Lunedì 6 giugno 2016

Il navigatore e i quattro guai

Se le beatitudini sono « il navigatore per la nostra vita cristiana », ci sono anche le « anti-beatitudini » che sicuramente ci faranno « sbagliare strada »: è dall'attaccamento alle ricchezze, dalla vanità e dall'orgoglio che ha messo in guardia Francesco indicando nella mitezza, che non va confusa certo per « sciocchezza », la beatitudine su cui riflettere di più.

E così nella messa celebrata lunedì mattina 6 giugno, nella cappella della Casa Santa Marta, il Pontefice ha suggerito di rileggere le pagine evangeliche sulle beatitudini scritte da Matteo e Luca.

« Possiamo immaginare » ha affermato Francesco, in quale contesto Gesù ha pronunciato il discorso delle beatitudini, così come lo riporta Matteo nel suo Vangelo ( Mt 5,1-12 ).

Ecco allora « Gesù, le folle, il monte, i discepoli ».

E « Gesù si mise a parlare e insegnava la nuova legge, che non cancella l'antica, perché lui stesso ha detto che fino all'ultima jota dell'antica legge dev'essere compiuta ».

In realtà Gesù « perfeziona l'antica legge, la porta alla sua pienezza ».

E « questa è la legge nuova, questa che noi chiamiamo le beatitudini ».

Sì, ha spiegato il Papa, « è la nuova legge del Signore per noi ».

Infatti le beatitudini « sono la guida di rotta, di itinerario, sono i navigatori della vita cristiana: proprio qui vediamo, su questa strada, secondo le indicazioni di questo navigatore, come possiamo andare avanti nella nostra vita cristiana ».

Nelle beatitudini, ha fatto notare Francesco, « ci sono tante cose belle: possiamo fermarci in ognuna fino alle dieci del mattino ».

Ma « io vorrei soffermarmi su come l'evangelista Luca spiega questo ».

Rispetto al brano di Matteo proposto oggi dalla liturgia, ha affermato il Papa, Luca nel capitolo 6 del suo Vangelo « dice lo stesso, ma alla fine aggiunge qualcosa che Gesù ha detto: i quattro guai ».

Proprio « i quattro guai ».

E così ecco che anche Luca elenca quel « beati, beati, beati, beati tutti ».

Ma poi aggiunge « guai, guai, guai, guai ».

Sono precisamente « quattro guai ».

E cioè: « Guai a voi ricchi, perché avete avuto la vostra consolazione; guai a voi se siete sazi, perché avrete fame; guai a voi che ridete: piangerete; guai a voi, quando tutti diranno bene di voi: così hanno fatto i vostri antenati con i falsi profeti ».

E « questi guai - ha proseguito il Papa - illuminano l'essenziale di questo foglio, di questa guida di cammino cristiano ».

Il primo « guai » riguarda i ricchi.

« Ho detto tante volte » ha ricordato Francesco, che « le ricchezze sono buone » e che « quello che fa male e che è cattivo è l'attaccamento alle ricchezze, guai! ».

La ricchezza infatti « è un'idolatria: quando io sono attaccato, allora faccio idolatria ».

Non è certo un caso se « la maggior parte degli idoli sono fatti d'oro ».

E così ci sono « quelli che si sentono felici, a loro non manca niente », hanno « un cuore soddisfatto, un cuore chiuso, senza orizzonti: ridono, sono sazi, non hanno fame di nulla ».

E poi ci sono « quelli a cui piace l'incenso: a loro piace che tutti parlino bene di loro e così sono tranquilli ».

Ma « "guai a voi" dice il Signore: questa è l'anti-legge, è il navigatore sbagliato ».

È importante notare, ha proseguito il Papa, che « questi sono i tre scalini che portano alla perdizione, così come le beatitudini sono gli scalini che portano avanti nella vita ».

Il primo dei « tre scalini che portano alla perdizione » è, appunto, « l'attaccamento alle ricchezze », quando si avverte di non aver « bisogno di nulla ».

Il secondo è « la vanità », la ricerca « che tutti dicano bene di me, tutti parlino bene: mi sento importante, troppo incenso » e io alla fine « credo di essere giusto, non come quello » ha affermato Francesco, suggerendo di pensare « alla parabola del fariseo e il pubblicano: "Ti ringrazio perché non sono come questo" ».

Tanto che quando siamo presi dalla vanità si finisce persino per dire, e questo accade tutti i giorni, « grazie, Signore, che sono tanto un buon cattolico, non come il vicino, la vicina ».

Il terzo è « l'orgoglio che è la sazietà », sono « le risate che chiudono il cuore ».

« Con questi tre scalini andiamo alla perdizione » ha spiegato il Papa, perché « sono le anti-beatitudini: l'attaccamento alle ricchezze, la vanità e l'orgoglio ».

« Le beatitudini invece sono il cammino, sono la guida per il cammino che ci porta al regno di Dio » ha fatto presente Francesco.

Tra tutte però « c'è una che, non dico sia la chiave, ma ci fa pensare tanto: "Beati i miti" ».

Proprio « la mitezza ».

Gesù « dice di se stesso: imparate da me che sono mite di cuore, che sono umile e mite di cuore ».

Dunque « la mitezza è un modo di essere che ci avvicina tanto a Gesù ».

Invece « l'atteggiamento contrario procura sempre le inimicizie, le guerre e tante cose cose brutte che succedono ».

Il Papa ha anche messo in guardia dal ritenere che « la mitezza di cuore » possa essere scambiata per « sciocchezza: no, è un'altra cosa, è la profondità nel capire la grandezza di Dio, e adorazione ».

Prima di riprendere la celebrazione della messa, il Pontefice ha invitato a pensare alle « beatitudini che sono il biglietto, il foglio di guida della nostra vita, per non perdersi e non perderci ».

E « ci farà bene oggi leggerle: sono poche, cinque minuti, capitolo 5 di Matteo ».

Sì, ha proposto, « leggerle un pochettino, a casa, cinque minuti, ci farà bene » perché le beatitudini sono « il cammino, la guida ».

E pensare, poi, ha concluso, anche alle « quattro anti-beatitudini » riportate dall'evangelista Luca, quei quattro guai « che mi faranno sbagliare strada e finire male ».