Padri\Agostino\BattesDon\BattesDon.txt Sul Battesimo contro i Donatisti Libro I 1.1 - Scopo dell'opera Nei libri scritti contro la lettera di Parmeniano a Ticonio, abbiamo promesso di trattare più in particolare la questione del battesimo; ma se pure non ve lo avessimo promesso, sappiamo e riconosciamo di essere in debito verso i fratelli che ce lo richiedono. Perciò, con l'aiuto del Signore, in quest'opera ci proponiamo non solo di confutare le solite obiezioni che i Donatisti ci fanno su questa questione, ma di parlare dell'autorità del beatissimo martire Cipriano, con la quale i Donatisti tentano di sostenere la loro perversa dottrina per evitare che crolli sotto l'urto della verità, e di dire ciò che il Signore ci concederà. Di modo che, quanti giudicano senza essere accecati da spirito di parte, possano capire che l'autorità di Cipriano, non solo non li sostiene, ma che è soprattutto da essa che sono confutati e annientati. 1.2 - Nello scisma non si perde né il battesimo né l'ordine Per la verità, già nei libri menzionati, si è detto che fuori della comunione cattolica il battesimo si può dare, così come, fuori di essa, si può avere. Del resto, nessuno di loro nega che hanno il battesimo anche gli apostati; se infatti a quelli che ritornano e si convertono con la penitenza, non si ridà, è perché si ritiene che non hanno potuto perderlo. Così anche quelli che si allontanano dalla comunione della Chiesa con il sacrilegio dello scisma: hanno certamente il battesimo ricevuto prima di andarsene. Ed in effetti, anche a loro, se ritornano, non si ridà. Il che dimostra che ciò che avevano ricevuto nell'unità, non hanno potuto perderlo separandosene. Ora, se fuori è possibile averlo, perché non è possibile darlo? Se tu dici: " Fuori non è legittimo darlo ", noi replichiamo: " Come fuori non è legittimo averlo, eppure lo si ha, così fuori non è legittimo darlo, eppure lo si dà ". E come con la riconciliazione nell'unità, si comincia ad avere utilmente ciò che fuori dell'unità si aveva inutilmente, così, con la stessa riconciliazione, comincia ad essere utile ciò che, fuori di essa, è stato dato inutilmente. Non è comunque lecito dire che non è stato dato ciò che è stato dato, e né accusare uno di non averlo dato, quando confessa di aver dato ciò che aveva ricevuto. Il sacramento del battesimo è quello che ha il battezzato, mentre il sacramento del dare il battesimo è quello che ha l'ordinato. E come il battezzato, allontanandosi dall'unità, non perde il sacramento del battesimo, così l'ordinato, allontanandosi dall'unità, non perde il sacramento del dare il battesimo. Non va fatto torto a nessun sacramento: se nei cattivi ne viene meno uno, vengono meno tutte e due, se ne resta uno, restano tutti e due. Perciò, come si accetta il battesimo, che non ha potuto perdere colui che si è separato dall'unità, così va accettato il battesimo dato da colui che, andandosene, non ha potuto perdere il sacramento del dare il battesimo. Ora, come al loro ritorno, quelli che sono stati battezzati prima di andarsene, non si ribattezzano, così, al loro ritorno, quelli che sono stati ordinati prima di andarsene, certamente non si ordinano di nuovo, ma, o continuano ad amministrare ciò che amministravano, se l'utilità della Chiesa lo richiede o, se non continuano, conservano il sacramento dell'Ordinazione, e quindi non si impongono loro le mani come a dei laici. In effetti, non perse né il sacramento del battesimo e né quello del dare il battesimo, Feliciano, quando si è separato da essi insieme a Massimiano, tant'è vero che ora lo hanno con loro insieme a quegli stessi che egli ha battezzato fuori, nello scisma di Massimiano. Ecco perché gli altri, pur non essendo uniti alla nostra società, hanno potuto ricevere da loro ciò che questi non avevano perso allontanandosi dalla nostra società. Tutto ciò dimostra, e che i Donatisti agiscono con empietà quando cercano di ribattezzare l'unità del mondo, e che noi agiamo con rettitudine, quando non osiamo condannare, neppure nello scisma, i sacramenti di Dio. Su ciò in cui la pensano come noi, infatti, essi sono anche uniti a noi, si sono invece allontanati da noi, su ciò in cui dissentono da noi. Si tratta di una vicinanza e lontananza che non va misurata in termini di movimenti del corpo, ma dello spirito. Come infatti con la continuità degli spazi di realizza la congiunzione dei corpi, così con il consenso delle volontà si realizza un certo contatto di spiriti. Se quindi colui che si è separato dall'unità, vuole fare una cosa diversa da quella che ha appreso nell'unità, allora si allontana e si separa; ma se ciò che vuol fare è quanto si fa nell'unità, dove l'ha ricevuto e appreso, allora rimane ed è unito a noi. 2.3 - Il battesimo deve essere ricevuto dove si è certi che è legittimo riceverlo I Donatisti, pertanto, su alcuni punti sono con noi e su altri se ne sono andati. Quindi, mentre le cose in cui sono con noi, noi non le proibiamo, per quanto riguarda quelle in cui non sono con noi, li esortiamo a venire per averle o a tornare per riaverle, e con ogni possibile mezzo ci impegniamo con grande carità, perché, emendatisi e correttisi, facciano questa scelta. Quindi non diciamo loro: " Non date il battesimo ", ma: " Non datelo nello scisma "; e a quelli che essi stanno per battezzare, non diciamo: " Non ricevete il battesimo ", ma: " Non ricevetelo nello scisma ". Ora, se in caso di estrema necessità, uno non trova un cattolico dal quale farsi battezzare e, conservando nel cuore la fedeltà alla pace cattolica, riceve da qualcuno fuori dell'unità cattolica, il battesimo che era pronto a ricevere nell'unità cattolica, se questi all'improvviso muore, noi lo riteniamo sicuramente un cattolico. Se invece egli viene liberato dalla morte corporale, quando si inserirà, anche con la sua presenza corporale, nell'assemblea cattolica, da cui non si era mai allontanato col cuore, non solo non lo rimproveriamo di ciò che ha fatto, ma lo lodiamo con tutta sicurezza e serenità, perché ha creduto che Dio era presente nel suo cuore, dove conservava l'unità, e perché non ha voluto uscire da questa vita, senza il sacramento del santo battesimo che, ovunque lo ha trovato, lo ha riconosciuto di Dio e non degli uomini. Ma se uno, pur potendo riceverlo nella Chiesa cattolica, per una sua deviazione mentale, sceglie di essere battezzato nello scisma, magari pensando di venire in seguito alla Cattolica, perché è sicuro che qui è fruttuoso il sacramento, che altrove può, sì, ricevere, ma senza frutto, questi è senza dubbio un perverso e un iniquo, ed è tanto più nocivo quanto più ne è consapevole. Egli infatti non dubita che è bene ricevere il battesimo nella Chiesa, così come non dubita che in essa è fruttuoso anche quello ricevuto altrove. 3.4 - Tesi cattoliche e donatiste sul battesimo Sono due le tesi che noi sosteniamo: che nella Cattolica c'è il battesimo, e che solo in essa si riceve legittimamente. I Donatisti le negano entrambe. E ne sosteniamo anche altre due: che tra i Donatisti c'è il battesimo, e che tra essi non si riceve legittimamente. Di queste due, essi affermano, con decisione, una sola e cioè che da loro si trova il battesimo; mentre, che da loro non si riceve legittimamente, non vogliono ammetterlo. Delle quattro tesi, tre sono solo nostre e una è comune ad entrambi. Così, che nella Cattolica c'è il battesimo, e che in essa è legittimo riceverlo, e che presso i Donatisti non è legittimo, lo diciamo solo noi; ma che il battesimo si trova anche tra i Donatisti, essi lo affermano e noi lo concediamo. Ora, se uno vuol farsi battezzare e sa con sicurezza che per ottenere la salvezza deve scegliere la nostra Chiesa, perché solo in essa giova il battesimo di Cristo, anche se ricevuto altrove, e tuttavia decide di farsi battezzare nel partito di Donato, proprio perché a dire che tra di loro c'è il battesimo, non sono solo loro e né siamo solo noi, ma tutte e due, badi alle altre tre tesi. Se infatti ha scelto di seguire noi in ciò che essi non dicono, e poi antepone le cose che diciamo entrambi a quelle che diciamo solo noi, ci basta che egli anteponga le cose che essi non dicono, ma che diciamo solo noi, a quelle che dicono solo loro. Ora, che nella Cattolica c'è il battesimo, noi lo diciamo, essi non lo dicono; che nella Cattolica è legittimo riceverlo, noi lo diciamo, essi non lo dicono; che non è legittimo riceverlo nel partito di Donato, noi lo diciamo, essi non lo dicono. Come dunque preferisce credere ciò che solo noi diciamo di credere, così preferisca fare ciò che solo noi diciamo di fare. Quanto a ciò che tutte e due diciamo di credere, se vuole, lo deve credere più fermamente di quanto diciamo solo noi. Perciò, dovrà credere più fermamente che nel partito di Donato si trova il battesimo di Cristo, che è quanto diciamo tutti e due, di quanto crede che si trova nella Cattolica, che è quanto dicono solo i cattolici. E d'altra parte, dovrà credere più fermamente che il battesimo di Cristo si trova anche da noi, che è quanto diciamo solo noi, piuttosto di credere che non vi si trova, che è quanto dicono solo loro. Egli infatti ha già deciso, e ne è certo, che nelle questioni in cui tra noi non c'è accordo, noi dobbiamo essere preferiti a loro. Di conseguenza, ciò che diciamo solo noi: che è legittimo ricevere il battesimo presso di noi, dovrà crederlo di più di quanto creda che non è legittimo, perché questo lo dicono solo loro. Con questo criterio, la tesi che sosteniamo noi solo, e cioè che non è legittimo riceverlo presso di loro, egli la crederà di più di quella che sostengono essi solo, e cioè che è legittimo riceverlo presso di loro. Egli quindi si illude di stare tranquillo, nel ricevere il battesimo là dove entrambi diciamo che c'è, ma non entrambi diciamo che è là che si deve ricevere. Del resto, non è stato proprio lui a scegliere di stare con noi in ciò che non diciamo entrambi? Lo riceva quindi con tranquillità là dove egli è sicuro di trovarlo e dove è legittimo riceverlo; non lo riceva là, dove certamente c'è, ma non vi si deve ricevere, come dicono quelli il cui insegnamento ha deciso di preferire. Anche se dubitasse di ricevere legittimamente là, il battesimo che è sicuro di ricevere legittimamente nella Cattolica, egli peccherebbe gravemente in una materia che riguarda la salvezza dell'anima, per il solo fatto di preferire l'incerto al certo. Che sia legittimo infatti farsi battezzare nella Chiesa cattolica, egli ne è certo per il fatto stesso di aver deciso di passare da essa, dopo essere stato battezzato altrove. Che invece non sia legittimo farsi battezzare presso i Donatisti, egli dovrebbe almeno averne il dubbio, poiché lo dicono quelli la cui dottrina è sicuramente da preferirsi a quella dei Donatisti. Quindi, preferendo il certo all'incerto, si faccia battezzare là dove è sicuro che è legittimo farlo, se non altro perché, mentre pensava di battezzarsi altrove, aveva deciso di passare di qua. 4.5 - Analogia con il distintivo militare Se poi uno non capisce come si possa dire che presso i Donatisti c'è il battesimo, ma che presso di loro non è legittimo riceverlo, tenga presente che, a nostro avviso, esso da loro non esiste neppure legittimamente; e lo dicono anche alcuni di quelli che si allontanano dalla loro comunione. Considerino la similitudine del distintivo militare: fuori del servizio militare lo possono portare e ricevere anche i disertori, e tuttavia, fuori del servizio, non si deve né portare e né ricevere; ma quando il disertore viene condotto o ricondotto all'esercito, esso non va né cambiato, né rinnovato. Nondimeno, un conto è la situazione di quanti, per ignoranza, s'imbattono in questi eretici, credendo che essi siano la Chiesa di Cristo, e un conto quella di quanti sanno che non vi è Chiesa cattolica, tranne quella che si diffonde e si estende in tutto il mondo sino ai confini della terra come è stato promesso; quella che, mentre cresce in mezzo alla zizzania e nel disgusto degli scandali, anelando alla pace futura dice nei Salmi: Dai confini della terra ti ho invocato, mentre il mio spirito era nel disgusto; mi hai sollevato sulla pietra. ( Sal 61,3 ) Ora la pietra era Cristo, ( 1 Cor 10,4 ) nel quale noi siamo già risorti e sediamo in cielo - come dice l'Apostolo ( Ef 2,6 ) - non ancora nella realtà, ma nella speranza. Perciò il Salmo continua, dicendo: Mi hai guidato, perché ti sei fatto mia speranza, torre di fortezza al cospetto del nemico. ( Sal 61,3-4 ) In verità, forti delle sue promesse, che sono come dardi e frecce posti su una torre ben fortificata, noi non solo cerchiamo di tenere a bada, ma sconfiggiamo pure il nemico che veste i suoi lupi con pelli di pecore ( Mt 7,15 ) per poter dire: Ecco, è qui il Cristo; eccolo, è là; ( Mt 24,23 ) per allontanare molti agnelli dall'immensa città posta sul monte, ( Mt 5,14 ) portarli alle loro piccole tane piene di insidie e, dopo averli catturati, sbranarli. Ma pur sapendo questo, alcuni scelgono di ricevere il battesimo di Cristo fuori dalla comunione dell'unità del Corpo di Cristo, con l'intenzione di passare in seguito a questa comunione, con il battesimo ricevuto altrove. Essi sanno di ricevere il battesimo di Cristo contro la Chiesa di Cristo, almeno il giorno stesso in cui lo ricevono. Ma se questo è un delitto, chi oserà dire: " Mi si permetta di compierlo almeno per un giorno "? Se egli infatti intende passare alla Cattolica, gli chiedo il motivo. Che cosa potrà rispondere, se non che è un male stare nel partito di Donato e non nell'unità cattolica? Ebbene, questo male, per quanti giorni lo avrai fatto, per altrettanti continuerai a farlo; e se si può dire che il male di più giorni è più grave, mentre quello di pochi giorni è meno grave, che non sia nessun male non lo si può dire. Che bisogno c'è di commettere, sia pure per un solo giorno o per una sola ora, un male così esecrabile? Se proprio uno se lo vuol permettere, può chiedere alla Chiesa o a Dio stesso il permesso di essere apostata almeno per un giorno. In effetti, perché uno debba temere di essere apostata per un solo giorno, e non temere di essere scismatico o eretico per un solo giorno, non vedo il motivo. 