Ex quo primum

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45 Questo Sacramento, che dai Latini è chiamato Estrema Unzione, è definito con lo stesso nome dai Greci, secondo quanto si legge nel secondo Concilio generale di Lione, convocato dai Presuli dell'Oriente e dell'Occidente nell'anno del Signore 1274, i cui Atti si leggono nella Collezione di Arduino,86 quando i Latini e i Greci insieme sottoscrissero la formula della Fede con unanime decisione.

Anche i Greci chiamano Sacramento l'Olio consacrato e santificato dalle preci dei Sacerdoti, e anche completamento o consumazione del Sacramento della Penitenza.

Nell'Eucologio di Goario,87 è chiamato Euchelaeon. Lo stesso nome è stato adottato dagli scrittori dell'età successiva, come si può vedere presso Giorgio Pachimere,88 e come anche lo stesso Possino ha notato.89

Talvolta poi, sebbene raramente, lo stesso Sacramento è chiamato dai Greci Heptapapadum, come si legge nel Sinodo di Costantinopoli, convocato sotto il Patriarca Giovanni Vecco nell'anno del Signore 127790 dove lo stesso Patriarca, abbracciando la confessione di Fede formulata nel Concilio di Lione, così scrive al Romano Pontefice Giovanni XX, detto XXI: "Accogliemmo anche l'Estrema Unzione del pari con gli altri Sacramenti; nel celebrarla la chiamiamo Heptapapadum", ossia Funzione dei Sette Sacerdoti; in tal modo questo Sacramento viene somministrato dai Greci.

46 Noi a questo punto non diremo alcunché della istituzione di questo Sacramento, compiuta da Cristo, o dei suoi effetti; nulla diremo delle regole da osservare nel somministrarlo, in modo che sia offerto soltanto ai fedeli gravemente ammalati e non invece a chi è in buona salute; tuttavia non si aspetti quel momento in cui il malato non è più cosciente.

Nulla diremo inoltre di certi Riti della Chiesa Greca, in cui l'Olio degli infermi viene benedetto non soltanto dal Vescovo, come presso i Latini, ma anche da un semplice Presbitero, e il Sacramento della Estrema Unzione viene amministrato non da un Sacerdote soltanto, ma contemporaneamente da parecchi Sacerdoti.

Di tutte queste questioni abbiamo esposto molti particolari nel Nostro trattato De Synodo Dioecesana.91

Ma per illustrare soltanto la prima parte di questo terzo Monito, aggiungeremo ciò che un tempo fu a lungo discusso sotto Urbano VIII e negli anni precedenti del Nostro Pontificato: se dall'Eucologio Greco si dovessero cancellare certi vocaboli che sembrano affermare come lecita la somministrazione di questo Sacramento anche ai sani.

Nel Consesso svoltosi il 3 settembre 1747 fu deciso, e da Noi approvato, che nel testo nulla fosse mutato, ma che fossero segnalate nel Monito, all'inizio dell'Eucologio, quelle parti che di necessità dovevano essere rispettate: ciò fu fatto con le parole più sopra scritte, con l'invito rivolto ai Sacerdoti Greci a non amministrare il Sacramento dell'Estrema Unzione ai sani, ma solo a coloro che soffrono di una grave malattia.

Inoltre non è apparso affatto necessario mutare il testo dell'Eucologio per la ragione che, esaminate a fondo le parole di quello, risultò che si poteva attribuire ad esse un corretto significato e una sana interpretazione.

Infatti non vi si dice che il Sacramento possa essere amministrato a coloro che stanno bene, ma che possono essere unti anche coloro che possono recarsi in Chiesa, intendendosi coloro che, sebbene affetti da grave malattia, possono nondimeno entrare in Chiesa o con i propri piedi o esservi condotti con l'aiuto altrui; e che colà, per meglio assecondare la propria devozione, chiedono che sia loro somministrato il Sacramento dell'Estrema Unzione.

Esempi di tal genere non mancano neppure nella stessa Chiesa Occidentale, come si può constatare presso Martene,92 e anche presso Mabillon.93

47 Sono coerenti con la prima parte del terzo Monito queste due questioni che presentiamo perché se ne prenda nota.

In primo luogo, sebbene ai Greci sia stato espressamente vietato di somministrare il Sacramento dell'Estrema Unzione ad altri all'infuori degli ammalati e di chi versa in gravi condizioni, agli stessi Greci tuttavia non è proibito di ungere con l'olio della lampada ( che è conservato in Chiesa per sanare le infermità ) gli indemoniati o gli altri che, o per devozione o per liberarsi da qualche malanno, chiedono una siffatta Unzione, quando l'olio conservato in quella lampada non è consacrato né da un Vescovo né da un Sacerdote al fine di usarlo nella somministrazione dell'Estrema Unzione.

