Appartenenza

Dizionario

1) Iscrizione, adesione a una società, a un gruppo organizzato ecc.

2) estens. Pertinenza, spettanza


Senso di appartenenza

L'appartenenza è un sentimento, è il senso di inclusione e la percezione del nostro valore in un determinato contesto.

Ci sentiamo appartenenti quando percepiamo di essere accettati, quando le nostre differenze sono riconosciute e tollerate, quando ci sentiamo connessi con gli altri.

Quindi non basta far parte di un gruppo, oppure vivere in un determinato Paese per sentirsi appartenenti.

Il senso di appartenenza è spesso anche collegato alla sensazione di conforto e piacere di non essere soli e al sollievo nel sapere che anche altre persone vivono situazioni simili alle nostre.

In breve, l'appartenenza è un bisogno fondamentale dell'essere umano, infatti se consideriamo la piramide dei bisogni, viene subito dopo il bisogno di cibo e sonno!

Si, abbiamo proprio necessità di sentirci sicuri, stabili e in relazione agli altri.

Sul piano psico-sociale, il vincolo di attaccamento di un individuo al proprio gruppo si opera con un processo d'identificazione chiamato senso di appartenenza.

Le modalità di appartenenza ad un gruppo sono molto varie: esse possono risultare da un vincolo biologico, da un fatto ereditario, da una convenzione contrattuale, da una identificazione culturale, da un'adesione religiosa.

Lasciando da parte gli aspetti puramente biologici e giuridici dell'appartenenza, ci concentreremo sulle dimensioni psico-sociali e culturali.

Nell'ottica che qui abbracciamo, il senso di appartenenza suppone nei membri di un gruppo un sentimento cosciente di far parte di questo gruppo che, a sua volta, lo riconosce come uno dei suoi.

Il senso di appartenenza presuppone dunque una duplice integrazione personale e sociale, più strutturata dell'identificazione spontanea di un individuo con una realtà più indifferenziata, come la razza, la classe sociale, il partito di massa.

Avendo circoscritto la nostra prospettiva d'analisi, fermiamoci, per prima cosa, al punto di vista della persona cosciente di appartenere ad un gruppo.

Il senso personale di appartenenza.

Come analizzare questa realtà psico-sociale che si chiama senso di appartenenza?

Una delle vie d'analisi che ci sembra la più illuminante consiste nel trattare l'appartenenza come un atteggiamento di comportamento.

Si sa che il concetto di atteggiamento è uno dei più solidamente precisati in psicologia sociale.

Che cosa in realtà significa?

Richiamiamo brevemente gli elementi di definizione spiegati nell'articolo Atteggiamento.

Un atteggiamento è la disposizione favorevole o sfavorevole di una persona riguardo ad un oggetto psicologico.

L'atteggiamento è una strutturazione attuale dello psichismo, risultante da processi contemporaneamente percettivi, emotivi, motivazionali.

Si dirà ancora che l'atteggiamento è un insieme delle mie disposizioni immediate nei confronti di un oggetto al quale sono psicologicamente collegato; è il mio modo di percepire questo oggetto, di reagire nei suoi confronti, di preferirlo o di rigettarlo.

L'atteggiamento è il dinamismo attuale per il quale una persona s'impegna per o contro un oggetto psico-sociale ed assume una particolare condotta nei suoi confronti.

Come concepire l'appartenenza sociale in questa prospettiva?

Partendo dall'esterno, si può dire che il fatto di appartenere ad un raggruppamento suscita degli atteggiamenti ben determinati sul piano sociale, politico, familiare ecc.

In questo caso l'appartenenza è sorgente di atteggiamenti.

Per esempio, appartenere ad una certa famiglia susciterà un certo atteggiamento politico.

Ma questo modo di considerare l'appartenenza rimane esterno al fenomeno da studiare.

Ciò che bisogna raggiungere è il vincolo psicologico, l'attaccamento stesso al gruppo considerato.

Occorrerà guardare all'appartenenza non soltanto come ad una sorgente di atteggiamenti, ma scrutarla in se stessa come una disposizione " sui generis ".

In altri termini, noi guarderemo all'appartenenza come ad un atteggiamento specifico: è l'atteggiamento proprio del membro cosciente di fare parte di un gruppo.

L'appartenenza sociale, vista dal psico-sociologo, è dunque il dinamismo psicologico fondamentale attraverso cui il membro percepisce il proprio gruppo, vi si sente più o meno impegnato, vi s'identifica, vi attinge le sue motivazioni, partecipa alle sue attività, se ne ispira nelle proprie scelte, nelle proprie preferenze, nei propri comportamenti.

L'appartenenza appare allora come il collegamento psico-sociale al proprio gruppo.

Questo, il fatto psicologico fondamentale; ma come osservarlo e studiarlo?

Secondo lo schema di analisi che proponiamo, si esaminerà, in primo luogo, la genesi o la nascita dell'atteggiamento di appartenenza.

E per via di educazione, di libera adesione, di acculturazione che il membro si vincola coscientemente al proprio gruppo.

Ciascuno di questi processi dovrà essere attentamente studiato.

Si vedrà come si produca l'integrazione dei valori a livello della persona e come si realizzi l'integrazione del membro nella struttura del gruppo.

E, insomma, questo duplice fenomeno d'integrazione a livello della personalità e in seno alle strutture sociali che bisognerà analizzare.

Questa è la rete complessa delle influenze per la quale si opera la socializzazione o l'acculturazione del membro.

Dopo aver considerato la genesi del senso di appartenenza, si cercherà di valutare il suo vigore o la sua coesione.

Si esamineranno le diverse condizioni che sembrano irrobustire o indebolire l'attaccamento psicologico al gruppo.

Questo già ci conduce sul piano del gruppo propriamente detto, e vi ritorneremo in seguito.

Ma vediamo ora come l'istituzionalizzazione del senso di appartenenza sarà più o meno solida secondo che lo status e il ruolo del membro saranno meglio definiti in seno alla comunità, secondo che la sua concreta partecipazione sarà più intima, secondo che la sua identificazione con il gruppo sarà più o meno profonda.

Diverse altre variabili influiranno sull'intensità dell'attaccamento al gruppo: per esempio, la dimensione della comunità, lo status del leader, le modalità della partecipazione.

L'immagine stessa che ci si fa del gruppo in un dato ambiente contribuirà a rafforzare o a disintegrare il senso di appartenenza dei membri.

Oltre a questi problemi di differenziazione e di gradi nel senso di appartenenza, è la questione dei mutamenti positivi o negativi di questo sentimento che bisogna esaminare.

Notiamo in primo luogo i mutamenti positivi per i quali il vincolo sociale si solidifica e si rinforza.

A questo punto si possono percepire tutti i problemi che si pongono allo psico-sociologo riguardo alla maturazione del sentimento di adesione ad un gruppo.

Come ci si identifica perfettamente al proprio gruppo, come se ne assume la causa come causa propria?

Ci sono, d'altra parte, i mutamenti negativi e i fenomeni di rottura nell'adesione al gruppo.

Come i sentimenti d'indifferenza e di apatia si stabiliscono nel membro?

Come il membro gradatamente si distacca dalla comunità, come avviene la brusca rottura?

A quale profondità psicologica si produce la rottura?

Quali sono i residui psico-sociali che possono sussistere nel membro che ha rotto col proprio gruppo?

Questo, nelle grandi linee, uno schema di analisi che permetterà di scrutare sistematicamente l'appartenenza a livello del membro individuale.

Questo modello, come si vede, procede dallo studio della genesi, delle differenziazioni e dei mutamenti dell'atteggiamento.

Vi si troveranno, pensiamo, alcune piste di ricerca utili per degli studi a livello empirico.

Il gruppo di appartenenza.

Entriamo ora nella prospettiva del gruppo di appartenenza.

Nel senso stretto del termine, è la persona che propriamente appartiene ad un gruppo come è stato precedentemente detto.

Ma, in pratica, non si può trattare dell'appartenenza senza un costante riferimento al gruppo che accoglie e che aggrega il membro individuo.

Ciò che in altro luogo diciamo a proposito del gruppo di riferimento e della sua funzione psico-sociale trova qui un'applicazione diretta.

Notiamo, inoltre, che l'appartenenza alla società globale, alla nazione, all'etnia, ha come mediazione gruppi più circoscritti e più vicini all'individuo.

Questo modo di guardare all'integrazione degli individui attraverso delle strutture intermedie è diventato un postulato fondamentale della ricerca.

Per comprendere la coesione delle collettività, come per cogliere l'integrazione sociale delle persone, occorrerà prestare un'attenzione particolare ai gruppi ristretti, alle comunità primarie che servono all'individuo come quadro d'integrazione immediato e di primo gradino nell'affiliazione alla società totale.

Ci si chiederà allora come queste micro-strutture - famiglia, scuola, comunità, associazioni, ecc. - possano servire da base di posteggio, da quadro integratore, da centro di partecipazione, da focolare di trasmissione per i valori e le norme culturali di una data società.

La questione riveste un'importanza capitale soprattutto in una società specializzata e pluralista.

Qui ci limitiamo ad insistere sulle condizioni psico-sociali che permettono ai membri, ad un dato livello di partecipazione, di identificarsi col gruppo.

Sono quattro le condizioni che si sottolineano.

Affinché i membri si sentano psicologicamente membri di un gruppo occorre,

innanzi tutto, che abbiano un minimo d'interazione con questo raggruppamento,

è necessario poi che accettino i valori e le norme proprie del gruppo,

essi devono anche, in una certa misura, identificarsi col gruppo stesso

e, infine, devono sentirsi considerati ed accolti come veri membri del gruppo.

Il contesto esterno.

Dopo aver considerato l'appartenenza sociale dal punto di vista del membro individuo, e poi dal punto di vista del gruppo stesso, occorre ora considerarla in rapporto al contesto socio-culturale.

Possiamo subito pensare alla forte influenza che può esercitare l'ambiente culturale sulle affiliazioni sociali.

I membri non possono rimanere insensibili, né all'immagine che la società ambientale si forma a loro riguardo, né ai giudizi che si pronunciano sul loro gruppo, né agli stereotipi che si usano per descrivere l'atteggiamento dei membri.

Questi tipi di reazione variano molto da una società all'altra.

In certi ambienti favorevoli ad una data appartenenza, questa gode di incontestato prestigio e trova sicuro sostegno nella cultura dominante.

In altri contesti, ci sono gruppi che vengono considerati come psicologicamente marginali od anche come devianti.

Ci sono luoghi in cui un determinato gruppo vive in un clima culturale che non è né ostile né favorevole, ma praticamente neutro o indifferente.

E in questa congiunzione della psicologia individuale e della dialettica socio-culturale che prende consistenza il senso di appartenenza ad un gruppo.

Questi dati sono di capitale importanza per l'educatore e i responsabili sociali o religiosi.

Come costruiamo il senso di appartenenza?

Sicuramente il primo luogo dove ne facciamo esperienza è in famiglia.

Nel nostro nucleo familiare infatti ci siamo sentiti più o meno inclusi, abbiamo vissuto più o meno un senso di unità.

Piu' in generale lo sviluppo del senso di appartenenza avviene con l'identificazione: quando accettiamo e condividiamo i valori e la cultura del gruppo nel quale viviamo, avvertiamo una similarità e quindi un senso del "noi".

Come possiamo lavorare sul nostro senso di appartenenza?

Secondo le principali ricerche, due aspetti fondamentali dell'appartenenza sono il coinvolgimento e l'aggregazione.

Per sentirci piu' appartenenti è importante quindi: Aumentare il senso di coinvolgimento: se non partecipiamo attivamente e non interagiamo con il contesto è difficile sperimentare il senso di appartenenza.

Aumentare il senso di aggregazione: se non creiamo connessioni con gli altri è molto probabile che ci non ci sentiremo parte del gruppo.

Quindi la partecipazione attiva è un ingrediente fondamentale se desideriamo aumentare l'esperienza di appartenenza.

Ovviamente non sempre è semplice coinvolgersi con la comunità, trovare dei punti di contatto con gli altri, entrare in intimità con le persone.

Magari ci si sente diversi, poco capaci o in difficoltà.

In questo caso si può lavorare ad un livello più profondo.

Ad esempio possiamo comprendere meglio quale sia il nostro blocco, quali sono le idee che abbiamo su di noi e sugli altri che ci mettono i bastoni tra le ruote, e come lasciare andare dei pesi ( magari passati ) che non ci servono più.

Appartenenza religiosa

Ciò che qui specificamente ci interessa è comprendere che cosa psicologicamente significa per un fedele il fatto di appartenere ad un gruppo religioso.

Delimitiamo il nostro argomento fermandoci inizialmente alle comunità cristiane e alla Chiesa cattolica in particolare, avendo per centro il punto di vista psico-sociale e lasciando da parte gli aspetti tipicamente teologici e giuridici dell'appartenenza religiosa.

La nozione di appartenenza religiosa.

Seguendo lo schema d'analisi in precedenza proposto per lo studio dell'appartenenza sociale, tratteremo l'affiliazione religiosa come un atteggiamento di comportamento.

Dal punto di vista psico-sociale, il senso di appartenenza ad una Chiesa equivale all'atteggiamento specifico del fedele in quanto tale.

Questo atteggiamento corrisponde ad una struttura della sua psiche risultante da processi contemporaneamente percettivi, emotivi e motivazionali riguardo alla propria Chiesa.

La sua appartenenza, in altre parole, è il suo modo di vedere e di conoscere la propria Chiesa, di aderirvi effettivamente e di lasciarsi da essa ispirare nel proprio comportamento.

Precisiamo ulteriormente come vada inteso il carattere speciale di questo atteggiamento del fedele.

Esso può essere guardato come sorgente di atteggiamenti non religiosi, quali, per esempio, si possono dare sul piano sociale e politico.

Un cattolico voterà destra, un protestante sinistra o viceversa.

Ma questo modo di considerare l'appartenenza religiosa rimane esterno al fenomeno che stiamo studiando.

Ciò che occorre raggiungere è il vincolo psicologico, l'attaccamento stesso alla Chiesa.

Occorre prospettare l'appartenenza non soltanto come sorgente di atteggiamenti profani, ma come oggetto di un atteggiamento specifico da scrutare in sé, come una disposizione non riducibile a nessun'altra.

Riassumendo, considereremo l'appartenenza religiosa come un atteggiamento specifico.

L'appartenenza alla Chiesa, vista dallo psico-sociologo, è dunque il dinamismo psicologico fondamentale attraverso cui il fedele percepisce la Chiesa, vi si identifica, aderisce ai suoi valori, se ne ispira per le sue scelte, le sue convinzioni, i suoi comportamenti.

L'appartenenza religiosa appare allora come l'identificazione psico-sociale del membro al proprio gruppo religioso: è il suo atteggiamento proprio di fedele.

Come questo atteggiamento di appartenenza viene osservato dal punto di vista delle scienze umane?

Genesi dell'atteggiamento.

Sarà, in primo luogo, esaminata la genesi o la nascita dell'atteggiamento di appartenenza.

E per le vie della conversione, dell'educazione e dell'istruzione religiosa che il fedele aderisce coscientemente alla Chiesa.

Ciascuno di questi processi dovrà essere attentamente studiato in termini psico-sociali.

Vi si vedrà come si produca l'integrazione dei valori a livello della persona e come si realizzi l'integrazione del membro nella struttura istituzionale della Chiesa.

Si tratta, insomma, di analizzare questo duplice fenomeno d'integrazione, a livello della personalità e in seno alle strutture ecclesiastiche.

La conversione, come modo di adesione religiosa merita un'attenzione particolare.

Se, infatti, è attraverso una conversione che si accede alla vita di un gruppo religioso, si può notare tutta l'originalità di questo modo di affiliazione.

Nessun'altra adesione sociale, all'infuori delle conversioni religiose, apporta un così forte capovolgimento nella psiche.

La conversione ad una religione ridà alla personalità una nuova unità, reintegra tutti i suoi valori, le procura uno status di identificazione in un gruppo religioso.

E, in definitiva, in rapporto a questi tre elementi funzionali che si esplica una conversione: un Io nuovo, situato nei confronti di una collettività religiosa, e polarizzato dalla coscienza di una chiamata divina.

Siamo di fronte a tratti distintivi.

Non intendiamo, tuttavia, assimilare tutte le conversioni al medesimo modello e dobbiamo distinguere quelle che rivendicano le sette e le diverse denominazioni religiose, da quelle che introducono nella Chiesa.

L'adesione " settaria " è spesso caratterizzata da insicurezza psico-religiosa manifesta; non vogliamo, tuttavia, spiegare le " conversioni settarie " come se non fossero che la risultanza di situazioni socio-economiche traumatizzanti, di compensazioni psichiche o di semplici forme di protesta sociale.

Vi si trovano, al contrario, i tre elementi specifici della conversione: delle psicologie individuali, accoglienti lo status e il ruolo che offre un gruppo religioso ( anche rudimentale ), e soprattutto quell'elemento di credenza che è determinante se si vuol comprendere come un comportamento settario si distingua da un altro.

Che la si chiami illusione o elementarismo religioso, la fede del convertito alle sette è la spiegazione ultima del suo comportamento: B.R. Wilson, 1990.

Con la conversione alla Chiesa è il riferimento istituzionale che è posto in rilievo.

La Chiesa offre una stabilità istituzionale propria, ed è nell'irradiamento della sua influenza che ci si converte ad essa; essa offre la salvezza totale.

La risposta del convertito riveste ad un tempo la forma di un'acquiescienza e quella di una celebrazione.

Nessun comportamento psico-sociale rivela una così netta unificazione delle motivazioni: tra il fedele, la sua devozione, la sua fede, il rito del battesimo, la sua Chiesa e il suo Dio si stabilisce una continuità spirituale che dà alla personalità religiosa la propria unità mentre la lega intimamente alla comunità dei credenti.

Sul piano delle rappresentazioni religiose, si opera una forma di interpenetrazione tra il sentimento e il rito, il rito e la Chiesa, la Chiesa e Dio; per il credente l'accedere al battesimo è l'affiliarsi alla Chiesa e l'affiliarsi alla Chiesa è diventare figlio di Dio.

Nessun comportamento, al di fuori delle condotte religiose, abbraccia dimensioni che siano insieme così intime e così universali.

Ruolo dell'educazione.

Il senso di appartenenza religiosa si coltiva anche per la via dell'educazione.

Notiamo, a questo proposito, come caratteristica dei sentimenti religiosi, la loro straordinaria precocità.

Tra gli atteggiamenti dell'età adulta ( atteggiamenti politici, sociali ecc. ) pochi risalgono fino alla lontana prima infanzia.

L'influenza parentale e l'ambiente primario in generale costituiscono i quadri privilegiati allo schiudersi dei sentimenti di appartenenza religiosa.

L'identificazione con la religione dei genitori si prolunga in un'identificazione più ampia: è la scoperta progressiva dell'istituzione religiosa da parte del bambino.

Verso l'età di dodici anni, l'adolescente sembra aver assunto nettamente il significato della sua appartenenza spirituale; egli è in possesso di convinzioni personali - nell'ipotesi di un'educazione che sia progredita normalmente -.

Dopo essersi identificato con la vita religiosa dei suoi genitori, egli s'identifica ora con la vita della sua Chiesa, con quel fervore nell'attaccamento che caratterizza le appartenenze spirituali coscientemente assunte.

L'insegnamento religioso perfezionerà l'integrazione psico-sociale e spirituale del fedele nella comunità di fede.

Una lunga esperienza ha rivelato alla Chiesa i modi propri che presiedono alle trasformazioni degli spiriti e delle culture.

L'istruzione religiosa dei giovani è per la Chiesa un compito primordiale; il permanere stesso delle comunità religiose ne dipende.

Una pedagogia autentica presuppone, tuttavia, che l'istruzione religiosa si prolunghi sufficientemente nella vita dell'adolescente per dare modo alle motivazioni religiose di illuminare e ispirare i lenti processi d'individuazione dei valori e d'integrazione profonda della personalità.

Per quanto riguarda la diffusione più generale del messaggio religioso, conviene notare il genere particolare d'interazione che si stabilisce tra il predicatore e il suo ambiente.

L'educatore religioso trasforma gli atteggiamenti tenendo conto delle solidarietà che uniscono i suoi uditori rendendoli collettivamente favorevoli o refrattari alla Chiesa.

Se un'identificazione molto stretta lega i fedeli alla propria Chiesa, non si deve dimenticare il persistere delle solidarietà primarie ( famiglia, amici, gruppi intimi ) che rinforzano e sostengono gli atteggiamenti spirituali anche nell'adulto religioso.

Le connessioni che, dall'interno, collegano l'atteggiamento religioso alle comunità culturali e agli ambienti primari ci sembrano essere un tratto distintivo della psicologia del fedele.

È il caso di tenerne conto in ogni sforzo d'inculturazione.

Nessun altro atteggiamento, pensiamo, suppone una simile sintesi, neppure sul piano psico-sociale.

Ruolo della comunità dei credenti.

Per comprendere le differenziazioni interne di appartenenza religiosa, occorrerà osservare, nella loro complementarità, la partecipazione del fedele e la coesione del suo gruppo.

In ogni gruppo religioso, anche nelle sette, l'elemento specificante della coesione sociale è la credenza che vi si professa; è questa, in definitiva, che determina l'orientamento e il significato, anche psico-sociale, dell'affiliazione religiosa.

Le comunità ecclesiastiche hanno la loro propria coesione; esse suscitano appartenenze fondamentalmente identiche dal punto di vista della teologia, ma si esprimono con partecipazioni più o meno strette, per cui lo status psico-sociale del membro della Chiesa comanderà zone più o meno profonde del suo comportamento globale.

Tra i fattori che influiscono sulla coesione delle comunità ecclesiastiche, segnaliamo, in particolare, il ruolo del clero, nel suo aspetto istituzionalizzato e personalizzato e nella qualità della sua relazione coi fedeli.

La dimensione numerica delle parrocchie favorisce la vita comunitaria o la rende impossibile quando si sono superati certi massimi o certi minimi degli effettivi; i movimenti, le associazioni e gli istituti religiosi sono pertanto strutture tipiche di partecipazione e di identificazione tra la persona, la Chiesa locale e la Chiesa universale.

Dobbiamo, a questo proposito, sottolineare le relazioni che esistono tra la partecipazione comunitaria ed il proselitismo religioso.

La comunità si manifesta e si rafforza interiormente aggregandosi continuamente nuovi aderenti.

Di quanto detto, si dovrà ritenere come elemento specifico dell'appartenenza alla Chiesa che questa richiede una partecipazione eminentemente personale, ma in un quadro altamente istituzionalizzato.

Poche affiliazioni psico-sociali impegnano in questo modo la totalità della persona, pur richiedendo un sostegno istituzionale così complesso.

L'immagine che il fedele si fa del proprio gruppo religioso locale ha un ruolo capitale nel suo apprezzamento della comunità di appartenenza e nella qualità della sua partecipazione psico-religiosa.

Occorre qui interpretare le situazioni oggettive che, apparentemente, deprezzerebbero lo status esterno dei gruppi religiosi ( persecuzioni, rifiuti, ecc. ) e vedere come queste situazioni sono religiosamente assunte, nella fede, da parte dei fedeli.

L'apprezzamento spirituale delle solidarietà nate dalla fede costituisce, ugualmente, un tratto specifico delle appartenenze religiose.

Lo si comprende soprattutto esaminando le " espressioni simboliche " tipicamente religiose della comunità cristiana: le solidarietà vi sono concepite come relazioni vitali all'interno di un Corpo vivo.

Il contesto culturale.

Il modo di appartenenza alla Chiesa potrà variare da un contesto culturale ad un altro, perché una dialettica particolare si stabilisce tra i valori culturali di una società e l'identificazione propria dei cristiani che vivono in quell'ambiente.

Si distinguono tre contesti abbastanza tipici che possono condizionare l'identità del cristiano dal punto di vista psico-sociale:

la cultura di sostegno, come quella di molti paesi tradizionali in cui le appartenenze sociali e religiose si rafforzano reciprocamente;

la cultura di rottura, in cui inferisce una situazione di rigetto, di persecuzione e di marginalizzazione dei cristiani;

la cultura pluralistica che obbliga i cristiani a precisare la propria identità, in un ambiente in cui tutte le condizioni coabitano in un clima generale di indifferenza.

Le trasformazioni religiose.

Anche nelle sue trasformazioni interne, l'atteggiamento religioso presenta tratti che lo differenziano dagli atteggiamenti profani.

E soprattutto attraverso le rotture nell'unità delle sintesi spirituali che si dissolvono, si appiattiscono e si spengono i sentimenti religiosi.

Si possono così tracciare certe vie che portano all'indifferenza, al disamore, alla scristianizzazione e all'incredulità religiosa.

Esistono degli assoluti profani capaci di colmare il vuoto lasciato da una fede scomparsa?

Le risposte negative date da molti psico-sociologi a questo interrogativo riteniamo che pongano in rilievo la funzione propria del sacro nell'integrazione profonda della personalità, soprattutto se il sacro è contemporaneamente sia personalizzato che posseduto in comune.

A causa stessa delle motivazioni sacre ed assolute che l'accompagnano, il sentimento religioso gode di una stabilità particolarissima.

Cambiamenti collettivi possono operarsi nei sentimenti religiosi, movimenti di indifferenza o di scristianizzazione; anche allora, tuttavia, delle persistenze e delle sopravvivenze tenaci stanno a testimoniare le influenze profonde, quasi non sradicabili, che le consuetudini religiose hanno lasciato nelle psicologie e nelle culture.

Psicologi e etnologi si accordano nel riconoscere questo duplice tratto distintivo dei sentimenti religiosi:

nessun atteggiamento offre una così grande resistenza al cambiamento,

nessuno lascia tracce così persistenti nelle mentalità.

Si può, in un certo senso, dire che la caratteristica per eccellenza delle trasformazioni religiose, è il progresso spirituale, il movimento verso la santità.

Nell'ottica dell'appartenenza alla Chiesa, la maturazione religiosa si esprime nell'apertura all'universale, nell'oggettivazione delle convinzioni personali che trasformano interamente la condotta, nell'assimilazione di una sapienza unificante.

Appartenere alla Chiesa, per l'adulto religioso, è situarsi in rapporto all'universo degli uomini in cerca di salvezza e in rapporto a Dio.

L'affiliazione religiosa è, in definitiva, un'accoglienza nella fede della Parola di Dio.

Parola che suscita essa stessa e vivifica, agli occhi del fedele, la comunità dei credenti.

Questo atteggiamento fondamentale del membro della Chiesa ci offre la risposta alle apparenti antinomie che può suggerire l'identificazione personale ad una Chiesa:

antinomia tra la libertà e l'appartenenza socio-religiosa,

tra la partecipazione istituzionale e il sentimento interiore,

tra una religione personale e una religione sociologicamente intesa.

Il sentimento di appartenenza, nel fedele, trascende queste distinzioni troppo sommarie.

La psicologia sociale, che non intende trascurare né l'individuale, né il collettivo, ci serve da strumento privilegiato per osservare come si concilino e si arricchiscano, in una personalità adulta, il sentimento religioso intimo e l'appartenenza ad una comunità spirituale visibile.

L'appartenere ad una religione si accompagna ad una promessa di felicità e di progresso morale individuale e collettivo; ma ogni gruppo religioso deve continuamente superarsi per restare fedele alla propria vocazione e per evitare le tentazioni, più o meno coscienti, di egoismo o di chiusura culturale che spesso portano all'intolleranza e al settarismo.

La maturità religiosa comporta una duplice apertura, cioè verso i fratelli nella fede e verso i fratelli di altre convinzioni.

Al di là delle loro divergenze nella fede, c'è la speranza che il loro amore per Dio ispiri un comune amore per l'uomo.

Questo richiede uno sforzo illuminato di dialogo interreligioso ed interculturale.

In conclusione, lo studio delle appartenenze religiose ci introduce in uno dei problemi più brucianti delle attuali culture: il bisogno urgente di difendere, nel medesimo tempo, l'identità religiosa di ogni gruppo e la comprensione tra le famiglie spirituali.

Appartenenza a Cristo

La comunità dei credenti si fonda nell'atto di rivelazione storica di Dio in Cristo.

Tale rivelazione consiste nel manifestare il suo nome e cioè l'identità fondamentale della persona di Dio per l'umanità.

Le caratteristiche della comunità dei discepoli sono essenzialmente due:

essi appartengono a Cristo;

il fondamento di tutta la loro fede consiste nella conoscenza della Parola ricevuta.

In sintesi, la Chiesa è di Cristo e attraverso la rivelazione del Padre riceve anche quella del Figlio come colui che è stato inviato all'umanità.

Appartenere a Cristo rende i credenti stranieri nel mondo e l'estraneità è una qualità distintiva della santificazione.

Stranieri ma non estranei perché il mondo continua ad essere quel campo di missione nel quale anche noi siamo inviati per rivelare la natura di Dio.

Ebbene sì, ogni credente è un missionario ( il contrario sarebbe essere "dimissionario" ) chiamato ad annunciare una parola non sua, una rivelazione altra che lo rende responsabile dinanzi all'umanità.

La responsabilità dell'annuncio di questa rivelazione è tutto ciò che collega i credenti al mondo nel quale vivono.

Ma in che cosa consiste praticamente la natura di questa rivelazione?

Essa si basa sulla testimonianza di Cristo e del suo amore.

Siamo certamente chiamati a vivere come il Signore e a manifestare amore ma senza il peso di doverlo fare a partire da noi perché tutte le cose buone e giuste che abbiamo e che possiamo offrire in realtà non sono nostre, esse vengono unicamente da Dio che ce le ha donate.

Siamo suoi, la Parola che predichiamo è sua, l'amore che manifestiamo ci è stato donato ed io ritengo sia meraviglioso non dover contare sulla mia identità, sulle mie forze e possibilità per compiere il suo volere su questa terra, perché tutto ciò che mi appartiene può venir meno in un momento, ma in un modo o nell'altro Dio continuerà a rivelarsi a questo mondo afflitto e oppresso, questo è certo.

Appartenere a Dio è vivere di Cristo

L'esistenza dell'uomo ha la sua sorgente di bene solo in Dio e la sua realizzazione terrena non può essere pensata senza di Lui

In nome di un'idea errata di libertà, l'uomo sceglie di vivere come se Dio non esistesse.

Infatti, pur avendolo conosciuto in un cammino di fede, accade molte volte che egli adatti Dio stesso alle proprie utilità.

Molti, invece, lo rifiutano, lo escludono dalla loro esistenza considerandolo un motivo di disturbo.

Insomma, l'appartenenza "a Dio" o alla "Chiesa" sembra un affare di pochi la cui scelta è considerata indifferente: una scelta soggettiva che non dovrebbe riguardare gli altri.

È con questo incipit che intendo approfondire la questione dell'appartenenza di ogni uomo a Dio.

Quindi, tenterò, attraverso alcuni brani della Scrittura, di offrire alcuni spunti di riflessione sul legame "indissolubile" che ci lega a Dio.

Il primo aspetto riguarda il momento precedente alla creazione quando Dio pensa l'uomo come "un'opera d'arte".

Prima di crearlo, però, Egli ha contemplato il suo Figlio, il Verbo eterno.

Il fondamento di questa verità si trova in san Paolo: "In [ Cristo ] ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d'amore della sua volontà" ( Ef 1,4-5 ).

Prima della creazione Dio ha pensato l'uomo non come un semplice essere vivente, simile alle altre creature, vegetali o animali che siano ( e questo risponderebbe già a varie questioni ), ma lo ha pensato come un figlio.

Questo perché Dio Padre ha davanti "ai suoi occhi" il suo Figlio, vera Sua immagine, così nel Figlio ogni essere umano viene concepito e creato, secondo una autentica figliolanza.

Da questo aspetto già emerge una prima ragione del legame profondo tra noi e Dio.

Per approfondire meglio questo nesso, tuttavia, occorre considerare un secondo elemento.

L'uomo non vive da se stesso, non ha una vita autonoma, perché Dio ha voluto dargli qualcosa di profondamente suo: "l'alito di vita".

Nel libro della Genesi si legge: "Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente" ( Gen 2,7 ).

La Scrittura mostra, quindi, come la vita umana sia quasi dipendente da Dio tanto da essere descritta in modo icastico come un respiro "dato in prestito" dal Creatore ( cfr. Sap 15,8; Sap 15,16 ).

Gesù ricorda all'uomo questa verità come un limite intrinseco della natura umana: "Chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?" ( Lc 12,25 ).

La consapevolezza di tale limite deve indurre l'uomo a migliorare il suo rapporto con Dio; da questo dipenderà una buona relazione con gli altri e con le cose, perché c'è un bene supremo al quale egli aspirerà, mettendolo al primo posto: la salvezza della sua vita, quell'incontro con il suo Creatore e Signore a cui, un giorno, dovrà rendere conto di quanto detto e operato.

Il terzo aspetto ci fa capire che il Signore, nonostante abbia creato l'uomo a Sua immagine e somiglianza e gli abbia inspirato il suo stesso "respiro", non rinuncia a manifestargli la sua volontà.

Le scelte dell'uomo, infatti, per debolezza, possono risultare contrarie al bene.

Per questo motivo, Dio viene in suo aiuto e gli manifesta il Suo volere dall'esterno della sua coscienza: "Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire" ( Gen 2,16-17 ).

Questo comando divino va letto cogliendo l'amore di Dio che previene l'uomo nelle sue azioni e gli indica, in anticipo, il cammino della vita, avvertendolo delle eventuali conseguenze nel caso in cui le sue azioni fossero contrarie al suo comando.

Se si riflette un momento, il male che dilaga oggi è l'effetto devastante di un'unica grande causa: il tentativo da parte dell'uomo di emanciparsi da Dio.

Difatti, quando l'uomo sceglie indipendentemente dalla Parola di Dio, provoca ferite di male, di dolore e, spesso, la morte a sé e agli altri.

Un ultimo aspetto che spiega l'importanza di appartenere a Dio è la partecipazione dell'uomo alla vita divina.

Esiste una partecipazione che avviene per via sacramentale e un'altra, derivante da quest'ultima, che si coltiva mediante la perfezione cristiana.

La prima via sacramentale riguarda il battesimo che è il fondamento di tutta la vita cristiana, la porta che apre l'accesso agli altri sacramenti.

Con il battesimo siamo liberati dal peccato, rigenerati come figli di Dio, divenendo membra di Cristo; siamo resi partecipi della sua missione e incorporati alla Chiesa.

Così l'uomo è legato alla vita trinitaria; la sua è un'appartenenza "indissolubile" che resta tale anche dopo l'esistenza terrena.

Eppure, il legame con Dio non si realizza solo diventando figli di Dio, ma soprattutto camminando da figli di Dio.

Quest'ultimo aspetto richiede all'uomo un percorso spirituale costante e intenso in modo che la sua vita incarni la verità del Vangelo.

È un cammino graduale di perfezione che pone le basi per una conformazione reale ai sentimenti di Gesù.

Questi sentimenti si acquisiscono attraverso le beatitudini che altro non sono se non il cuore di Cristo espresso dalle sue stesse parole: la "carta d'identità" della sua vita santa.

Pertanto, l'esistenza dell'uomo ha la sua sorgente di bene solo in Dio.

La realizzazione umana, la sua felicità terrena non può essere pensata senza di Lui.


Magistero

Meditazione Francesco 4-4-2017
La croce non solo simbolo di appartenenza ma memoria di Dio che si è fatto peccato per amore
Angelus Francesco 22-10-2017
La nostra vita, giorno per giorno, possiamo e dobbiamo viverla nel riconoscimento di questa nostra appartenenza fondamentale e nella riconoscenza del cuore verso il nostro Padre, che crea ognuno di noi singolarmente, irripetibile, ma sempre secondo l'immagine del suo Figlio amato, Gesù.
Meditazione Francesco 7-5-2020
Essere cristiani è appartenere al popolo di Dio

Catechismo della Chiesa Cattolica

Vocazione universale alla salvezza all'interno dell'unità cattolica 836
  837
Comunione imperfetta con la Chiesa 838
Appartenenza a Cristo 1272
-- Questo sigillo dello Spirito Santo segna l'appartenenza totale a Cristo 1296
-- 2182
Senso di appartenenza alla Chiesa 1309