Giovedì, 29 novembre 2018

La « paganizzazione », la « mondanità », la « corruzione » portano alla distruzione della persona.

Ma il cristiano, chiamato a confrontarsi con le « prove del mondo », nelle difficoltà della vita ha un orizzonte di speranza perché è invitato alle « nozze dell'Agnello ».

Durante la messa celebrata a Santa Marta la mattina di giovedì 29 novembre, Papa Francesco ha continuato a seguire gli spunti della liturgia che, nella settimana conclusiva dell'anno liturgico, propone una serie di provocazioni sul tema della fine, della « fine del mondo », della « fine di ognuno di noi ».

Nella liturgia della parola del giorno, ha spiegato il Pontefice all'inizio dell'omelia, le due letture tratte dall'Apocalisse ( Ap 18,1-2.21-23; Ap 19,1-3.9 ) e dal vangelo di Luca ( Lc 21,20-28 ) sono caratterizzate entrambe « da due parti: una parte di distruzione e poi una parte di fiducia; una parte di sconfitta, una parte di vittoria ».

Al centro dell'attenzione sono poste due città dalla grande potenza evocativa: Babilonia e Gerusalemme, « due città che sono sconfitte ».

Innanzitutto Babilonia, « simbolo della città mondana, del lusso, dell'autosufficienza, del potere di questo mondo, ricca ».

Una realtà che « sembra gioiosa », eppure « sarà distrutta ».

Lo afferma l'Apocalisse descrivendo « un rito di vittoria: "È caduta. È caduta Babilonia, la grande. È caduta" ».

Ritenendola « incapace di essere fedele », il Signore la condanna: « Ha condannato la grande prostituta che corrompeva la terra con la sua prostituzione ».

Sempre rifacendosi al testo biblico, il Pontefice è entrato nel dettaglio della realtà di Babilonia.

« Quell'appariscenza di lusso, di gloria, di potere - ha detto - era una grande seduzione che portava la gente alla distruzione.

E quella grande città così bella fa vedere la sua verità: "è diventata covo di demoni, rifugio di ogni spirito impuro, rifugio di ogni uccello impuro, rifugio di ogni bestia impura e orrenda" ».

Dietro la « magnificenza », quindi, si nasconde la « corruzione: le feste di Babilonia sembravano feste di gente felice », ma « erano feste finte di felicità, erano feste di corruzione ».

E per questo, ha spiegato il Papa, il gesto dell'angelo descritto dall'Apocalisse ha una potenza simbolica: « Prese una grande pietra, grande come una macina e la gettò nel mare esclamando: "Con questa violenza sarà distrutta Babilonia, la grande città" ».

Significativo è l'elenco, ricordato dal Pontefice, delle conseguenze riservate a essa.

Innanzitutto non ci saranno più le feste: « Il suono dei musicisti, dei suonatori di cetra, di flauto e di tromba, non si udrà più in te ».

Poi, giacché non è « una città di lavoro ma di corruzione », in essa non si troverà più « ogni artigiano di qualsiasi mestiere » e non si udrà più « il rumore della macina ».

E ancora: « La luce della lampada non brillerà più in te; sarà forse una città illuminata, ma senza luce, non luminosa; questa è la civiltà corrotta ».

Infine, « la voce dello sposo e della sposa non si udiranno più in te".

C'erano tante coppie, tanta gente, ma non ci sarà l'amore ».

Un destino di distruzione, ha rimarcato il Pontefice, che « incomincia da dentro e finisce quando il Signore dice: "Basta".

E ci sarà un giorno nel quale il Signore dirà: "Basta, alle apparenze di questo mondo" ».

Di fatto, ha aggiunto, questa « è la crisi di una civiltà che si crede orgogliosa, sufficiente, dittatoriale e finisce così ».

Ma un triste destino è riservato anche all'altra città-simbolo, Gerusalemme.

Ne parla il brano evangelico nel quale Gesù - che « da buon israelita » amava Gerusalemme, ma la vedeva « adultera, non fedele alla legge » - dice: « Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina" ».

Cioè, ha spiegato Francesco, la città « è distrutta per un altro tipo di corruzione: la corruzione dell'infedeltà all'amore ».

Per questa infedeltà essa « non è stata capace di riconoscere l'amore di Dio nel suo Figlio ».

