Apologetica

Dizionario

1) Uso teologico della filosofia, come supporto razionale ai dogmi della fede

2) Insieme delle opere degli apologisti cristiani dei primi secoli; il loro studio

3) estens. Letteratura di difesa o di celebrazione


Dal greco apologhetikós ( difensivo ), l'apologetica è la parte della teologia che si occupa della difesa della fede.

È detta apologetica quella parte della teologia che ha lo scopo di verificare e difendere razionalmente la credibilità della fede dimostrando l'origine divina della Rivelazione cristiana.

L'apologetica argomenta a partire dalla ragione naturale per dimostrare in modo universale l'insieme della religione cattolica, provando che essa dipende da una rivelazione soprannaturale.

Le argomentazioni possono essere rivolte agli aderenti di altre religioni, ai membri della comunità cristiane non cattoliche, ai membri dubbiosi della propria Chiesa, o semplicemente ai credenti che desiderano approfondire la consapevolezza della loro fede ( cf 1 Pt 3,15 ).

È detta anche Teologia fondamentale.

Più precisamente, essa è chiamata a giustificare davanti alla ragione il fatto che credere è atto umanamente corretto.

Si presenta come teologia difensiva in quanto questa giustificazione razionale è più spesso richiesta dalla pressione di qualche contrasto e deve fare i conti con un clima polemico.

Il bisogno di chiarire la ragionevolezza della fede non è però imposto dall'esterno; o anzi esigenza intrinseca alla fede cristiana, che non è atteggiamento cieco dell'animo.

Sino al Medioevo venne sviluppata solo la difesa di singoli temi oggetto di controversia.

Un'intera trattazione apologetica si organizzò nel sec. XVI, con le controversie tra protestanti e cattolici, e si sviluppò pienamente più tardi, quando il pensiero moderno sottopose a discussione anche la fede in Gesù Cristo e l'esistenza stessa di Dio.

L'apologetica contemporanea ha raffinato il suo metodo: per rispettare la logica intrinseca dell'incontro con Dio in cui nasce la fede, essa tende a presentare un'interpretazione sintetica della storia che fa capo a Gesù, della quale la ragione può liberamente persuadersi, ma alla quale non può essere forzata.

Perché l'azione dell'apologetica sia efficace, essa deve tassativamente sottostare a criteri di rigore assoluto: ogni ricerca deve essere verificata e documentata, poiché un'apologia entusiasta, ma priva di solide basi, produrrebbe l'effetto opposto di quello cercato, cioè il discredito delle teorie presentate.

Inoltre, per quanto sopra esposto, l'apologetica non deve mai cadere nell'errore di credersi un teorema dall'esito obbligato; questa disciplina porta ragioni per credere e per confermare una scelta possibile e libera, ma non può obbligare nessuno a credere.

Solo a queste condizioni sono possibili la lealtà e l'oggettività che caratterizzano le opere apologetiche più importanti.

Ambiti e obiettivi dell'apologetica

L'apologetica non trae la sua ragione di essere dal bisogno della difesa contro le contrarie impugnazioni della incredulità ( ruolo negativo ), anche se questo non può essere trascurato, bensì dalla necessità di dare una base razionale alla fede dei credenti ( ruolo positivo ).

Essa dovrebbe esistere anche se, per ipotesi, tutti gli uomini nel mondo fossero cattolici.

L'apologetica possiede un oggetto formale proprio, usa argomenti di valore oggettivo e assoluto; la sua azione si muove su tre livelli:

Il primo è l'ambito strettamente religioso che riguarda Dio.

A questo riguardo, l'apologetica afferma che l'uomo, sia pure con fatica, è in grado di conoscere con certezza l'esistenza di Dio, grazie all'uso della ragione: un classico esempio sono le cinque vie proposte da san Tommaso d'Aquino.

Ciononostante, va sottolineato come la ragione non sia più sufficiente - è necessaria la Rivelazione - per sapere chi sia questo Dio.