5.6 - Nel battesimo bisogna anteporre il vero al falso, il certo all'incerto " Ho preferito ricevere il battesimo di Cristo - egli dice - là dove tutte e due ammettete che sia ". Sì, ma che da loro non è legittimo riceverlo, te lo dicono quelli presso i quali stai per passare; che invece da loro è legittimo riceverlo, te lo dicono quelli che stai per lasciare. Ora, ciò che dicono questi, che tu posponi, in contrasto con quelli, che tu preferisci, o è falso o, per esprimermi con più moderazione, è dubbio. Anteponi quindi il vero al falso o il certo all'incerto. In effetti, che là dove tu ti appresti a passare, dopo averlo ricevuto altrove, si può ricevere legittimamente il battesimo che desideri, lo ammettono non solo quelli presso i quali sei intenzionato a passare, ma tu stesso che stai per passarvi. Se infatti tu dubitassi della legittimità di poterlo ricevere là, dubiteresti anche di doverci passare. Quindi, se è incerto che ricevere il battesimo nel partito di Donato è un peccato, chi oserà dubitare che è certamente un peccato, non scegliere di riceverlo là dove sicuramente non è peccato? Quanto a quelli che per ignoranza si fanno battezzare presso di loro, ritenendo che essa sia la vera Chiesa di Cristo, in confronto agli altri commettono un peccato meno grave, ricevono tuttavia la ferita del sacrilegio dello scisma, che non si può definire non grave, solo perché quello degli altri è più grave. Se infatti ad alcuni è stato detto: Nel giorno del giudizio si sarà più tolleranti per gli abitanti di Sodoma, che per voi, ( Mt 11,24 ) non significa che gli abitanti di Sodoma non saranno puniti, ma che altri lo saranno più duramente. 5.7 - La vicenda dei Massimianisti ha risolto la questione Quantunque per qualche tempo questo sia stato forse nascosto e incerto. Ma là da dove viene la guarigione di quelli che se ne accorgono e si correggono, viene anche l'aggravamento di quelli che non possono più permettersi di ignorare, e si ostinano tenacemente nella loro rovina. Di fatto, la condanna dei Massimianisti e la riammissione dei condannati e di quanti erano stati battezzati da essi fuori della loro comunione, nello scisma sacrilego, come proclama il loro concilio, ha risolto la questione e spazzato via ogni contesa. Essa non ha lasciato alcun motivo tra noi e i Donatisti, che sono in comunione con Primiano, per dubitare che quanti si separano dalla Chiesa, non solo possano dare il battesimo, ma anche riceverlo. In effetti, come essi sono costretti ad ammettere che quelli che Feliciano ha battezzato nello scisma, hanno ricevuto il vero battesimo, visto che ora li hanno tra loro con lo stesso battesimo ricevuto nello scisma, così noi diciamo che il battesimo di Cristo esiste anche fuori della comunione cattolica, e lo danno quelli che si sono separati da questa comunione, perché, pur separandosene, non lo hanno perso. E ciò che essi credono di aver dato a quelli che Feliciano ha battezzato nello scisma, quando li hanno riconciliati a loro, e cioè, non di ricevere un battesimo che non avevano, ma di far fruttare quello che avevano inutilmente ricevuto nello scisma, e che ancora avevano, questo veramente lo concede e lo dona Dio, mediante la comunione cattolica, a quelli che vengono da qualche eresia o scisma, dove hanno ricevuto il battesimo di Cristo; vale a dire: non che incomincino ad avere il sacramento di Cristo, che non avevano, ma incominci a giovare a loro ciò che avevano. 6.8 - Le molte particelle dei Donatisti rivendicano ciascuna per sé il vero battesimo Perciò tra noi e i Donatisti così detti " cardinali ", il cui vescovo a Cartagine è Primiano, non vi è più, su questo punto, nessuna controversia. Dio ha voluto chiuderla per mezzo dei Massimianisti; e così, ciò che essi non volevano ammettere, persuasi dalla carità, lo ammettono, costretti dal loro esempio. Ma noi continuiamo a discutere, proprio perché non credano di dire qualcosa, quelli che non fanno comunione con costoro e che preferiscono sostenere che i Donatisti rimasti con loro, quanto più sono pochi tanto più sono veri. Ma se si trattasse solo dei Massimianisti, non dovremmo trascurare la loro salvezza; quanto più non dobbiamo farlo, visto che lo stesso partito di Donato si è frantumato in molti piccolissimi frammenti e che tutte queste particelle rimproverano la sola parte più grande, nella quale c'è Primiano, di avere accettato il battesimo dei Massimianisti? E che ognuna di esse si sforza di sostenere che il vero battesimo è rimasto solo presso di essa, mentre non esiste affatto altrove, né in tutta la terra, dove è estesa la Chiesa cattolica, né nella parte più grande, quella di Donato, e né nelle altre, tranne che in essa, che è una delle piccolissime parti? Ora, se tutte queste particelle vogliono ascoltare la voce, non di uomo, ma della più limpida verità, e domare lo spirito animoso della loro perversità, non ritorneranno certo alla parte più grande di Donato, che è una parte separata dalla quale a loro volta si sono separate, ma ritorneranno dalla loro aridità alla verdeggiante radice cattolica. Tutti costoro, quando non sono contro di noi, ( Mc 9,39 ) sono per noi, e quando non raccolgono con noi, disperdono. ( Mt 12,30 ) 7.9 - L'antica consuetudine della Chiesa Ora, per non dare l'impressione di trattare con argomenti umani una questione oscura che, nei primi tempi della Chiesa, prima dello scisma di Donato, ha spinto padri e vescovi, uomini grandi e animati da grande carità, a discutere tra loro, salva sempre la pace, e ad oscillare tra varie soluzioni, tanto che le differenti decisioni restarono a lungo sospese nelle loro rispettive regioni, finché un concilio plenario di tutto il mondo, fugato ogni dubbio, confermò l'opinione più salutare, porterò prove sicure dal Vangelo. Così dimostrerò, con l'aiuto del Signore, quanto sia stato saggio, e veramente secondo Dio, stabilire che, in ogni scismatico o eretico, la medicina della Chiesa curasse la parte che lo teneva separato, mentre la parte sana, una volta riconosciuta, l'approvasse, anziché ferirla con dei rimproveri. È vero che nel Vangelo il Signore dice: Chi non è con me, è contro di me. E chi non raccoglie con me, disperde, ( Mt 12,30 ) tuttavia, quando i discepoli gli riferirono di avere visto un tale che scacciava i demoni nel suo nome, e di averglielo vietato, perché non era un suo seguace come loro, egli replicò: Non glielo proibite. Chi non è contro di voi, è per voi. Nessuno, infatti, può fare un miracolo nel mio nome e parlare male di me. ( Mc 9,38-39 ) Ora, se in lui non c'era nulla da correggere, dovrà stare tranquillo chi, posto fuori della comunione della Chiesa, raccoglie nel nome di Cristo, anche se è separato dalla società cristiana; ma così sarà falso il detto: Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde. Se invece va corretto proprio ciò che i discepoli del Signore fecero per ignoranza, e ciò di cui il Signore disse: Non glielo impedite, perché proibì di impedirglielo? E come potrà essere vero questo detto: Chi non è contro di voi, è per voi? In quel caso, quello non era contro di loro, ma per loro, poiché operava le guarigioni nel nome di Cristo. Dunque, affinché entrambi le frasi siano vere, come di fatto lo sono, sia l'una: Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde, e sia l'altra: Non glielo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi, che cosa ci resta da capire, se non che, da una parte quel tale andava confermato nella venerazione di un nome così grande, poiché non era contro la Chiesa, ma per la Chiesa, dall'altra, andava condannato per la separazione, nella quale, se raccoglieva, disperdeva? Così, se per caso egli fosse venuto alla Chiesa, non vi avrebbe ricevuto ciò che aveva, ma sarebbe stato corretto nell'errore che lo teneva lontano. 8.10 - I Donatisti, per la parte sana, sono uniti alla Chiesa Ma neppure di Cornelio, un Gentile, si può dire che le sue preghiere non siano state esaudite e le sue elemosine non siano state gradite; egli, anzi, meritò di vedersi inviato un angelo e meritò di vedere questo inviato, dal quale avrebbe potuto imparare, certamente senza intermediari umani, tutte le verità necessarie. Ma siccome tutto il bene che riceveva nelle preghiere e nelle elemosine, non poteva giovargli, se egli non si fosse incorporato alla Chiesa mediante il vincolo della società e della pace cristiana, gli viene ordinato di inviare uomini da Pietro. Così, tramite lui conosce Cristo e, da lui anche battezzato, si unisce anche col vincolo della comunione al popolo cristiano, a cui lo univa solo la somiglianza delle buone opere. ( At 10 ) Sarebbe stato certamente un danno per lui, se avesse disprezzato il bene che ancora non aveva, per inorgoglirsi di ciò che aveva! Questo vale anche per quelli che, separandosi dalla società degli altri, violano la carità e rompono il vincolo dell'unità: se non osservano niente di quanto hanno ricevuto in quella società, sono totalmente separati, e quindi, se uno che hanno associato a loro, vuole venire alla Chiesa, deve ricevere tutto ciò che non ha ricevuto. Se invece ne osservano una parte, in questa non si sono separati, e per questa si trovano ancora nella struttura dell'organismo; mentre per il resto ne sono separati. Quindi, colui che hanno associato è legato alla Chiesa nella parte in cui neppure essi sono separati, e quindi, se desidera venire alla Chiesa, viene sanato nella parte in cui, lacerato, errava lontano; quanto invece alla parte sana, che lo univa alla Chiesa, essa non si cura, ma si riconosce, onde evitare che, per curarla, la feriamo. Pertanto, quelli che essi battezzano, li guariscono dalla ferita dell'idolatria o dell'infedeltà, ma aprono in loro una ferita ancora più grave: lo scisma. ( Es 32 ) Nel popolo di Dio, infatti, mentre gli idolatri li uccise la spada, gli scismatici, li inghiottì una voragine. ( Nm 16 ) E l'Apostolo disse: Se avessi tutta la fede da trasportare le montagne, ma non ho la carità, sono un nulla. ( 1 Cor 13,2 ) 8.11 - Non dobbiamo guardare solo la parte sana, ma anche la malata Se un uomo, colpito da una grave ferita in una parte vitale del corpo, viene condotto dal medico e questi dice: " Se non si cura muore di questa ferita ", io non penso che coloro che ve lo hanno condotto, siano tanto pazzi, da mettersi ad esaminare e a contare le membra sane, e poi rispondere al medico: " E che, tutte queste membra sane non possono salvargli la vita, e un solo membro ferito può dargli la morte? ". No, non lo dicono, ma glielo consegnano perché lo curi. Tuttavia, se lo affidano al medico per curarlo, non per questo gli chiedono di curargli anche le parti sane, ma di applicare subito una medicina solo a quella parte, da dove la morte minaccia anche le parti sane, e le raggiungerà se non si cura. Perciò, che giova ad un uomo avere la fede sana o, forse, sano solo il sacramento della fede, quando la ferita mortale dello scisma gli ha distrutto la salute della carità, se basta questa distruzione per trascinare alla morte anche le parti sane? Ma perché questo non succeda, la misericordia di Dio non cessa di invitarli, mediante l'unità della santa