Commercio internazionale delle armi

Indice

II. Responsabilità degli Stati esportatori

1. Un'esportazione contestabile

Perché esportare armi?

È il primo interrogativo che i responsabili di ogni paese esportatore sono tenuti a porsi, e a buon diritto, perché nessuno può permettersi di considerare il commercio delle armi come un elemento ordinario delle relazioni tra stati.

Al contrario, tutti i responsabili devono costantemente riesaminare le ragioni che vengono portate per giustificarlo.

2. Nessuno stato esportatore di armi può rinunciare alla propria responsabilità morale davanti agli eventuali effetti negativi di questo commercio.

I diversi organismi e le diverse istanze interessati non sono mai dispensati dal domandarsi perché si stanno impegnando in questo commercio.

E ogni volta che si presenta l'eventualità di una fornitura, devono interrogarsi lucidamente: perché esportare tali armi in tale paese?

Nell'interesse di chi si effettua questo commercio?

L'argomento sovente invocato e cioè che, se uno stato si rifiuta di fornire armi, un altro lo farà al suo posto è privo di qualsiasi fondamento morale.

3. Interessi economici in gioco

Il problema della commercializzazione delle armi si pone oggi con un'acutezza nuova perché, in generale, sta calando la domanda di armi, diminuiscono gli effettivi degli eserciti e le difficoltà economiche inducono gli stati a ridurre la cifra di bilancio destinata alle spese militari.

D'altra parte, sono in gioco forti interessi economici, che non obbediscono sempre agli stessi imperativi delle esigenze politiche o strategiche.

È necessario tuttavia resistere alle pressioni economiche in favore dell'aumento della vendita di armi.

Questa vendita non può essere regolata unicamente secondo le leggi del mercato, perché è certo che la vendita di armi realizzata unicamente in vista del profitto incoraggia i belligeranti.18

Tra le ragioni che si invocano in favore di questo commercio figurano la necessità di coprire i costi elevati della produzione delle armi necessarie alla difesa nazionale o l'importanza di conservare un'industria forte e tecnologicamente avanzata in modo da poter far fronte a qualsiasi minaccia futura.

Viene anche affermata con vigore la necessità di mantenere i posti di lavoro.

Queste considerazioni, aggiunte alle motivazioni commerciali, possono incitare i responsabili delle industrie e i governanti ad adottare o a incoraggiare pratiche aggressive di commercializzazione che privilegino i fattori economici.

4. L'attuale necessità di una profonda trasformazione della configurazione economica e politica offre ai governi e all'industria degli armamenti un'occasione favorevole per mettersi risolutamente insieme e pianificare la riconversione, la diversificazione o la ristrutturazione dell'industria militare.

La recente esperienza ha tuttavia rivelato come questa riorganizzazione sia difficile.

I necessari adeguamenti possono giungere fino a provocare in qualche luogo considerevoli squilibri economici e, almeno a breve termine, dolorose soppressioni di posti di lavoro.

Tuttavia, queste difficoltà, per quanto reali, non possono legittimare il mantenimento di un'industria degli armamenti semplicemente in nome dei rischi legati alle ristrutturazioni o in vista della salvaguardia dei posti di lavoro.

Se prevarranno questi argomenti, le pressioni economiche per fare aumentare le vendite di armi non faranno che crescere.

5. Nello stesso tempo, i responsabili dell'industria devono tenere in considerazione i problemi umani provocati da queste trasformazioni.

Così pure è chiamata in causa la responsabilità dello stato, poiché esso è generalmente il primo acquirente delle armi prodotte sul suo territorio.

Gli uni e gli altri, ognuno secondo la propria competenza, hanno il dovere di assicurare ai lavoratori interessati dai cambiamenti un riciclaggio professionale in vista del loro reinserimento nel mondo del lavoro e di prevedere un'assistenza sociale adeguata per coloro che ne hanno bisogno.

I paesi dell'Europa orientale e centrale devono affrontare problemi particolarmente gravi per quanto concerne la riconversione della loro industria militare.

Essi possono a buon diritto chiedere un aiuto dall'estero per i loro sforzi di trasformazione industriale.19

6. La competenza dello stato nella regolamentazione del fenomeno

La diminuzione delle pressioni economiche per la vendita delle armi permetterebbe agli stati di affrontare la legittimità o la non legittimità dei trasferimenti delle armi in un contesto politico.

Benché non possa mai essere ignorata la forza degli interessi economici, ogni trasferimento di armi deve essere strettamente sottoposto al controllo politico.

7. Precisamente perché è coinvolta la sua responsabilità, è della più grande importanza che lo stato stabilisca un regime di controllo nazionale.

D'altronde, la maggior parte degli stati esportatori hanno già riconosciuto questa necessità e hanno agito di conseguenza.

Ma ciò non basta; è necessario che i governi diano prova della loro volontà di fare rispettare le proprie leggi e i propri regolamenti.

