasta in riferimento alla Chiesa universale, cioè il Concilio Vaticano Secondo, la cui aspettativa è trepidazione ansiosa di tanti cuori retti e desiderosi del trionfo del regno pacifico di Cristo nel mondo. La legislazione canonica attuale ci concede dieci anni di fedele esecuzione degli ordinamenti attuali, prima di imporci un altro Sinodo Romano. Nella gioia del fervore presente, gradite l'augurio che Ci piace mandare innanzi per questi dieci anni di buona attività religiosa, che permetta a tutti i figli di Roma di godere della grande dignità a loro conferita dalla tradizione dei due Principi dell'apostolato Pietro e Paolo, il cui nome è grazia, potenza e gloria della Chiesa universale. Poiché questo è ciò che costituisce la grandezza dei figli di Roma, più ancora che lo splendore artistico delle basiliche e dei monumenti dei passati secoli, la fedeltà alla tradizione evangelica, all'insegnamento dei suoi Pontefici, all'esempio dei suoi Santi, che fanno di questa città il punto di convegno e di religiosa esaltazione per quanti qui godono riunirsi dai confini dell'universo. Maria, regina Apostolorum, et salus populi Romani, sia madre e regina propizia e potente ad esaltazione e santificazione del clero, a difesa e a protezione del popolo cristiano di Roma, e del mondo. Ed ora sciogliamo le labbra e i cuori al solenne Te Deum di ringraziamento per il Sinodo Romano compiuto, e per la volontà del clero e del popolo dischiuse a nuovi orizzonti di fervore e di buon apostolato religioso in luce di verità e di santità e di pace. Salvum fac populum tuum, Domine, et benedic hereditati tuae: et rege eos et extolle illos usque in aeternum. Per singulos dies benedicimus Te.