Giovedì, 4 febbraio 2016

La migliore eredità

« La fede è la più grande eredità che un uomo possa lasciare ».

E proprio la fede ci invita a « non aver paura della morte », che è solo l'inizio di un'altra vita.

È questo il punto centrale della riflessione proposta dal Papa nella messa celebrata giovedì mattina, 4 febbraio, nella cappella della Casa Santa Marta.

« In queste settimane la Chiesa, nella liturgia, ci ha fatto riflettere sul santo re Davide » ha fatto presente Francesco.

E « oggi - ha proseguito - ci racconta la sua morte ».

Nel passo tratto dal primo libro dei Re ( 1 Re 2,1-4.10-12 ) si legge infatti: « I giorni di Davide si erano avvicinati alla morte ».

Nel ricordare che « in ogni vita c'è una fine », il Papa ha riproposto la regola che Davide lascia al figlio Salomone: « Io me ne vado per la strada di ogni uomo sulla terra ».

Nonostante, ha aggiunto, sia « il cammino della vita », è anche « un pensiero che non ci piace tanto ».

In effetti, ha detto Francesco, tendiamo quasi ad allontanare il pensiero della morte - « Sono malato, sono un po' anziano … », « Ma, sei forte, vai! » - e « abbiamo paura », anche se « è la realtà di tutti i giorni ».

« In un villaggio del nord Italia » ha ricordato il Pontefice, proprio « all'entrata di un cimitero c'è scritto così: "Tu che passi, ferma il passo, e pensa dai tuoi passi all'ultimo passo" ».

Pensare, dunque: « questa è una luce che illumina la vita ».

E « la vita di Davide - ha spiegato - è stata una vita vissuta con intensità da quel ragazzino che portava a pascolare il gregge, con tante difficoltà; unto dal Signore, poi ha vissuto bene, come un uomo che amava il Signore; poi, quando si è sentito sicuro, ha incominciato a peccare e quasi, quasi, quasi è finito nella corruzione ».

Ma Davide, ha proseguito Francesco, « si è poi pentito, ha pianto, ha peccato un'altra volta.

È così.

Ma ha imparato a chiedere perdono dei suoi peccati.

E la Chiesa dice: il santo re Davide.

Peccatore, ma santo ».

Dunque « questa vita così finisce: incomincia a sedici, diciassette anni e finisce ».

Inoltre, « la durata del suo potere, del regno, fu di quarant'anni ».

Ma « anche quarant'anni passano ».

« Questa è una realtà che dobbiamo avere sempre davanti a noi » ha ribadito il Pontefice.

« In una delle udienze del mercoledì - ha confidato - c'era tra gli ammalati una suorina anziana, ma con una faccia pacifica, uno sguardo luminoso ».

Francesco le ha chiesto quanti anni avesse.

E la religiosa, con un sorriso: « Ottantatrè, ma sto finendo il mio percorso in questa vita per cominciare l'altro percorso col Signore, perché ho un cancro al pancreas ».

E « così in pace - ha detto il Papa - quella donna aveva vissuto con intensità la sua vita consacrata.

Non aveva paura della morte », tanto da dire: « Sto finendo il mio percorso di vita, per incominciare l'altro ».

Perché la morte, ha rimarcato il Papa, « è un passaggio » e « queste testimonianze ci fanno bene ».

« Quando si sta per morire - ha proseguito Francesco - è consuetudine lasciare un testamento ».

Così fa anche Davide chiamando « il figlio Salomone ».

E « cosa gli consiglia, cosa dà in eredità al figlio? ».

Gli dice: « Tu sii forte e mostrati uomo ».

In sostanza, Davide « riprende quello che il Signore ha detto a Mosè, a Giosuè: sii forte, sii uomo; osserva la legge del Signore tuo Dio, procedendo nelle sue vie ed eseguendo le leggi, i suoi comandi, le sue norme, l'istruzione, come sta scritto nella legge di Mosè ».

Anche Davide « consiglia questo » a Salomone.

E « cosa gli lascia in eredità? Gli lascia il regno, un regno forte ».

Ma « lascia anche un'altra cosa, che è l'eredità più bella e più grande che un uomo o una donna possa lasciare ai figli: lascia la fede ».

Nel passo biblico odierno si leggono le parole di Davide: « Perché il Signore compia la promessa che mi ha fatto dicendo: "Se i tuoi figli nella loro condotta si cureranno di camminare davanti a me con fedeltà, con tutto il loro cuore, con tutta la loro anima, non ti sarà tolto un discendente dal trono d'Israele" ».

È proprio « la fede nella promessa a Dio: lasciare la fede come grande eredità », ha spiegato Francesco.

« Quando si fa testamento - ha aggiunto il Pontefice - la gente dispone: "Questo lo lascio a questo, quest'altro a quest'altro …" ».

Ma « la più bella eredità, la più grande eredità che un uomo, una donna, può lasciare ai suoi figli è la fede » ha ribadito.

E « Davide fa memoria delle promesse di Dio, fa memoria della propria fede in queste promesse e le ricorda al figlio: lasciare la fede in eredità ».

In proposito il Papa ha fatto notare: « Quando, nel rito del battesimo, diamo - i genitori - la candela accesa, la luce della fede, stiamo dicendo: "Custodiscila, conservala, falla crescere in tuo figlio e in tua figlia, e lasciala come eredità" ».

Dunque, « lasciare la fede come eredità: questo ci insegna Davide.

E muore così, semplicemente come ogni uomo ».

Ma « sa bene cosa consigliare al figlio e quale sia la migliore eredità che gli lascia: non il regno, ma la fede.

E recita a memoria quello che il Signore aveva promesso ».

« Tutti noi andremo sulla strada dei nostri padri - ha affermato Francesco - ma quando lo sa lui ».

E così « ci farà bene » chiederci: « Qual è l'eredità che io lascio con la mia vita?

Lascio l'eredità di un uomo, una donna di fede?

Ai miei lascio questa eredità? ».

In questa prospettiva, ha concluso, « chiediamo al Signore due cose ».

Anzitutto « non avere paura di quest'ultimo passo, come la sorella dell'udienza di mercoledì » che confida: « Sto finendo il mio percorso e incomincio l'altro ».

E la seconda cosa da chiedere al Signore è « che tutti noi possiamo lasciare con la nostra vita, come migliore eredità, la fede: la fede in questo Dio fedele, questo Dio che è accanto a noi sempre, questo Dio che è Padre e non delude mai ».