Non ignoriamo che fu altra volta chiesto che ai Greci fosse consentito di essere unti con l'olio dell'Estrema Unzione anche al di fuori di un caso di grave infermità, senza che dal Sacerdote fosse pronunciata la formula sacramentale, invocando cioè la ragione che attraverso la sola applicazione della materia il Sacramento non viene affatto somministrato, in quanto a ciò è del tutto essenziale la simultanea emissione della formula.

Invero questo argomento non fu, né in nessun modo può essere accolto, dato che non è affatto lecito che un Sacramento istituito da Cristo sia trasformato in una qualunque arbitraria cerimonia, anche se pia, come giustamente osserva il Padre de Carboneano nell'Appendice Ad Tractatum P. Antoine de Extrema Unctione.94

Sebbene, per quanto riguarda la Chiesa Latina, Quintaduenas nel trattato De Extrema Unctione,95 abbia affermato che è lecito ai Parroci mandare agli ammalati e a chi lo richieda l'Olio Santo degli infermi allo scopo di alleviare le loro infermità, tuttavia se alcuno si peritasse di agire così, sarebbe colpito dalle gravi sanzioni del Tribunale Ecclesiastico, o in quanto ha abusato del Sacramento della Chiesa o in quanto sospetto di distorta fede circa il Sacramento dell'Estrema Unzione, come opportunamente sottolinea Clericato.96

48 In secondo luogo, sussistendo la proibizione di somministrare il Sacramento dell'Estrema Unzione al di fuori della necessità imposta da grave malattia, ed essendo già stato chiarito che la soddisfazione o la penitenza che viene imposta dal Sacerdote confessore a chi si è confessato nel rispetto del Sacramento deve consistere soprattutto in preghiere, digiuni ed elemosine ( come si prescrive nel decreto pubblicato dal felicemente ricordato Papa Eugenio IV per l'istruzione degli Armeni ), non è affatto lecito imporre al penitente confesso, per soddisfazione o penitenza, l'Unzione con l'Olio Santo.

Per la verità, un tempo fu introdotta questa Unzione presso gli Orientali, come puramente cerimoniale, come si evince dal Canone 74 fra quelli che nella versione in arabo sono attribuiti al Concilio di Nicea, in Collectione Harduini,97 ove è stabilito che se un fedele vivrà impudicamente con una donna infedele, dopo aver compiuto una lunga penitenza, si riconcilierà con la Chiesa attraverso "l'acqua benedetta e l'olio degli infermi".

Quindi, se si deve credere a Giovanni Nathanaele nella replica De moribus Graecorum e a Francesco Ricardo nel De Expeditione sacra, cap. 12, fu introdotto un altro abuso: ai ricchi penitenti, per penitenza sacramentale, veniva somministrata, senza regola, la Sacra Unzione, e dall'applicazione di questa penitenza veniva raccolta una cospicua retribuzione in denaro.

A questo gravissimo errore non cessò di opporsi il Sommo Pontefice Innocenzo IV di felice memoria, finché nella sua epistola al Vescovo di Tuscolo così scrisse:98 "I Sacerdoti o i Confessori non impongano a nessuno soltanto un'unzione come soddisfazione della penitenza".

Questa stessa regola si legge nel Sinodo celebrato presso Nicosia.99

Anche Noi introducemmo questo stesso precetto nella Nostra Costituzione Etsi Pastoralis.100

Si veda anche Thiers.101

Inoltre Arcudio, parlando dei Presbiteri Greci, i quali imponevano a chi si era confessato la Sacra Unzione come penitenza, aggiunge che essi, nel somministrare tale Unzione, erano soliti usare una formula sacramentale, e ciò egli contesta con severi accenti, come si legge nella sua opera De concordia.102

Invero Goario,103 nega che i Greci avessero l'intenzione di impartire il Sacramento quando praticavano tale Unzione: "Tuttavia, non in modo che l'Unzione, congiunta alle preci, annienti di fatto le infermità dell'anima ma, se essa ha qualche potere, vale a produrre quell'effetto soltanto grazie alla devozione del penitente o alla carità del Sacerdote orante".

Nondimeno Goario non tralascia di riprovare la suddetta consuetudine, mentre afferma che occorre fare ogni sforzo affinché i Greci in tale materia si comportino così come insegna Santa Romana Chiesa, Madre e Maestra di tutti i fedeli in Cristo.

Infatti, dalla pratica della suddetta Unzione derivano parecchie e gravi assurdità dal momento che, o il Sacramento dell'Estrema Unzione viene impartito al sano e addirittura a colui che non è soggetto atto a ricevere tale Sacramento, oppure la materia e la forma del Sacramento, come più sopra si è precisato, vengono utilizzate senza l'intenzione di preparare e di somministrare il Sacramento stesso.

