Leggenda Minore

IV - Dedizione alla preghiera e spirito di profezia

Lezione I

[1357] Il servo di Cristo, vivendo nel corpo, si sentiva in esilio dal Signore e, mentre al di fuori era divenuto totalmente insensibile, per amor di Cristo, ai desideri della terra, si sforzava, pregando senza interruzione, di mantenere lo spirito alla presenza di Dio, per non rimanere privo della consolazione del Diletto.

Camminando e sedendo, in casa e fuori, lavorando e riposando, con la forza della mente restava così intento nella orazione da sembrare che avesse dedicato ad essa ogni parte di se stesso: non solo il cuore e il corpo, ma anche l'azione e il tempo.

Molte volte veniva investito da tale eccesso di devozione che, rapito al di sopra di se stesso, e oltrepassando i limiti della sensibilità umana, ignorava totalmente quanto avveniva al di fuori, intorno a lui.

Lezione II

[1358] Per accogliere con maggior raccoglimento l'interiore elargizione delle consolazioni spirituali, si recava nella solitudine e nelle chiese abbandonate, per pregarvi di notte, quantunque anche là provasse le orrende battaglie dei demoni, che venivano a conflitto con lui, quasi con un contatto fisico, e si sforzavano di stornarlo dall'impegno della preghiera.

Ma l'uomo di Dio li metteva in fuga con la potenza e l'instancabile fervore delle preghiere, e così se ne restava solo e in pace.

Riempiva i boschi di gemiti, cospargeva quei luoghi di lacrime, si percuoteva il petto e, quasi dall'intimità di un più segreto santuario, ora rispondeva al giudice, ora supplicava il Padre, ora scherzava con lo Sposo, ora dialogava con l'amico.

Là fu visto, di notte, mentre pregava, con le mani e le braccia stese in forma di croce, sollevato da terra con tutto il corpo e circondato da una nuvoletta rifulgente: così la meravigliosa luminosità e il sollevarsi del corpo diventavano testimonianza della illuminazione e della elevazione avvenuta dentro il suo spirito.

Lezione III

[1359] Indizi sicuri comprovano, inoltre, che durante queste elevazioni, per virtù soprannaturale, gli venivano rivelate le cose incerte ed occulte della sapienza divina, anche se egli non le divulgava all'esterno, se non nella misura in cui urgeva lo zelo della salvezza dei fratelli e dettava l'impulso della rivelazione dall'alto.

La dedizione instancabile alla preghiera, insieme con l'esercizio ininterrotto delle virtù, aveva fatto pervenire l'uomo di Dio a così grande chiarezza di spirito che, pur non avendo acquisito la competenza nelle Sacre Scritture mediante lo studio e l'erudizione umana, tuttavia, irradiato dai fulgori della luce eterna, scrutava la profondità della Scrittura stessa con intelletto limpido e acuto.

Si posò su di lui anche lo spirito multiforme dei profeti con tale pienezza e varietà di grazie che, per la potenza mirifica di quello spirito, egli si faceva vedere presente ai suoi frati assenti ed aveva notizia sicura dei lontani.

Penetrava pure i segreti dei cuori, come pure preannunziava gli eventi del futuro.

Lo dimostrano con evidenza molti esempi e noi ne riporteremo qui alcuni.

Lezione IV

[1360] Una volta quell'Antonio santo, che era allora predicatore egregio ed è ora, invece, luminoso confessore di Cristo, stava predicando ai frati e commentava, con parole dolci come il miele, l'iscrizione posta sopra la croce: Gesù Nazareno, re dei Giudei.

Si era durante il capitolo provinciale, tenuto ad Arles.

L'uomo di Dio Francesco, che allora si trovava assai lontano, apparve alla porta del capitolo, elevato nell'aria e, benedicendo i frati con le mani stese in forma di croce, ricolmò il loro spirito con tanta varietà di consolazioni da renderli sicuri che quella apparizione meravigliosa era dotata di potenza celeste: era il loro stesso spirito a testimoniarlo, dentro di loro.

D'altronde, siccome il fatto non rimase nascosto al beato padre, palesemente da ciò stesso risulta chiaro quanto il suo spirito fosse aperto alla luce della Sapienza eterna, quella che è più mobile di ogni moto e per la sua purezza penetra e riempie ogni cosa, si trasfonde nelle anime sante e forma gli amici di Dio e i profeti.

Lezione V

[1361] Una volta i frati si erano radunati a Capitolo a Santa Maria degli Angeli, secondo l'usanza.

Uno di loro, protetto dal mantelletto di qualcuno che lo difendeva, non voleva assoggettarsi alla disciplina.

Il Santo, che allora stava segregato in cella a pregare, per fare da intermediario tra i frati e Dio, vide ciò in ispirito, fece chiamare a sé uno di loro e gli disse: « O fratello, ho visto sulla schiena di quel frate disobbediente un diavolo, che gli stringeva il collo: soggiogato da un simile cavaliere, egli seguiva le sue redini e i suoi incitamenti e disprezzava il freno dell'obbedienza.

Va, dunque, e dì al frate che senza indugio pieghi il collo sotto la santa obbedienza: così suggerisce di fare anche colui per le cui insistenti preghiere quel demonio si è allontanato sconfitto ».

Ammonito per ambasciatore, il frate sentì spirito di pentimento e ricevette la luce della verità; si prostrò con la faccia a terra davanti al vicario del Santo, si riconobbe colpevole, chiese perdono, accolse e sopportò pazientemente la disciplina e d'allora in poi obbedì umilmente in ogni cosa.

Lezione VI

[1362] Al tempo in cui egli, sul monte della Verna, se ne restava rinchiuso nella cella, uno dei suoi compagni provava gran desiderio di avere un qualche scritto con le parole del Signore, firmato da lui di propria mano.

