Martedì, 13 maggio 2014

Quelli che aprono le porte

Lo Spirito Santo è sempre in azione.

Sta al cristiano accoglierlo o meno.

Ma la differenza c'è e si vede: se lo si accoglie con docilità, infatti, si vive nella gioia e nell'apertura agli altri; invece un modo di fare chiuso, da "aristocrazia d'intelletto", che pretende di capire le cose di Dio solo con la testa, porta a una separazione dalla realtà della Chiesa.

A tal punto che non si crede più, neppure davanti a un miracolo.

Sono questi i due atteggiamenti, opposti tra loro, che Papa Francesco ha presentato nella messa celebrata martedì mattina, 13 maggio, nella cappella della Casa Santa Marta.

Le letture della liturgia ( At 11,19-26 e Gv 10,22-30 ), come ha spiegato il vescovo di Roma, « mostrano un dittico: due gruppi di persone ».

Nel passo degli Atti si incontrano, innanzitutto, coloro « che sono stati dispersi a causa della persecuzione scoppiata » dopo il martirio di Stefano.

« Sono stati dispersi » ma « portano dappertutto il seme del Vangelo », rivolgendosi però soltanto ai giudei.

« E poi in modo naturale », ha proseguito il Pontefice, « alcuni di loro, gente di Cipro e di Cirene, giunti ad Antiochia, cominciarono a parlare anche ai greci, annunciando che Gesù è il Signore ».

E « così lentamente hanno aperto le porte ai greci, ai pagani ».

Quando questa notizia giunse alla Chiesa di Gerusalemme, mandarono Barnaba ad Antiochia « per fare una visita d'ispezione » e verificare di persona cosa stesse succedendo.

Gli Atti riferiscono che « tutti sono rimasti contenti » e che « una folla considerevole fu aggiunta al Signore ».

In poche parole, ha affermato il Papa, per evangelizzare « questa gente non ha detto: andiamo prima dai giudei, poi dai greci, poi dai pagani, poi da tutti », ma « si è lasciata portare dallo Spirito Santo: è stata docile allo Spirito Santo ».

Così facendo « una cosa viene dall'altra », e poi ecco « l'altra, l'altra ancora », e così « finiscono aprendo le porte a tutti ».

Anche « ai pagani - ha precisato - che, nella loro mentalità, erano impuri ».

Quei cristiani « aprivano le porte a tutti » senza fare distinzioni.

E « questo - ha spiegato il Pontefice - è il primo gruppo di persone » presentato dalla liturgia.

A comporlo sono persone « docili allo Spirito Santo », che « vanno avanti come è andato Paolo », con una « certa naturalezza ».

Perché, ha fatto notare, « alcune volte lo Spirito Santo ci spinge a fare cose forti, come ha spinto Filippo ad andare a battezzare quel signore dell'Etiopia » e « come ha spinto Pietro ad andare a battezzare Cornelio ».

Altre « volte lo Spirito Santo ci porta soavemente ».

Perciò la vera virtù, ha affermato, « è lasciarsi portare dallo Spirito Santo: non fare resistenza allo Spirito Santo, essere docili allo Spirito Santo ».

Sicuri però che « lo Spirito Santo agisce oggi nella Chiesa, agisce oggi nella nostra vita ».

Magari, ha proseguito il Papa, « qualcuno di voi potrà dirmi: mai l'ho visto!

Fai attenzione a cosa succede, a cosa ti viene in mente, a cosa ti viene in cuore: cose buone, è lo Spirito che ti invita ad andare per quella strada ».

Ma certo « ci vuole docilità allo Spirito Santo ».

Ecco, poi, il secondo gruppo di persone del « dittico » proposto dalla liturgia.

Un gruppo, ha spiegato il vescovo di Roma, composto da « intellettuali che si avvicinano a Gesù nel tempio: i dottori della legge ».

Sono uomini che hanno « sempre un problema perché non finivano di capire, giravano sulle stesse cose, perché credevano che la religione era cosa soltanto di testa, di legge, di fare comandamenti, compiere di comandamenti e niente di più ».

Essi, ha proseguito il Pontefice, « non immaginavano che esistesse lo Spirito Santo ».