49 La seconda parte del terzo Monito riguarda il Santo Crisma che dai Greci è preparato non soltanto con l'olio e col balsamo, ma anche con una mistura di altri aromi.

Pertanto in questa parte del Monito a ciascuno è dato constatare che non è stata vietata tale miscela di aromi, ma si è soltanto insegnato a tener presente che olio e balsamo costituiscono la materia del Sacramento; pertanto, se manca qualcuno degli altri aromi che si è soliti aggiungere, non manca alcunché di quanto è necessario a preparare il Sacro Crisma.

50 Presso i Greci non si trova alcuna prescrizione circa l'imposizione delle mani mentre si somministra il Sacramento della Cresima. Morino,104 così scrive: "Come i Latini costantemente associarono l'imposizione delle mani all'unzione, così i Greci con non minore costanza separarono l'uno dall'altro momento, e usarono solo il Crisma nella somministrazione di questo Sacramento; infatti, né le recenti Eucologie né quelle antiche ricordano l'imposizione delle mani".

Questo fatto trova costante conferma anche in Goario ( Eucologio, p. 299, n. 28 ).

Renaudot,105 afferma che, risalendo a parecchi secoli addietro, non si trova nella Chiesa Greca alcuna traccia d'imposizione delle mani nella somministrazione del Sacramento della Cresima, e loda i Greci, eminenti per sacra erudizione, sostenitori di questa sua asserzione: Simeone di Tessalonica, Gabriele di Filadelfia, Sirino ed altri.

Il moderno scrittore Chardon106 sostiene che nei precedenti secoli fu praticata, nella Chiesa Greca, l'imposizione delle mani nel conferimento del Sacramento della Cresima, tuttavia ammette che da molti secoli non è rimasto alcun vestigio di quel rito.

Infine il diletto figlio Giuseppe Agostino Orsi, dell'Ordine dei Predicatori, ora Maestro del Nostro Palazzo Apostolico, in una dissertazione storico-teologica107 pubblicata a suo tempo, dopo aver raccolto dottamente molti documenti, dimostra che presso i Greci la materia del Sacramento della Confermazione non è l'imposizione delle mani, ma il sacro Unguento.

Perciò non si può dire ( ciò che da molti fu temerariamente affermato ) che nella Chiesa Greca non sia presente il Sacramento della Confermazione per il fatto che in essa non si pratica l'imposizione delle mani: altrimenti ne conseguirebbe che nessuno sarebbe persuaso che ( dopo il lungo corso dei secoli ) in tanto ampia parte del mondo cristiano e in una Chiesa illustre, non meno per dottrina che per santità, non fosse praticato il Sacramento della Confermazione, come egregiamente conviene con Noi Goario nel luogo citato: "A mio giudizio, pochi oseranno dire che una parte del mondo cristiano, invero così ampia ed estesa, così colta, così costante nel seguire le norme dettate dagli Apostoli e dagli Ecclesiastici, abbia respinto, trascurato o ignorato un Sacramento tanto sublime".

51 Questo ingiusto e inopportuno disaccordo fra la Chiesa Latina e la Greca ebbe origine dalle controversie che i Teologi nostrani sono soliti suscitare.

Essi discutono se gli Apostoli hanno somministrato il Sacramento della Confermazione con l'imposizione delle mani, o se hanno usato anche il Sacro Crisma; inoltre - secondo il solito - gli uni affermano ciò che gli altri negano.

Fra loro si discute anche se la sola imposizione delle mani sia materia di questo Sacramento, in quanto molti sostengono che solamente in essa consiste la materia del Sacramento, mentre altri preferiscono stabilire nel Sacro Crisma la materia remota del Sacramento, e la prossima invece nella sua applicazione, che si fa con il segno della Croce sulla fronte di chi riceve il Sacramento, come si legge nel Decreto per l'istruzione degli Armeni, edito dal Papa Eugenio IV: "Il secondo Sacramento è la Confermazione, la cui materia è il Crisma confezionato con olio, che significa purezza di coscienza, e con il balsamo, che significa il profumo della buona fama, benedetto dal Vescovo".

A questo punto anche il Pontefice, parlando dell'imposizione delle mani che praticavano gli Apostoli nel somministrare questo Sacramento, soggiunge: "In luogo di quella imposizione della mano, nella Chiesa si pratica la Confermazione".

Altri infine associano l'imposizione delle mani e il Crisma, dicendo che sia quella che questo sono materia del Sacramento della Confermazione: ma che l'una e l'altro del pari sono materia inadeguata se considerati separatamente; se poi vengono congiunti contemporaneamente, allora, dicono, in essi congiunti consiste la materia complessiva del Sacramento.

