Unitatis redintegratio

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Esercizio dell'ecumenismo

8 L'unione nella preghiera

Questa conversione del cuore e questa santità di vita, insieme con le preghiere private e pubbliche per l'unità dei cristiani, devono essere considerate come l'anima di tutto il movimento ecumenico e si possono giustamente chiamare ecumenismo spirituale.

È infatti consuetudine per i cattolici di recitare insieme la preghiera per l'unità della Chiesa, con la quale ardentemente alla vigilia della sua morte lo stesso Salvatore pregò il Padre: « che tutti siano una cosa sola » ( Gv 17,21 ).

In alcune speciali circostanze, come sono le preghiere che vengono indette « per l'unità » e nelle riunioni ecumeniche, è lecito, anzi desiderabile, che i cattolici si associno nella preghiera con i fratelli separati.

Queste preghiere in comune sono senza dubbio un mezzo molto efficace per impetrare la grazia dell'unità e costituiscono una manifestazione autentica dei vincoli con i quali i cattolici rimangono uniti con i fratelli separati: « Poiché dove sono due o tre adunati nel nome mio, ci sono io in mezzo a loro » ( Mt 18,20 ).

Tuttavia, non è permesso considerare la « communicatio in sacris » come un mezzo da usarsi indiscriminatamente per il ristabilimento dell'unità dei cristiani.

Questa « communicatio » è regolata soprattutto da due principi: esprimere l'unità della Chiesa; far partecipare ai mezzi della grazia.

Essa è, per lo più, impedita dal punto di vista dell'espressione dell'unità; la necessità di partecipare la grazia talvolta la raccomanda.

Circa il modo concreto di agire, avuto riguardo a tutte le circostanze di tempo, di luogo, di persone, decida prudentemente l'autorità episcopale del luogo, a meno che non sia altrimenti stabilito dalla conferenza episcopale a norma dei propri statuti, o dalla santa Sede.

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