Anche per Gerusalemme, dunque, il destino è duro: « E cadrà, e saranno giorni di vendetta.

Gerusalemme sarà calpestata dai pagani ».

È proprio in questo passaggio del vangelo di Luca che il Pontefice ha individuato « una frase che aiuta a capire il senso della distruzione di ambedue le città: la città mondana e la città santa: "Finché i tempi dei pagani non siano compiuti" ».

La città santa sarà punita, perché ha aperto « le porte del cuore ai pagani ».

Il Papa ha spiegato come qui emerga « la paganizzazione della vita, nel nostro caso, cristiana »; e ha lanciato una provocazione: « Viviamo come cristiani? Sembra di sì.

Ma in verità, la nostra vita è pagana ».

Il cristiano, cioè, entra nella medesima « seduzione della Babilonia e Gerusalemme vive come Babilonia.

Vuol fare una sintesi che non si può fare.

E ambedue saranno condannate ».

Da qui le domande: « Tu sei cristiano? Tu sei cristiana? ».

Allora, ha esortato, « vivi come cristiano », perché « non si può mescolare l'acqua con l'olio ».

Oggi invece assistiamo alla « fine di una civiltà contraddittoria in sé stessa, che dice di essere cristiana » ma « vive come pagana ».

A questo punto, nella riflessione di Francesco si è aperto l'orizzonte di speranza suggerito dalle letture.

Infatti, « dopo la fine della città mondana e della città di Dio paganizzata, si udrà la voce del Signore: "Dopo questo udii come una voce potente di folla immensa nel cielo che diceva: Alleluia!" ».

Quindi: « dopo la distruzione c'è la salvezza ».

Come si legge nel capitolo 19 dell'Apocalisse: « Salvezza, gloria e potenza sono del nostro Dio, perché veri e giusti sono i suoi giudizi ».

E la distruzione delle due città, ha spiegato il Pontefice, è « un giudizio di Dio: Egli ha condannato la grande prostituta che corrompeva la terra con la sua prostituzione, vendicando su di lei il sangue dei suoi servi! ».

Quella città mondana, infatti, « sacrificava i servi di Dio, i martiri.

E quando Gerusalemme si paganizza, sacrificò il grande martire: il Figlio di Dio ».

La visione dell'Apocalisse è grandiosa: « E per la seconda volta dissero: "Alleluia!".

E l'angelo disse: "Venite: Beati gli invitati alle nozze dell'Agnello!" ».

È l'immagine della « grande festa, la vera festa.

Non la festa pagana e la festa mondana ».

Un'immagine di vittoria e di speranza evocata anche da Gesù nel vangelo: « In quel momento di tragedia, allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.

Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi - davanti alle tragedie, alla distruzione della paganità, della mondanità, risollevatevi - alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina ».

Ecco il messaggio che interpella ogni cristiano: « Ci sono delle tragedie, anche nella nostra vita, ma davanti a queste, guardare l'orizzonte, perché siamo stati redenti e il Signore verrà a salvarci.

E questo - ha aggiunto Francesco - ci insegna a vivere le prove del mondo non in un patto con la mondanità o con la paganità che ci porta alla distruzione, ma in speranza, distaccandoci da questa seduzione mondana e pagana, e guardando l'orizzonte, sperando Cristo, il Signore ».

In questa prospettiva di speranza, il Papa ha invitato a gettare uno sguardo al passato, anche recente per rileggere la storia alla luce della parola di Dio: « Pensiamo come sono finite le "babilonie" di questo tempo.

Pensiamo agli imperi del secolo scorso, per esempio: "Era la grande, la grande potenza …".

Tutto crollato.

Solo, rimangono gli umili che hanno la propria speranza nel Signore.

E così finiranno anche le grandi città di oggi ».

Allo stesso modo « finirà la nostra vita, se continuiamo a portarla su questa strada di paganizzazione.

È il contrario della speranza: ti porta alla distruzione.

É la seduzione babilonica della vita che ci allontana dal Signore ».

Invece il Signore, ha concluso il Pontefice, invita a « un percorso «contrario: andare avanti, guardare con quell'Alleluia di speranza », perché « siamo, tutti noi, stati invitati alla festa di nozze del Figlio di Dio ».

Quindi « apriamo il cuore con speranza e allontaniamoci dalla paganizzazione della vita ».