D'altronde, taluni ritengono che l'imposizione delle mani si identifichi con la protensione delle mani che fa il Vescovo verso i confermandi all'inizio della sacra funzione, mentre recita le prime preghiere; altri la identificano nell'atto stesso dell'unzione con cui il Vescovo segna la fronte del confermando, poiché la fronte di alcuno non può essere spalmata di unguento se non le vengono imposte le mani.

Queste sono le controversie su cui i nostri Teologi disputano, e circa le quali a ciascuno è lecito seguire l'opinione che più gli aggrada.

Ma a nessuno è lecito affermare che non sia presente nella Chiesa Greca il Sacramento della Confermazione.

Se alcuno infatti sostenesse questa opinione, chiaramente si opporrebbe a costui l'antica Disciplina Orientale che la Sede Apostolica considerò saggiamente formulata e mai condannò o respinse.

A proposito di essa, nei libri rituali dei Greci non si fa menzione alcuna dell'imposizione delle mani, cioè se questa sia materia adeguata o inadeguata del Sacramento della Confermazione.

Perciò per uscire da questo labirinto di difficoltà, bisogna usare un altro filo che certamente non mancherà a chi indagherà con diligenza; salvo il caso che, circa una proposizione incerta e in nessun modo definita, si consolidi il rifiuto dell'altrui opinione e dell'altrui parere: atteggiamento che non fa difetto ai difensori ortodossi.

52 Quello che è fuori controversia lo si dica apertamente; e cioè, nella Chiesa Latina il Sacramento della Confermazione viene conferito usando il Sacro Crisma, cioè olio d'oliva misto con balsamo e benedetto dal Vescovo, e facendo un segno di Croce da parte del Ministro del Sacramento sulla fronte del cresimando, mentre contemporaneamente recita le parole della formula.

E per quelle Regioni nelle quali non si può trovare una vera e naturale essenza di balsamo, i Pontefici Romani non ricusarono di permettere che, per la confezione del Crisma, fosse lecito usare un certo succo o liquore profumato, che comunemente viene considerato come vero balsamo, come risulta dalla Costituzione 180 di San Pio V.108

In questa Costituzione viene concesso un eguale Indulto anche per i Vescovi delle Indie. Nella Costituzione 47 di Sisto V, nel medesimo Bollario, stesso volume 4, part. 3, dopo aver esposto la penuria del vero balsamo ( dovuta al fatto che gli arbusti dai quali si traeva la maggior quantità e che fiorivano un tempo nella Palestina, specialmente nella Valle di Gerico, furono recisi e completamente estirpati dai Turchi ) viene concesso ai Vescovi e Arcivescovi del Portogallo che, nella confezione del Sacro Crisma, si possa adoperare il balsamo che proviene dal Brasile e dal Nuovo Mondo e anche dalle Regioni delle Indie.

In questo il Pontefice dichiara di seguire gli esempi dei suoi Predecessori Pio IV e Gregorio XIII.

Questo giusto provvedimento viene lodato da Morino nella sua opera postuma.109

Similmente nella Chiesa Greca il Sacramento della Confermazione viene conferito usando il Sacro Unguento composto di olio d'oliva e balsamo e inoltre con altre ventitré specie di erbe odorose e con l'aggiunta persino di una certa quantità di vino. Habert,110 enumera accuratamente tutte queste erbe profumate, e il Padre Berti111 aggiunge che a suo parere sembra difficile che tutte quelle erbe indicate da Habert vengano infuse dai Greci nel Sacro Unguento, dato che alcune di esse sono sconosciute, sicché a malapena si trova qualche menzione di loro nei vocabolari e nei libri degli Autori che trattarono delle piante e delle erbe.

In ogni modo, essendo antico l'uso di mescolare queste erbe con l'olio e il balsamo, il Rito del quale oggi trattiamo è rimasto intatto nel Monito, il quale avverte i Greci che non devono ritenere indispensabile alla materia del Sacramento niente altro all'infuori dell'olio e del balsamo; pertanto ritengano valida la somministrazione di questo Sacramento solo se fatta con l'olio e il balsamo ritualmente benedetti dal Vescovo, anche se dovessero mancare per caso alcune di quelle erbe che, secondo il loro Rito, vengono solitamente mescolate nella composizione del sacro Unguento.

Saggiamente e a ragione nel Sinodo di Zamoscia fu osservato dai Padri, che qualsiasi mistura di erbe venga aggiunta, si deve fare attenzione che "la maggior parte del Sacro Crisma sia sempre composta di Olio e Balsamo".112

53 Conclusa anche la seconda parte del terzo Monito, aggiungiamo qui, a mo' di appendice, alcune osservazioni che non potranno essere considerate né inopportune, né estranee all'argomento trattato, perché riguardano la dottrina dello stesso Sacramento della Confermazione e la correzione dell'Eucologio.

