Giovedì, 18 dicembre 2014

La storia siamo noi

Negli inevitabili « momenti brutti » della vita bisogna « prendere su di sé » i problemi con coraggio, mettendosi nelle mani di un Dio che fa la storia anche attraverso di noi e la corregge se non capiamo e sbagliamo.

È questo il suggerimento offerto da Papa Francesco nella messa celebrata giovedì 18 dicembre nella cappella della Casa Santa Marta.

« Ieri la liturgia - ha fatto subito notare il Pontefice - ci ha fatto riflettere sulla genealogia di Gesù ».

E con il passo odierno del Vangelo di Matteo ( Mt 1,18-24 ) si conclude, appunto, questa riflessione, « per dirci che la salvezza è sempre nella storia: non c'è una salvezza senza storia ».

Infatti « per arrivare al punto di oggi - ha spiegato - c'è stata una lunga storia, una lunghissima storia che simbolicamente ieri la Chiesa ha voluto dirci nella lettura della genealogia di Gesù: Dio ha voluto salvarci nella storia ».

« La nostra salvezza, quella che Dio ha voluto per noi, non è una salvezza asettica, di laboratorio », ma « storica ».

E Dio, ha affermato Francesco, « ha fatto un cammino nella storia col suo popolo ».

Proprio la prima lettura - tratta dal profeta Geremia ( Ger 23,5-8 ) - « dice una cosa bella sulle tappe di questa storia », ha fatto osservare il Papa rileggendo le parole della Scrittura: « Verranno giorni nei quali non si dirà più "per la vita del Signore che ha fatto uscire gli israeliti dalla terra di Egitto"; ma piuttosto "per la vita del Signore che ha fatto uscire e ha ricondotto la discendenza della casa di Israele dalla terra del settentrione e da tutte le regioni dove li aveva dispersi" ».

« Un altro passo, un'altra tappa », ha spiegato Francesco.

Così, « passo dopo passo, si fa la storia: Dio fa la storia, anche noi facciamo la storia ».

E « quando noi sbagliamo, Dio corregge la storia e ci porta avanti, avanti, sempre camminando con noi ».

Del resto, « se noi non abbiamo chiaro questo, non capiremo mai il Natale, non capiremo mai e il mistero dell'incarnazione del Verbo, mai ».

Perché « è tutta una storia che cammina » - ha rimarcato il Pontefice - e che certo non è finita col Natale, perché « adesso, ancora, il Signore ci salva nella storia e cammina col suo popolo ».

Ecco allora a cosa servono « i sacramenti, la preghiera, la predicazione, il primo annuncio: per andare avanti con questa storia ».

Servono a questo « anche i peccati, perché nella storia di Israele non sono mancati »: nella stessa genealogia di Gesù « c'erano tanti grossi peccatori ».

Eppure « Gesù va avanti.

Dio va avanti, anche con i nostri peccati ».

Tuttavia in questa storia « ci sono alcuni momenti brutti », ha fatto presente Francesco: « momenti brutti, momenti bui, momenti scomodi, momenti che danno fastidio » proprio « per gli eletti, per quelle persone che Dio sceglie per condurre la storia, per aiutare il suo popolo ad andare avanti ».

Il Papa ha ricordato anzitutto « Abramo, novantenne, tranquillo, con sua moglie: non aveva un figlio, ma una bella famiglia ».

Però « un giorno il Signore lo disturba » e gli ordina di uscire dalla sua terra e di mettersi in cammino.

Abramo « ha novant'anni » e per lui quello è certo « un momento di disturbo ».

Ma così è stato anche per Mosè « dopo che è fuggito dall'Egitto: si è sposato e suo suocero aveva quel gregge tanto grande e lui era pastore di quel gregge ».

Aveva ottant'anni e « pensava ai suoi figli, all'eredità che lasciava, a sua moglie ».

Ed ecco che il Signore gli comanda di tornare in Egitto per liberare il suo popolo.

Però « in quel momento per lui era più comodo lì, nella terra di Madian.

Ma il Signore scomoda » e a nulla vale la domanda di Mosè: « Ma chi sono io per fare questo? ».

Dunque, ha affermato Francesco, « il Signore ci scomoda per far la storia, ci fa andare tante volte su strade che noi non vogliamo ».

E ha quindi ricordato anche la vicenda del profeta Elia: « Il Signore lo spinge a uccidere tutti i falsi profeti di Balaam e poi, quando la regina lo minaccia, ha paura di una donna »; ma « quell'uomo che aveva ucciso quattrocento profeti ha paura di una donna e vorrebbe morire per la paura, non vuole più continuare ad andare ».

Per lui era davvero « un momento brutto ».

Nel passo evangelico di Matteo, ha proseguito il Pontefice, « oggi abbiamo letto un altro momento brutto nella storia di salvezza: ce ne sono tanti, ma veniamo a quello di oggi ».

