Cinema

… di ispirazione cristiana

Fin dai suoi inizi il cinema si è interessato alla tematica religiosa.

Già nel 1897 dall'Evangelo della Passione vengono tratti sei film, tra i quali avrà fama duratura Passion di Léar e J.M. Cois sac.

Più che un genere cinematografico, quello religioso è un te ma che anima una produzione filmica numericamente ingente e molto eterogenea.

Le fonti a cui attingere soggetti sono assai ricche: la vita di Cristo, i libri del l'Antico e del Nuovo Testamento, l'agiografia ecc.

Il senso del cinema religioso

L'inesauribile variazione di intuizioni espressive e di sviluppi narrativi innescati da questo tema è alla base del problema del senso del cinema religioso.

Se ne è di battuto nella saggistica italiana soprattutto nel decennio successivo alla metà degli anni '60 anche sotto lo stimolo di titoli quali (  Vangelo secondo Matteo di P.P. Pasolini ( 1965 ), Jesus Christ Superstar di N. Jevvison ( 1974 ),  Messia di R. Rossellini (1975) e Gesù di Nazaret di F. Zeffirelli ( 1977 ). Limite ricorrente alle riflessioni nel settore e l'assenza di una piattaforma terminologica e metodologica precisa.

A seconda dell'angolazione scelta è possibile formulare del religioso diverse caratterizzazioni e di conseguenza offrire varie interpretazioni delle opere a cui danno vita.

Per i cristiani riflettere sulla "religiosità" di un'opera cinematografica - sia essa o no esplicitamente "religiosa" - significa individuar vi l'eventuale presenza di un'ispirazione cristiana.

Però, innanzi tutto il film va fruito e compreso nel suo effettivo significato, va analizzato in se stesso come sistema di comunicazione e come risultato di produzione di senso.

Parla da sé per ciò che esso è, esprime, significa e rappresenta.

All'interno e in continuità con i dati del senso obiettivo dell'opera cosi evidenziati, l'intelligenza e la sensibilità di fede captano o inseguono gli echi e le suggestioni della presenza del trascendente nel film.

Cinema di ispirazione cristiana.

Con questa formulazione, al quanto generica, designiamo le opere in cui il fatto cristiano si apre a un rapporto comunicativo naturale con il linguaggio filmico.

La condizione-base del cinema di ispirazione cristiana è che l'opera esista come film valido e che il
regista sia autore nel senso pieno del termine.

Misterioso elemento costitutivo della nostra interiorità, la presenza divina è ritratta nella sua forza di elevazione in        proporzione alla profondità e alla creatività con cui l'umano è intuito e espresso.

Sotto questo profilo che il regista sia credente è un dato secondario rispetto alla sua capacità espressiva.

La povertà creativa imbriglia la stessa volontà di comunicare il messaggio a cui aderisce.

Dall'altra par te, e lo dimostrano opere di registi quali Ingmar Bergman ( per esempio il silenzio ) o Pasolini ( Il Vangelo secondo Matteo), la rinuncia a credere non preclude all'autore autentico la capacità di scoprire nell'uomo tratti delle  stanze di salvezza. Neppure il fatto che il soggetto del film sia esplicitamente cristiano ha rilevanza decisiva.

Primaria è la verità umana dell'opera ed è solo a questa latitudine di genuinità creativa che si fa "copresente" il trascendente, come asserisce A. Bazin.

Un film "umano" di qualità spesso è spazio di confronto col divi no molto più persuasivo di "film biblici" sterili di humus interio re.

Film biblici

Per verificare queste tesi si può partire dai film tratti dai libri della Sacra Scrittura: dovrebbero fare da "modello" di come il messaggio prende forma espressiva.

Il film o biblico in quanto coglie e comunica il messaggio, il significato profondo del testo ispirato.

Per portare la Bibbia sullo schermo vale il medesimo principio che regge la trascrizione filmica di qualsiasi opera letteraria.

Non è richiesta ( anzi può essere nociva ) la fedeltà materiale alla lettera dell'originale, ma è necessaria l'aderenza allo spirito e al senso di cui è pregno il testo.

