Giovedì, 6 giugno 2013

Per smascherare gli idoli nascosti

È un invito a scoprire « gli idoli nascosti nelle tante pieghe che abbiamo nella nostra personalità », a « cacciare via l'idolo della mondanità, che ci porta a diventare nemici di Dio » quello rivolto da Papa Francesco durante la messa di stamattina, giovedì 6 giugno, nella cappella della Domus Sanctae Marthae.

Fra i presenti, tra gli altri, dipendenti della Biblioteca Apostolica Vaticana e della Pontificia Università Lateranense.

L'esortazione a intraprendere « la strada dell'amore a Dio », a mettersi in « cammino per arrivare » al suo regno è stata il coronamento di una riflessione incentrata sul brano del vangelo di Marco ( Mc 12,28-34 ), in cui Gesù risponde allo scriba che lo interroga su quale sia il più importante di tutti i comandamenti.

La prima annotazione del Pontefice è che Gesù non risponde con una spiegazione ma usando la parola di Dio: « Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l'unico Signore ».

Queste, ha detto, « non sono parole di Gesù ».

Infatti, egli si rivolge allo scriba come aveva fatto con Satana nelle tentazioni, « con la parola di Dio; non con le sue parole ».

E lo fa utilizzando « il credo d'Israele, quello che gli ebrei tutti i giorni, e parecchie volte al giorno, dicono: Shemà Israel!

Ricordati Israele, di amare solo Dio ».

In proposito il Pontefice ha confidato di ritenere che lo scriba in questione forse « non era un santo, e andava un po' a mettere alla prova Gesù o anche a farlo cadere in una trappola ».

Insomma le sue intenzioni non erano delle migliori, perché « quando Gesù risponde con la parola di Dio » vuol dire che c'è di mezzo una tentazione.

« E questo si vede anche quando lo scriba gli dice: hai detto bene maestro », dando l'impressione di approvarne la risposta.

Per questo Gesù gli risponde « non sei lontano dal Regno di Dio.

Tu sai bene la teoria, tu sai bene che questo è così, ma non sei lontano.

Ancora ti manca qualcosa per arrivare al Regno di Dio ».

Questo significa che c'è da intraprendere « un cammino per arrivare al Regno di Dio »; occorre « mettere in pratica questo comandamento ».

Di conseguenza, « la confessione di Dio si fa nella vita, nel cammino della vita; non basta - ha avvertito il Papa - dire: io credo in Dio, l'unico »; ma bisogna chiedersi come si vive questo comandamento.

In realtà, spesso si continua a « vivere come se lui non fosse l'unico Dio » e come se ci fossero « altre divinità a nostra disposizione ».

È quello che Papa Francesco definisce « il pericolo dell'idolatria », la quale « è portata a noi con lo spirito del mondo ».

E Gesù su questo è sempre stato chiaro: « Lo spirito del mondo no ».

Tanto che nell'ultima cena « chiede al Padre che ci difenda dallo spirito del mondo, perché esso ci porta all'idolatria ».

Anche l'apostolo Giacomo, nel quarto capitolo della sua lettera, ha idee molto chiare: chi è amico del mondo è nemico di Dio.

Non c'è un'altra opzione.

Lo stesso Gesù aveva usato parole simili, ha ricordato il Santo Padre: « O Dio o il denaro; non si può servire i soldi e Dio ».

Per Papa Francesco è lo spirito del mondo che ci porta all'idolatria e lo fa con furbizia.

« Io sono sicuro - ha detto - che nessuno di noi va davanti a un albero per adorarlo come un idolo »; che « nessuno di noi ha statue da adorare in casa propria ».

Ma, ha messo in guardia, « l'idolatria è sottile; noi abbiamo i nostri idoli nascosti, e la strada della vita per arrivare, per non essere lontani dal Regno di Dio, è una strada che comporta scoprire gli idoli nascosti ».

Ed è un compito impegnativo, visto che spesso li teniamo « ben nascosti ».

Come fece Rachele quando fuggì con il marito Giacobbe dalla casa di suo padre Labano, e avendogli sottratto gli idoli, li nascose sotto la cavalcatura su cui si era seduta.

Così quando il padre la invitò ad alzarsi, rispose « con scuse, con argomentazioni » per occultare gli idoli.

Lo stesso, secondo il Papa, facciamo anche noi, che teniamo i nostri idoli « nascosti nelle nostre cavalcature ».

Per questo « dobbiamo cercarli e dobbiamo distruggerli, come Mosè ha distrutto l'idolo d'oro nel deserto ».

Ma come smascherare questi idoli?

Il Santo Padre ha offerto un criterio di valutazione: sono quelli che fanno fare il contrario del comandamento: « Ascolta, Israele!

Il Signore nostro Dio è l'unico Signore ».

Perciò « la strada dell'amore a Dio - amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e tutta la tua anima - è una strada d'amore; è una strada di fedeltà ».

Al punto che « al Signore piace fare la comparazione di questa strada con l'amore nuziale.

Il Signore chiama la sua Chiesa, sposa; la nostra anima, sposa ».

Parla cioè di « un amore che somiglia tanto all'amore nuziale, l'amore di fedeltà ».

E quest'ultima ci impone « di cacciare via gli idoli, di scoprirli », perché ci sono e sono ben « nascosti, nella nostra personalità, nel nostro modo di vivere »; e ci rendono infedeli nell'amore.

Non è un caso infatti che l'apostolo Giacomo, quando ammonisce: « chi è amico del mondo è nemico di Dio » incomincia rimproverandoci e usando il termine "adulteri", perché « Chi è amico del mondo è un idolatra e non è fedele all'amore di Dio ».

Gesù dunque propone « una strada di fedeltà », secondo un'espressione che Papa Francesco ritrova in una delle lettere dell'apostolo Paolo a Timoteo: « Se tu non sei fedele al Signore, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso.

Lui è la fedeltà piena.

Lui non può essere infedele.

Tanto è amore che ha per noi ».

Mentre noi, « con le piccole o non tanto piccole idolatrie che abbiamo, con l'amore allo spirito del mondo », possiamo diventare infedeli.

La fedeltà è l'essenza di Dio che ci ama.

Da qui l'invito conclusivo a pregare così: « Signore, tu sei tanto buono, insegnami questa strada per essere ogni giorno meno lontano dal regno di Dio; questa strada per cacciare via tutti gli idoli.

È difficile - ha ammesso il Pontefice - ma dobbiamo cominciare ».