Cammino di perfezione

Capitolo 41

Si parla del timore di Dio e di come preservarsi dai peccati veniali.

1. Come mi sono dilungata!

Eppure non tanto come avrei voluto, perché è dolce cosa parlare di tale amore: che sarà mai l’averlo?

Il Signore me lo conceda per quello che egli è!

Passiamo ora a parlare del timore di Dio.

È una virtù anch’essa facilmente riconoscibile sia da chi la possiede, sia da quelli che trattano con costui.

Ma voglio che sappiate che, al principio, tale timore non è così sviluppato da manifestarsi esternamente, a meno che non si tratti di alcune persone che – come ho detto – il Signore favorisce di notevoli grazie e in breve tempo arricchisce di virtù.

Pertanto non si avverte in tutti, ripeto, all’inizio; il suo valore va aumentando man mano che s’ingrandisce, anche se non si tarda a vederne la presenza, perché subito l’anima si allontana dal peccato, dalle occasioni pericolose e dalle cattive compagnie, per non parlare di altri segni.

Ma quando è ormai giunta alla contemplazione – che è ciò di cui soprattutto trattiamo in questo libro – anche il timore di Dio si rivela in pieno, come l’amore; non si può dissimulare neanche esternamente.

Infatti, pur osservando con molta attenzione queste persone, non si scoprirà mai che sono trascurate.

Il Signore le sostiene in modo tale che per tutto l’oro del mondo non commetterebbero di proposito un peccato veniale; quelli mortali poi, li temono come il fuoco.

È mio desiderio, sorelle, che temessimo soprattutto le illusioni; supplichiamo sempre Dio che la tentazione non sia mai così forte da indurci ad offenderlo, ma che ce la mandi in conformità della forza che ci darà per vincerla.

Ciò è quanto importa, questo è il timore che desidero vedere sempre in voi, essendo la nostra difesa.

2. Oh, che gran cosa è non offendere mai il Signore, [ per incatenare ] i suoi servi e i suoi schiavi infernali!

Perché infine tutti, volere o no, devono servirlo; solo che essi lo fanno per forza e noi con tutta la nostra volontà.

Ora, più accontenteremo il Signore più terremo a distanza i demoni.

Così, per quanto vogliano indurci in tentazione e tenderci occulte insidie, non faranno nulla che possa nuocerci.

3. Seguite questo consiglio: è cosa molto importante che vi sorvegliate attentamente fino a che non sentiate tale ferma risoluzione di non offendere il Signore, da essere disposte a perdere mille vite, piuttosto che commettere un peccato mortale.

Quanto ai veniali, abbiate molta cura di non commetterli; intendo dire non commetterli di proposito, perché – involontariamente – chi potrà evitare di non commetterne molti?

Vi è però un’avvertenza che si accompagna a molta riflessione, e un’altra così improvvisa che commettere il peccato veniale e rendersene conto è quasi tutt’uno, tanto da non potersene accorgere in tempo.

Ma dal peccato fatto con piena determinazione, per piccolo che sia, Dio ci liberi!

Tanto più che non è mai poco ciò che offende una così eccelsa Maestà, il cui sguardo sappiamo sempre fisso su di noi.

Questa – a me sembra – è una colpa ben premeditata; è come dire: « Signore, anche se vi dispiace, lo farò; so che mi vedete e che non lo volete, me ne rendo perfettamente conto, ma preferisco seguire il mio capriccio e il mio desiderio che non la vostra volontà ».

E io non sono del parere che sia poca la colpa di un simile comportamento, per quanto il peccato possa essere di lieve entità, io lo trovo grave, anzi gravissimo.

4. Se volete acquistare questo timore di Dio, considerate, sorelle, per amore suo, la grande importanza di comprendere quanto sia grave offenderlo.

Cercate di pensarci assai spesso, perché questa virtù si radichi bene nelle nostre anime: ne va molto più che della nostra vita.

Finché non l’avremo, è necessario procedere sempre con moltissima attenzione e allontanarci da tutte le occasioni e compagnie che non ci siano d’aiuto ad avvicinarci di più a Dio; badare a tutto ciò che facciamo, per vincere la nostra volontà, e a quel che diciamo, perché sia sempre di edificazione; fuggire da qualsiasi conversazione ove non si parli di Dio.

Ci vuole molto perché resti in noi ben impresso questo timore di Dio, ma se c’è un vero amore si acquista presto.

Tanto più se – come ho già detto – l’anima si sentirà fermamente risoluta a non recare, per nessuna cosa al mondo, offesa a Dio, anche se in seguito talvolta possa cadere, perché siamo deboli e non dobbiamo fidarci di noi stessi; anzi, quanto più grande è la nostra determinazione, tanto meno dobbiamo confidare in noi; la nostra fiducia dev’essere riposta solo in Dio.

Quando riconosceremo di avere in noi la disposizione che ho detto, non ci sarà più bisogno di nutrire tanta timidezza e paura, perché il Signore ci assisterà e la buona abitudine, ormai contratta, ci sarà d’aiuto a non offenderlo.

