Martedì, 25 febbraio 2014

Chi fa festa per la guerra

Scandalizzarsi per i milioni di morti della prima guerra mondiale ha poco senso se non ci si scandalizza anche per i morti nelle tante piccole guerre di oggi.

E sono guerre che stanno facendo morire di fame moltissimi bambini nei campi per rifugiati, mentre i mercanti di armi fanno festa.

È un appello a non restare indifferenti di fronte ai conflitti che continuano a insanguinare il pianeta quello che il Pontefice ha lanciato nella messa celebrata martedì 25 febbraio nella cappella della Casa Santa Marta.

A offrirgli lo spunto sono state le due letture della liturgia, tratte della lettera di Giacomo ( Gc 4,1-10 ) e dal Vangelo di Marco ( Mc 9,30-37 ).

Proprio il passo evangelico, ha spiegato il Papa, ci fa particolarmente riflettere.

In esso si racconta che i discepoli « discutevano » e addirittura « litigavano per la strada.

E lo facevano per chiarire chi fosse il più grande fra loro: per ambizione ».

Siccome « uno o due di loro volevano essere più grandi, hanno fatto questa discussione: la lite ».

Così, ha detto il Pontefice, « il loro cuore si allontanò ».

I discepoli avevano « i cuori allontanati » e « quando i cuori si allontanano nasce la guerra ».

È proprio questa - ha sottolineato - l'essenza della « catechesi che oggi l'apostolo Giacomo ci offre » ponendo questa domanda diretta nella sua lettera: « Fratelli miei, da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? ».

Sono parole che « fanno riflettere » per la loro attualità.

Infatti, ha fatto notare il Papa, « ogni giorno sui giornali troviamo guerre ».

E leggiamo che « in questo posto si sono divisi in due » e ci sono stati « cinque morti », in un altro luogo ci sono state altre vittime e così via.

Tanto che ormai « i morti sembrano far parte di una contabilità quotidiana ».

E noi ci « siamo abituati a leggere queste cose ».

Perciò « se noi avessimo la pazienza di elencare tutte le guerre che in questo momento sono nel mondo, sicuramente riempiremmo vari fogli ».

Ormai « sembra che lo spirito della guerra si sia impadronito di noi ».

Così « si fanno atti per commemorare il centenario di quella grande guerra », con « tanti milioni morti », e sono « tutti scandalizzati »; eppure anche oggi avviene « lo stesso: invece di una grande guerra » ci sono « piccole guerre dappertutto ».

Ci sono « popoli divisi » che « per conservare il proprio interesse si ammazzano, si uccidono fra loro ».

« Da dove vengono le guerre, liti che sono in mezzo a voi?

Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra? » si chiede Giacomo.

Sì, ha risposto il Papa, la guerra nasce « dentro ».

Perché « le guerre, l'odio, l'inimicizia non si comprano al mercato.

Sono qui, nel cuore ».

E ha ricordato che « quando, da bambini, con il catechismo ci spiegavano la storia di Caino e Abele, tutti noi eravamo scandalizzati: questo ha ucciso suo fratello, ma non si può capire! ».

Eppure « oggi tanti milioni si uccidono tra fratelli, fra loro. Ma siamo abituati! ».

Così « la grande guerra del 1914 ci scandalizza » mentre « questa grande guerra un po' dappertutto, un po' - dico - nascosta non ci scandalizza ».

E intanto « muoiono tanti per un pezzo di terra, per un'ambizione, per un odio, per una gelosia razziale. Muoiono tanti! ».

« La passione - ha detto ancora il Pontefice - ci porta alla guerra, allo spirito del mondo ».

Così « abitualmente, davanti a un conflitto, ci troviamo in una situazione curiosa », che ci spinge ad « andare avanti per risolverlo litigando, con un linguaggio di guerra ».

Dovrebbe invece prevalere « il linguaggio di pace ».

E quali sono le conseguenze?

La risposta del Papa è stata netta: « Pensate ai bambini affamati nei campi dei rifugiati: pensate a questo soltanto!

Questo è il frutto della guerra! ».

Ma la sua riflessione è andata oltre.

E ha aggiunto: « E se volete, pensate ai grandi salotti, alle feste che fanno quelli che sono i padroni delle industrie delle armi, che fabbricano le armi ».

Le conseguenze della guerra dunque sono, da una parte, « il bambino ammalato, affamato in un campo di rifugiati », e dall'altra « le grandi feste » e la bella vita che fanno i fabbricanti di armi.

« Ma cosa succede nel nostro cuore? » si è domandato il Papa riproponendo l'idea di fondo della lettera di Giacomo.

« Il consiglio che ci dà l'apostolo - ha detto - è molto semplice: Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi ».

Un consiglio che riguarda ciascuno, perché questo « spirito di guerra che ci allontana da Dio, non è soltanto lontano da noi » ma « è anche a casa nostra ».

Come dimostrano, per esempio, le tante « famiglie distrutte perché papà e mamma non sono capaci di trovare la strada della pace e preferiscono la guerra, fare causa ».

Davvero « la guerra distrugge ».

Da qui l'invito di Papa Francesco a « pregare per la pace ».

Per quella « pace che sembra diventata soltanto una parola e niente di più ».

Pregare, dunque, « perché questa parola abbia la capacità di agire ».

Pregare e seguire l'esortazione dell'apostolo Giacomo a riconoscere « la vostra miseria ».

È da questa miseria, ha avvertito il Papa, che « vengono le guerre: le guerre nelle famiglie, le guerre nei quartieri, le guerre dappertutto ».

Le parole di san Giacomo indicano la strada della vera pace.

Si legge nella lettera dell'apostolo: « Riconoscete la vostra miseria, fate lutto e piangete; le vostre risa si cambino in lutto e la vostra allegria in tristezza ».

Parole forti che il Pontefice ha commentato proponendo un esame di coscienza: « Chi di noi ha pianto quando legge un giornale, quando nella tv vede quelle immagini di tanti morti? ».

Ecco allora, secondo Papa Francesco, ciò che « deve fare oggi - oggi eh, 25 febbraio, oggi! - un cristiano davanti a tante guerre, dappertutto »: deve, come scrive Giacomo, umiliarsi « davanti al Signore »; deve « piangere, fare lutto, umiliarsi ».

Il Pontefice ha concluso la sua meditazione sulla pace con un'invocazione al Signore perché ci faccia « capire questo » salvandoci « dall'abituarci alle notizie di guerra ».