Ripercorrendo i titoli delle centinaia di film biblici realizzati, la sensazione è che il cinema si interessa alla Bibbia soprattutto per il miraggio del grande spetta colo. Soggetti preferiti sono i personaggi e le vicende clamorose dell'Antico Testamento e, per il Nuovo Testamento, i miracoli di Cristo e la Passione.

L'idea della Bibbia repertorio sconfinato di leggende e vicissitudini dal ri chiamo sensazionale non tra monta neppure con l'imporsi del la TV.

Esemplari in proposito I dieci comandamenti ( 1958 ) di C.B. De Mille e La Bibbia ( 1966 ) di J. Huston, due titoli in primo piano per il primato d'incassi.

Quello di De Mille è il colossal biblico esemplare, un successo prodigioso.

La produzione è di un'imponenza inaudita.

Sono di scena gli attori prestigiosi del tempo: Charlton Heston ( Mosè ),

Yul Brynner ( il faraone ), John Garradine ( Aronne ).

In questo film si verifica in modo superlativo la coincidenza tra la rigorosa verità dei particolari archeologici e la corposa falsità dell'insieme. La Bibbia.

In principio ( 1966 ),  di Huston è invece  impermeabile le insidie del colossal.

Il film articolato in cinque episodi ( dal la Creazione al sacrificio di Isacco) è un racconto limpido, rispettoso del testo.

Il tipico bel lo spettacolo, ma è soltanto questo: l'elegante rievocazione di un passato che rimane passato. i ricordino infine due film del tutto diversi: Mosè e Aronne ( 1974 ) di J.-M. Straub, ispirato all'opera omonima di Arnold Schónberg, e Genesi.

La Creazione e il Diluvio ( 1995 ) di E. Olmi.

L'opera di Straub è un capolavoro di musica e un'intuizione teologica.

La musica diventa l'anima del ritmo del film, l'interpretazione dell'E  sodo ne è il senso. Mosè è il profeta del Dio che libera il suo popolo dalla schiavitù egizia perché viva nel nomadismo in totale abbandono alla Sua guida amorosa.

Genesi di Olmi vuole essere "cinema della parola": protagonista assoluto è quindi la voce del patriarca Abramo, che racconta, ammonisce, ricorda.

L'afflato del suo "raccontare l'irraccontabile" scaturisce, oltreché dalla memoria devota degli insegnamenti de gli avi, dall'attenzione candida degli astanti, uomini donne e bambini delle tribù berbere del Sud del Marocco dove il film è gi rato.

Genesi è il proemio del "Progetto Bibbia", una serie di 21 film per la TV tratti dall'Antico Testamento che ha preso il via nel 1991.

In effetti la TV ha soppiantato il cinema anche nel mondo della Bibbia: da una quindicina d'anni film biblici di rilievo non se ne ve dono.

Sono già andati in onda Abramo di J. Sargent ( 1993 ), Giacobbe di P. Hall ( 1994 ), Giuseppe e Mosè di R. Young ( 1995 ).

Sono spettacoli avvincenti in cui i registi ( quasi sempre ) se la cava no nell'ardua acrobazia di soddisfare i gusti del pubblico, di rispettare nella sostanza il testo biblico e di tentare di trame qual che risonanza religiosa.

Di parti colare interesse, sotto quest'a spetto, in Abramo la proiezione nei personaggi di reazioni emotive tipiche dell'uomo moderno.

Gli spettatori sono così invitati sulla soglia del dramma del "Padre dei credenti": la fede come rischio.

Film su Gesù

Il teologo Romano Guardini era contrario alla rappresentazione di Cristo nel cinema: la sua personalità attinge il mistero che il cinema è in grado di riprodurre "solo con trucchi, è simulazione di un falso mistero".

Questa posizione non tiene conto di un dato fondante dell'immagine: il suo potenziale simbolico, che è rinvio ad altro, suggestione del mistero.

Il film non può e non deve dimostrare o "rappresentare" la divinità di Cristo; piuttosto è dalla rappresentazione dell'umanità di Gesù che sgorgano tratti evocativi del mistero.

In parecchi film il Cri sto si affaccia all'immaginazione sul filo delle connotazioni irradianti da un personaggio o una vicenda umana.