Allora potrete agire con una santa libertà nelle legittime relazioni con il prossimo, anche se tratterete con persone dedite a distrazioni mondane.

Se infatti, prima che aveste questo vero timore di Dio, esse sarebbero state un veleno e un mezzo per procurare la morte della vostra anima, dopo invece vi saranno di aiuto ad amare e lodare di più Dio, per avervi liberato da quello che ora vedete chiaramente come un pericolo.

Se prima potevate contribuire ad assecondare la loro debolezza, ora le aiuterete a dominarsi solo per il fatto di essere alla vostra presenza.

E si domineranno veramente, anche se non mosse da alcun motivo di rispetto.

5. Lodo spesso il Signore considerando da dove provenga questa forza, senza pronunciare neppure una parola.

Molte volte un servo di Dio impedisce che si facciano discorsi contro di lui.

Dev’essere come accade nel mondo: se abbiamo un amico, lo si rispetta sempre; quando è assente, si bada a non dirne male davanti a noi per il fatto che gli siamo amici.

Allo stesso modo avviene di colui che è in stato di grazia: la stessa grazia deve far sì che, sia pure egli della più bassa condizione, gli si porti rispetto e non lo si contristi in cosa di cui si sa che soffrirebbe molto, com’è il vedere offeso Dio.

Non so quale ne sia la causa, ma il fatto è che generalmente avviene così.

Evitate pertanto di avere troppe apprensioni perché, se l’anima comincia a vedere pericoli dappertutto, si rende inabile ad ogni bene; a volte, poi, finisce con il cadere negli scrupoli, ed eccola allora inutile a sé e agli altri.

Ma anche se non cade negli scrupoli, potrà giovare a sé, non, però, condurre molte anime a Dio, una volta che vedano in essa tanta apprensione e avvilimento.

La nostra natura è tale che dette anime ne restano spaventate e paralizzate.

Fuggono così dal seguire la via che voi seguite, pur sapendo chiaramente che è un cammino di maggior virtù.

6. Da qui, ancora, nasce un altro danno, che è quello di giudicare gli altri: siccome non seguono la vostra strada ( per giovare al prossimo trattano con libertà e senza tante soggezioni ), subito vi sembreranno imperfette.

Se manifestano una santa allegria vi sembreranno dissolute, specialmente se si tratta di noi che non siamo istruite e non sappiamo come si può trattare con il prossimo senza peccare.

È, questa, una cosa assai pericolosa, essere soggette a una continua tentazione di grave danno, perché in pregiudizio del prossimo: credere che tutti quelli che non procedono come voi, con le vostre soggezioni, non seguano la strada giusta, è una pessima cosa.

Vi è, poi, un altro inconveniente: che in alcune occasioni in cui dovrete parlare e in cui è giusto che parliate, per timore di eccedere in qualcosa, non oserete farlo tranne, forse, per approvare quello che sarebbe assai conveniente detestare.

7. Cercate, invece, sorelle, per quanto è possibile, senza offesa di Dio, di essere affabili e di comportarvi con tutte le persone che tratteranno con voi in modo tale che amino la vostra conversazione, invidino il vostro modo di vivere e di agire e non abbiano timore né si sgomentino della virtù.

Questo è un consiglio molto importante per le religiose; più saranno sante e più dovranno essere socievoli con le loro sorelle; e, quand’anche voi abbiate a soffrire molto se non tutte le conversazioni delle vostre compagne saranno conformi a ciò che voi desiderereste udire da esse, non meravigliatevene mai, se volete aiutarle ed essere amate.

Soprattutto, infatti, dobbiamo procurare di essere affabili, gradevoli e accondiscendenti con le persone con le quali trattiamo, specialmente con le nostre consorelle.

8. Per questo, figlie mie, cercate di capire bene che Dio non bada a tante piccolezze, come voi credete, e non permettete alla vostra anima di abbattersi né vi venga meno il coraggio, perché potranno andar perduti molti beni.

Abbiate la retta intenzione, la ferma volontà, come ho detto, di non offendere Dio.

Non lasciate che la vostra anima diventi gretta, perché tale atteggiamento, invece di procurarvi la santità, vi farà incorrere in molte imperfezioni causate dal demonio per diverse vie.

E, ripeto, non sarete utili né a voi né alle altre, così come avreste potuto.

9. Da quanto vi ho detto, potete costatare come con queste due virtù – amore e timore di Dio – noi possiamo seguire il nostro cammino in pace e tranquille, anche se – poiché il timore deve avere la precedenza – non dobbiamo mai dimenticarci di stare in guardia, non potendo mai avere piena sicurezza finché viviamo: la piena sicurezza sarebbe, infatti, un grande pericolo.

Ed è quello di cui il nostro Maestro si rende ben conto quando, al termine di questa orazione, dice a suo Padre queste parole come chi sapeva quanto fossero necessarie.

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