Dominicae cenae

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Conclusione

13 Consentite, venerabili e cari fratelli, che termini ormai queste mie riflessioni, che si sono limitate ad approfondire soltanto alcune questioni.

Nell'intraprenderle, ho avuto davanti agli occhi tutta l'opera svolta dal Concilio Vaticano II, e ho tenuto ben presenti alla memoria l'enciclica di Paolo VI «Mysterium Fidei», promulgata durante quel Concilio, nonché tutti i documenti emanati dopo il Concilio medesimo al fine di mettere in atto il rinnovamento liturgico post-conciliare.

Esiste infatti un legame strettissimo e organico tra il rinnovamento della liturgia e il rinnovamento di tutta la vita della Chiesa.

La Chiesa non solo agisce, ma anche si esprime nella liturgia, vive della liturgia e attinge alla liturgia le forze per la vita.

E perciò il rinnovamento liturgico, compiuto in modo giusto nello spirito del Vaticano II, è, in un certo senso, la misura e la condizione con cui mettere in atto l'insegnamento di quel Concilio Vaticano II, che vogliamo accettare con fede profonda, convinti che mediante esso lo Spirito Santo «ha detto alla Chiesa» le verità e ha dato le indicazioni che servono al compimento della sua missione nei confronti degli uomini d'oggi e di domani.

Anche in seguito, sarà nostra particolare sollecitudine promuovere e seguire il rinnovamento della Chiesa secondo la dottrina del Vaticano II, nello spirito di una sempre viva tradizione.

Infatti alla sostanza della tradizione, giustamente intesa, appartiene anche una corretta rilettura dei «segni dei tempi», secondo i quali occorre trarre dal ricco tesoro della rivelazione «cose nuove e cose antiche» ( Mt 13,52 ).

Operando in questo spirito, secondo questo consiglio del Vangelo, il Concilio Vaticano II ha compiuto uno sforzo provvidenziale per rinnovare il volto della Chiesa nella sacra liturgia, riallacciandosi il più spesso a ciò che è «antico», a ciò che proviene dall'eredità dei Padri ed è espressione di fede e di dottrina della Chiesa da tanti secoli unita.

Per poter continuare a mettere in pratica, nell'avvenire, le direttive del Concilio nel campo della liturgia, e in particolare nel campo del culto eucaristico, è necessaria una stretta collaborazione tra il rispettivo dicastero della santa Sede e le singole conferenze episcopali, collaborazione vigile e creativa insieme, con lo sguardo fisso alla grandezza del santissimo mistero e, nello stesso tempo, ai processi spirituali e ai cambiamenti sociali, così significativi per la nostra epoca, dato che non soltanto creano talora difficoltà, ma dispongono anche ad un nuovo modo di partecipare a quel grande mistero della fede.

Soprattutto mi preme sottolineare che i problemi della liturgia, e in particolare della liturgia eucaristica, non possono essere una occasione per dividere i cattolici e minacciare l'unità della Chiesa.

Lo esige l'elementare comprensione di quel sacramento, che Cristo ci ha lasciato come fonte di unità spirituale.

E come potrebbe proprio l'eucaristia, che è nella Chiesa «sacramentum pietatis, signum unitatis, vinculum caritatis»,46 costituire in questo momento tra di noi un punto di divisione e una fonte di difformità di pensieri e di comportamenti, invece che essere centro focale e costitutivo, qual è veramente nella sua essenza, dell'unità della Chiesa stessa?

Siamo tutti ugualmente debitori verso il nostro Redentore.

Tutti insieme dobbiamo prestare ascolto a quello Spirito di verità e di amore, che egli ha promesso alla Chiesa e che in essa opera.

In nome di questa verità e di questo amore, in nome dello stesso Cristo crocifisso e di sua Madre, vi prego e vi supplico che, lasciando ogni opposizione e divisione, ci uniamo tutti in questa grande missione salvifica, che è prezzo e insieme frutto della nostra redenzione.

La sede apostolica farà tutto il possibile per cercare, anche in seguito, i mezzi che possano assicurare quell'unità di cui parliamo.

Eviti ognuno, col proprio modo di agire, di «rattristare lo Spirito Santo» ( Ef 4,30 ).

Affinché questa unità e la collaborazione costante e sistematica che ad essa conduce possano essere continuate con perseveranza, imploro in ginocchio per noi tutti la luce dello Spirito Santo, per intercessione di Maria sua santa sposa e Madre della Chiesa.

E benedicendo tutti, con tutto il cuore, mi rivolgo ancora una volta a voi, venerati e cari miei fratelli nell'episcopato, con fraterno saluto e piena fiducia.

In questa collegiale unità, di cui siamo partecipi, facciamo ogni sforzo affinché l'eucaristia diventi sempre maggiormente fonte di vita e luce delle coscienze di tutti i nostri fratelli e sorelle di tutte le comunità nell'unità universale della Chiesa di Cristo sulla terra.

In spirito di carità fraterna, a voi e a tutti i confratelli nel sacerdozio, mi è caro impartire la benedizione apostolica.

Dal Vaticano, il 24 febbraio, prima domenica di quaresima, dell'anno 1980, secondo di Pontificato.

Giovanni Paolo II

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46 S. Augustini « In Evangelium Ioannis », tract. 26,13