Il secondo livello concerne la credibilità storica del Cristianesimo, in particolare del Vangelo, a partire dalla reale esistenza di Gesù Cristo per concludere alle prove della ragionevolezza e della attendibilità storica dei fatti che gli sono attribuiti nel Nuovo Testamento.

A questo proposito, il compito dell'apologetica è identificare ed esporre tutti i motivi che conducono la ragione dell'uomo a ritenere credibile il racconto evangelico, anche e soprattutto nella sua dimensione storica e fattuale ( ad esempio, facendo riferimento all'esegesi e all'archeologia ).

Il terzo campo riguarda la santità, la verità, l'unicità della Chiesa cattolica.

L'apologetica, ancora una volta con gli strumenti dell'indagine storica, vuole dimostrare che solo la Chiesa cattolica, che ha nel Papa il suo capo visibile, corrisponde e perpetua nel tempo la Chiesa voluta ed edificata da Gesù Cristo sull'apostolo Pietro.

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Nella terminologia neotestamentaria, venne a significare: rendere ragione della fede, mostrare la legittimità e la coerenza della fede cristiana.

Così, leggiamo in 1 Pt 3,15: Siate " pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi.

Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza ".

Come ha messo bene in evidenza Metz, le due caratteristiche fondamentali dell'apologetica nel contesto neotestamentario sono:

a) la necessità di giustificare praticamente la speranza; di qui, la sua affinità con la sequela;

b) l'orizzonte escatologico-apocalittico in cui appare.

Si tratta, allora, di un concetto della ragione pratica, poiché la difesa o giustificazione della fede non avviene in un campo puramente teorico o intellettuale, ma in quello della prassi e delle testimonianza.

Fu questo l'aspetto che prevalse nei cosiddetti Padri Apologisti, per esempio, in san Giustino che scrisse due apologie sul cristianesimo con l'intento di rendere ragione della fede di fronte ai pagani illustri del suo tempo e le sigillò col martirio.

Nel secolo XVII, sorse la scienza apologetica come sforzo metodico e sistematico per giustificare la fede cristiana.

Nel secolo XVIII, i manuali di apologetica s'interessano a difendere la verità della religione cattolica contro i razionalisti e i Riformatori.

Questi manuali hanno questa struttura:

dimostrazione dell'esistenza di Dio e della religione cristiana;

dimostrazione della vera religione;

dimostrazione della vera Chiesa.

L'apologetica pretese di stabilirsi come scienza oggettiva.

Verso la fine del secolo XVIII e all'interno della tradizione protestante, l'apologetica era la disciplina fondamentale della teologia esegetica il cui obiettivo era quello di presentare la verità del cristianesimo fondandosi sull'autorità della Scrittura.

Schleiermacher staccò l'apologetica dalla teologia esegetica e la inserì nella teologia filosofica, assegnandole il compito non di dimostrare la verità o certezza del cristianesimo, ma quello di mostrarne il carattere peculiare.

Nel mondo cattolico, dopo un breve periodo brillante, caratterizzato dall'apertura alla filosofia moderna e alle scienze ( scuola di Tubinga ), l'apologetica neoscolastica si trasformò in una polemica aggressiva di fronte alla concezione moderna delle scienze, specialmente quelle della natura; ricorse alle tradizioni pre-moderne e pre-kantiane e si isolò sempre più dal resto della teologia.

Più che dare ragione della fede di fronte alle sfide dell'epoca moderna, l'apologetica pensò ad immunizzarsi contro lo spirito moderno e a rinchiudersi in un ghetto anti-illuminista, guardando al passato.

Fino alla metà del secolo XX, la disciplina teologica dell'apologetica esercitò una funzione riduttiva: la difesa della propria confessione e visione del mondo contro qualsiasi altra concezione ed il rifiuto aprioristico della posizione contraria.

Intesa prevalentemente come polemica, l'apologetica vedeva nell'altro solo un nemico, disattendendo i possibili punti comuni e gli interrogativi legittimi che l'altro poteva porre.