Chiesa, a venire e a curarsi con la medicina della riconciliazione e con il vincolo della pace. Né credano di essere sani, solo perché noi diciamo che hanno una parte sana, né credano di dover curare la parte sana, solo perché noi indichiamo la parte ferita. Di conseguenza, quanto all'integrità del sacramento, non essendo contro di noi, sono per noi; quanto alla ferita dello scisma, tutto ciò che non raccolgono con Cristo, lo disperdono. Non si esaltino per le cose che hanno. Perché gettano i loro sguardi orgogliosi sulle parti sane? Si degnino di guardare umilmente anche la loro ferita, e badino non solo a quello che c'è, ma anche a quello che non c'è. 9.12 - Senza la carità tutti gli altri doni non servono a niente Considerino come non giova a niente avere molti e grandi doni, se ne manca uno! E vedano qual è quest'uno! Per questo non ascoltino me, ma l'Apostolo. Egli ha detto: Se io parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non ho la carità, sono come un bronzo suonante e un cembalo squillante. E se avessi la profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza; e se avessi tutta la fede da trasportare le montagne, ma non ho la carità, sono un nulla. ( 1 Cor 13,1-2 ) Che giova loro, saper parlare la lingua degli angeli nei sacri misteri ed avere la profezia per profetizzare ogni tanto, come fecero Caifa ( Gv 11,51 ) e Saul, ( 1 Sam 10,10; 1 Sam 18,10 ) uomini riprovevoli, come attesta la santa Scrittura? Non solo conoscere, ma anche avere i sacramenti, come li ebbe Simon Mago? ( At 8,13 ) Avere la fede come i demoni che confessarono Cristo? - Non che non credessero quando gridavano: Che c'è tra noi e te, Figlio di Dio? Sappiamo chi sei -. ( Mc 1,24 ) Che giova distribuire i propri beni ai poveri, come fanno molti, non solo nella Chiesa cattolica, ma anche nelle diverse eresie? E nell'assalto di qualche persecuzione unirsi a noi nel dare il proprio corpo alle fiamme, per la fede che professano insieme a noi? ( 1 Cor 13,3 ) Ma dato che queste cose le fanno da separati che non si sopportano a vicenda nell'amore, e non si sforzano di conservare l'unità dello spirito mediante il vincolo della pace, ( Ef 4,2-3 ) vale a dire senza avere la carità, pur con tutti questi carismi, che a loro non giovano a niente, non possono giungere alla salvezza eterna. 10.13 - Si pone la questione se nel partito di Donato il battesimo genera figli Essi credono di essere molto sottili chiedendoci se il battesimo di Cristo genera o no, nel partito di Donato, dei figli; sicché, se noi ammettiamo che li genera, dicono che è la loro Chiesa la madre che ha potuto generare questi figli dal battesimo di Cristo; e poiché deve esservi una sola Chiesa, perciò accusano la nostra di non essere Chiesa. Se invece diciamo: " No, non li genera ", ci dicono: " Perché allora non fate rinascere presso di voi con il battesimo quelli che, dopo essere stati battezzati presso di noi, passano da voi, se ancora non sono nati? ". 10.14 - La Chiesa genera figli non nella parte separata, la carità, ma nella unità, il battesimo. Ma non tutti i generati appartengono alla sua unità Come se la Chiesa genera nella parte in cui è separata e non nella parte in cui è unita: è separata infatti dal vincolo della carità e della pace, ma è unita nell'unico battesimo. Una sola è la Chiesa ed essa sola si chiama Cattolica; e tutto ciò che di suo c'è nelle diverse comunioni separate dalla sua unità, in quanto è cosa sua in loro, genera essa e non esse. A generare non è la parte separata, ma è ciò che le diverse comunioni hanno conservato della Chiesa. Se perdono anche questo, non generano più. È la Chiesa quindi che genera in tutte le comunioni che conservano i suoi sacramenti; con questi può generare figli dappertutto, anche se non tutti i generati appartengano alla sua unità, che salverà quanti persevereranno sino alla fine. Ma in verità, a non appartenere alla chiesa non sono solo quelli che si sono manifestati con il sacrilegio sfrontato dello scisma, ma anche quelli che, sebbene fisicamente mescolati nella sua unità, se ne separano con una pessima vita. Simon Mago aveva partorito addirittura con il battesimo, eppure gli è stato detto che non avrebbe preso parte all'eredità di Cristo. ( At 8,21 ) Gli mancò forse il battesimo? Il Vangelo? I sacramenti? No, ma gli mancò la carità, e quindi era nato invano, e forse gli conveniva non nascere. Non erano forse nati quelli ai quali l'Apostolo dice: Come a bambini appena nati in Cristo, vi ho dato da bere latte e non nutrimento solido? ( 1 Cor 3,1-2 ) Eppure egli li richiama dal sacrilegio dello scisma, nel quale precipitavano proprio perché carnali. Come a bambini nati in Cristo - egli dice - vi ho dato da bere latte e non nutrimento solido, poiché non potevate ancora riceverlo. E neanche ora lo potete; infatti siete ancora carnali. Dato che tra voi c'è invidia e discordia, non siete forse carnali e vi comportate in modo umano? In effetti, se uno dice: Io sono di Paolo, e un altro: Io sono di Apollo, non siete solo umani? ( 1 Cor 3,1-4 ) È di questi, che sopra dice: Vi scongiuro, fratelli, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, ad avere tutti uno stesso linguaggio e non vi siano tra di voi delle divisioni; ad essere invece in perfetta sintonia di sentimenti e di idee. Sono stato infatti informato riguardo a voi, fratelli miei, dagli abitanti di Cloe, che tra voi ci sono discordie. Dico questo, perché ciascuno di voi dice: Io sono di Paolo, io di Apollo, io di Cefa, ed io, invece, di Cristo. È stato forse diviso Cristo? È stato forse crocifisso Paolo per voi, o è nel nome di Paolo che siete stati battezzati? ( 1 Cor 1,10-13 ) Ora, se quei cristiani fossero rimasti nella loro ostinazione e perversità, erano nati, ma non facevano parte, per mezzo del vincolo della pace e della carità, della Chiesa da cui erano nati. È essa, quindi, che genera, sia nel suo grembo che nel grembo delle ancelle, dagli stessi sacramenti, come dal seme del suo sposo. Non è senza motivo, che l'Apostolo dice: Tutte queste cose sono accadute in figura. ( 1 Cor 10,11 ) Ma quanti si fanno vincere dalla superbia e non si uniscono alla madre legittima, sono simili ad Ismaele, di cui Dio ha detto: Scaccia la schiava e suo figlio; poiché il figlio della schiava, non sarà erede con il mio figlio Isacco. ( Gen 21,10-11 ) Quanti invece amano pacificamente la legittima sposa del loro padre, che li ha generati per legittimo diritto, sono simili ai figli di Giacobbe che, quantunque nati dalle schiave, hanno ricevuto la stessa eredità. ( Gen 30,3 ) Quanti invece sono nati nell'unità dal grembo di questa madre, ma trascurano la grazia ricevuta, somigliano ad Esaù, figlio di Isacco, il quale fu riprovato, come Dio attesta e dice: Giacobbe l'ho amato, mentre Esaù l'ho odiato, benché entrambi concepiti in un unico rapporto e nati da un unico grembo. ( Ml 1,2-3; Gen 25,24 ) 11.15 - Si pone la questione se nel partito di Donato, il battesimo rimette i peccati Ci chiedono anche se nel partito di Donato il battesimo di Cristo rimette i peccati. Così, se noi diciamo che li rimette, ci rispondono: " Dunque c'è, là, lo Spirito Santo "; il Signore, infatti, dopo averlo dato con il suo soffio ai discepoli, ha detto: Battezzate le genti nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. ( Mt 28,19 ) A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi, e a chi li riterrete saranno ritenuti. ( Gv 20,23 ) " Ma se questo è vero - essi dicono - è la nostra comunione la Chiesa di Cristo: lo Spirito Santo non opera la remissione dei peccati fuori dalla Chiesa. Ma se la Chiesa di Cristo è la nostra comunione, non è Chiesa di Cristo la vostra comunione. C'è una sola Chiesa, chiunque sia il destinatario di queste parole: Una sola è la mia colomba, una sola per la sua madre ( Ct 6,8 ) e non possono esservi tante Chiese quanti sono gli scismi. Se invece noi diciamo che da loro i peccati non vengono rimessi, replicano: " Dunque da noi non c'è il vero battesimo; di conseguenza i nostri che voi accogliete, dovete battezzarli. Ma dato che non lo fate, ammettete di non essere nella Chiesa di Cristo ". 11.16 - Dove non c'è la carità, i peccati non si rimettono Ci opponiamo seguendo le Scritture e li interroghiamo in modo che siano essi stessi a darsi la risposta che attendono da noi. Mi dicano: si rimettono i peccati dove non c'è la carità? I peccati sono le tenebre dell'anima. Dice infatti Giovanni: Chi odia il proprio fratello è ancora nelle tenebre. ( 1 Gv 2,11 ) Nessuno farebbe uno scisma, se non fosse accecato dall'odio verso i fratelli. Se dunque noi diciamo che presso di loro i peccati non sono rimessi, come può rinascere chi vi si battezza? Che significa, infatti, rinascere mediante il battesimo, se non rinnovarsi dalla vecchiezza? E come si rinnova dalla vecchiezza colui al quale non si rimettono i peccati passati? Ma se non è rinato, non è neppure rivestito di Cristo; ne consegue che sembra necessario ribattezzarlo. Dice, infatti, l'Apostolo: Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo; ( Gal 3,27 ) ma se non è rivestito di Cristo, non va neppure considerato battezzato in Cristo. Del resto, se noi diciamo che egli è battezzato in Cristo, ammettiamo che è rivestito di Cristo; ma ammettere questo, è ammettere che egli è un rigenerato. Ma se è così, anche i peccati gli sono stati rimessi. Come può dire Giovanni: Chi odia suo fratello è ancora nelle tenebre, ( 1 Gv 2,11 ) se già è avvenuta la remissione dei peccati? Oppure nello scisma non esiste l'odio fraterno? E chi oserà dirlo, visto che l'origine e l'ostinazione nello scisma non è altro che l'odio fraterno? 11.17 - A Simon Mago sono stati rimessi i peccati? Essi pensano di risolvere la questione, dicendo: " Se nello scisma non si ha la remissione dei peccati, non si ha né la rinascita dell'uomo nuovo né, di conseguenza, il battesimo di Cristo ". Noi riconoscendo che da loro il battesimo di Cristo esiste, proponiamo di risolvere un'altra questione: Simon Mago fu lavato col vero battesimo di Cristo? Risponderanno di sì, costretti dall'autorità della santa Scrittura. Allora io chiedo loro se ammettono che gli vennero rimessi i peccati. Lo ammetteranno certamente. Ed io insisto: " E perché Pietro gli disse che non avrebbe preso parte all'eredità dei santi? ". ( At 8,21 ) Replicheranno: " Perché più tardi peccò, volendo comprare con il denaro il dono di Dio, credendo che gli Apostoli ne fossero i venditori ". 12.18 - Il battesimo è vero anche senza la remissione dei peccati E che succede se al battesimo si è accostato un ipocrita? Gli sono stati o no rimessi i peccati? Liberi essi di scegliere. Qualunque scelta ci sta bene. Se dicono che gli sono stati rimessi, replichiamo: " Come può lo Spirito Santo che ammaestra fuggire l'ipocrisia ( Sap 1,5 ) se ha operato in lui la remissione dei peccati? ". Se dicono che non gli sono stati rimessi, chiedo: Se, in seguito, egli confessa la sua finzione con cuore contrito e con sincero dolore, si riterrà di ribattezzarlo? Se questo è un discorso insensato, allora ammettano che un uomo può essere battezzato con il vero battesimo di Cristo, e impedire così al suo cuore, che persevera nella malizia e nel sacrilegio, la remissione dei peccati; e quindi capiscano che ci si può far battezzare nelle comunioni separate dalla Chiesa, nelle quali il battesimo di Cristo si dà e si riceve con lo stesso rito sacramentale. Esso giova alla remissione dei peccati solo quando uno, riconciliatosi con l'unità, si libera dal sacrilegio dello scisma, che ritiene i suoi peccati, e non ne permette il perdono. Colui che si era accostato al battesimo con finzione non deve essere ribattezzato, ma solo purificato con una santa correzione e una sincera confessione - ciò che non sarebbe possibile a chi è senza battesimo - affinché cominci a giovargli per la salvezza ciò che gli è stato dato prima, in quanto la sincera confessione ha rimosso la finzione. Così colui che, nemico della carità e della pace, ha ricevuto il battesimo di Cristo, che non hanno perso quanti si sono separati con l'eresia o con lo scisma, cioè con un crimine sacrilego che impediva la remissione dei suoi peccati, non va ribattezzato quando si emenderà e verrà alla società e all'unità, della Chiesa. La riconciliazione e la pace fanno sì che, nell'unità, incominci a giovare alla remissione dei suoi peccati, quel sacramento che, ricevuto nello scisma, non poteva giovare. 12.19 - L'ipocrita riceve subito la remissione dei peccati, ma essi ritornano subito a causa dell'ipocrisia Supponiamo che dicano: a colui che si è accostato al battesimo con finzione, in quell'istante i peccati sono stati rimessi per la santa potenza di questo grande sacramento; tuttavia per colpa della sua finzione sono subito tornati. Così, lo Spirito Santo, da una parte è stato presente nel battezzato per allontanarne i peccati, dall'altra ha fuggito la perseveranza nella finzione perché tornassero. In tal modo sono veri entrambi i testi: Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo ( Gal 3,27 ) e: Lo Spirito Santo che ammaestra fuggirà chi agisce con finzione. ( Sap 1,5 ) Quindi da una parte la santità del battesimo lo riveste di Cristo, e dall'altra la malizia della finzione lo sveste di Cristo. Come succede quando uno passa dalle tenebre alle tenebre attraverso la luce: i suoi occhi sono rivolti continuamente verso le tenebre e la luce non può inondarlo che di passaggio. Ebbene, se essi dicono questo, devono capire che accade lo stesso anche a quanti si battezzano fuori dalla comunione della Chiesa, ma con il battesimo della Chiesa il quale, ovunque sia, è santo per se stesso, e perciò non appartiene a quelli che si separano, ma alla Chiesa da cui si separano. Esso tuttavia è valido anche presso di loro per quel tanto che essi passano, attraverso la sua luce, alle tenebre del loro scisma; ma subito ritornano i peccati che la santità del battesimo in quell'istante aveva perdonati, come ritorna l'oscurità che la luce aveva fugato al suo passaggio. 12.20 - Il battesimo rimette sempre i peccati all'atto in cui si riceve In realtà che i peccati rimessi ritornano dove manca la carità fraterna, il Signore lo insegna molto chiaramente quando parla di quel servo che fu trovato debitore di diecimila talenti, ma gli furono rimessi tutti perché si mise a supplicare. Questo servo viceversa non ebbe pietà di un suo conservo che gli doveva cento denari; perciò il padrone gli ordinò di restituirgli tutto quanto gli aveva condonato. ( Mt 18,23-34 ) Ora il momento in cui si riceve il perdono attraverso il battesimo è come il tempo del rendiconto: si condonano tutti i debiti che sono pendenti. Tuttavia quel servo in seguito non rimise al suo conservo il debito contratto e, perché questi non poteva restituirglielo, non ebbe pietà di lui. Viceversa, quel suo conservo era già in debito con lui quando questi, presentandosi al suo padrone per il rendiconto, si era visto condonare un debito tanto grande, mentre egli non aveva condonato al suo conservo ciò che gli doveva, eppure si era avvicinato al padrone per farsi condonare il suo debito. Lo indicano le parole del conservo: Abbi pazienza con me e ti restituirò tutto. ( Mt 18,26 ) Altrimenti gli avrebbe detto: " Già me lo avevi condonato; perché me lo chiedi di nuovo? ". Lo esprimono meglio le parole del Signore: Appena uscito, quel servo incontrò uno dei suoi conservi che gli doveva cento denari. ( Mt 18,28 ) Non ha detto: " Al quale egli aveva già condonato un debito di cento denari ". Se infatti glielo aveva condonato, non glielo doveva. Ma poiché si dice: Gli doveva, è evidente che non glielo aveva condonato. Certo, sarebbe stato meglio o piuttosto più conveniente per un sì grande debitore, che stava per rendere conto e aspettava la misericordia del suo padrone, che fosse stato lui, il primo, a condonare il debito al suo conservo e quindi andare al rendiconto, in cui doveva implorare la misericordia del padrone. Tuttavia, il debito che egli non aveva ancora condonato al suo conservo, non impedì al suo padrone di condonare a lui, all'atto del rendiconto, l'intero debito. Ma che gli giovò, dal momento che sul suo capo tornarono subito di nuovo tutti i debiti, a causa dell'odio che persisteva in lui? Così, non si può impedire alla grazia del battesimo di rimettere tutti i peccati, anche se nel cuore di colui a cui si rimettono, persiste l'odio fraterno. Infatti si rimette, per il giorno di ieri e per il precedente, nell'ora e nel momento che precede il battesimo e durante il battesimo. Ma dopo, il battezzato incomincia subito ad essere colpevole, non solo dei giorni, delle ore e dei minuti successivi, ma anche di quelli passati, poiché ritornano tutti i peccati già rimessi. E questo accade spesso nella Chiesa. 13.21 - Se vengono rimessi i peccati a chi si fa battezzare in pericolo di morte con l'odio nel cuore Capita spesso, infatti, che un uomo abbia un nemico che odia molto ingiustamente, sebbene il Signore ci comandi di amare anche i nemici ingiusti e di pregare per loro. ( Lc 6,27 ) Ma di fronte ad un improvviso pericolo di morte, egli comincia ad agitarsi e chiede il battesimo che riceve talmente in fretta, che il pericolo incombente permette appena di porre le poche domande essenziali; quanto meno permette un discorso molto lungo, per scacciare l'odio dal suo cuore, anche se il battezzatore ne è al corrente. Si sa che questi fatti non cessano di accadere non solo da noi, ma anche da loro. Che dire allora? Sono rimessi o no i peccati a quest'uomo? Scelgano in piena libertà come vogliono. Se infatti gli sono rimessi, ritornano subito: il Vangelo lo dice, la Verità lo proclama. Ma, o che siano rimessi o che non siano rimessi, in seguito è necessaria una medicina. Tuttavia se egli vivrà e saprà che deve correggersi dall'odio e si corregge, non viene ribattezzato né presso di loro e né presso di noi. Questo vale anche per le cose che gli scismatici o gli eretici hanno e fanno in modo non diverso dalla vera Chiesa; quando essi vengono da noi, noi non gliele correggiamo, ma piuttosto le approviamo: perché in ciò che non dissentono da noi non sono separati da noi. Tuttavia, poiché esse non giovano a niente, fin quando sono scismatici o eretici, e per colpa delle altre cose in cui dissentono dalla verità e per l'immane crimine dello scisma, sia che in essi i peccati restino e sia che, rimessi, ritornino subito, noi li esortiamo a venire alla salvezza della pace e della carità, non solo per avere ciò che non avevano, ma perché cominci a giovare loro ciò che avevano. 14.22 - Il battesimo che hanno gli eretici e gli scismatici non è loro ma di Cristo Invano, quindi, ci dicono: " Se voi accettate il nostro battesimo, che cosa abbiamo in meno, sì da ritenere che noi dobbiamo occuparci della vostra comunione? ". Noi replichiamo: Non è il vostro battesimo che noi accettiamo: il battesimo non è né degli scismatici e né degli eretici, ma di Dio e della Chiesa, ovunque lo si trovi e dovunque lo si porti. Di vostro avete solo i sentimenti malvagi, la condotta sacrilega e l'empio scisma. Infatti, se voi aveste e credeste tutta la verità, e tuttavia perseveraste in uno scisma contrario al vincolo della pace fraterna e all'unità di tutti i fratelli - i quali nel mondo si rivelano come sono stati promessi, e di cui voi non avete mai assolutamente potuto conoscere e valutare le ragioni e le intenzioni per poterli giustamente condannare, e quindi non possono essere colpevoli di avere creduto più ai giudici ecclesiastici che ai litiganti -, in questo caso voi avete in meno solo ciò che ha in meno chi non ha la carità. ( 1 Cor 13,2 ) Ma che bisogno c'è, ormai, di ripeterlo? Andate voi stessi a vedere nell'Apostolo, quanto vale ciò che avete in meno. Ma che interessa se colui che non ha la carità viene portato fuori dal vento della tentazione o rimane dentro per essere separato dalla messe, nella vagliatura finale? Eppure anche questi, se già sono nati una prima volta mediante il battesimo, non occorre che rinascano una seconda. 15.23 - La Chiesa partorisce frutti nel battesimo come dal seme del suo Sposo È la Chiesa, certo, che partorisce tutti con il battesimo: o dentro, cioè nel suo grembo, o fuori, dal seme del suo Sposo. Sennonché, mentre Esaù, che era nato dalla sposa, a causa della discordia fraterna venne separato dal popolo di Dio, ( Gen 25,23 ) Aser, che era nato con il consenso della sposa, ma da una schiava, grazie alla concordia fraterna ricevette la terra promessa. ( Gen 30,13 ) Così non fu una madre schiava a danneggiare Ismaele e a farlo separare dal popolo di Dio, ma fu la discordia fraterna, e né gli giovò il consenso della sposa, di cui era maggiormente figlio perché, in virtù dei suoi diritti coniugali, era stato concepito nella schiava e accolto dalla schiava. ( Gen 16,11; Gen 17,20 ) Così è anche presso i Donatisti: per il diritto della Chiesa sul battesimo, nascono tutti quelli che nascono; ma se essi vivono d'accordo con i fratelli, verranno alla terra promessa, grazie all'unità della pace, e non è necessario che siano di nuovo espulsi dal grembo materno, ma solo riconosciuti nel seme del padre; se invece persevereranno nella discordia, faranno parte dell'eredità di Ismaele. Ora, prima uscì Ismaele e poi Isacco; prima Esaù e poi Giacobbe; non perché l'eresia partorì prima della Chiesa o che la Chiesa partorì prima gli uomini carnali o animali e poi gli spirituali, ma perché nella nostra condizione mortale di discendenti da Adamo, " non precede ciò che è spirituale, ma ciò che è animale ", ( 1 Cor 15,46 ) e lo spirituale viene dopo. È proprio dal senso animale, poiché l'uomo animale non comprende le cose dello Spirito di Dio, ( 1 Cor 2,14 ) che nascono tutte le discordie e gli scismi. E l'Apostolo dice che quanti perseverano in questo senso appartengono al Vecchio Testamento, ( Gal 4,24 ) cioè alla cupidigia delle promesse terrene, che sono, sì, figura delle spirituali, ma l'uomo animale non comprende le cose dello Spirito di Dio. ( 1 Cor 2,14 ) 15.24 - Quali uomini appartengono al Vecchio Testamento e quali al Nuovo Dunque, in qualunque tempo sono apparsi in questa vita uomini tali che, pur essendo già istruiti nel corso dei secoli dai sacramenti divini, hanno ancora sentimenti carnali, e aspettano e desiderano da Dio beni carnali, in questa e nell'altra vita, essi sono uomini animali. Quanto alla Chiesa, che è il popolo di Dio nel pellegrinaggio di questa vita, essa è una realtà antica che, in alcuni uomini, possiede una parte animale, in altri, invece, una spirituale: agli animali spetta il Vecchio Testamento, agli spirituali il Nuovo. Ma nei primi tempi, da Adamo a Mosè, essi erano entrambi nascosti. È stato Mosè a manifestare il Vecchio; ma in esso si nascondeva il Nuovo, poiché vi era segretamente significato. Ma dopo che il Signore è venuto nella carne, ( 1 Gv 4,2 ) il Nuovo è stato rivelato; ora, mentre i sacramenti del Vecchio sono cessati, queste concupiscenze non sono cessate. Tra i cristiani, infatti, vi sono di quelli che l'Apostolo, benché siano già nati mediante il sacramento del Nuovo Testamento, considera ancora uomini animali, incapaci di percepire le cose dello spirito di Dio. ( 1 Cor 2,14 ) Come, infatti, nei sacramenti del Vecchio Testamento, vivevano alcuni spirituali, che naturalmente appartenevano misteriosamente al Nuovo Testamento, che allora era nascosto, così anche ora, nel sacramento del Nuovo Testamento, che è già stato rivelato, vivono molti uomini animali. Ma se essi si rifiutano di progredire nella percezione delle cose dello spirito di Dio, alla quale li esorta la parola dell'Apostolo, apparterranno al Vecchio Testamento. Se invece progrediscono, prima di coglierlo, grazie a questo progresso e alla loro disposizione, appartengono al Nuovo. E se prima di diventare spirituali, sono rapiti da questa vita, poiché sono custoditi dalla santità del sacramento, sono annoverati nella terra dei viventi, dove c'è la nostra speranza e la nostra porzione, il Signore. ( Sal 142,6 ) E io non trovo quale senso più vero può avere questo versetto: I tuoi occhi hanno visto la mia imperfezione, se si considera il seguito: E nel tuo libro vi saranno scritti tutti. ( Sal 139,16 ) 16.25 - Uomini spirituali e carnali Ora, colei che partorì Abele, Enoch, Noè ed Abramo, partorì anche Mosè e i profeti successivi, prima dell'avvento del Signore; e colei che partorì questi, partorì anche gli Apostoli, i nostri martiri e tutti i buoni cristiani. È vero, tutti questi sono certamente apparsi sulla terra in epoche diverse, ma sono inclusi nella società di un unico popolo, e hanno esperimentato, come cittadini di una stessa città, le fatiche di questo pellegrinaggio; alcuni di loro le esperimentano ora e gli altri le sperimenteranno sino alla fine. Parimenti, colei che partorì Caino, Cam, Ismaele ed Esaù, partorì anche Datan ed altri suoi simili nello stesso popolo; e colei che partorì questi, partorì anche Giuda, il falso apostolo, Simon Mago e tutti i falsi cristiani, fino ai nostri giorni: uomini tenacemente ostinati nei loro sentimenti animali, o che siano mescolati nell'unità o che ne dissentano con aperta rottura. Ma quando questi falsi cristiani sono evangelizzati dagli spirituali e istruiti nei sacramenti, li partorisce, per così dire, personalmente Rebecca, come Esaù. ( Gen 25,25 ) Quando invece a generarli sono quelli che annunciano il Vangelo ( Fil 1,17 ) nel popolo di Dio senza retta intenzione, è Sara che li partorisce, ma da Agar. ( Gen 16,15 ) Parimenti, quando nascono i buoni spirituali, quantunque evangelizzati e battezzati dagli uomini carnali, li partoriscono, sì, Lia o Rachele in virtù del diritto coniugale, ma dal grembo della schiava. ( Gen 30,3 ) Quando invece sono gli uomini spirituali a generare al Vangelo i buoni fedeli che, o raggiungono il senso della maturità spirituale, o non cessano di tendervi, o non lo fanno perché non possono, allora essi nascono alla nuova vita e al Nuovo Testamento, come Isacco nacque dal grembo di Sara e come Giacobbe da quello di Rebecca. 17.26 - I veri figli della Chiesa Gli uomini carnali quindi, sembrino dentro o siano palesemente fuori, ciò che è carne è carne; ( Gv 3,6 ) e sia che restino nell'aia con la propria sterilità o che ne siano portati fuori al momento della tentazione, come dal vento, ciò che è paglia è paglia. ( Mt 3,12 ) Ed è sempre separato dall'unità della Chiesa senza macchia e senza ruga, ( Ef 5,27 ) anche chi è mescolato all'assemblea dei santi, ma vive nell'indurimento della carne. Noi però non dobbiamo disperare di nessuno, né di chi sta dentro e si rivela peccatore, né di chi sta fuori ed è un avversario più aperto. Quanto agli spirituali e a quelli che tendono a questo fine con religioso zelo, essi non escono fuori dalla Chiesa; infatti, anche quando sembra che ne siano espulsi dalla perversità o dalla costrizione degli uomini, allora danno prova maggiore che se restassero dentro, perché non si mettono in nessun modo contro la Chiesa, ma si radicano sulla solida roccia dell'unità con il tronco robustissimo della carità. Si riferisce a questo, infatti, quanto si legge nel sacrificio di Abramo: Ma gli uccelli non li divise. ( Gen 15,10 ) 18.27 - Il Donatismo prende nome da Donato Sulla questione del battesimo penso di avere già discusso abbastanza. E poiché si tratta di uno scisma molto evidente, che viene chiamato dei Donatisti, non ci resta che credere con amore, sul battesimo, la dottrina che la Chiesa universale, lontana dal sacrilegio dello scisma, custodisce. Se in essa, tuttavia, su questa questione, alcuni la pensavano in un modo e altri in un altro, salva la pace, finché un concilio universale non avesse preso una decisione chiara e autorevole, la carità dell'unità copriva l'errore dell'umana fragilità, come sta scritto: La carità copre la moltitudine dei peccati. ( 1 Pt 4,8 ) In effetti, se essa manca, è inutile avere gli altri doni; se c'è, non averne alcuni è una venialità. 18.28 - L'autorità di Cipriano e l'esempio della sua vita Negli scritti del beato martire Cipriano esistono importanti prove, per cui io passerei a parlare di lui, visto che della sua autorità i Donatisti si vantano carnalmente, benché la sua carità li uccida spiritualmente. In realtà, ai suoi tempi, prima che il consenso di tutta la Chiesa confermasse, con la decisione di un concilio plenario, la dottrina da seguire in questa questione, Cipriano con una ottantina di suoi colleghi, vescovi delle Chiese africane, credette che ogni persona battezzata fuori della comunione della Chiesa cattolica, venendo alla Chiesa, dovesse ribattezzarsi. Che questa non fosse una decisione giusta, senza dubbio il Signore non lo rivelò a questo grande uomo, proprio per mettere in evidenza la sua santa umiltà e carità nel custodire in modo salutare la pace della Chiesa, e perché, non solo ai cristiani di quell'epoca, ma anche ai posteri, egli fosse additato come una testimonianza, diciamo così, medicinale. In effetti, benché Cipriano, un vescovo di grande merito, capo di una illustre Chiesa, uomo di grande cuore, di ricca eloquenza e di grande virtù, avesse, sul battesimo, un'idea discordante da quella che una ricerca più attenta della verità avrebbe confermata; e benché molti suoi colleghi seguissero, anche se non ancora chiaramente messo in luce, l'insegnamento che l'antica consuetudine della Chiesa e, più tardi, tutto il mondo cattolico abbracciarono, egli non si separò da quanti avevano una idea diversa, per creare una comunione a parte; né cessò di persuadere gli altri a sopportarsi a vicenda nell'amore studiandosi di conservare l'unità dello spirito mediante il vincolo della pace. ( Ef 4,2-3 ) Così, pur restando intatto l'organismo del corpo, se un membro avesse una infermità, avrebbe ricevuto forza dalla salute degli altri, piuttosto che, amputandolo, si dichiarasse che non ci si preoccupava della cura. Ma ammettiamo che Cipriano si fosse separato: quanta gente l'avrebbe seguito! Quanta notorietà si sarebbe fatta! E quanto sarebbero più diffusi i Ciprianisti che i Donatisti! Ma egli non era un figlio della perdizione, ( Gv 17,12; 2 Ts 2,3 ) di cui è stato detto: Li hai abbattuti, mentre essi si innalzavano, ( Sal 73,18 ) ma era un figlio della pace della Chiesa che, pur ricco di tanta luce interiore, non vide un aspetto della verità, affinché tramite lui, si rivelasse una verità più grande. Dice, infatti, l'Apostolo: Vi voglio mostrare una via migliore. Se io parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo suonante e un cembalo squillante. ( 1 Cor 12, 31-13,1 ) Cipriano quindi non ha penetrato a fondo, fino a vedere il mistero del sacramento; ma se anche avesse conosciuto tutti i misteri e non avesse avuto la carità, non sarebbe niente. ( 1 Cor 13,2 ) Tuttavia malgrado avesse una conoscenza meno profonda del sacramento, conservò la carità, umilmente, fedelmente e saldamente, e meritò di giungere alla corona del martirio. Così, se per l'umana condizione si era insinuata una nube nella sua lucida mente, il sereno glorioso del suo sangue fulgente la dissipò. Non è infatti senza motivo che il Signore nostro Gesù Cristo, dopo avere detto che Lui era la vite e i suoi come i tralci nella vite, ha aggiunto che i tralci si recidono e si tolgono dalla vite come rami inutili e infruttuosi. ( Gv 15,1ss ) Ma qual è il frutto, se non quel nuovo dono, di cui dice: Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri? ( Gv 13,34 ) Ecco, è questa la carità senza la quale il resto non serve a niente. Dice ancora l'Apostolo: Il frutto dello spirito, poi, è la carità, la gioia, la pace, la longanimità, la benignità, la bontà, la fedeltà, la mansuetudine, la continenza. ( Gal 5,22-23 ) Ora, tutte queste virtù partono dalla carità e formano, insieme ad essa, una specie di grappolo meraviglioso. Non è senza motivo che il Signore ha aggiunto: I tralci che in me portano frutto, il Padre mio li pota, perché portino più frutto, ( Gv 15,2 ) ma perché anche quelli che eccellono nel frutto della carità, possono avere qualcosa che va purificata e che l'agricoltore non lascia incoltivata. Dunque, che questo santo uomo, il quale sul battesimo aveva un'idea diversa dalla verità, che venne approfondita e confermata più tardi dopo uno studio molto attento, sia rimasto nell'unità cattolica, da una parte gli è stato ricompensato con l'abbondanza della carità, dall'altra egli è stato potato con la falce del martirio. 19.29 - I Donatisti oppongono l'autorità di Cipriano agli ignoranti Ma perché non sembri che per sottrarmi alle prove io inizio a celebrare la lode del beatissimo martire, lode non sua, per la verità, ma di Colui che lo ha tanto innalzato con la sua grazia, citiamo le prove dalle sue opere: saranno esse a chiudere definitivamente la bocca ai Donatisti. È appunto la sua autorità, che i Donatisti obiettano agli ignoranti, per dimostrare che, ribattezzando i fedeli che vanno da loro, agiscono quasi rettamente. Quanto sono miserabili! Se non si correggono, si condannano da se stessi! Di un uomo così grande, infatti, essi scelgono di imitare ciò che non gli fu nocivo, visto che si incamminò con passi pieni di perseveranza, verso quella pace dalla quale si sono allontanati i Donatisti che non conoscono la via della pace. ( Sal 14,3 ) Vero è che il battesimo di Cristo è santo ovunque, e sebbene si trovi anche tra gli eretici e gli scismatici, esso, tuttavia, non è né dell'eresia e né dello scisma. Ecco perché non vanno battezzati neppure quelli che passano da lì alla Cattolica. Comunque, un conto è questo, e un conto è ritenere che quanti deviano dalla pace cattolica e precipitano nella tetra fossa dello scisma, siano, per di più, da ribattezzarsi. In effetti, mentre i seni della carità coprivano quel neo sul candore di questa santa anima, il loro volto irrequieto mette in mostra la fuliggine della loro bruttezza infernale. Ma per quanto concerne l'autorità del beato Cipriano, la tratteremo riprendendo il discorso daccapo. Libro II 1.1 - L'autorità di Cipriano è più a favore dei Cattolici che dei Donatisti Quanto tornino a favore nostro, cioè della pace cattolica, le accuse che il partito di Donato, appigliandosi all'autorità del beato Cipriano, ci lancia contro, e quanto invece siano a sfavore dei nostri accusatori, mi sono proposto di dimostrarlo con l'aiuto del Signore. Ora, se la necessità di rispondere mi spinge a richiamare idee esposte già in altri libri, anche se sarò discreto, questo non deve riuscire gravoso a quanti le hanno già lette e le ricordano, poiché, se certe verità essenziali all'istruzione vanno inculcate più frequentemente ai più tardi di mente, esse, quando vengono riesaminate e approfondite nei loro diversi e molteplici aspetti, aiutano anche le persone dotate di intelligenza più recettiva, ad acquisirne una migliore conoscenza e a discuterne con più eloquenza. Del resto io so bene quale fastidio prova il lettore, quando, trovandosi di fronte ad un punto nodale della questione, dal libro che ha tra le mani viene mandato a cercare la soluzione ad un altro, che forse non possiede. Perciò, quali che siano le cose dette in altri libri, se la necessità dei problemi in questione mi spinge a ripeterle brevemente, mi perdonino coloro che le sanno affinché non si offendano coloro che non le sanno. È preferibile offrire a chi ha, che rimandare chi non ha. 1.2 - L'esempio dell'apostolo Pietro Che dicono i Donatisti, quando li soffoca la forza della verità, alla quale si rifiutano di aderire? Ecco: Cipriano, di cui conosciamo il grande merito e la ricca dottrina, con molti suoi colleghi vescovi, che gli esprimevano i loro pareri, ha stabilito in un concilio che gli eretici e gli scismatici, cioè tutti coloro che sono fuori della comunione dell'unica Chiesa, non hanno il battesimo e, di conseguenza, chi viene alla Chiesa dopo essere stato battezzato da loro, va battezzato nella Chiesa. Non mi spaventa l'autorità di Cipriano, perché mi conforta l'umiltà di Cipriano! Conosciamo certamente il grande merito di Cipriano, vescovo e martire; ma è forse più grande del merito di Pietro, apostolo e martire? Di lui Cipriano stesso, nella lettera a Quinto dice: Neppure Pietro, che il Signore ha scelto per primo e sul quale ha edificato la sua Chiesa, ( Mt 16,18 ) nella discussione avuta con Paolo sulla circoncisione, ha rivendicato qualcosa con insolenza, né ha assunto atteggiamenti arroganti, dicendo che lui deteneva il primato e che i primi fedeli e i loro successori dovevano solo obbedirgli. E né disprezzò Paolo per il suo passato di persecutore della Chiesa, ma ne accettò il consiglio di verità e si arrese docilmente alla giusta ragione, che Paolo difendeva, lasciandoci evidentemente una testimonianza di concordia e di pazienza, affinché non ci attacchiamo tenacemente alle nostre idee, ma, viceversa, quei suggerimenti che talvolta ci vengono dai nostri colleghi e fratelli, purché veri e legittimi, li facciamo nostri. Ecco il passo dove Cipriano ricorda l'episodio che anche noi abbiamo appreso dalle sante Scritture: l'apostolo Pietro, nel quale eccelle, per una grazia tanto sublime, il primato sugli Apostoli, poiché sulla questione della circoncisione era solito agire diversamente da come esigeva la verità, fu corretto dall'apostolo Paolo, suo suddito. Così, su un punto, Pietro poté non camminare rettamente secondo la verità del Vangelo, tanto da costringere i Gentili a vivere da Giudei. Paolo lo scrive nella lettera in cui ha chiamato Dio a testimone che egli non mentiva. Disse infatti: In ciò che vi scrivo, lo dico davanti a Dio, io non mentisco. ( Gal 1,20 ) E dopo aver invocato la santa e tremenda testimonianza di Dio, ha narrato i fatti dicendo: Quando mi accorsi che non camminavano rettamente nella verità del Vangelo, dissi a Pietro, davanti a tutti: se tu che sei un giudeo, ti comporti da gentile e non da giudeo, perché costringi i Gentili a giudaizzarsi? ( Gal 2,14 ) Ora io dico, se Pietro, contro la regola di verità che in seguito la Chiesa ha seguito, ha potuto costringere i Gentili a giudaizzarsi, perché Cipriano, contro la regola di verità, che in seguito tutta la Chiesa ha seguito, non ha potuto costringere gli eretici e gli scismatici a ribattezzarsi? Credo che, senza offesa per il vescovo Cipriano, il paragone con l'apostolo Pietro sia limitato alla corona del martirio. Del resto dovrei più temere di offendere Pietro. Chi non sa che il suo primato sugli Apostoli è da preferirsi a qualunque episcopato? Ma se anche la dignità delle due cattedre è diversa, unica è la gloria dei due martiri; e se in qualche punto gli spiriti di questi confessori, morti per la fede nell'unità della carità, si superano a vicenda, questo lo sa il Signore, che nella misteriosa e mirabile distribuzione delle sue grazie dona il paradiso al ladrone che, il giorno stesso lo confessa una sola volta sulla croce, ( Lc 23,40ss ) mentre a Pietro, seguace del Signore, che lo rinnega tre volte, ( Mt 26,69ss ) differisce la corona. Ma per noi sarebbe temerario dare un giudizio su questo. Eppure, se oggi si costringesse un uomo a farsi circoncidere, secondo l'uso giudaico, per poi battezzarlo, l'umanità detesterebbe questo fatto molto di più che se lo si costringesse a farsi ribattezzare. Di conseguenza, visto che Pietro, che lo aveva fatto, viene corretto da Paolo, suo suddito e, custodito dal vincolo della pace e dell'unità, viene condotto al martirio, con quanta maggior facilità e forza dobbiamo noi preferire la verità, confermata dalla Chiesa universale con le sue decisioni, all'autorità di un solo vescovo o al concilio di una sola provincia? Tanto più che Cipriano stesso ha espresso il suo pensiero, in termini che dimostrano la sua volontà di restare nell'unità della pace, anche con quelli che, su questa questione, erano di diverso avviso! Lo dimostra il suo primo discorso all'inizio del concilio citato dai Donatisti. Eccone il testo. 2.3 - Prologo degli atti del concilio di Cartagine " Riunitisi a Cartagine, alle calende di settembre, numerosi vescovi della provincia dell'Africa, della Numidia e della Mauretania, con i presbiteri e i diaconi, presente anche la grande parte della popolazione, e letta una lettera di Giubaiano a Cipriano e la risposta di Cipriano a Giubaiano sulla questione del battesimo degli eretici, come anche la successiva risposta di Giubaiano a Cipriano, Cipriano disse: Avete ascoltato, carissimi colleghi, quanto mi ha scritto Giubaiano, nostro collega nell'episcopato, per consultare la nostra pochezza sull'illecito ed empio battesimo degli eretici, e quanto io gli ho risposto per esprimere, ben inteso, l'opinione, che abbiamo espressa a più riprese e in più occasioni: vale a dire, che gli eretici che vengono alla Chiesa, vanno battezzati e santificati con il battesimo della Chiesa. Vi è stata anche letta un'altra lettera di Giubaiano, nella quale egli, nella sua sincera e religiosa devozione, rispondendo alla nostra lettera, non solo manifesta il suo consenso, ma ringrazia anche d'essere stato istruito. Resta che, su questa stessa questione, esprimiamo i nostri personali pareri, senza giudicare nessuno, né allontanare dal diritto della comunione, chi pensasse diversamente. Nessuno di noi, infatti, si costituisce vescovo dei vescovi o usa il terrore dei tiranni per costringere i suoi colleghi alla necessità dell'obbedienza, poiché ogni vescovo possiede la libertà e il potere di esprimere un proprio giudizio; e come lui non può essere giudicato da un altro, così non può giudicare gli altri. Ma attendiamo tutti il giudizio del Signore nostro Gesù Cristo che, solo, ha il potere di preporci al governo della Chiesa e di giudicare il nostro operato ". 3.4 - Non accontentarsi di leggere Cipriano, ma seguirne gli esempi nel custodire l'unità Ed ora si drizzino pure, se osano, le superbe e gonfie cervici degli eretici, contro la santa umiltà di questo discorso! O insensati Donatisti, che noi desideriamo e ci auguriamo di veder ritornare alla pace e all'unità della santa Chiesa e di vederli in essa guariti, che rispondete a questo discorso? Voi che siete soliti opporci la lettera di Cipriano, il parere di Cipriano, il concilio di Cipriano, perché usurpate l'autorità di Cipriano a favore del vostro scisma, e respingete il suo esempio a favore della pace della Chiesa? Chi non sa che la santa Scrittura canonica del Vecchio e del Nuovo Testamento è contenuta entro limiti ben definiti, e che è talmente superiore a tutte le successive lettere dei vescovi, che non è assolutamente possibile dubitare e discutere se ciò che dice è vero e se ciò che vi si trova è giusto? E che invece le lettere che hanno scritto o scriveranno i vescovi, dopo la conferma del canone, possono essere corrette o da un discorso, forse più saggio, di un vescovo più competente, o da altri vescovi dotati di maggiore autorità e di più profonda sapienza, o dai concili, nel caso vi sia qualche deviazione dalla verità? E che gli stessi concili regionali e provinciali si inchinano senza esitazione all'autorità dei concili plenari, che si tengono in tutto il mondo cristiano? E che spesso i concili plenari precedenti vengono emendati dai successivi quando l'esperienza apre ciò che era chiuso e rivela ciò che era nascosto? E che tutto questo si fa senza l'orgoglio della superbia sacrilega, senza la nuca gonfia di arroganza, e senza le contese causate dalla livida invidia, ma con santa umiltà, con pace cattolica, con cristiana carità? 4.5 - Anche Cipriano avrebbe accettato la verità sulla ripetizione del battesimo, se questa verità fosse stata provata definitivamente Di conseguenza San Cipriano, che tanto più era grande quanto più era umile, e che ha amato la testimonianza di Pietro fino a dire: " Pietro ci ha offerto un esempio di concordia e di pazienza, per non farci attaccare tenacemente alle nostre idee, ma piuttosto fare nostri, purché utili e legittimi, i suggerimenti che talvolta ci vengono dai nostri fratelli e colleghi ", ha chiaramente mostrato di essere pronto a rivedere senza alcuna difficoltà la sua opinione, se gli si fosse dimostrato che il battesimo di Cristo possono darlo quelli che sono usciti fuori dalla Chiesa, così come non possono averlo perso quando ne sono usciti. Ma su questo abbiamo parlato a lungo. Noi neppure, del resto, oseremmo sostenere questa tesi, se non ci sostenesse l'unanime autorità di tutta la Chiesa, alla quale anch'egli si sarebbe senza dubbio inchinato, se fin da allora la verità fosse stata approfondita, proclamata e rafforzata da un concilio plenario. Se egli infatti loda ed esalta Pietro, che con spirito di pazienza e di concordia accettò di essere corretto anche da un solo collega, suo suddito, con quanta più prontezza, lui e il concilio della sua provincia, si sarebbero inchinati, una volta scoperta la verità, all'autorità del mondo! È certo, anzi, che se pure un solo vescovo gli avesse esposto e dimostrato la verità, quest'anima santa e pacifica avrebbe potuto facilmente dargli il suo consenso! Forse lo ha fatto, ma noi non lo sappiamo. Infatti, non tutti gli episodi accaduti in quel periodo tra i vescovi poterono essere fissati nella memoria e negli scritti, e né noi conosciamo tutto ciò che è stato fissato. In effetti, come avrebbe potuto questa faccenda, avvolta nelle fitte nebbie delle dispute, essere condotta a pieno chiarimento e alla conferma di un concilio plenario, se prima non fosse risultato che nelle regioni della terra, i vescovi di una parte e dell'altra l'avevano studiata accuratamente in molte discussioni e conferenze? Ecco che fa la grazia della pace: quando le questioni più oscure si indagano più a lungo e, per la difficoltà di trovare una soluzione, nascono, in una fraterna discussione, pareri diversi, in attesa di arrivare ad una verità limpida, permane il vincolo dell'unità, perché non resti inguaribile, nella parte tagliata, la ferita dell'errore. 5.6 - Forse Cipriano si è anche sottomesso, ma noi non abbiamo una lettera che ce lo dica Ecco perché accade spesso che ai più dotti una verità venga rivelata solo in parte: per verificare la loro paziente e umile carità, che è il dono più fruttuoso; per vedere come essi conservano l'unità quando, sulle questioni più oscure, i loro pareri sono discordi, e come accettano la verità, quando vengono a sapere che ne è stata proclamata una contraria alle loro idee. Di queste due finalità, riteniamo che una sola si è manifestata nel beato Cipriano, e cioè che egli ha conservato l'unità con quanti divergevano dal suo pensiero, in quanto ha detto: " Senza giudicare nessuno, né allontanare dal diritto della comunione, chi pensasse diversamente ". Quanto all'altra, ossia come ha potuto accettare una verità contraria al suo pensiero, se i suoi scritti tacciono, i suoi meriti gridano. Non abbiamo una lettera, ma lo attesta la corona del martirio; non lo indica un concilio di vescovi, ma lo indica la schiera degli angeli. Non è infatti una piccola dimostrazione della sua anima pacifica, l'avere meritato il martirio in quella unità, da cui egli non volle separarsi, pur avendo idee diverse. Siamo uomini e pensare una realtà diversa da ciò che di fatto è, è tentazione umana; mentre, attaccarsi troppo alla propria opinione o rifiutarne una migliore, a costo di giungere al sacrilegio di rompere la comunione e di creare uno scisma o una eresia, è presunzione diabolica. Viceversa, non pensare mai una cosa diversamente da quella che è in realtà, è perfezione angelica. E giacché siamo uomini, ma nella speranza siamo angeli di Dio, ai quali saremo uguali nella resurrezione, ( Mt 22,30 ) fino a quando non avremo la perfezione dell'angelo, evitiamo la presunzione del diavolo. Perciò l'Apostolo dice: Non vi colga tentazione, se non umana. ( 1 Cor 10,13 ) È quindi umano pensare diversamente. Per questo Paolo dice altrove: Tutti noi che siamo perfetti dobbiamo avere questi sentimenti; e se in qualche cosa pensate diversamente, anche questo Dio vi rivelerà. ( Fil 3,15 ) Ma a chi lo rivela Dio, quando a lui piace, in questa o nell'altra vita, se non a quelli che camminano nella via della pace e non deviano verso nessuna rottura? E tra questi non vi sono certo i Donatisti, che non hanno conosciuto la via della pace ( Sal 14,3 ) e che, proprio per questo, hanno rotto il vincolo dell'unità. Ecco perché l'Apostolo, dopo aver detto: E se in qualche cosa pensate diversamente, anche questo Dio vi rivelerà, ( Fil 3,15 ) per evitare che fuori della via della pace essi pensassero di poter conoscere ciò che credevano in modo diverso, ha aggiunto subito: Nondimeno, là dove siamo arrivati, continuiamo il cammino. ( Fil 3,16 ) Percorrendo questo cammino con tolleranza piena di perseveranza, Cipriano, non per avere versato il sangue, ma per averlo versato nell'unità - se infatti avesse dato il suo corpo alle fiamme, senza avere la carità, non gli avrebbe giovato a niente ( 1 Cor 13,3 ) - è giunto alla luce degli angeli, mediante la confessione del martirio. E così, se prima non l'aveva conosciuta, qui avrebbe certamente conosciuto per rivelazione, che la sua opinione era falsa; egli però non l'antepose al vincolo dell'unità. 6.7 - I Donatisti che si sono separati si trovano in grandissima contraddizione E voi, Donatisti, che ne dite? Se la nostra opinione sul battesimo è vera, quanti all'epoca di Cipriano ne avevano una diversa, non si separarono dall'unità della Chiesa, in attesa che Dio rivelasse la verità che credevano diversa. E perché voi avete rotto il vincolo della pace con un empio scisma? Se invece è la vostra opinione sul battesimo che è vera, Cipriano e gli altri, con i quali, come voi dimostrate, egli ha celebrato questo concilio, rimasero nell'unità con quanti pensavano diversamente. E perché voi avete rotto il vincolo della pace? Come scegliete siete costretti a pronunciarvi contro il vostro scisma. Rispondete: perché vi siete separati? Perché avete eretto un altare contro il mondo? Perché non siete in comunione con le Chiese alle quali sono state inviate le Lettere, che voi conservate e leggete e alle quali dite di conformare la vita? Rispondete: perché vi siete separati? Certo, per non perire a causa della comunione coi malvagi. E come mai Cipriano e tanti suoi colleghi non perirono? Questi, pur credendo che gli eretici e gli scismatici non hanno il battesimo, e che pure erano stati accolti senza battesimo; e pur credendo che avessero su di sé i loro peccati tanto mostruosi e sacrileghi, preferirono restare in comunione con quelli che erano stati ricevuti senza battesimo, anziché separarsi dall'unità. Cipriano infatti diceva: Senza giudicare nessuno, né allontanarlo dal diritto di comunione, se ha un'opinione diversa. 6.8 - I giusti non muoiono vivendo insieme ai peccatori Se per questa comunione con i cattivi i giusti muoiono, la Chiesa era finita già dai tempi di Cipriano. E allora, da dove viene Donato? Dove è stato catechizzato? Dove battezzato? Dove ordinato, visto che il contatto con questa comunione aveva già distrutto la Chiesa? Se invece la Chiesa esisteva, significa che i cattivi non poterono recare nessun danno ai buoni, pur vivendo nell'unica comunione. E perché vi siete separati? Ecco: io vedo nell'unità Cipriano e altri suoi colleghi che, riunito un concilio, hanno stabilito che i battezzati fuori della comunione della Chiesa non hanno il battesimo e quindi, quando vengono bisogna darglielo. Ma ecco: nella stessa unità vedo altri che su questa questione hanno un parere diverso e non osano ribattezzare quelli che vengono dagli eretici e dagli scismatici, perché riconoscono in essi il battesimo di Cristo. L'unità cattolica li accoglie tutti nel suo grembo materno, ed essi portano gli uni i pesi degli altri ( Gal 6,2 ) e si sforzano di conservare l'unità dello spirito nel vincolo della pace, ( Ef 4,3 ) in attesa che il Signore riveli a una delle due parti il proprio errore. ( Fil 3,15 ) Ora, se questi erano nella verità, venivano contaminati o no da quelli? E se nella verità c'erano quelli, venivano contaminati o no da questi? Liberi di scegliere. Se venivano contaminati, la Chiesa era scomparsa già da allora. Rispondete: da dove siete venuti? Se invece la Chiesa esisteva, significa che tale comunione con i cattivi non contamina affatto i buoni. Rispondete: perché avete rotto il vincolo? 6.9 - Venendo alla Chiesa gli eretici non contaminano i buoni Oppure gli scismatici ricevuti senza battesimo non contaminano, e i traditori dei Libri santi contaminano? A dire il vero i traditori erano vostri: lo attestano atti chiarissimi. E se voi aveste detto la verità nei riguardi degli accusati, avreste convinto alla vostra causa l'unità del mondo; e così voi sareste stati trattenuti e essi cacciati. Ci avete provato e non ci siete riusciti? Allora è innocente il mondo che ha preferito credere ai giudici ecclesiastici anziché ai litiganti sconfitti. Se poi voi vi siete rifiutati di difendere la vostra causa, è innocente il mondo che non poteva condannare degli imputati senza averli ascoltati. Perché dunque vi siete separati dagli innocenti? No, proprio non potete difendere il sacrilegio del vostro scisma. Ma tralascio questo e parlo di altro: se potevano contaminare dei traditori, che voi non avete convinto, ma dai quali siete stati vinti, a più forte ragione, i sacrilegi degli scismatici e degli eretici ricevuti, a parere vostro, senza battesimo, potevano contaminare Cipriano! Eppure egli non si separò, e per il fatto che la Chiesa sussisteva, è chiaro che non poté essere contaminato. Perché voi vi siete separati, non dico dagli innocenti, ciò che si prova, ma dagli stessi traditori, ciò che non si prova? Oppure, come stavo dicendo, i delitti dei traditori sono più gravi di quelli degli scismatici? Non prendiamo bilance ingannevoli, su cui pesare ciò che vogliamo e come lo vogliamo, e poi dire: " Questo è pesante, questo è leggero ". No, prendiamo la bilancia divina presa dalle sante Scritture, come dai tesori del Signore, e con essa misuriamo per vedere ciò che è più pesante. Anzi, non pesiamo noi, ma riconosciamo i pesi stabiliti dal Signore. Al tempo in cui il Signore ha indicato i principali delitti da evitare con gli esempi recenti di castighi, quando cioè fu costruito e adorato un idolo, bruciato dall'ira di un re dispregiatore il Libro dei Profeti e, tentato uno scisma, allora l'idolatria fu punita con la spada, ( Es 32 ) il libro bruciato con una strage di guerra e con l'esilio in terra straniera, ( Ger 36 ) e lo scisma con una voragine; che seppellì vivi gli autori, mentre gli altri vennero divorati dal fuoco sceso dal cielo. ( Nm 16 ) Ebbene, chi potrà dubitare che il crimine più scellerato è stato quello più severamente punito? Ora, se quanti venivano da questi sacrilegi senza battesimo, come voi dite, non contaminavano Cipriano, come potevano contaminare voi dei traditori, non accertati, ma inventati? E anche se essi non avessero consegnato i Libri per bruciarli, ma li avessero bruciati essi stessi con le loro mani, avrebbero senza dubbio commesso un delitto meno grave, che se avessero fatto uno scisma: in effetti, il primo è stato punito con una pena più mite, il secondo con una più severa; e non ad arbitrio degli uomini, ma secondo il giudizio di Dio. 7.10 - Una risposta dei Donatisti Perché vi siete separati? Se avete un po' di buon senso, certamente vedete anche voi che non potete trovare risposte. Non ne siamo sprovvisti a tal punto - dicono - da non poter rispondere: È così che vogliamo. " Chi sei tu che giudichi un servo di altri? Che egli stia in piedi o cada, riguarda il suo padrone ". ( Rm 14,4 ) Essi non capiscono che questo detto si riferisce a quelli che amavano giudicare non i fatti notori, ma le intenzioni. Se no come potrebbe esprimere tanti giudizi, Paolo, contro gli scismi e le eresie, chiamandoli crimini? E come si può cantare nei Salmi: Se davvero amate la giustizia, giudicate rettamente, o figli degli uomini? ( Sal 58,2 ) E perché il Signore dice: Non giudicate in base alle persone, ma esprimete un giudizio retto, ( Gv 7,24 ) se non è permesso dare giudizi su nessuno? Infine, quando essi hanno parlato di quei traditori e hanno espresso falsi giudizi su di loro, non hanno giudicato i servi di altri? Spettava al loro padrone vedere se stavano in piedi o cadevano. E da ultimo, perché sui Massimianisti, sorti di recente, non hanno esitato ad esprimere un giudizio così severo, per la bocca veritiera del loro concilio plenario, come essi dicono, paragonandoli ai primi scismatici che la terra inghiottì vivi? ( Nm 16,31-33 ) Eppure alcuni di essi, come negarlo? o li condannarono, benché innocenti, o li riaccettarono, benché colpevoli. Ma quando si dice una verità, a cui non sanno replicare, masticano brontolii sconnessi: È così che vogliamo. " Chi sei tu che giudichi un servo di altri? Che egli stia in piedi o cada, riguarda il suo padrone ". ( Rm 14,4 ) Ora, quando scorgono una pecora ferita, nel deserto, dove sembra assente il pastore che la chiami, si scoprono i denti, si rompe la fragile gola : Saresti un buon uomo, se non fossi un traditore; pensa alla tua anima, sii cristiano. Oh, empia rabbia! Quando a un cristiano si dice: sii cristiano, che altro gli si insegna se non a negare di essere cristiano? Volevano forse insegnare una cosa diversa gli antichi persecutori dei cristiani, che fecero martiri quanti resistettero? O si giudica più lieve ciò che si commette con la minaccia della spada che con l'insidia della lingua? 7.11 - I Donatisti si servono dei testi di Cipriano per coprirsi come di pelli di pecora E ora rispondete lupi rapaci che, avidi di rivestirvi di pelli di pecora, ( Mt 7,15 ) credete che gli scritti del beato Cipriano siano a favore vostro: il sacrilegio degli scismatici contaminava o no Cipriano? Se lo contaminava, la Chiesa era finita già da allora, e non c'era un punto da cui avreste potuto propagarvi. Se invece non lo contaminava, quale delitto di altri può contaminare, nell'unità, gli innocenti, visto che il sacrilegio dello scisma non lo può? Perché dunque vi siete separati? Perché, mentre fuggite i delitti più lievi da voi inventati, avete commesso il sacrilegio dello scisma, che è più grave di tutti. Oppure vi piace ammettere che non erano più né scismatici e né eretici, quanti erano stati battezzati fuori della comunione della Chiesa, in uno scisma o in una eresia, solo perché, passando alla Chiesa e ripudiando i loro precedenti errori, avevano cessato di esserlo? Perché, allora, se erano senza battesimo, i loro crimini non erano rimasti su di loro? Oppure, quello era il battesimo di Cristo, e fuori della comunione della Chiesa esso non poteva giovare loro, ma quando sono venuti e hanno ripudiato l'errore passato e sono stati accolti nella pace della Chiesa per l'imposizione delle mani, allora, radicati e fondati nella carità, senza la quale gli altri doni sono infruttuosi, prese a giovare alla remissione dei peccati e alla santità della loro vita, ciò che fuori portavano senza frutto? 7.12 - La consuetudine della Chiesa di non ripetere il battesimo è antica Non obiettateci l'autorità di Cipriano, quindi, per giustificare la ripetizione del battesimo, ma seguitene con noi l'esempio nella salvaguardia dell'unità. Non era ancora stata approfondita la questione del battesimo, infatti, che già la Chiesa osservava la salutare consuetudine di correggere, negli eretici e negli scismatici, ciò che era distorto, di non ripetere ciò che era stato dato, di guarire la parte ferita, e di non curare quella sana. Questa consuetudine, derivata, io credo, dalla tradizione degli Apostoli, come molte altre che non si trovano nei loro scritti e né nei concili dei loro successori, ma siccome si conservano in tutta la Chiesa, si crede che siano state tramandate e raccomandate proprio da loro; questa consuetudine molto salutare, dunque, ha iniziato, diciamo così, a correggerla, al dire di Cipriano, il suo predecessore Agrippino. Sennonché, come ha dimostrato una ricerca più attenta della verità approdata, dopo molte esitazioni e oscillazioni, alla conferma di un concilio plenario, è più esatto dire che Agrippino ha iniziato a corromperla, non a correggerla. Quando infatti scoppiò la questione sulla remissione dei peccati e sulla rinascita spirituale dell'uomo, e ci si chiedeva se esse erano possibili presso gli scismatici e gli eretici, allora, per la difficoltà di trovare una ragione e per il precedente dell'autorità di Agrippino e di molti suoi sostenitori, che, su questa questione avevano ceduto e avevano preferito costruire una cosa nuova anziché conservare una consuetudine di cui non capivano la difesa, essi gettarono negli occhi dello spirito ragioni apparenti e ostruirono il cammino della ricerca della verità. 8.13 - Perché Cipriano si oppose a questa consuetudine Io credo che il beato Cipriano ha espresso molto liberamente il suo pensiero contrario alla consuetudine, e ne ha parlato per primo, semplicemente perché voleva ricevere, con molta gratitudine, qualcuno, se esisteva, che avesse avuto una illuminazione più chiara, e per mostrare che va imitato non solo lo zelo di chi insegna, ma anche l'umiltà di chi impara. Se poi nessuno fosse stato capace di portare una prova tale da confutare tutte le verosimili ragioni che lo colpivano, egli sarebbe rimasto della sua idea, ben cosciente di non avere nascosto ciò che riteneva la verità e di avere conservato ciò che amava, l'unità. Proprio in questo senso egli comprese le parole dell'Apostolo: I profeti parlino in due o tre e gli altri giudichino; ma se uno di quelli che sono seduti riceve una rivelazione, il primo taccia. ( 1 Cor 14,29-30 ) Ecco che dice infatti: In questo passo l'Apostolo ha insegnato e mostrato che molte verità vengono rivelate più chiaramente a questo o a quello, e che uno deve lottare con tenacia non per ciò che aveva appreso una volta e conservava, ma, se viene fuori qualcosa di meglio e di più utile, abbracciarlo di buon grado. Sicuramente con queste parole non solo sollecitò a dirsi d'accordo con lui, quanti non vedevano qualcosa di meglio, ma li esortò anche a portare, se potevano, qualche prova per meglio rafforzare la necessità di mantenere la precedente consuetudine; sicché, se vi fosse stata una prova inconfutabile, egli avrebbe potuto mostrare con quanta sincerità aveva detto: Ognuno deve lottare con tenacia non per ciò che aveva appreso una volta e conservava, ma, se viene fuori qualcosa di meglio e di più utile, abbracciarlo di buon grado. Ma visto che gli unici a farsi avanti erano quelli che gli opponevano la consuetudine, e che a difesa di questa, non portavano argomenti capaci di commuovere la sua grande anima, egli, da uomo serissimo, non volle rinunciare alle sue ragioni, anche se non vere, cosa che gli sfuggiva, ma comunque non vinte, solo per cedere ad una consuetudine, vera, sì, ma non ancora provata. Tuttavia, se questa consuetudine, Agrippino per primo, e con lui alcuni suoi colleghi dell'Africa, non avessero cercato di abbandonarla, anche con le decisioni di un concilio, Cipriano non avrebbe neanche osato ragionare contro di essa; ma, turbato per una questione così complessa, e vedendo ovunque una consuetudine universale e consolidata, avrebbe preferito ritirarsi nella preghiera e nella elevazione dell'animo a Dio, per vedere e insegnare la verità che si manifestò più tardi nel concilio plenario. Ma, ormai stanco e vedendo l'autorità del precedente concilio tenuto da Agrippino, preferì difendere, diciamo così, la scoperta dei suoi predecessori, anziché affaticarsi in ulteriori ricerche. In effetti, alla fine della lettera a Quinto, descrive questa soluzione, come un letto sul quale, pressoché stanco, si riposò. 