Lunedì, 16 giugno 2014

Quando pagano i poveri

Sono sempre i poveri a pagare il prezzo della corruzione.

Di ogni corruzione: quella dei politici e degli imprenditori, ma anche quella degli ecclesiastici che trascurano il loro « dovere pastorale » per coltivare il « potere ».

Papa Francesco è tornato a denunciare con parole forti « il peccato della corruzione », nel quale cadono « tante persone che hanno potere, potere materiale o potere politico o potere spirituale ».

E durante la messa celebrata lunedì mattina, 16 giugno, a Santa Marta, ha invitato a pregare in particolare per « quelli - tanti, tanti - che pagano la corruzione, che pagano la vita dei corrotti, questi martiri della corruzione politica, della corruzione economica e della corruzione ecclesiastica ».

Prendendo spunto dal passo del primo libro dei Re ( 1 Re 21,1-16 ) proclamato durante la liturgia, il Pontefice ha ricordato la storia di Nabot di Izreèl, il quale si rifiuta di cedere al re Acab la sua vigna, ereditata dal padre, e per questo, su istigazione della regina Gezabèle, viene lapidato.

« Un brano molto triste della Bibbia » ha commentato il vescovo di Roma, notando che il racconto segue la stessa struttura di quello del processo di Gesù o del martirio di Stefano, e richiamando in proposito una frase del Vangelo di Marco ( Mc 10,42 ): « Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono ».

« Questo Nabot - ha sottolineato il Papa - sembra un martire, un martire di quel re, che governa tiranneggiando e opprimendo ».

Per impadronirsi della vigna, Acab al principio fa a Nabot una proposta onesta: « Ma io te la compro, te la cambio per un'altra ».

Poi però, di fronte al rifiuto dell'uomo di privarsi dell'« eredità dei suoi padri », se ne va a casa « amareggiato, sdegnato », comportandosi quasi come un « bambino capriccioso » che fa « le bizze ».

È a questo punto che sua moglie Gezabèle - « la stessa che aveva minacciato di morte il profeta Elia, dopo che lui aveva ucciso i sacerdoti di Baal » - organizza un processo farsa con falsi testimoni e fa uccidere Nabot, consentendo al marito di prendere possesso della vigna.

E Acab lo fa, ha fatto notare il Pontefice, « tranquillo, come se niente fosse accaduto ».

Si tratta di una storia, ha ammonito Francesco, che « si ripete continuamente in tante persone che hanno potere, potere materiale o potere politico o potere spirituale.

Ma questo è un peccato: è il peccato della corruzione ».

E come si corrompe una persona?

« Si corrompe - ha detto il Papa - sulla strada della propria sicurezza.

Primo, il benessere, i soldi, poi il potere, la vanità, l'orgoglio, e di là tutto: anche uccidere ».

« Sui giornali - ha osservato il vescovo di Roma - noi leggiamo tante volte: è stato portato in tribunale quel politico che si è arricchito magicamente.

È stato in tribunale, è stato portato in tribunale quel capo di azienda che magicamente si è arricchito, cioè sfruttando i suoi operai; si parla troppo di un prelato che si è arricchito troppo e ha lasciato il suo dovere pastorale per curare il suo potere ».

Dunque, ci sono « i corrotti politici, i corrotti degli affari e i corrotti ecclesiastici ».

E ce ne sono « dappertutto ».

Perché la corruzione, ha spiegato il Pontefice, « è proprio il peccato a portata di mano, che ha quella persona che ha autorità sugli altri, sia economica, sia politica, sia ecclesiastica.

Tutti siamo tentati di corruzione.

È un peccato a portata di mano ».

Del resto, ha aggiunto, « quando uno ha autorità si sente potente, si sente quasi Dio ».

La corruzione quindi « è una tentazione di ogni giorno », nella quale può cadere « un politico, un imprenditore, un prelato ».

Ma - si è chiesto Francesco - « chi paga la corruzione? ».

Certamente non la paga chi « porta la tangente »: egli infatti rappresenta solo « l'intermediario ».

In realtà, ha constatato il Pontefice, « la corruzione la paga il povero! ».

Non a caso la corruzione del re Acab « l'ha pagata Nabot, il povero uomo fedele alla sua tradizione, fedele ai suoi valori, fedele all'eredità ricevuta da suo padre ».

« Se parliamo dei corrotti politici o dei corrotti economici, chi paga questo? » si è domandato ancora il Papa.

« Pagano - ha detto - gli ospedali senza medicine, gli ammalati che non hanno cura, i bambini senza educazione.

Loro sono i moderni Nabot, che pagano la corruzione dei grandi ».

E, ha continuato, « chi paga la corruzione di un prelato?

La pagano i bambini, che non sanno farsi il segno della croce, che non sanno la catechesi, che non sono curati; la pagano gli ammalati che non sono visitati; la pagano i carcerati, che non hanno attenzioni spirituali ».

In definitiva, a pagare la corruzione sono sempre i poveri: i « poveri materiali » e i « poveri spirituali ».

« Tra voi però non è così » dice in proposito Gesù ai discepoli, esortando chi « ha potere » a diventare « il servitore ».

E in effetti, ha ricordato Francesco, « l'unica strada per uscire dalla corruzione, l'unica strada per vincere la tentazione, il peccato della corruzione, è il servizio.

Perché la corruzione viene dall'orgoglio, dalla superbia, e il servizio ti umilia: è proprio la carità umile per aiutare gli altri ».

In conclusione il vescovo di Roma ha rimarcato il valore della testimonianza di Nabot, il quale « non ha voluto vendere l'eredità dei suoi padri, dei suoi antenati, i valori »: una testimonianza tanto più significativa se si pensa che spesso, « quando c'è corruzione », anche il povero rischia di perdere « i valori, perché vengono imposte abitudini, leggi, che vanno contro i valori ricevuti dai nostri antenati ».

Da qui l'invito a pregare per i tanti « martiri della corruzione », perché « il Signore ci avvicini a loro » e dia a questi poveri la « forza per andare avanti » nella loro testimonianza.