Per esempio Stalker ( 1979 ) e Il sacrificio ( 1986 ) di A. Tarkovskij.

Nel primo lo Stalker, cioè il "profeta" inviato da Dio a guidare gli uomini di oggi "morti alla speranza" verso la Zona, "luogo della felicità", ripercorre l'itinerario del Salvatore.

L'identificazione Stalker-Gristo culmina nella trasfigurazione rivissuta dai tre uomini che varcano la soglia della Zona mondata di luce alle note dell'Inno alla Gioia.

Nel Sacrificio il "pazzo di Dio" si immola per preservare l'umanità dall'incombente catastrofe in una terribile disponibilità al grido "Dio cancella mi se vuoi!", eco dell'obbedienza suprema della Croce.

Pasolini nel Vangelo secondo Matteo ( 1964 ) ricrea invece sulla trama del te sto evangelico la figura di Gesù "da poeta".

Il suo afflato è animato dalla memoria nostalgica della "fede rustica" dei contadini del Friuli della sua infanzia.

Il suo Cristo e giovane, introverso, proclama quasi alla lettera l'essenziale dei cinque grandi di scorsi di Matteo.

La Parola ha accenti di genuinità nonostante eccessi di letteralismo.

Più ispirate ed evangeliche le pagine ove il discorso cede il passo alla fantasia lirica.

Sono scene che allusioni iconografiche e musicali ( Mozart, Bach ) avvolgono nell'alone di un'arcana atemporalità sulla quale cala il silenzio, presagio dell'irruzione del divino.

Nel film di M. Scorsese L'ultima tentazione di Cristo ( 1988 ) la tentazione è quella che Cristo crocefisso affronta in sogno.

Gesù cede, scende dal patibolo, sposa Maddalena e fa il falegname; ricompare or mai vecchio assalito da Giuda: "Traditore, vigliacco!"

Gesù si inerpica a fatica sul Golgota per ritrovarsi sospeso sulla croce e il sogno svanisce.

Gesù ricorda chi è, perché soffre e muore con un grido di trionfo "Tutto è compiuto!".

Il Cristo della fede è irriconoscibile nel personaggio offerto a M. Scorsese dal romanzo di Nikos Kazantzakis.

Il suo Gesù è un uomo come tutti, e sua unica aspirazione è una vita normale, immemore della missione di salvezza.

Film discusso ma di un certo stimolo ( specie il sogno del "crocifisso renitente" ) a confrontarci al senso della redenzione.

Tra i film su Gesù realizzati dagli anni '70 in poi ( poco più di una decina ) va segnalato anche Il Messia dì R. Rossellini ( 1976 ) e Gesù di Nazaret di F. Zeffirelli ( 1978 ).

Film sull'uomo.

Cosi si posso no chiamare i film che parlano dell'uomo interpellato nelle forme più diverse dal divino.

Sono numerosi e il loro interesse per lo più eclissa quello dei titoli a soggetto religioso, soprattutto per autori esemplari, come L. Bunuel, R. Bresson, I. Bergan, E. Olmi, A. Resnais e K. Kieslowski.

Lo spagnolo Bunuel si autodefinisce "ateo per grazia di Dio" poiché "anche se Dio esiste è come se non esistesse".

Il suo messaggio di salvezza infatti è sublime ma fallimentare: essere davvero cristiani è impossibile, denunciano incalzanti Nazarin ( 1958 ), Viridiana ( 1961 ), Simon del Deserto ( 1965 ).

I protagonisti dei tre film vivono il Vangelo alla lettera.

Il prete Nazarin è più povero dei "dannati della terra" a cui si dedica.

Viridiana lascia il convento per servire i miserabili.

Simon lo stilila personifica la fede esaltata dal rifiuto del mondo.

Il loro fervore li condanna alla sconfitta.

Secondo Bunuel il suo film La Via Lattea ( 1969 ), cronaca teologica del pellegrinaggio di due poveracci a S. Giacomo di Compostella, è una "passeggiata nel fanatismo".

La Chiesa ingabbiare vangelo, sogno vano illuso rio ma ineffabile e sublime, in dogmi e riti che sono mimetizzazioni della sua volontà di potere.