Credeva, infatti che con questo mezzo avrebbe potuto eliminare o almeno, di certo, sopportare con minor pena la grave tentazione, da cui era vessato: tentazione non carnale, ma di spirito.

Languiva per tale desiderio ed era interiormente angustiato, perché, umile qual era, riservato e semplice, si lasciava vincere dalla vergogna e non osava confidare la cosa al reverendo Padre.

a se non lo disse a lui l'uomo, glielo rivelò lo Spirito.

Francesco, infatti, ordinò a quel frate di portargli inchiostro e carta e, scrivendo le lodi del Signore con una benedizione per lui di propria mano, come quello desiderava, gli offrì benignamente quanto aveva scritto - e tutta quella tentazione scomparve definitivamente.

Quello stesso bigliettino, poi, fu tenuto in serbo e, in seguito, apportò a moltissimi la guarigione: così, da questo risulta chiaramente a tutti quale merito abbia avuto davanti a Dio chi lo ha scritto ed ha lasciato in un fogliettino firmato una potenza così grande ed efficace.

Lezione VII

[1363] In un'altra circostanza, una nobildonna a Dio devota, si recò fiduciosamente dal Santo e lo supplicava con tutte le forze a voler intercedere presso il Signore per suo marito, che era molto cattivo con lei e la faceva soffrire, perché la osteggiava nel servizio di Cristo: che il Signore, con una larga infusione della sua grazia, ne mitigasse la durezza di cuore.

Udito questo, l'uomo santo e pietoso, con santi discorsi la confermò nel bene, l'assicurò che sarebbe venuta presto la consolazione da lei desiderata e, finalmente, le comandò di far sapere al marito, da parte di Dio e sua, che « ora eta tempo di clemenza, poi sarebbe stato tempo di giustizia ».

Credette la donna alle parole, che il servo del Signore le aveva detto e, ricevuta la benedizione, ritornò in fretta a casa.

Incontrato il marito, gli narrò il colloquio avuto, aspettando senza dubitare che si realizzasse la promessa, secondo il suo desiderio.

Non appena quelle parole risonarono alle orecchie di quell'uomo, cadde sopra di lui lo spirito di grazia e gli intenerì il cuore, tanto che, da allora in poi, lasciò che la devota coniuge servisse liberamente a Dio e si offrì di servire il Signore insieme con lei.

Dietro persuasione della santa moglie, condussero per molti anni vita da celibi e poi, nello stesso giorno, la donna al mattino e l'uomo a vespro tornarono al Signore: sacrificio mattutino, la prima; l'altro, sacrificio vespertino.

Lezione VIII

[1364] Nel tempo in cui il servitore del Signore giaceva malato a Rieti, fu colpito da grave infermità un canonico di nome Gedeone, vizioso e mondano.

Lo portarono, steso sul lettuccio, da lui: e lo pregava, insieme con gli astanti, di benedirlo con il segno della croce.

Ed egli a lui: « Siccome un tempo sei vissuto secondo i desideri della carne, senza temere i giudizi di Dio, io ti benedirò con il segno della croce - non per te, ma per le devote preghiere di costoro.

Però in questo modo: che fin d'ora io ti faccio sapere con certezza che soffrirai pene più gravi se, quando sarai guarito, ritornerai al vomito ».

Fece su di lui il segno della croce, dalla testa ai piedi: scricchiolarono le ossa della sua schiena - e tutti sentirono - come quando si rompe legna secca con le mani.

Subito colui che giaceva rattrappito si alzò sano e, prorompendo in lodi a Dio disse: « Sono guarito ».

Ma, trascorso un po' di tempo, si dimenticò di Dio e si abbandonò di nuovo all'impudicizia.

Una sera era andato a cena, ospite di un canonico, ed era rimasto la notte a dormire con lui: il tetto della casa improvvisamente precipitò su tutti loro ed uccise lui solo.

Tutti gli altri sfuggirono alla morte.

E così avvenne che, simultaneamente, in quell'unico avvenimento si manifestò chiaramente quanto sia severo contro gli ingrati lo zelo della giustizia divina e quanto fosse veritiero e sicuro nel predire eventi dubbi lo spirito di profezia, di cui Francesco era ricolmo.

Lezione IX

[1365] Dopo il suo ritorno dai paesi d'oltremare, si recò una volta a Celano per predicare.

Un cavaliere lo invitò, con umiltà e devozione e con grande insistenza, a pranzo, e quasi lo costrinse contro sua voglia.

Ma prima che prendessero cibo, l'uomo devoto stava, secondo la sua abitudine, offrendo con la mente preci e lodi a Dio, quando vide in spirito che per quell'uomo ormai era imminente la morte, e il giudizio.

Rapito fuori di sé, rimaneva con gli occhi levati al cielo.

Terminata finalmente l'orazione, prese in disparte il buon ospitante e gli predisse che la morte era vicina, lo ammonì a confessarsi e lo stimolò, con tutte le sue forze, al bene.

L'uomo acconsentì subito alle parole del Santo e manifestò al compagno di lui in confessione tutti quanti i peccati: mise ordine alle cose sue, si affidò alla misericordia divina e si preparò meglio che poté ad accogliere la morte.

Pertanto: mentre gli altri attendevano a rifocillare il corpo, il cavaliere, che appariva sano e forte, esalò improvvisamente l'anima, secondo la parola dell'uomo di Dio.

Certo egli fu portato via da una morte repentina; ma, per lo spirito profetico del Santo, poté premunirsi con le armi della penitenza e così sfuggì alla dannazione eterna ed entrò nei tabernacoli eterni, secondo la promessa del Vangelo.

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