Venerdì, 6 dicembre 2013

Il grido che dà fastidio

La preghiera è « un grido » che non teme di « dar fastidio a Dio », di « far rumore », come quando si « bussa a una porta » con insistenza.

Ecco, secondo Papa Francesco, il significato della preghiera che va rivolta al Signore in spirito di verità e con la sicurezza che egli può davvero esaudirla.

Il Pontefice ne ha parlato all'omelia della messa celebrata venerdì mattina, 6 dicembre, nella cappella della Casa Santa Marta.

Riferendosi al passo del capitolo 9 di Matteo ( Mt 9,27-31 ), il Papa ha innanzitutto richiamato l'attenzione su una parola contenuta nel brano del Vangelo « che ci fa pensare: il grido ».

I ciechi, che seguivano il Signore, gridavano per essere guariti.

« Anche quel cieco all'entrata di Gerico gridava e gli amici del Signore volevano farlo tacere », ha ricordato il Santo Padre.

Ma quell'uomo « chiede al Signore una grazia e la chiede gridando », come a dire a Gesù: « Ma fallo! Io ho diritto che tu faccia questo! ».

« Il grido - ha spiegato il Pontefice - è qui un segno della preghiera.

Lo stesso Gesù, quando ci insegnava a pregare, diceva di farlo come un amico fastidioso che, a mezzanotte, andava a chiedere un pezzo di pane e un po' di pasta per gli ospiti ».

Oppure « di farlo come la vedova col giudice corrotto ».

In sostanza, ha proseguito il Papa, « di farlo - io direi - dando fastidio.

Non so, forse questo suona male, ma pregare è un po' dare fastidio a Dio perché ci ascolti ».

E ha precisato che è il Signore stesso a dirlo, suggerendo di pregare « come l'amico a mezzanotte, come la vedova al giudice ».

Dunque pregare « è attirare gli occhi, attirare il cuore di Dio verso di noi ».

Ed è proprio quello che hanno fatto anche i lebbrosi del Vangelo, che si avvicinarono a Gesù per dirgli: « Ma se tu vuoi, tu puoi guarirci! ».

E « lo fanno con una certa sicurezza ».

« E così Gesù - ha affermato il Pontefice - ci insegna a pregare ».

Noi abitualmente presentiamo al Signore la nostra richiesta « una, due o tre volte, ma non con tanta forza: e poi mi stanco di chiederlo e mi dimentico di chiederlo ».

Invece i ciechi di cui parla Matteo nel passo evangelico « gridavano e non si stancavano di gridare ».

Infatti, ha detto ancora il Papa, « Gesù ci dice: chiedete!

Ma anche ci dice: bussate alla porta!

E chi bussa alla porta fa rumore, disturba, dà fastidio ».

Proprio « queste sono le parole che Gesù usa per dirci come noi dobbiamo pregare ».

Ma questo è anche « il modo, che noi vediamo nel Vangelo, della preghiera dei bisognosi ».

Così i ciechi « si sentono sicuri di chiedere al Signore la salute », tanto che il Signore domanda: « Credete che io possa fare questo? ».

E loro rispondono: « Sì, o Signore! Crediamo! Siamo sicuri! ».

Ecco, ha proseguito il Santo Padre, i « due atteggiamenti » della preghiera: « è bisognosa ed è sicura ».

La preghiera « è bisognosa sempre.

La preghiera, quando noi chiediamo qualcosa, è bisognosa: ho questo bisogno, ascoltami Signore! ».

Inoltre « quando è vera, è sicura: ascoltami, io credo che tu puoi farlo, perché tu lo hai promesso! ».

Infatti, ha spiegato il Pontefice, « la vera preghiera cristiana è fondata sulla promessa di Dio. Lui l'ha promesso ».

Il Pontefice ha poi fatto riferimento alla prima lettura ( Is 29,17-21 ) della liturgia del giorno, che contiene la promessa di salvezza di Dio al suo popolo: « Udranno in quel giorno i sordi le parole del libro; liberati dall'oscurità e dalle tenebre, gli occhi dei ciechi vedranno ».

Questo passo, ha affermato il Papa, « è una promessa.

Tutto questo è una promessa, la promessa della salvezza: io sarò con te, io ti darò la salvezza! ».

Ed è « con questa sicurezza » che « noi diciamo al Signore i nostri bisogni.

Ma sicuri che lui può farlo ».

Del resto, quando preghiamo, è il Signore stesso a domandarci: « Tu credi che io possa fare questo? ».

Un interrogativo da cui scaturisce la domanda che ciascuno deve porre a se stesso: « Sono sicuro che lui può farlo?

O prego un po' ma non so se lui può farlo? ».

La risposta è che « lui può farlo », anche se « quando lo farà e come lo farà non lo sappiamo ».

Proprio « questa è la sicurezza della preghiera ».

Per quanto riguarda poi il « bisogno » specifico che motiva la nostra preghiera, occorre presentarlo « con verità al Signore: sono cieco, Signore, ho questo bisogno, ho questa malattia, ho questo peccato, ho questo dolore ».

Così lui « sente il bisogno, ma sente che noi chiediamo il suo intervento con sicurezza ».

Papa Francesco ha ribadito, in conclusione, la necessità di pensare sempre « se la nostra preghiera è bisognosa ed è sicura »: è « bisognosa perché diciamo la verità a noi stessi », ed è « sicura perché crediamo che il Signore può fare quello che noi chiediamo ».