Anche nell'opera del francese Bresson dominano "creature evangeliche" perdenti.

Ma la loro fine è redentrice.

L'agonia fisica e morale del prete del Diario di un curato di campagna ( 1950 ) sfocia nel "Tutto è grazia!" finale.

Quando la protagonista di Mouchette ( 1967 ), tenera e fiduciosa, si illude di esistere per qualcuno, quel folle la violenta.

Il film culmina nel suicidio dell'innocente celebrato nelle immagini di una paradossale liturgia di speranza come risposta all'appello di Dio.

Lo svedese Bergman affronta come problema personale il senso di Dio in una trilogia.

"La certezza conquistata" in Come in uno specchio ( 1961 ): Dio è amore e si comunica a noi nell'amore umano.

"Certezza messa a nudo" nel la sua precarietà in Luci d'inverno ( 1962 ): il pastore Ericsson, traumatizzato dalla scomparsa della moglie confessa: "Con la sua morte, il mio Dio è morto e io sono morto".

Infine Il silenzio ( 1963 ) è il "silenzio di Dio" che esala dal disfacimento esistenziale di due sorelle in balìa di una greve e triste carnalità.

Sebbene secondo Bergman "Luci d'inverno (1962) abbia segnato 'L'annientamento completo  del problema di Dio nella mia vita e nel la mia opera", i film successivi lo smentiscono.

Smentita registrata in Fanny e Alexander ( 1983 ), il suo "film testamento", nell'apparizione del fantasma minaccioso del vescovo-patrigno Vergerus ad Alex-Bergman bambino che impreca "Se Dio ci fosse gli sputerei in faccia… Lo prenderei a calci in culo".

Lo spettro del prelato, personificazione del Dio più abominevole, butta a terra il ragazzo urlando "Non mi sfuggirai!".

In uno dei suoi ultimi sceneggiati televisivi, Il segno ( 1986 ), la protagonista Viveka, ormai avanti negli anni, è ossessionata alla follia dall'occhio ammonitore di Dio ricamato sul suo cuscino di bambina.

Inoltre autori diversi come l'italiano Olmi e il francese Resnais ci sensibilizzano alla presenza del mistero nella normalità del vivere.

Un evento inspiegabile ci blocca di colpo la strada? Per Olmi è La circostanza ( 1974 ) il momento scelto da Dio per innescare in noi un risveglio di coscienza.

Il regista francese si sen te "ateo mistico" identificandosi nel personaggio di L'amour a mort (1984) che esce dalla morte clinica rasserenato dal fascino del mistero della fine.

La sensazione dominante di un tentativo di ripensare il cinema in un'ottica cristiana è, per dirla con l'Olmi di Cammina, cammina ( 1983 ), che "Dio è a portata di mano all'angolo della strada", poiché il mistero palpita nella verità con cui la vicenda umana rivive sullo schermo.

Insomma, tutto sta nel "filmare l'intimo" direbbe il polacco Kieslowski.

Suo capolavoro è il Decalogo: i dieci comandamenti danno spunto a dieci "storie di vita" do ve a prima vista Dio non c'è.

Dio è in scena solo nel primo episodio, ma come bersaglio della requisitoria blasfema del dolore di un padre, scatenato proprio contro colui di cui nega resistenza. Intersecano la cronaca inferiore complessa e geniale, che si dipana in queste dicci ore di cinema, dimensioni "altre": interferenze del mistero nel vivo della quotidianità.

Nei vari episodi si affaccia un estraneo.

L'individuo enigmatico si ferma, osserva at tento ma indifferente, non interviene mai.

Suggestione ambigua della fatalità del destino, oppure di un Dio vissuto dall'uomo in preda all'angoscia come estraneo?

Insomma, filmare l'intimo significa costeggiare il mistero degli interrogativi supremi.

Magistero

Sappiamo anche come sia missione inderogabile del Nostro ministero affermare come perenni e assoluti i postulati morali che reggono e difendono, sì, la vera vita dell'uomo, la sua dignità, la sua bontà, la sua destinazione naturale e soprannaturale.

Discorso Paolo VI
7-7-1964

Concilio Ecumenico Vaticano II

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Vantaggi e danni Inter mirifica 2
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