Il personaggio centrale è « Giuseppe, fidanzato: voleva tanto la sua promessa sposa, e lei se n'era andata dalla cugina ad aiutarla, e quando torna si vedevano i primi segni della maternità ».

Giuseppe « soffre, vede le donne del villaggio che chiacchieravano nel mercato ».

E soffrendo dice a se stesso di Maria: « Questa donna è buona, io la conosco!

È una donna di Dio.

Ma cosa mi ha fatto?

Non è possibile!

Ma io devo accusarla e lei verrà lapidata.

Ne diranno di tutti i colori di lei.

Ma io non posso mettere questo peso su di lei, su qualcosa che non capisco, perché lei è incapace di infedeltà ».

Giuseppe decide allora di « prendere il problema sulle proprie spalle e andarsene ».

E « così le "chiacchierone" del mercato diranno: guarda, l'ha lasciata incinta e poi se ne è andato per non prendersi la responsabilità! ».

Invece Giuseppe « preferì apparire come peccatore, come un cattivo uomo, per non fare ombra alla sua fidanzata, alla quale voleva tanto bene », anche se « non capiva ».

Abramo, Mosè, Elia, Giuseppe: nei loro « momenti brutti - ha rimarcato Francesco - gli eletti, questi eletti di Dio, per fare la storia devono prendere il problema sulle spalle, senza capire ».

Ed è tornato sulla vicenda di Mosè, « quando, sulla spiaggia, ha visto venire l'esercito del faraone: di là l'esercito, di qua il mare ».

Si sarà detto: « Che cosa faccio?

Tu mi hai ingannato, Signore! ».

Però poi prende il problema su di sé e dice: « O vado indietro e faccio il negoziato o lotto ma sarò sconfitto, o mi suicido o confido nel Signore ».

Davanti a queste alternative Mosè « sceglie l'ultima » e, attraverso di lui, « il Signore fa la storia ».

Questi « sono momenti proprio così, come il collo di un imbuto », ha sottolineato il Pontefice.

Quindi il Papa ha riproposto la storia di un altro Giuseppe, « il figlio di Giacobbe: per gelosia i suoi fratelli volevano ucciderlo, poi lo hanno venduto, diventa schiavo ».

Ripercorrendo la sua storia, ha messo in risalto la sofferenza di Giuseppe, che ha anche « quel problema con la moglie dell'amministratore, ma non accusa la donna.

È un uomo nobile: perché distruggerebbe il povero amministratore se sapesse che la donna non è fedele! ».

Allora « chiude la bocca, prende sulle spalle il problema e va in carcere ».

Ma « il Signore va a liberarlo ».

Tornando al Vangelo della liturgia, il Pontefice ha evidenziato nuovamente che « Giuseppe nel momento più brutto della sua vita, nel momento più oscuro, prende su di sé il problema ».

Fino ad accusare « se stesso agli occhi degli altri per coprire la sua sposa ».

E « forse - ha notato - qualche psicanalista dirà che questo atteggiamento è il condensato dell'angoscia », alla ricerca di « una uscita ».

Ma, ha aggiunto, « dicano quello che vogliono! ».

In realtà Giuseppe alla fine ha preso con sé la sua sposa dicendo: « Non capisco niente, ma il Signore mi ha detto questo e questo apparirà come mio figlio! ».

Perciò « per Dio fare storia con il suo popolo significa camminare e mettere alla prova i suoi eletti ».

Difatti « generalmente i suoi eletti hanno passato momenti bui, dolorosi, brutti, come questi che abbiamo visto »; ma « alla fine viene il Signore ».

Il Vangelo, ha ricordato il Papa, ci racconta che egli « invia l'angelo ».

E « questo è - non diciamo la fine, perché la storia continua - proprio il momento previo: prima della nascita di Gesù una storia; e poi viene l'altra storia ».

Proprio in considerazione di queste riflessioni, Francesco ha raccomandato: « Ricordiamo sempre di dire, con fiducia, anche nei momenti più brutti, anche nei momenti della malattia, quando noi ci accorgeremo che dobbiamo chiedere l'estrema unzione perché non c'è uscita: "Signore, la storia non è incominciata con me né finirà con me.

Tu vai avanti, io sono disposto ».

E così ci si mette « nelle mani del Signore ».

È questo l'atteggiamento di Abramo, Mosè, Elia, Giuseppe e anche di tanti altri eletti del popolo di Dio: « Dio cammina con noi, Dio fa storia, Dio ci mette alla prova, Dio ci salva nei momenti più brutti, perché è nostro Padre ».

Anzi, « secondo Paolo è il nostro papà ».

Francesco ha concluso con la preghiera « che il Signore ci faccia capire questo mistero del suo camminare col suo popolo nella storia, del suo mettere alla prova i suoi eletti e la grandezza di cuore dei suoi eletti che prendono su di loro i dolori, i problemi, anche l'apparenza di peccatori - pensiamo a Gesù - per portare avanti la storia ».