Mercoledì, 22 maggio 2013

Nessuno deve uccidere in nome di Dio

E anche soltanto dirlo è una bestemmia.

Invece ogni uomo non solo può, ma deve fare del bene, qualunque fede professi, perché « ha in sé il comandamento di fare il bene » in quanto « creato a immagine di Dio ».

È in sintesi la riflessione proposta questa mattina, mercoledì 22 maggio, da Papa Francesco a quanti hanno partecipato alla celebrazione mattutina nella cappella della Domus Sanctae Marthae.

Il brano del vangelo di Marco ( Mc 9,38-40 ) proclamato durante la messa riferisce la lamentela dei discepoli per una persona che faceva del bene ma non era del loro gruppo.

« Gesù li corregge: Non glielo impedite, lasciate che lui faccia il bene.

I discepoli senza pensare, volevano chiudersi intorno a un'idea: soltanto noi possiamo fare il bene, perché noi abbiamo la verità.

E tutti quelli che non hanno la verità non possono fare il bene » ha puntualizzato il Pontefice.

Si tratta però di un atteggiamento sbagliato.

E Gesù li corregge.

A questo punto è lecito « che noi ci domandiamo: chi può fare il bene e perché?

Cosa significa questo "non glielo impedite" di Gesù? Cosa c'è dietro? ».

In questo caso « i discepoli erano un po' intolleranti », ma « Gesù allarga l'orizzonte e noi possiamo pensare che dica: Se questo può fare il bene, tutti possono fare il bene.

Anche quelli che non sono dei nostri ».

Ma qual è la radice di questa possibilità che appartiene a tutti gli uomini?

« Io penso che sia proprio nella creazione » ha risposto il Papa: « Il Signore ci ha creati a sua immagine », e se « lui fa il bene, tutti noi abbiamo nel cuore questo comandamento: Fai il bene e non fare il male. Tutti ».

E davanti « a chi dice: Ma padre, questo non è cattolico, non può fare il bene, rispondiamo: Sì può farlo, deve farlo; non può ma deve, perché ha questo comandamento dentro », nel suo cuore.

Pensare che non tutti possono fare del bene è una chiusura, « un muro - ha sottolineato il Santo Padre - che ci porta alla guerra » e « a quello che alcuni hanno pensato nella storia: uccidere in nome di Dio.

Noi possiamo uccidere in nome di Dio ».

Infatti, « dire che si può uccidere in nome di Dio è una bestemmia ».

Il Signore ha redento tutti con il sangue di Cristo, « tutti, non soltanto i cattolici. Tutti » ha ricordato il vescovo di Roma.

E gli atei? « Anche loro, tutti.

È questo sangue che ci fa figli di Dio ».

Ecco perché « tutti noi abbiamo il dovere di fare il bene ».

Questa è anche « una bella strada verso la pace ».

Se infatti ognuno fa la sua parte di bene, e lo fa verso gli altri, « ci incontriamo facendo il bene ».

E così costruiamo la « cultura dell'incontro; ne abbiamo tanto bisogno ».

Nessuna preclusione, dunque, nei confronti degli atei e di chi la pensa in modo diverso: « Fa' il bene, ci incontriamo là » poiché « su questa strada di vita » il Signore « parlerà a ciascuno nel cuore ».

Fare il bene « è un dovere, è una carta di identità che ha dato a tutti il nostro Padre, perché ci ha fatto a sua immagine e somiglianza.

E lui fa il bene sempre » ha detto il Papa.

« Io vorrei chiedere oggi al Signore - ha concluso - questa grazia per tutti.

Scoprire il comandamento che tutti noi abbiamo: fai il bene, non fare il male, e lavorare su questo incontrarci facendo il bene ».

Una strada percorribile da ognuno, ha ribadito Papa Francesco ricordando che « oggi è santa Rita, patrona delle cause impossibili »; e dunque se questo sembra impossibile, « chiediamo a lei questa grazia » di fare tutti del bene come se fossimo una sola famiglia.

Un « lavoro di creazione » lo ha definito, opera che ci avvicina « alla creazione del Padre ».

Con il Papa hanno concelebrato, tra gli altri, il cardinale Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti, e monsignor Fabriciano Sigampa, arcivescovo emerito di Resistencia, in Argentina.

Tra i presenti, il governatore della provincia argentina del Chaco, Jorge Capitanich, e un gruppo di dipendenti del Servizio Edilizia del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano.