Leggenda Minore

II - Fondazione dell'ordine

Efficacia della predicaione

Lezione I

[1339] Così era ormai compiuto il restauro delle tre chiese.

Mentre egli dimorava assiduamente in quella dedicata alla Vergine, favorito dai meriti di Colei che profferse il prezzo della nostra salvezza, meritò di scoprire la via della perfezione, mediante lo spirito della verità evangelica in lui divinamente infuso.

Un giorno, durante la celebrazione della Messa, si leggeva quel brano del Vangelo, nel quale i discepoli vengono inviati a predicare e viene dettata ad essi la norma della vita evangelica: non possedete oro né argento né rame nelle vostre cinture, non borsa da viaggio né due tuniche, né sandali, né bastone: subito, a tali parole, lo investì e rivestì lo Spirito di Cristo con tale potenza che lo trasformò in quella norma di vita, non solo in rapporto al modo di conoscere e di sentire, ma anche in rapporto al modo di vivere e di vestire.

Immediatamente depose le calzature, gettò via il bastone, ripudiò borsa e denaro e, contento di una sola tonacuccia, lasciò la cintura e come cingolo prese una fune e mise tutto lo slancio del cuore nel ricercare in quale modo realizzare le cose sentite e rendere se stesso in tutto conforme alla regola della santità apostolica.

Lezione II

[1340] Finalmente, tutto acceso dalla forza fiammeggiante dello Spirito di Cristo, cominciò, come un altro Elia, a farsi appassionato predicatore della verità; cominciò ad avviare alcuni alla giustizia perfetta; cominciò ad avviare tutti gli altri a penitenza.

Non erano, i suoi, discorsi vani o degni di riso: erano pieni della forza dello Spirito Santo; erano tali che penetravano nel profondo del cuore: suscitavano perciò, forte stupore negli ascoltatori e piegavano, con la loro forza e la loro efficacia, la mente degli ostinati.

Siccome il suo proposito, sublime e santo, veniva a conoscenza di molti attraverso la semplice veracità sia della sua dottrina sia della sua vita, alcuni incominciarono a sentirsi animati a penitenza dal suo esempio e a lasciare tutto per unirsi strettamente con lui, nell'abito e nella vita: l'umile uomo giudicò che si chiamassero « frati minori ».

Lezione III

[1341] In seguito alla chiamata di Dio, il numero dei frati era ormai salito a sei.

Il loro pio padre e pastore, trovato un luogo solitario, in molta amarezza di cuore piangeva sulla sua vita di adolescente, trascorsa non senza colpa: mentre chiedeva perdono e grazie, per sé e per la prole, che in Cristo aveva generato, si sentì invadere da una singolare, esuberante letizia e si sentì garantire che tutte le colpe gli erano state rimesse pienamente: fino all'ultimo quadrante.

Rapito, perciò, al di fuori di sé e totalmente assorbito in una luce vivificante, luminosamente vide gli avvenimenti futuri che riguardavano lui e i suoi frati, come egli stesso, in seguito, rivelò familiarmente a conforto del piccolo gregge, quando preannunciò che per la clemenza di Dio l'Ordine avrebbe progredito e si sarebbe ampliato.

In pochi giorni alcuni altri si unirono a lui e raggiunsero il numero di dodici.

Perciò il servitore del Signore stabilì di presentarsi alla Sede Apostolica con quell'adunata di uomini semplici, per chiedere con umiltà e insistenza alla stessa santissima Sede di confermare con la sua autorità plenaria la norma di vita che il Signore antecedentemente gli aveva mostrata e che egli aveva anche scritta con brevi parole.

Lezione IV

[1342] Egli, dunque, si affrettava per presentarsi, secondo quanto stabilito, al cospetto del Sommo Pontefice, papa Innocenzo III.

Ma lo prevenne, nella sua degnazione e clemenza, Cristo potenza e sapienza di Dio, che, per mezzo di una visione, ammonì il suo Vicario a prestare ascolto con dolcezza e ad acconsentire con benevolenza alle suppliche di quel poverello.

