Martedì, 19 settembre 2017

Guardare con il cuore

Cosa significa « guardare con il cuore », avere davvero « compassione » e non semplice « pena » di fronte al dolore delle persone.

A questo tema il Papa ha dedicato la meditazione della messa celebrata a Santa Marta martedì 19 settembre.

Prendendo spunto dal brano liturgico del vangelo di Luca ( Lc 7,11-17 ), con il passo dell'incontro di Gesù con la vedova di Nain, il Pontefice ha colto l'occasione per una catechesi sul rapporto del cristiano con la sofferenza dei poveri e degli emarginati.

Francesco ha esordito sottolineando che Gesù, pur essendo con i discepoli in mezzo a una grande folla, « ebbe la capacità di guardare una persona », una « vedova che andava a seppellire il suo unico figlio ».

Bisogna tenere presente, ha ricordato, che « nell'Antico testamento, i più poveri erano le vedove, gli orfani e gli stranieri, i forestieri ».

Nella Scrittura si trovano continuamente esortazioni del tipo: « Abbi cura della vedova, dell'orfano e del migrante ».

Del resto, « la vedova è sola, l'orfano ha bisogno di cura per inserirsi nella società », e riguardo allo straniero, al migrante, si fa continuamente riferimento all'esilio in Egitto.

È un vero e proprio « ritornello nel Deuteronomio, nel Levitico … è un ritornello … nei Comandamenti … ».

Sembra, ha aggiunto il Papa, che questi fossero proprio « i più poveri, anche più poveri degli schiavi: la vedova, l'orfano e il migrante, il forestiero, lo straniero ».

Un'attenzione che si ritrova nell'atteggiamento di Gesù, il quale « ha la capacità di guardare il dettaglio »: c'era tanta folla, ma lui « guarda lì … Gesù guarda con il cuore ».

A questo punto il Pontefice ha analizzato il comportamento di Gesù e ha individuato « tre parole che ci aiutano a capire cosa ha fatto » per stare accanto alla vedova, per « andare sulla stessa strada ».

Innanzitutto, « ebbe compassione ».

Si legge infatti che « vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei ».

La compassione, ha spiegato Francesco, « è un sentimento che coinvolge, è un sentimento del cuore, delle viscere, coinvolge tutto ».

Soprattutto, « non è lo stesso della "pena" », o di chi dice: « … peccato, povera gente!": no, non è lo stesso ».

La compassione, infatti « coinvolge. È "patire con" ».

E Gesù « si coinvolge con una vedova e con un orfano ».

Qualcuno, ha osservato il Pontefice, potrebbe obiettare: « Ma di', tu hai tutta una folla qui, perché non parli alla folla?

Lascia … la vita è così … sono tragedie che succedono, accadono … ».

E invece, « no. Per lui erano più importanti quella vedova e quell'orfano morto che la folla alla quale lui stava parlando e che lo seguiva ».

Perché, ha spiegato il Papa, « il suo cuore, le sue viscere si sono coinvolti.

Il Signore, con la sua compassione, si è coinvolto in questo caso.

Ebbe compassione ».

C'è poi una « seconda parola » da notare: Gesù « si avvicinò.

La compassione lo ha spinto ad avvicinarsi ».

Ha spiegato Francesco: « Avvicinarsi è segnale di compassione.

Io posso vedere tante cose ma non avvicinarmi.

Forse sento un dolore … ma, povera gente … ».

E tuttavia avvicinarsi è un'altra cosa.

Il vangelo aggiunge un dettaglio: Gesù disse « non piangere » alla donna.

E il Pontefice, a tale riguardo ha rivelato: « a me piace pensare che « il Signore, quando diceva questo a quella donna, l'abbia accarezzata »; egli « ha toccato la donna e ha toccato la bara ».

Bisogna, ha detto « avvicinarsi e toccare la realtà.

Toccare. Non guardarla da lontano ».

Accade poi il miracolo della risurrezione del figlio della vedova.

E « Gesù non dice: "Arrivederci, io continuo il cammino" », ma « prende il ragazzo e cosa dice? "Lo restituì a sua madre" ».

Ecco allora la terza parola chiave: « restituire.

Gesù fa dei miracoli per restituire, per mettere al proprio posto le persone.

Ed è quello che ha fatto con la redenzione ».

Dio « ebbe compassione, si avvicinò a noi nel suo Figlio, e restituì tutti noi alla dignità di figli di Dio.

Ci ha ricreati tutti ».

Un esempio che ogni cristiano deve seguire nella vita di ogni giorno: « Anche noi dobbiamo fare lo stesso », ha spiegato il Papa dando un esempio concreto.

Succede infatti che « tante volte guardiamo i telegiornali o la copertina dei giornali, le tragedie … ma guarda, in quel Paese i bambini non hanno da mangiare; in quel Paese i bambini fanno da soldati; in quel Paese le donne sono schiavizzate; in quel Paese … oh, quale calamità!

Povera gente … ».

Poi però « volto pagina e passo al romanzo, alla telenovela che viene dopo.

E questo non è cristiano ».

Da qui l'invito a un esame di coscienza: « Io sono capace di avere compassione?

Di pregare?

Quando vedo queste cose, che me le portano a casa, attraverso i media la tv … le viscere si muovono?

Il cuore patisce con quella gente, o sento pena, dico "povera gente" », e poi finisce lì?

E se ci rendiamo conto di questo, ha aggiunto Francesco, dobbiamo « chiedere la grazia: "Signore, dammi la grazia della compassione!" ».

Allo stesso modo, quando si incontra una persona bisognosa: « Mi avvicino?

Ci sono tanti modi di avvicinarsi …

O cerco di aiutarlo da lontano? ».

C'è infatti chi si giustifica dicendo: « Sa, padre, che questa gente puzza, e a me non piace sentire, perché questa gente non fa la doccia, puzza … ».

E ancora, ha aggiunto il Pontefice, ogni cristiano dovrebbe chiedersi: « Sono capace - con la preghiera di intercessione, con il mio lavoro di cristiano - di aiutare affinché la gente che soffre venga restituita alla società, nella vita di famiglia, nella vita di lavoro, nella vita quotidiana? ».

Da qui l'esortazione finale: « Pensiamo a queste tre parole: ci aiuteranno.

Compassione, avvicinarsi, restituire ».

Con l'invito a pregare affinché « il Signore ci dia la grazia di avere compassione davanti a tanta gente che soffre, ci dia la grazia di avvicinarci e la grazia di portarli per mano al posto di dignità che Dio vuole per loro ».