Cammino di perfezione

Capitolo 5

Continua a parlare dei confessori e dice quanto sia necessario che essi siano dotti.

1. Nella sua immensa bontà il Signore non faccia mai provare ad alcuna di voi il tormento di vedersi oppressa anima e corpo, come ho detto; peggio, poi, se la priora va perfettamente d’accordo con il confessore perché, in tal caso, non si osa dir nulla né a lui di lei, né a lei di lui.

Allora si potrà anche andare soggetti alla tentazione di omettere di confessare peccati molto gravi, nel timore di non stare più in pace.

Oh, mio Dio, che danno può far qui il demonio e quanto caro costano alle monache tali costrizioni e falsi punti d’onore!

Credono che per il fatto di non avere più d’un confessore ci guadagni molto la disciplina religiosa e l’onore del monastero, ma il demonio dispone per questa via di accalappiare le anime, quando non vi riesce con altri espedienti.

Se le monache chiedono un altro confessore, sembra subito di scombinare la disciplina religiosa; se poi non appartiene allo stesso Ordine, foss’anche un santo, soltanto per il fatto di trattare con lui, sembrerebbe di fare un affronto alla comunità.

2. Questa santa libertà io chiedo, invece, per amore del Signore, a chi sarà la priora: di far sì, d’accordo col vescovo o con il provinciale, che tutte, lei compresa, possano di tanto in tanto trattare e aprire la propria anima con persone dotte, all’infuori dei confessori ordinari, specialmente se questi non hanno cultura, malgrado la loro virtù.

La scienza è una gran cosa per dar luce a tutto.

Sarà anche possibile trovare le due qualità nella stessa persona; quanto più il Signore vi favorirà nell’orazione, tanto più sarà necessario che le vostre opere e la vostra orazione poggino su un saldo fondamento.

3. Già sapete che la prima pietra dev’essere una buona coscienza; pertanto, con tutte le vostre forze, cercate di liberarvi anche dei peccati veniali e di tendere sempre ad una maggiore perfezione.

Vi sembrerà che questo lo sappia qualunque confessore, ma v’ingannate.

Mi accadde di trattare di argomenti di coscienza con uno che aveva seguito tutto il corso di teologia.

Ciò nonostante, costui mi arrecò un gran danno dicendomi che certe mancanze erano cose da nulla.

Io so che egli non voleva ingannarmi, né ci sarebbe stato motivo di farlo, ma non ne sapeva di più.

La stessa cosa mi accadde anche con altri due o tre, senza contare questo.

4. Tutto il nostro bene consiste nel disporre di una vera luce per osservare perfettamente la legge di Dio; essa costituisce la base solida dell’orazione; senza questo saldo fondamento, tutto l’edificio poggia sulla sabbia.

Se non vi concederanno la libertà di confessione, cercate di trattare le cose della vostra anima con persone simili a quelle che ho detto, fuori della confessione.

Anzi, oso dire di più, cioè che, quand’anche il confessore abbia  tutte le qualità richieste, di tanto in tanto si faccia quanto ho raccomandato, perché può darsi che egli, talvolta, s’inganni e non è giusto che per causa sua s’ingannino tutti.

Agite in questo modo, ma cercate sempre di non contravvenire all’obbedienza.

Vi sono mezzi leciti per tutto e, poiché tale libertà giova molto alle anime, è bene che ve la procuriate come potrete.

5. Tutto questo che ho detto riguarda soprattutto la priora.

Torno, quindi, a pregarla di concedere alle sue monache questa consolazione dell’anima.

Le strade attraverso le quali Dio conduce le anime sono molte e un confessore non è obbligato a conoscerle tutte.

Io vi assicuro che, malgrado la vostra povertà, non vi mancheranno mai persone sante disposte a trattare con voi di tali cose e a consolare le vostre anime, se voi siete quali dovete essere, perché colui che fornisce alimento al vostro corpo spingerà qualcuno ad aiutarvi spiritualmente, ispirandogli il sincero desiderio di riuscire ad illuminare le vostre anime.

In tal modo si scongiurerà il male che io tanto temo.

Quando, infatti, il demonio tentasse il confessore, ingannandolo circa qualche punto di dottrina, sapendo che voi trattate anche con altri, sarà più cauto, controllandosi meglio in tutto quel che fa.

Chiusa questa porta al demonio, io spero in Dio che egli non avrà mai accesso a questa casa.

Pertanto chiedo, per amore del Signore, al vescovo, chiunque egli sia, di lasciare alle mie consorelle questa libertà e di non toglierla loro mai, se i confessori saranno tali da riunire in sé dottrina e virtù, cose di cui si viene subito a conoscenza in una città piccola come questa.

6. Per mia propria esperienza conosco quanto ho detto; l’ho saputo da altri e ne ho trattato con persone dotte e sante, che hanno badato a ciò che meglio conveniva alla nostra casa affinché progredisse in essa la perfezione.

Ora, fra i pericoli – che ci sono ovunque, finché viviamo – questo riteniamo che sia il minore.

Non dev’esserci, peraltro, nessun vicario che abbia la libertà di entrare e uscire a suo piacere dal monastero né che l’abbia alcun confessore: che essi provvedano a vigilare sul raccoglimento e il decoro della casa, sul profitto interiore ed esteriore delle monache, per riferirne al loro superiore, quando ve ne fosse bisogno, ma non facciano essi da superiori.

7. Questo è ciò che si fa ora, e non solo in rispetto al mio punto di vista, ma anche per il parere del vescovo attuale, sotto la cui obbedienza noi siamo ( giacché per molte ragioni non ci siamo poste sotto l’obbedienza dell’Ordine ).

Questo gran servo di Dio, uomo virtuoso, santo e di nobile famiglia si chiama don Alvaro de Mendoza.

Volendo egli aiutare questa casa in tutti i modi possibili, fece riunire persone dotte, di segnalata virtù ed esperienza, per giungere a una decisione in merito e si venne alla conclusione di cui sopra.

Sarà bene che i prelati suoi successori pervengano alla stessa determinazione, visto che l’hanno presa uomini così virtuosi, i quali con tante preghiere hanno chiesto al Signore di illuminarli circa il meglio da farsi e, da quanto finora si è visto, questo è proprio il meglio.

Piaccia al Signore di proseguire sempre in questa via a sua maggior gloria! Amen.

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