Difatti il Pontefice romano vide in sogno la Basilica Lateranense che stava ormai per crollare e un uomo poverello, piccolo e spregevole, che la sorreggeva, mettendovi sotto le proprie spalle, perché non cadesse.

Il saggio pontefice, pertanto, contemplando nel servitore di Dio la povertà, la costanza nel perseguire la perfezione, lo zelo per le anime, l'infocato fervore di una volontà santa, esclamò: « Veramente questi è colui che con l'opera e la dottrina sorreggerà la Chiesa di Cristo ».

Perciò, concependo da allora speciale devozione verso di lui e inchinandosi in tutto alle sue richieste, approvò la Regola, conferì il mandato di predicare la penitenza, concesse tutte le cose domandate e liberamente promise che di più ne avrebbe concesso in seguito.

Lezione V

[1343] Contando, da allora, sulla grazia che viene dall'alto e sull'autorità del Pontefice, Francesco affrontò con molta fiducia il cammino verso la valle Spoletana, deciso a realizzare coi fatti e ad insegnare con la parola la verità della perfezione evangelica, che aveva concepita nella mente e promessa in voto con la professione.

Mosse, inoltre, con i compagni la questione se dovevano vivere abitualmente in mezzo alla gente o appartarsi nei luoghi solitari.

Dopo aver indagato con l'insistenza della preghiera quale fosse il volere divino su questo punto, fu illuminato dal responso di una rivelazione celeste e comprese che egli era stato inviato da Dio a questo scopo: guadagnare a Cristo le anime, che il diavolo si sforza di rapire.

Stabilì, perciò, che bisognava scegliere di vivere per tutti, piuttosto che per sé solo.

Si raccolse con i frati in un tugurio abbandonato, vicino ad Assisi, per viverci con tutti i rigori della vita religiosa, secondo la norma della santa povertà e predicare alle popolazioni la parola di Dio, secondo l'opportunità del tempo e del luogo.

Divenuto, dunque araldo del Vangelo, si aggirava per città e paesi, annunciando il regno di Dio non con il linguaggio dotto della sapienza umana, ma nella potenza dello Spirito Santo: il Signore dirigeva quel parlatore con rivelazioni anticipatrici e confermava la sua parola con i prodigi che la accompagnavano.

Lezione VI

[1344] Una volta, com'era suo costume, egli era intento a vegliare in preghiera, fisicamente lontano dai figli.

Verso la mezzanotte, mentre alcuni dei frati dormivano, alcuni pregavano, un carro di fuoco di mirabile splendore, sopra il quale era posto anche un globo di fuoco luminosissimo, in forma di sole, entrò dalla porticina della dimora dei frati e per tre volte si volse in qua e in là per l'abitazione.

A quella vista meravigliosa e preclara, rimasero stupefatti quelli che vegliavano; furono, insieme destati e atterriti quelli che dormivano: e avvertirono con pari intensità la chiarezza del cuore e quella del corpo, giacché, per virtù di quella luce mirabile, la coscienza di ciascuno fu nuda davanti alla coscienza di tutti gli altri.

Compresero tutti concordemente, mentre tutti leggevano nel cuore di ciascuno, che il Signore aveva fatto vedere loro il santo padre Francesco trasfigurato in quella immagine, per significare che egli era venuto nello spirito e nella potenza di Elia ed era stato eletto principe della milizia spirituale, cocchio di Israele e suo auriga.

E, appunto, il Santo, ritornato tra i frati, incominciò a fortificarli spiritualmente, sulla base della visione mostrata loro dal cielo, cominciò a scrutare minutamente i segreti delle loro coscienze e a predire, inoltre, il futuro e a risplendere con tali miracoli da mostrare chiaramente e palesemente come il duplice spirito di Elia si era posato su di lui con la sua pienezza, così che incamminarsi dietro la sua dottrina e la sua vita era per tutti la cosa più sicura.

Lezione VII

[1345] Un religioso, di nome Morico, che apparteneva allora all'Ordine dei Crociferi, si trovava in un ospedale vicino ad Assisi, colpito da una infermità così grave e così prolungata da farlo credere ormai prossimo a morte.

