Martedì, 1° marzo 2016

L'equazione del perdono

È la misericordia l'« asse » della liturgia di martedì 1° marzo.

È la « parola più ripetuta » e su questa si è soffermata la riflessione di Papa Francesco durante la messa celebrata a Santa Marta.

In tutta la liturgia della parola risuona questo concetto.

Nel salmo responsoriale si ripete: « Ricordati, Signore, della tua misericordia ».

Ed è, ha spiegato il Pontefice, come « dire: "Ma, ricordati del tuo nome, Signore: il tuo nome è misericordia!" ».

Anche nella prima lettura, tratta dal libro del profeta Daniele ( Dn 3,25.34-43 ), la richiesta di misericordia è al centro del racconto.

Si legge infatti della « preghiera di Azaria, uno di quei ragazzi che erano nel forno perché non volevano adorare l'idolo d'oro »: questi « chiede misericordia, per lui e per il popolo; chiede a Dio il perdono ».

Non « un perdono superficiale », non un semplice togliere una macchia « come fa quello della tintoria quando portiamo un vestito ».

La richiesta, ha sottolineato Papa Francesco, è di un « perdono del cuore » che, quando viene da Dio, « sempre è misericordia ».

Azaria « chiede umilmente: "Per amore del tuo nome, ricordati di Abramo, di Isacco, di Giacobbe" ».

Il ragazzo, cioè, « fa memoria, a Dio, di tutte le sue promesse », ma riconosce il bisogno di perdono: « siamo diventati più piccoli, ora non abbiamo niente, né principe né profeta né olocausto a causa dei nostri peccati ».

Entra qui, ha detto Francesco, la seconda parola chiave della meditazione odierna: « perdono ».

La dinamica è la seguente: « mi rivolgo a Dio ricordandogli la sua misericordia e gli chiedo perdono », ma « il perdono come lo dà Dio ».

Qui il Pontefice ha approfondito una caratteristica di questo perdono di Dio, la cui perfezione è tanto incomprensibile a noi uomini da arrivare al punto che egli si "dimentica" dei nostri peccati.

« Quando Dio perdona - ha detto il Papa - il suo perdono è così grande che è come se "dimenticasse"».

Così « una volta che siamo in pace con Dio per la sua misericordia » se chiedessimo al Signore: « Ma, ti ricordi quella brutta cosa che ho fatto? », la risposta potrebbe essere: « Quale? Non ricordo … ».

È, ha spiegato Francesco, « tutto il contrario di quello che facciamo noi » e che emerge spesso dalle nostre « chiacchiere: "Ma questo ha fatto quello, ha fatto quello, ha fatto quello … " ».

Noi « non dimentichiamo » e di tante persone conserviamo « la storia antica, media, medievale e moderna ».

E la ragione si ritrova nel fatto « che non abbiamo il cuore misericordioso ».

Rivolto al Signore, invece, Azaria può fare « un appello » alla sua misericordia « perché ci dia il perdono e la salvezza e dimentichi i nostri peccati ».

Perciò chiede: « Fa' con noi secondo la tua clemenza »: e ancora: « Secondo la tua grande misericordia, salvaci! ».

È la stessa preghiera che ritorna nel salmo responsoriale: « Ricordati, Signore, della tua misericordia ».

Anche nel passo liturgico del Vangelo di Matteo ( Mt 18,21-25 ) si affronta lo stesso argomento.

Qui il protagonista è Pietro, il quale « aveva sentito tante volte parlare il Signore del perdono, della misericordia ».

L'apostolo, evidentemente, nella sua semplicità - « non aveva fatto tanti studi, non era un laureato: era un pescatore » - non aveva compreso in pieno il significato di quelle parole.

Perciò « si avvicinò a Gesù e gli disse: "Ma, dimmi, Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli?

Ti sembra, fino a sette volte?" ».

Sette volte: forse gli sembrava di essere stato addirittura « generoso ».

Ma « Gesù lo ferma e dice: "Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette" ».

Per spiegarsi meglio, Gesù racconta la parabola del re « che vuole regolare i conti con i suoi servi ».

A costui, si legge nella Scrittura, venne presentato « uno che gli doveva diecimila talenti », una quantità enorme per la quale, « secondo la legge di quei tempi », sarebbe stato costretto a vendersi « tutto, anche la moglie, i figli e i campi ».

A questo punto, ha detto il Papa riprendendo il racconto evangelico, il debitore « incominciò a piangere, a chiedere misericordia, perdono », finché « il padrone ebbe "compassione" ».

« Compassione », ha spiegato il Pontefice, è un'altra parola che si accosta facilmente al concetto di misericordia.

Quando nei Vangeli si parla di Gesù e quando si descrive il suo incontro con un malato, si legge infatti che egli « ebbe "compassione" di lui ».

La parabola quindi continua con il padrone che « lasciò andare » il servo « e condonò il debito ».

Si trattava di « un debito grosso ».

Invece il servo, incontrato « il compagno che aveva con lui un debito di spiccioli, voleva mandarlo in carcere ».

Quell'uomo, ha spiegato il Papa, « non aveva capito quello che il suo re aveva fatto con lui » e così si « comportò egoisticamente ».

A conclusione del racconto il re richiama il servo a cui aveva condonato il debito e lo incarcera perché non era stato « generoso ».

Cioè, non aveva fatto « al suo compagno quello che Dio aveva fatto con lui ».

Per trarre un insegnamento valido per tutti, Francesco ha richiamato la frase del Padre nostro nella quale si dice: « Perdona i nostri debiti come noi perdoniamo ai nostri debitori ».

E ha affermato che si tratta di « un'equazione », ovvero: « Se tu non sei capace di perdonare, come potrà Dio perdonarti?». Il Signore, ha aggiunto il Papa, «ti vuole perdonare, ma non potrà se tu hai il cuore chiuso, e la misericordia non può entrare ».

Qualcuno potrebbe obiettare: « Padre, io perdono, ma non posso dimenticare quella brutta cosa che mi ha fatto … ».

La risposta è: « Chiedi al Signore che ti aiuti a dimenticare ».

In ogni caso, ha aggiunto il Pontefice, se è vero che « si può perdonare, ma dimenticare non sempre ci si riesce », sicuramente non si può accettare l'atteggiamento del « "perdonare" e "me la pagherai" ».

Bisogna invece « perdonare come perdona Dio », il quale « perdona al massimo ».

Concludendo la sua meditazione il Papa si è soffermato sulle nostre difficoltà quotidiane: « Non è facile, perdonare; non è facile » ha riconosciuto, ricordando come in tante famiglie ci siano « fratelli che litigano per l'eredità dei genitori e non si salutano mai nella vita; tante coppie che litigano e cresce, cresce l'odio e quella famiglia finisce distrutta ».

Queste persone « non sono capaci di perdonare. E questo è il male ».

La quaresima allora, ha auspicato Francesco, « ci prepari il cuore per ricevere il perdono di Dio.

Ma riceverlo e poi fare lo stesso con gli altri: perdonare di cuore ». Avere, cioè, un atteggiamento che ci porti a dire « Forse non mi saluti mai, ma nel mio cuore io ti ho perdonato ».

È questa la maniera migliore, ha concluso, per avvicinarci « a questa cosa tanto grande, di Dio, che è la misericordia ».

Infatti « perdonando apriamo il nostro cuore perché la misericordia di Dio entri e ci perdoni, a noi ».

E tutti noi abbiamo motivi per chiedere il perdono di Dio: « Perdoniamo e saremo perdonati ».