54 La formula del Sacramento della Confermazione nella Chiesa Greca, secondo la comune sentenza, viene espressa con le seguenti parole: "Sigillo del dono dello Spirito Santo".

Queste parole sono pronunciate da colui che amministra il Sacramento, quando traccia con il Sacro Unguento il segno della Croce sulla fronte del cresimando, come risulta dal Canone 7 del primo Concilio di Costantinopoli.113

Anche il Cardinale della Santa Romana Chiesa Bessarione ritiene che le parole contenute in quel Canone siano esatte, come si legge nel suo opuscolo De Eucharistia, stampato nella Biblioteca dei Padri:114 "Il secondo Sinodo ecumenico, riferendo al settimo Canone le parole che accompagnano il Sacro Crisma, così si esprime: Segnandoli, cioè ungendoli col Sacro Crisma, diciamo: Sigillo del dono dello Spirito Santo; e queste parole, secondo loro, realizzano il Sacramento della Cresima".

Sebbene questa affermazione del Cardinal Bessarione sia stata contestata da Lupo nelle note al Canone 95 del Concilio Trullano, difficilmente si trovano sostenitori di questa sua asserzione diversa da quella del Cardinale, come giustamente avverte Arcudio,115 che, dopo aver riportato l'asserzione del Bessarione, aggiunge: "Fin qui il Bessarione, del quale nessuno poteva essere meglio informato di quello che avviene nella Chiesa Orientale circa l'amministrazione dei Sacramenti".

Anche Goario conviene con Arcudio nelle note all'Eucologio.116

Altrettanto fa Habert nelle sue note al Pontificale Graecorum Observat.117

Tralasciando altri che facilmente potrebbero aggiungersi, è sufficiente riportare quanto sta scritto nel Sinodo di Zamoscia dove si tratta del Sacramento della Confermazione: "La formula che anche i più antichi Eucologi i scismatici approvano è questa: Sigillo del dono dello Spirito Santo, Amen; e questa formula deve essere pronunciata una volta sola assieme all'Unzione".

55 È rimasto celebre nella Chiesa Greca il Decreto di San Metodio, Vescovo di Costantinopoli, che visse intorno alla metà del nono secolo e che sempre si adoperò con tanta energia a richiamare gli erranti nel seno dell'unità.

In quel Decreto si trova la prescrizione che coloro che hanno lasciato la Chiesa e poi ritornano nel suo seno devono essere accolti a questa condizione: "Terminata la preghiera e preso il Sacro Unguento, secondo l'uso dei battezzati, lo unge facendo un segno di Croce sulla fronte, sugli occhi, sulle narici, sulla bocca, sulle due orecchie, sulle mani, sul petto e sulle scapole dicendo: Sigillo del dono dello Spirito Santo".

Da qui sorge una difficoltà non piccola, poiché si deve scegliere l'una o l'altra interpretazione: o quelle parole, Sigillo del dono dello Spirito Santo, nella Chiesa Greca non sono la formula del Sacramento della Confermazione, oppure nella stessa Chiesa Greca questo Sacramento viene conferito di nuovo a coloro che lo hanno già ricevuto una prima volta, e per di più validamente, e dopo il peccato di apostasia intendono ritornare nella Chiesa.

Ciò è contrario a quel principio che ha come regola inviolabile che i Sacramenti che imprimono il carattere non possono essere ricevuti altre volte da chi li ha già ricevuti validamente.

È una definizione del Concilio Tridentino.118

Non giova ricorrere al suindicato Canone 7 del primo Concilio di Costantinopoli, nel quale si stabilisce che si devono riconciliare col Sacro Crisma gli Ariani, i Macedoniani, i Novaziani e gli Apollinaristi, allorché convertendosi dall'eresia ritornano alla Chiesa.

La disposizione di questo Canone riguarda soltanto i suddetti eretici che avevano ricevuto invalidamente il Sacramento della Confermazione, o non l'avevano ricevuto affatto.

Ma il Decreto di San Metodio è generico e abbraccia tutti coloro che, dopo la defezione, desiderano ritornare in seno alla Chiesa.

Ma poiché in alcuni Eucologi i, dove si tratta della riconciliazione dei penitenti, si leggono i medesimi precetti che si trovano nel Decreto di San Metodio, ne segue che la medesima difficoltà che s'incontra nel detto Decreto esiste anche nei precedenti Eucologi.

56 È incredibile descrivere come si torturano gl'ingegni degli Scrittori per sciogliere le sopraddette difficoltà.