Era una apologetica contro, un'apologetica di difesa, esageratamente intellettualista, in cui non era difficile avvertire una ristrettezza sospetta di ideologia e un formalismo nel modo di argomentare.

Questa apologetica fu messa in questione nella sua radice dalla prima teologia dialettica e da teologi cattolici del nostro secolo come Karl Adam e Henri de Lubac.

Blondel introdusse un cambiamento significativo col porre l'accento sull'elemento soggettivo.

Oggi, l'apologetica è intesa come teologia fondamentale.

Ciò significa abbandonare la strada della polemica aggressiva e entrare nel campo del fondamento della fede, dell'analisi dei suoi presupposti e delle condizioni che la rendono possibile.

Più che interrogarsi sul problema della verità della rivelazione, della religione cristiana e della Chiesa, partendo da un'ottica oggettivista ed intellettualista, la teologia fondamentale focalizza oggi la sua attenzione sul senso e sulla vitalità della fede in Gesù, in un atteggiamento di dialogo coi nuovi orizzonti filosofici e culturali, soprattutto con quanti si mostrano più critici verso il cristianesimo.

Ciò comporta la rinuncia all'arroganza e all'aggressività dell'apologetica neoscolastica per seguire un movimento di andata e ritorno: dare e ricevere, ascoltare e interrogare. Solo con questo sistema dialogico, risulta pienamente legittimo sia il confronto che la difesa della fede.

La teologia fondamentale deve confrontarsi, a sua volta, nell'orizzonte della ragione pratica come teologia della testimonianza, della prassi e della speranza creativa.

Questo aspetto, però, è ancora trascurato.

Si distingue dalla apologia, che è la difesa di un particolare argomento, avvenimento o individuo: alcuni studiosi, vista la somiglianza fra i due termini, hanno proposto di sostituire il termine "apologetica" con locuzioni quali prove cristiane o difesa della religione cristiana, per evitare qualsiasi confusione.

Apologià

dal senso fondamentale di "tirarsi fuori parlando", il termine si è facilmente precisato in "difendersi con un discorso", "scritto in difesa".

Si tratta quindi di opere che, nella letteratura cristiana delle origini, si proponevano di scagionare i fedeli dalle accuse che sfociavano spesso in persecuzioni sanguinose ( apologetica ).

È famosa quella che san Giustino, verso l'anno 150 dell'era cristiana, scrisse, rivolto all'imperatore Antonino Pio, in difesa del cristianesimo.

Le incriminazioni che i pagani intentavano ai cristiani si raggruppavano in tre imputazioni principali:

cene tiestèe ( dal mito secondo il quale Atreo fece mangiare all'ignaro fratello Tieste le carni dei figli, quindi cannibalismo: fraintendimento e deformazione della Comunione eucaristica ),

unioni edipodèe ( dall'altro mito in base al quale Edipo sposò, inconsapevolmente, la madre Giocasta, quindi incesto: equivoco nato dal fatto che i cristiani si denominavano tra loro "fratelli" e "sorelle" ),

ateismo ( perché non partecipavano alle cerimonie del culto idolatrico ).

Come apologisti spiccarono tra i Greci S. Giustino, Atenagora, Teofilo d'Antiochia e l'anonimo A Diogneto e tra i Latini Tertulliano e Minucio Felice: assai diversi per abilità compositiva, atteggiamenti verso gli avversari ed efficacia stilistica, sono uniti nel fervore dell'anima e nella salda evidenza dell'argomentazione.

Persuasi poi che la migliore difesa della verità consiste nell'esporla, alla dialettica che confuta le accuse intercalarono la pacatezza della presentazione della fede, non di rado in pagine di un accattivante candore.

Tradizionalmente, era una parte della teologia, intesa a difendere ( « apologià » significa « difesa » ) le verità fondamentali della fede cristiana contro ogni tipo di attacco e di dimenticanza.

Lo « spirito apologetico » è quel tono di difesa, talvolta intransigente ad ogni costo, che permeava spesso nel passato un modo di fare teologia o anche un modo di presentarsi della Chiesa di fronte al mondo.