Divenuto un supplicante per interposta persona, chiedeva insistentemente all'uomo di Dio di volere intercedere presso Dio in suo favore.

Accondiscese benevolmente l'uomo pietoso e, dopo aver pregato, prese delle briciole di pane, le mescolò con l'olio della lampada che ardeva davanti all'altare della Vergine e, per mano dei frati, fece portare all'infermo quello speciale elettuario, dicendo: « Questa medicina, portatela al nostro fratello Morico: per mezzo di essa la potenza di Cristo non soltanto gli ridonerà piena salute, ma lo farà diventare un robusto combattente tra le nostre file, e ci resterà per sempre ».

Appena l'infermo ebbe assaggiato quell'antidoto, fabbricato per invenzione dello Spirito Santo, si alzò sano e ottenne da Dio tanta vigoria di corpo e di spirito che di lì a poco entrò nella Religione del Santo, dove per lungo tempo portò sulle carni la lorica e, contento al più di cibi crudi, non beveva vino e non mangiava niente di cotto.

Lezione VIII

[1346] Sempre in quel tempo, un sacerdote della città di Assisi, di nome Silvestro - uomo di onorata condotta e semplice come colomba - vide in sogno tutta quella contrada circondata da un dragone immenso: sembrava che, a causa della sua schifosissima e orribile figura, la distruzione fosse ormai imminente su diverse parti del mondo.

Vedeva, dopo questa immagine, uscir fuori dalla bocca di Francesco una croce d'oro e risplendente: la sua punta toccava il cielo, mentre le braccia, protese per il largo, sembravano estendersi fino ai confini del mondo.

Quella apparizione fulgentissima metteva definitivamente in fuga il drago schifoso e orrendo.

Quando gli fu mostrato ciò per la terza volta, l'uomo pio e devoto a Dio comprese che Francesco era destinato dal Signore a questa missione: brandire il vessillo glorioso della Croce per infrangere la potenza del dragone maligno e illuminare i fedeli con le splendide luci della verità, contenuta nella sua vita e nella sua dottrina.

Narrò la visione per ordine all'uomo di Dio e ai frati e, non molto tempo dopo, lasciò il mondo e si mise sulle orme di Cristo, sull'esempio del beato padre, con tale perseveranza che, mediante la sua condotta nell'Ordine, rese autentica la visione avuta nel secolo.

Lezione IX

[1347] Un frate di nome Pacifico, quando ancora viveva da secolare, incontrò il servitore del Signore, che stava predicando in un monastero vicino al Borgo di San Severino.

Scesa la mano del Signore sopra di lui, vide Francesco segnato in forma di croce da due splendentissime spade, poste trasversalmente: una delle spade si stendeva dalla testa fino ai piedi e una si estendeva da una mano all'altra, attraverso il petto.

Egli non conosceva Francesco di persona, ma lo riconobbe subito, dopo che gli fu mostrato per mezzo di quella visione miracolosa.

Fortemente stupito, compunto ed atterrito dalla forza delle sue parole, venne, per così dire, trafitto dalla spada dello spirito che usciva dalla sua bocca e, disprezzati definitivamente gli onori vani del mondo, si unì al beato padre mediante la professione della sua stessa vita.

In seguito, costui progredì in ogni forma di santità propria della vita religiosa e divenne ministro dell'Ordine in Francia - difatti fu il primo ad esercitare l'ufficio di ministro in quel paese.

Ma, prima, meritò di vedere sulla fronte di Francesco un grande Tau, che spiccava per la varietà dei colori e rendeva meravigliosamente bella e adorna la sua faccia.

Poiché bisogna sapere che l'uomo di Dio venerava questo segno e gli era molto affezionato, lo raccomandava spesso nel parlare, con esso dava inizio alle sue azioni e lo scriveva di propria mano sotto quei bigliettini che inviava per motivo di carità, quasi che tutto il suo impegno fosse, come dice il profeta, nel segnare il Tau sulla fronte degli uomini che gemono e piangono, convertendosi a Cristo sinceramente.

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