E così - si legge nel Vangelo di Giovanni - « si avvicinarono e si fecero attorno a Gesù dicendo: fino a quando ci terrai nell'incertezza?

Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente! ».

Al che « Gesù rispose con tutta naturalezza: "Ve l'ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me" ».

Come a dire: « Guardate i miracolati, guardate le cose che faccio, le parole che dico! ».

Quegli uomini invece guardavano « soltanto a quello che avevano in testa ».

E così « giravano con le argomentazioni, volevano discutere ».

Per loro infatti « tutto era nella testa, tutto è intelletto ».

La questione, ha affermato il Pontefice, è che « in questa gente non c'è il cuore, non c'è l'amore alla bellezza, non c'è l'armonia.

È gente che soltanto vuole spiegazioni ».

Ma se anche « tu dài loro spiegazioni » ecco che subito « loro, non convinti, tornano con un'altra domanda ».

In questo modo « girano, girano, come hanno girato intorno a Gesù tutta la vita, fino al momento in cui sono riusciti a prenderlo e a ucciderlo ».

Si tratta, ha proseguito, di persone che « non aprono il cuore allo Spirito Santo » e che « credono che le cose di Dio si possono capire soltanto con la testa, con le idee, con le proprie idee: sono orgogliosi, credono di sapere tutto e quello che non entra nella loro intelligenza non è vero ».

A tal punto che « tu puoi risuscitare un morto davanti a loro, ma non credono! ».

Nel Vangelo si vede che « Gesù va oltre e dice una cosa fortissima: perché non credete?

Voi non credete, perché non fate parte delle mie pecore!

Voi non credete perché non siete del popolo d'Israele, siete usciti dal popolo ».

E continua: « Vi sentite puri, e non potete credere così! ».

Il Signore evidenzia chiaramente il loro atteggiamento che « chiude il cuore »: per questo « hanno rinnegato il popolo ».

A loro Gesù dice: « Voi siete come i vostri padri che hanno ucciso i profeti! ».

Perché « quando veniva un profeta che diceva qualcosa che non piaceva, lo uccidevano! ».

Il problema vero, ha fatto notare il Pontefice, è che « questa gente si era staccata dal popolo di Dio e per questo non poteva credere ».

Infatti « la fede è un dono di Dio, ma la fede viene se tu sei nel suo popolo; se tu sei adesso nella Chiesa; se tu sei aiutato per i sacramenti per i fratelli, per l'assemblea; se tu credi che questa Chiesa è il popolo di Dio ».

Invece « questa gente si era staccata, non credeva nel popolo di Dio: credeva soltanto nelle sue cose e così aveva costruito tutto un sistema di comandamenti che cacciavano via la gente e non la lasciavano entrare in Chiesa, nel popolo ».

Con questo atteggiamento « non potevano credere » e questo è il peccato di « resistere allo Spirito Santo ».

Ecco, ha ribadito il Papa, questi « due gruppi di gente ».

Da una parte ci sono « quelli della dolcezza: la gente dolce, umile, aperta e docile allo Spirito Santo ».

Dall'altra parte, invece, c'è « gente orgogliosa, sufficiente, superba, staccata dal popolo, aristocratica dell'intelletto, che ha chiuso le porte e resiste allo Spirito Santo ».

La loro « non è testardaggine, è di più: è avere il cuore duro ».

E questo è persino « più pericoloso ».

Gesù li mette in guardia dicendo espressamente: « Voi avete il cuore duro »; e lo dice « anche ai discepoli di Emmaus ».

Proprio « guardando questi due gruppi », ha concluso Papa Francesco, « chiediamo al Signore la grazia della docilità allo Spirito Santo per andare avanti nella vita, essere creativi, essere gioiosi ».

I duri di cuore, invece, non sono gioiosi ma sono sempre seri.

E, ha avvertito il Pontefice, « quando c'è tanta serietà non c'è lo Spirito di Dio ».

Dunque al Signore « chiediamo la grazia della docilità e che lo Spirito Santo ci aiuti a difenderci da quest'altro spirito cattivo della sufficienza, dell'orgoglio, della superbia, della chiusura del cuore allo Spirito Santo ».