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Apologetica e Bibbia

Molte persone si sorprendono nello scoprire che l'apologetica è qualcosa che era già praticata da Gesù, da Paolo, da Pietro e che si trova in tutto il Nuovo Testamento ed era presente nella Chiesa primitiva.

Alcuni esempi di ciò li vediamo quando Gesù ha usato l'apologetica nell'usare una moneta romana per dimostrare che gli Ebrei avrebbero dovuto pagare le tasse ( Mc 12,13-17 ).

Paolo è descritto nel libro degli Atti come persuasore di persone di vari tipi, di culture diverse e di dodici città diverse.

In Atti 17 troviamo Paolo che ragionava con gli Ateniesi, a Roma in Atti 28,23-24 Paolo cercava di convincerli del loro bisogno di Gesù, in Corinto vediamo che Paolo ha trascorso ogni sabato cercando di persuadere gli Ebrei e i Greci.

In Atti 18,4 notiamo che Paolo lo ha fatto anche in altri posti, cercando di persuadere le persone, anche se con la consapevolezza che è Dio che salva ( in At 9,22,28-29, At 13,26-33, At 17,17 ).

L'intero libro degli Atti è pieno di incontri apologetici, anzi il libro stesso è stato scritto per dimostrare al mondo la verità del Vangelo.

Paolo ci informa in 2 Corinzi 10,4-6 che possiamo demolire argomenti e ogni opinione arrogante contro la conoscenza di Dio.

Fare apologetica in qualche modo significa difendere e confutare argomenti che si esaltano al di sopra della Parola di Dio.

Nella nostra cultura oggi questo potrebbe indicare la comprensione e la difesa della visione cristiana del matrimonio e dei ruoli dei generi, perché l'apologetica non si limita solo a dare ragioni e a provare che Dio esiste.

Si tratta di una disciplina che era decisamente importante nella Chiesa primitiva dove la vita dei Cristiani era continuamente in pericolo ed essi volevano presentare il meglio possibili le ragioni per cui credevano a chi li perseguitava.

Storicamente c'è una lunga lista di apologeti presenti nella Chiesa primitiva, come Quadratus, Ireneo, Giustino, Origene e Tertulliano, tutti meritano di essere presi in considerazione e di essere studiati.

Il ruolo del carattere cristiano dell'apologeta

Diamo, quindi, uno sguardo rapido a 1 Pt 3,15-16 che dice "ma glorificate il Cristo come Signore nei vostri cuori.

Siate sempre pronti a rendere conto della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni.

Ma fatelo con mansuetudine e rispetto, e avendo una buona coscienza; affinché quando sparlano di voi, rimangano svergognati quelli che calunniano la vostra buona condotta in Cristo."

Questo è esattamente quello che i primi apologeti cercavano di mettere in pratica nella loro vita.

Vi sono, quindi, alcune cose che possiamo trarre da questo brano per una maggiore spiegazione di cosa sia o non sia l'apologetica.

L'enfasi principale non è sul produrre buoni discorsi, quanto, invece, è sul carattere e sul comportamento dell'apologeta; non è sufficiente essere in grado di presentare il Vangelo in modo persuasivo e con passione, se poi il modo di vivere, il carattere e il comportamento disfano o contraddicono ciò che viene detto.

Essere un buon apologeta significa principalmente essere in buon rapporto con Dio, perché se non lo siamo, c'è una tendenza a vantarsi della conoscenza e non di Cristo.

In tal caso si rischia di essere solo dei Cristiani informati, culturalmente ben preparati, ma che danneggiano la propria testimonianza con il proprio comportamento incoerente.

Non è sufficiente essere pronti solo a rispondere alle domande della gente e a condividere il Vangelo per poi distruggere tutto con il proprio modo di vivere.


Magistero

Catechesi Paolo VI 4-12-1968
fare uno sforzo di esprimere chiaramente, felicemente la verità religiosa, in modo che tutti la possano accogliere e, in certa misura, comprendere.

Padri

Agostino Città di Dio X 12
Apologetica della vera religione