Dialogo della Divina Provvidenza

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Capitolo CXXXVII

Come Dio provide nel Testamento vecchio con la legge e co’ profeti; e poi con mandare el Verbo; poi con gli apostoli, co’ martiri e con gli altri sancti uomini.

Come nulla adiviene a le creature, che tucto non sia providenzia di Dio.

- Generalmente Io providi con la legge, che Io diei a Moisé nel Testamento vecchio, e con molti altri sancti profeti.

Anco ti fo sapere che, innanzi l’avenimento del Verbo mio Figliuolo, poco stecte il popolo giudaico senza profeta, per confortare il popolo con le profezie, dando lo’ speranza che la mia Veritá, profeta de’ profeti, li traesse della servitú e facesseli liberi e diserrasse lo’ el cielo col sangue suo, che tanto tempo era stato serrato.

Ma, poi che venne il dolce e amoroso Verbo, neuno profeta si levò tra loro: per certificarli che quello, che egli aspectavano, l’avevano avuto, unde non bisognava che piú profeti l’annunziassero: benché essi nol cognobbero né cognoscono per la ciechitá loro.

Doppo costoro, providi venendo el Verbo, sí come decto è, il quale fu vostro tramezzatore tra me, Dio etterno, e voi.

Doppo lui, gli appostoli, martiri, doctori e confessori, sí come in un altro luogo Io ti dixi.

Ogni cosa ha facto la mia providenzia, e cosí ti dico che infino a l’ultimo provederá.

Questa è generale, data a ogni creatura che ha in sé ragione, che di questa providenzia vorrá ricevere el fructo.

In particulare lo’ do ogni cosa per mia providenzia: e vita e morte ( per qualunque modo Io la dia ), fame, sete, perdimento di stato nel mondo, nuditá, freddo, caldo, ingiurie, scherni e villanie.

Tucte queste cose permecto che lo’ siano facte o decte dagli uomini.

Non che Io faccia la malizia della mala volontá di colui che fa el male e la ingiuria, ma el tempo e l’essere che egli ha avuto da me.

El quale essere gli diei non perché offendesse me né il prossimo suo, ma perché servisse me e lui con dileczione di caritá.

Unde Io permecto quello acto o per provare la virtú della pazienzia in quella anima di colui che riceve, o per farlo ricognoscere.

Alcuna volta permectarò che al giusto tucto el mondo gli sará contrario, e ne l’ultimo fará morte la quale dará grande admirazione agli uomini del mondo.

Parrá a loro una cosa ingiusta di vedere perire uno giusto quando in acqua, quando in fuoco, quando strangolato da l’animale e quando per cadimento di casa sopra di lui, nel quale perderá la vita corporale.

Oh, quanto paiono fuore di modo queste cose a quello occhio che non v’è dentro el lume della sanctissima fede!

Ma none al fedele: però che ’l fedele ha trovato e gustato, per affecto d’amore, nelle cose grandi sopradecte la mia providenzia; e cosí vede e tiene che con providenzia Io fo ciò ch’Io fo, solo per procurare a la salute dell’uomo.

E però ha ogni cosa in reverenzia: non si scandalizza in sé, né ne l’operazioni mie, né nel proximo suo; ma ogni cosa trapassa con vera pazienzia.

La providenzia mia non è tolta a veruna creatura, perché tucte le cose sonno condite con essa.

Alcuna volta parrá a l’uomo, o grandine o tempesta o saecta che Io mandi sopra el corpo della creatura, che ella sia crudeltá, quasi giudicando che Io non abbi proveduto a la salute di colui.

E Io l’ho facto per camparlo della morte etternale; ed egli tiene il contrario.

E cosí gli uomini del mondo in ogni cosa vogliono contaminare le mie operazioni e intenderle secondo el loro basso intendimento.

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