Per un governo sarebbe un'aberrazione morale il non vigilare sull'applicazione delle leggi in vigore.

8. Tuttavia, una legislazione nazionale può essere più o meno liberale, più o meno restrittiva.

Uno scambio sistematico tra gli stati, soprattutto tra quelli di una certa regione, potrebbe facilitare l'armonizzazione di queste legislazioni.20

D'altra parte, l'uniformità delle leggi restrittive sarebbe molto utile per porre fine allo sfruttamento dei regimi legislativi eterogenei di cui i mercanti d'armi approfittano per operare transazioni poco chiare e sovente illecite.

9. Per pronunciarsi con conoscenza di causa sul trasferimento delle armi, gli organismi governativi competenti hanno bisogno di informazioni precise sulla destinazione finale delle armi, sui bisogni di sicurezza dei paesi in questione e sul flusso di armi in corso nella regione.

Essi devono anche dotarsi di mezzi efficaci per controllare questi dati.

Anche il grande pubblico ha diritto a informazioni adeguate per valutare consapevolmente e far sentire meglio la propria voce presso le autorità competenti.

Dovrebbe instaurarsi un dialogo nazionale su questo argomento.

Tutti i cittadini, in un modo o nell'altro, sono interessati dal trasferimento delle armi; tutti sono responsabili del bene comune del loro paese.

I membri del governo, i militari, coloro che sono impegnati nella produzione e nella vendita delle armi condividono questa stessa responsabilità con i loro concittadini, ma a un livello più elevato a motivo della loro funzione.

Il loro contributo al dialogo è indispensabile per una comprensione adeguata di questo complesso fenomeno.

10. La forma che assume il trasferimento delle armi è determinata dagli usi e dalle politiche nazionali degli stati, sia esportatori che destinatari.

I loro governi hanno la responsabilità di elaborare misure di controllo a livello internazionale. Se trascurano di istituire mezzi di controllo a livello nazionale, rischiano di indebolire l'impatto di ogni eventuale controllo internazionale.

11. La responsabilità dell'industria degli armamenti

Lo stato ha anche il dovere di vigilare perché l'industria degli armamenti e gli agenti incaricati di negoziare i contratti rispettino integralmente tutta la regolamentazione concernente il trasferimento delle armi.

A loro volta, nell'ambito della loro competenza, i produttori di armi sono responsabili di ogni decisione concernente le modalità di questi trasferimenti.

12. Per questa industria e per coloro che vi lavorano è moralmente ingiustificabile la falsificazione dei certificati di destinazione finale o la dissimulazione, dietro una facciata innocente, della natura dei beni esportati allo scopo di sottrarli al controllo.

Questo giudizio severo si applica anche alle imprese che trasferiscono pezzi sciolti o merci a duplice uso quando sanno che queste hanno la probabilità di servire per scopi ostili.

Lo stesso vale per tutti coloro che aggirano senza scrupoli gli embarghi legittimamente decretati.

13. Il numero dei fabbricanti di armi continua a crescere

Il numero dei paesi produttori di armi continua ad aumentare malgrado la saturazione del mercato.

Infatti, alcuni paesi in via di sviluppo, che prima importavano armi, hanno deciso di fabbricarle sul posto e di inserirsi nel mercato mondiale degli armamenti.

Questi produttori di armi generalmente offrono in particolare agli altri paesi in via di sviluppo sia armi leggere, sia armi tecnologicamente meno sofisticate a prezzi appetibili.

14. Alcuni si sentono spinti a ciò allo scopo di provvedere ai propri bisogni di fronte a situazioni regionali particolari.

Per altri sono dominanti gli interessi commerciali o le aspirazioni politiche, mentre alcuni paesi, sottoposti a embarghi, sviluppano una industria propria che alla lunga permette loro di diventare esportatori di armi.

Indipendentemente da questi motivi, rimane l'interrogativo: un paese, qualunque esso sia, ha interesse, dal punto di vista politico, sociale o economico, a entrare in questo commercio?

Gli sforzi di tutti gli stati dovrebbero, al contrario, tendere alla diminuzione della produzione di armi e non al loro aumento.

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18 Cf. Giovanni Paolo II, Discorso ai corpi costituiti dello stato e ai membri del corpo diplomatico a Yaoundé, Camerun, 12.8.1985, n. 10, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 2, 1985, 343; Regnodoc. 15,1985,463
19 Per quanto concerne la collaborazione tra gli stati a questo scopo, si veda la dichiarazione comune tra Stati Uniti e Russia del giugno 1992 sulla cooperazione nel settore della conversione delle industrie della difesa.
Anche la Banca mondiale e alcune banche regionali per lo sviluppo hanno trattato il problema
20 I membri del Consiglio della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa ( CSCE ) nella loro dichiarazione del 31.1.1992 hanno affermato la loro volontà di collaborare vicendevolmente per stabilire efficaci meccanismi nazionali