Taluni asseriscono che quel Decreto non è mai stato fatto dal Patriarca di Costantinopoli San Metodio, il quale, come abbiamo scritto, era operante nell'anno 842, ma da un altro Metodio, Patriarca scismatico, che occupava la Sede di quella Capitale nell'anno 1240.

Ma Goario, nelle note allo stesso Decreto che aggiunse in calce all'Eucologio da lui illustrato, a p. 698 attesta che egli vide molti documenti più antichi dei tempi di questo Metodio, i quali attribuiscono il Decreto al Patriarca San Metodio.

Ciò è sufficiente per dimostrare l'infondatezza di una tale opinione.

Vi sono poi altri che ammettono che quelle parole "Sigillo del dono dello Spirito Santo" sono la formula del Sacramento della Confermazione, e sostengono che, secondo il Decreto di San Metodio, ogni volta che gli apostati pentiti venivano riaccolti in seno alla Chiesa, dovevano realmente essere proferite quelle parole, mentre i penitenti venivano unti col Crisma.

Tuttavia opinano che non si possa affermare che venisse conferito il Sacramento della Confermazione a coloro che già l'avevano ricevuto un'altra volta, ma - essendo necessaria in quella cerimonia l'intenzione del Ministro - appare chiaramente che in quella cerimonia non c'era l'intenzione del Ministro di conferire il Sacramento, ma soltanto di riconciliare con la Chiesa un apostata che si convertiva.

Abbraccia questa teoria il Du Hamel;119 ad essa aderiscono il Goario;120 il Tournely nel Tractatus de Confirmatione, dove,121 risponde alle obiezioni, e l'Assemano junior.122

Ma per molti altri questa risposta non è probatoria, specialmente per Juvenino,123 il quale osserva che non si adduce nessun documento greco dal quale si possa dedurre che colui che riconcilia un apostata, mentre lo unge col Sacro Crisma e proferisce le parole che contengono la formula del Sacramento della Cresima, abbia l'animo alieno dal conferire il Sacramento: conseguentemente non agisce correttamente, anzi pecca, quel Ministro che applica la materia e usa la formula del Sacramento a colui che non è più idoneo a riceverlo, anche se non intende conferirgli il Sacramento.

Altri, pur osservando che i documenti dei primi secoli attestano che nella Chiesa Occidentale talvolta gli apostati venivano riconciliati con l'imposizione delle mani, tuttavia asseriscono che a quei tempi era già vietato conferire una seconda volta il Sacramento della Confermazione a coloro che l'avevano già ricevuto validamente.

Però affermano che non sempre si è agito così: pertanto concludono non doversi meravigliare se nel Decreto di San Metodio, per quanto riguarda la Chiesa Orientale, si prescrive che gli apostati pentiti siano di nuovo confermati col Sacro Crisma, quantunque l'avessero ricevuto prima validamente.

Ma non è per nulla sicura anche questa procedura.

Poiché alcuni dei documenti citati affermano chiaramente che gli apostati venivano riconciliati "con la sola imposizione delle mani", se qualcuno crede che anche questa fosse il conferimento del Sacramento della Confermazione, deve pure provare che a quel tempo il Sacramento venisse conferito con la sola imposizione delle mani, senza alcuna Unzione.

E se qualcuno afferma ( suffragandolo con qualche esempio ) che nella riconciliazione dei penitenti si usava anche l'Unzione unitamente all'imposizione delle mani, tuttavia, per affermare la ripetizione del Sacramento dovrebbe dimostrare se e quale formula verbale veniva solitamente pronunciata da colui che imponeva le mani e ungeva col Crisma.

Marco di Reims,124 enumera varie specie di imposizione delle mani.

Ciò pure afferma l'autore della glossa in Can. Manuum impositio.125

Due celebri studiosi, Sirmondo nel suo secondo Antihretico, cap. 5, e Morino nel De Sacramento Confirmationis,126 e di nuovo nel Tractatus de Poenitentia,127 credono che l'imposizione delle mani di cui ora parliamo fosse una Confermazione.

Ma Pietro Aurelio sostiene che quella usata per la riconciliazione degli eretici era una pura cerimonia e non era l'amministrazione di alcun Sacramento.

Questa stessa sentenza viene accettata da Lupo;128 da Arcudio;129 da Suarez nella terza parte del Divi Thomae130 e nella disp. 36.131

Per tale motivo Witasse nel suo trattato De Sacram. Confirmationis, dopo aver riferito tutti i documenti che possono favorire sia l'una, sia l'altra opinione, a p. 63 le lascia entrambe nella loro probabilità.

Con la stessa prudenza si comporta l'autore delle addizioni ad Estio.132

57 Si deve aggiungere un altro argomento per sciogliere la predetta difficoltà, che trae origine dal Decreto di San Metodio e da quelle regole che si trovano annotate in alcuni Eucologi i coerenti con detto Decreto.

Prima di tutto, per quanto riguarda il Decreto, lo troviamo riportato negli Annali del venerabile Card. Baronio, sotto l'anno di Cristo 842, ma in modo diverso da come riferito da altri e da come è stato da Noi descritto in precedenza.

In quel Decreto, asserisce il Baronio, non si trova minimamente prescritto che si debbano pronunciare le parole "Sigillo del dono dello Spirito Santo" nella riconciliazione dell'apostata; è sufficiente l'Unzione, da compiersi con il Sacro Unguento.

E quantunque si legga: "Si ungano con il Crisma, come si suole ungere coloro che vengono battezzati", tuttavia ( omettendo anche ciò che alcuni sostengono, che cioè queste parole sono accessorie e aggiunte come autentiche ) il loro senso primitivo e naturale sarà sempre quello; che nella riconciliazione dell'apostata vengano unte le medesime parti del corpo che si ungono allorché viene conferita la Cresima dopo il Battesimo.

Se poi non si aggiunge nulla a proposito delle parole che si pronunciano: "Sigillo del dono dello Spirito Santo", si annulla la forza di qualsiasi altra difficoltà.

Si aggiunga ancora che i Legati mandati in Bulgaria dal Papa San Nicolò I amministrarono il Sacramento della Confermazione a coloro a cui era già stato amministrato dai Presbiteri Greci, per la precipua ragione che gli stessi Presbiteri non avevano ottenuto dalla Sede Apostolica la facoltà di somministrare tale Sacramento.

Fozio, nella sua lettera enciclica, intentò contro di loro un'acerrima doglianza, imputando loro, quale trasgressione, l'aver conferito il Sacramento della Confermazione a coloro che erano già stati cresimati.

"Nessuno - scrisse - ha mai udito una tale infamia come quella di questi mentecatti che non esitarono ad osare di dare la Confermazione una seconda volta a coloro che erano già stati unti col Crisma, volgendo a derisione e inezia Misteri così eccelsi".

Da questo apertamente si evidenzia che San Metodio nel suo Decreto non aveva minimamente stabilito, o voluto, che venisse di nuovo conferito il Sacramento della Confermazione a coloro che erano già stati cresimati precedentemente, se dopo il crimine dell'apostasia ritornavano in seno alla Chiesa.

Infatti Fozio, che s'impose circa quarant'anni dopo la morte di San Metodio e che fu sempre ritenuto di animo perverso, ma dotto e accorto, non avrebbe obiettato così aspramente contro i Legati Pontifici, per aver ripetuto il conferimento del Sacramento della Cresima, se San Metodio, in precedenza, avesse decretato o pensato che gli apostati che ritornavano in seno alla Chiesa avrebbero ricevuto di nuovo il Sacramento della Confermazione.

Egli avrebbe facilmente previsto la risposta che gli sarebbe stata data dai Legati, i quali null'altro avevano fatto se non quanto la Chiesa Orientale aveva suggerito di fare, secondo il Decreto di San Metodio, allorché riceveva nell'unità gli erranti.

58 Per quanto riguarda gli Eucologi i, se in qualcuno di essi si legge che nella riconciliazione dei penitenti era prescritto di usare la Sacra Unzione mentre si pronunciavano le parole "Sigillo del dono dello Spirito Santo", questo lo si deve attribuire alla interpolazione degli Scismatici.

Essi furono persuasi da Teodoro Balsamone che qualora un latino passasse alla Chiesa Greca gli si doveva conferire di nuovo il Sacramento della Confermazione.

Lo attesta Gregorio Protosincello nella sua Apologia contro Marco di Efeso, nella Collectio Concil. Harduini.133

Ma la pronuncia di tale forma non si trova per nulla prescritta nei moltissimi Eucologi i che esaminò e osservò un uomo degno della massima fede, Gian Matteo Cariofilo Cidonio, come riferisce Arcudio.134

Si deve pure ritenere di gran peso anche il fatto che nulla di simile si trova nel celebre Eucologio di Grottaferrata.

Pertanto, nelle Congregazioni per la revisione dell'Eucologio riunitesi sia sotto Urbano VIII, sia al Nostro tempo, con la Nostra approvazione fu decretato che nell'Eucologio che doveva essere ristampato corretto, il Rito della riconciliazione dei penitenti venisse redatto nella forma che si legge nell'Eucologio di Grottaferrata; come poi è stato fatto.

E poiché nella Congregazione tenutasi il 7 gennaio 1748 era stato avanzato il dubbio se si dovesse correggere il Rito della riconciliazione degli apostati che ritornavano all'unità della Chiesa secondo la forma tramandata dal Decreto di Metodio, fu osservato che l'unzione di coloro che si riconciliavano avrebbe dovuto compiersi nel modo in cui si ungono coloro che vengono battezzati, ma nel corso di tale unzione si sarebbero dovute pronunciare le parole "Sigillo del dono dello Spirito Santo".

Ciò è stato rinvenuto soltanto in pochi recenti Eucologi.

Pertanto nell'altra Congregazione tenutasi il 18 del successivo mese di febbraio fu decretato: "Si corregga l'Eucologio stampato secondo la forma dell'Eucologio Patriarcale del Cardinal Bessarione, ora di Grottaferrata".

Ed essendoci stata sottoposta quella relazione, dopo aver tutto valutato e considerato, quel Decreto fu confermato dalla Nostra approvazione.

59 Si deve ora discorrere del quarto capitolo del Monito, che tratta di alcune peculiari impurità, per purgare le quali si leggono nell'Eucologio alcune speciali benedizioni e preghiere.

Ecco le parole del Monito: "Alla fine si deve sapere che se qualcosa di immondo o di contaminato dovesse cadere in un pozzo o in altro vaso contenente qualsiasi liquido, o venisse toccata o mangiata una cosa impura, o nascesse nella Chiesa un animale impuro, o vi morisse, i Sacerdoti della Chiesa Orientale usano le Preghiere e le Benedizioni contenute nell'Eucologio, a norma della consuetudine della propria Chiesa: però non intendono in nessun modo osservare i precetti dell'antica Legge, che sono stati abrogati con la venuta di Cristo, come a tutti è manifesto".

Indice

86 Tomo 7, p. 695
87 p. 346, n. 42, e p. 349, n. 1
88 Histor. Paleol., lib. 6, cap. 32
89 Glossar, lib. 1, p. 386, presso Gabriele Filadelfo, De Sacramento Euchelaei, e Acta Ecclesiae Orientalis, tomo 1, p. 348
90 Nella citata Collezione di Arduino, tomo 7, p. 758 B
91 Ultima edizione, lib. 8, dal cap. 1 a tutto il cap. 8
92 De antiquis Ecclesiae Ritibus, lib. 2, cap. 7, art. 2, nn. 7 e 8
93 Prefazione Ad Saeculum primum, in Acta Sanctorum Ordinis Benedictini, § 9, n. 101
94 § 4, p. 661
95 5, sing. 11
96 De Sacram. Extremae Unctionis, decis., 70, n. 32
97 Tomo I, p. 492
98 § 6
99 Nella citata Collect. Harduini, tomo 7, p. 1714
100 § 5, nostro Bollario, tomo I, n. 57
101 De Superstit., lib. 8, cap. 6
102 Lib. 5, cap. 4, paragr. Ego praesentem
103 Nelle note Ad Euchologium, p. 350
104 Trattato De Confirmatione, cap. 4
105 De perpetuitate, tomo 5, lib. 2, cap. 12
106 Historia Sacramentorum, lib. I, cap. I, De confirmatione
107 De Chrismate Confirmatorio
108 Nel Bollario nuovo, edito a Roma, tomo 4, parte 3
109 De Sacramento Confirmationis, p. 35
110 Pontificale della Chiesa Greca, osserv. 5, Rito del Crisma
111 Nel tomo 7 della sua Teologia, lib. 32, cap. 5
112 Anno 1720, § 2, De Confirmatione
113 Nella Collezione di Arduino, tomo I, p. 811
114 Ediz. di Lione, tomo 26, p. 795
115 Lib. 2, cap. 7
116 p. 301, n. 31
117 4, n. 2
118 Sess. 7, De Sacramentis in genere, can. 9
119 Theologiae, tomo 6, Parigi, 1695, p. 383
120 Nelle note Ad Euchol., p. 698, paragrafo Verum potuisset
121 Verso la fine, p. 612 e seguenti
122 Nel terzo libro del Codice liturgico, De Confirmatione, p. 63
123 De Sacramentis, Dissert. 3, De Confirmatione, quest. 7, cap. 1, art. 1, § 1
124 Trattato De variis Capitibus Ecclesiae, cap. 18
125 1, quest. 1
126 Cap. 12, p. 56
127 Lib. 9, cap. 9 e 10
128 Nel can. 7 Costantinopolitanum, tomo 2, p. 46 e seg.
129 Lib. 2, cap. 18
130 Tomo 3, quest. 72, disp. 34, sez. 1, paragr. Unde est tertia responsio
131 Art. 11, sez. 3, paragr. Ad rationem dubitandi
132 Nel lib. 4, Sentent., dist. 5, § 16, lett. B, p. 87
133 Tomo 9, p. 640
134 Nel lib. 2 De Reformatione, cap. 18