9.14 - È stato Agrippino ad introdurre la consuetudine di ribattezzare Egli dice: Ecco quanto Agrippino, uomo di felice memoria, con altri suoi colleghi, che all'epoca governavano la Chiesa del Signore nella Provincia dell'Africa e della Numidia, stabilì e, dopo un esame equilibrato, fatto di comune accordo, confermò. E la loro opinione, religiosa, legittima, salutare alla fede, e conforme alla Chiesa cattolica, l'abbiamo seguita anche noi. Con questa dichiarazione egli fa ben capire che avrebbe ricordato molti più particolari se, su questa questione, vi fosse stato un concilio d'oltremare o universale. Ma ancora non era stato fatto, perché il mondo era legato dalla forza della consuetudine, e questa era il solo argomento che si opponeva a quanti volevano introdurre una novità, dato che non potevano raggiungere la verità. In seguito, tuttavia, dopo discussioni e ricerche fatte tra molti esponenti dell'uno e dell'altro fronte, la verità non solo fu trovata, ma fu portata anche davanti all'autorità e alla forza di un concilio plenario. Certo, avvenne dopo il martirio di Cipriano, ma prima che nascessimo noi. Ma che questa fosse la consuetudine della Chiesa, che in seguito, dopo l'analisi dei molti lati oscuri e che la verità fu raggiunta, venne confermata da un concilio plenario, appare chiaramente anche dalle parole di Cipriano nella lettera a Giubaiano, che ricordiamo di aver letta nel concilio. Egli dice: " Si dirà: che ne sarà, dunque, di quelli che, in passato, venendo dall'eresia alla Chiesa, sono stati ammessi senza battesimo? ". Qui egli mostra chiaramente come si era soliti agire, anche se a lui non piaceva, e, proprio perché cita il concilio di Agrippino, fa capire apertamente che era ben altra la consuetudine della Chiesa. E di fatto non c'era bisogno di deciderlo nel concilio, se già esisteva una consuetudine; e durante il concilio stesso alcuni interventi dichiararono francamente che quanti avevano ritenuto di dover prendere questa decisione, lo avevano fatto contro una consuetudine della Chiesa. Riflettano i Donatisti su quest'unica cosa a tutti evidente: se l'autorità di Cipriano va seguita, è meglio seguirla nel conservare l'unità che nel cambiare una consuetudine della Chiesa; se poi si considera il concilio di Cipriano, gli va anteposto il concilio successivo di tutta la Chiesa, della quale egli si rallegrava di essere membro; anzi, molto spesso egli ammoniva anche gli altri ad imitarlo nel conservare la compattezza dell'intero corpo. I posteri, in effetti, antepongono i concili più recenti a quelli più antichi e, molto più giustamente, il concilio universale al particolare. 10.15 - Risposta dei Donatisti Ma come reagiscono i Donatisti quando si dimostra che san Cipriano, anche se non ammise i battezzati nell'eresia e nello scisma, comunicava con quanti li ammettevano, visto che con molta chiarezza aveva dichiarato: Non giudicare nessuno, né allontanare nessuno dal diritto di comunione, se avesse idee diverse? Se è stato macchiato dalla comunione con questi, perché essi ne seguono l'autorità nel ripetere il battesimo? Se invece dalla loro comunione non è stato macchiato, perché non ne seguono l'esempio nel conservare l'unità? Forse che ad essi non resta che dire: " Così vogliamo noi "? E che altro potrebbero rispondere alla parola di verità e di giustizia, i criminali, i facinorosi, i lussuriosi, gli ubriachi, gli adulteri, gli impudichi di ogni tipo, i ladri, i rapitori, gli omicidi, i ladroni, i malefici, gli idolatri? ( 1 Cor 6,9-10 ) Che altro potrebbero rispondere alla Verità che li rimprovera, se non: Questo voglio, è questo che mi piace? E se poi sono tinti del nome cristiano, aggiungono: Chi sei tu, che giudichi il servo di un altro? ( Rm 14,4 ) Costoro nondimeno sono più modesti, perché, quando, a causa della loro condotta e delle loro azioni cattive, sono puniti dalle leggi divine e umane, non dicono di essere martiri. I Donatisti, invece, vogliono avere, allo stesso tempo, e la vita di sacrileghi e la fama di innocenti; per le azioni criminali non ricevere nessuna pena, e per le pene giuste, ricevere la gloria dei martiri; come se la misericordia e la pazienza di Dio verso di loro, non sia tanto grande quanto più, castigandoli solo in parte, lascia loro il tempo per la penitenza, ( Sap 12,10 ) e come se non cessa di raddoppiare in questa vita i flagelli, perché riflettano sulle pene che ricevono e sul perché le ricevono, e si ravvedano. Essi, che per la pace di Donato, hanno già accettato il battesimo dei Massimianisti, preferiscano abbracciare, per la pace di Cristo, il battesimo del mondo; si reinseriscano nella radice, si riconcilino con l'unità, e vedano che ad essi non è restato niente da dire, ma solo qualcosa da fare; di modo che, per le loro passate azioni, si offra il sacrificio della carità al Dio misericordioso, di cui hanno rotto l'unità con un crimine nefando, e i cui sacramenti hanno fatto bersaglio di continue ingiurie. Dio infatti è misericordioso e pietoso; longanime, molto misericordioso e verace. ( Es 34,6; Sal 103,8 ) Abbraccino, nelle vita presente, il Dio misericordioso e longanime, e temano, nella futura, il Dio verace. Egli non vuole la morte dell'empio, ma, piuttosto, che si converta e viva; ( Ez 18,23; Ez 33,11 ) egli infatti cambia la sentenza contro le ingiurie che gli vengono fatte. È la nostra esortazione! 11.16 - I Donatisti non temono di violare il battesimo di tutto il mondo Per questo ci sono nemici, perché diciamo la verità, perché temiamo di tacere, perché abbiamo paura di smettere con tutte le nostre insistenze, perché obbediamo all'Apostolo che dice: Predica la Parola, insisti a tempo opportuno e inopportuno, ammonisci, esorta, rimprovera. ( 2 Tm 4,2 ) Essi invece, come dice il Vangelo, amano la gloria degli uomini più di quella di Dio, ( Gv 12,43 ) e mentre temono i rimproveri temporanei, non temono la condanna eterna. Lo vedono anche essi il male che fanno, vedono di non avere nessuna risposta, ma gettano la polvere negli occhi degli ignoranti, pur essendo inghiottiti vivi, cioè, morendo consapevoli e coscienti. ( Nm 16,31-33 ) Hanno visto gente inorridire e odiarli fortemente, perché si sono divisi essi stessi in molti scismi soprattutto nella capitale dell'Africa, la celeberrima città di Cartagine. Si sono sforzati di rappezzare i loro abiti indecenti; e credendo di poter eliminare i Massimianisti, li hanno duramente assaliti con grande impeto, per mezzo di Ottato Gildoniano, e hanno inflitto loro molti danni e persecuzioni crudelissime; dopodiché ne hanno accolti alcuni credendo di potere convertire tutti gli altri con lo stesso terrore; ma a quelli che accolsero non vollero far il grande torto di ribattezzare quelli stessi che avevano battezzato nello scisma, o meglio, di farsi ribattezzare dentro, da quelli stessi che li avevano battezzati fuori; ma in questo modo fecero un'eccezione alla loro malvagia consuetudine. Sentono che è un atto scellerato, ormai, una volta accettato il battesimo dei Massimianisti, violare il battesimo del mondo, ( Mt 16,25 ) ma temono i loro ribattezzati; temono che non perdonino loro, se essi perdonano gli altri, e che pretendano da loro le proprie anime, se essi smettono di trucidare le anime degli altri. 12.17 - Essi hanno ricevuto gli scismatici Massimianisti per amore della pace di Donato Sulla questione della riammissione dei Massimianisti, non sanno che rispondere. Se dicono: " Abbiamo riammessi degli innocenti ", rispondiamo: " Dunque, avevate condannato degli innocenti ". Se replicano: " Non lo sapevamo ", rispondiamo: " Dunque, avete giudicato avventatamente - del resto, anche dei traditori avete emesso un giudizio avventato - e siete stati falsi nel dire: Riconoscete di essere stati condannati dalla bocca veritiera di un concilio plenario; una bocca veritiera, infatti, non avrebbe potuto condannare degli innocenti ". Se dicono: " Non li abbiamo condannati ", si legga il concilio, si leggano i nomi dei vescovi e delle città. Se dicono: " Quello non è il nostro concilio ", si leggano gli atti proconsolari, dove non una sola volta essi hanno citato questo stesso concilio, per espellere i Massimianisti dalle basiliche e disperderli sotto il tumulto delle accuse e la violenza delle bande ausiliari. Se dicono che Feliciano di Musti e Pretestato di Assuri, che più tardi hanno riammessi, non erano con Massimiano, si leggano gli atti con i quali chiesero ai pubblici ufficiali di espellerli dalle basiliche in nome del loro concilio, radunato contro i Massimianisti. Se dicono: " È per amore della pace, che li abbiamo accolti ", si replichi: " Perché, allora, non riconoscete la pace vera e completa? Chi vi ha spinto, chi vi ha costretti a riammettere, per la pace di Donato, uno scismatico condannato, e a condannare, contro la pace di Cristo, il mondo senza averlo ascoltato? ". Se la verità li incalza, sentono di non avere niente da rispondere, e credono di non avere niente da fare; non trovano niente da dire, ma non permettiamo loro di tacere; preferiscono opporsi alla verità con parole perverse che, ammessi i loro errori, ridonarsi alla pace. 13.18 - Ritornino alla Chiesa quanti sono già stati ribattezzati e si preghi per loro Ma chi non intuisce ciò che possono dire, essi, in cuor loro? Ecco: " Che ne faremo, dunque, dei ribattezzati? " Si risponde: "Ritornate con loro alla Chiesa, offrite alla medicina della pace, per farli curare, quelli che avete ferito, e riconducete alla vita della carità, per farli risuscitare, quelli che avete ucciso. Ha una grande forza di propiziarci Dio la concordia fraterna! Sentite il Signore: Se due di voi si mettono d'accordo, qui in terra, tutto ciò che chiederete, vi sarà concesso. ( Mt 18,19 ) E se vale per due persone, a maggior ragione per due popoli! Prostriamoci insieme davanti al Signore; condividete con noi l'unità e noi condividiamo il vostro dolore, e la carità copra la moltitudine dei peccati! ( 1 Pt 4,8 ) Prendete consiglio da S. Cipriano, considerate quanto si aspettava, egli, dal bene dell'unità, per cui non si è separato da quelli che la pensavano in modo diverso e, pur ritenendo che quanti si facevano battezzare fuori la comunione della Chiesa non avevano il battesimo, credette, tuttavia, che coloro che erano stati riammessi alla Chiesa, semplicemente, potevano ottenere, per il vincolo dell'unità, il perdono. È così, infatti, che egli risolse la questione che si era posta, scrivendo a Giubaiano: Ma qualcuno dirà: che ne sarà di quelli che, in passato, venendo dall'eresia alla Chiesa, sono stati riammessi senza battesimo? Il Signore è potente. Egli può dare il perdono con la sua misericordia; e tutti quelli che, ammessi semplicemente alla Chiesa, in Chiesa sono morti, non escluderli dai benefici della sua Chiesa ". 14.19 - Se sia più dannoso non battezzarsi che ribattezzarsi Se poi sia più dannoso non battezzarsi affatto oppure farsi ribattezzare, è difficile giudicarlo. Io vedo bene ciò che la gente maggiormente detesta e aborrisce, e tuttavia, se adotto la bilancia del Signore, sulla quale il valore delle cose non si pesa secondo il sentimento degli uomini, ma secondo l'autorità di Dio, trovo, su entrambe le ipotesi, una frase del Signore. A Pietro infatti disse: Chi è lavato non ha bisogno di rifarsi il bagno, ( Gv 13,10 ) mentre a Nicodemo: Se uno non rinasce dall'acqua e dallo Spirito, non entrerà nel Regno dei cieli. ( Gv 3,5 ) Ma quale sia, di fatto, il giudizio più segreto di Dio, è forse difficile che noi uomini possiamo conoscerlo! Tuttavia, per quanto emerge dalle sole parole del testo, ognuno vede chiaramente tutta la differenza tra: Non ha bisogno di lavarsi e: Non entrerà nel Regno dei cieli. Del resto la Chiesa stessa conserva la tradizione di non ammettere assolutamente all'altare un uomo senza battesimo; se invece è permesso ammettervi il ribattezzato, dopo la penitenza, che altro significa, se non che egli non è privo del battesimo? Se dunque Cipriano presumeva che coloro che egli riteneva senza battesimo, ottenevano, per il vincolo dell'unità, il perdono, il Signore è potente, e proprio per il vincolo dell'unità e della pace viene placato anche dai ribattezzati, diventa benevolo verso quelli che li hanno battezzati e, in compenso della pace, condona tutti i delitti che hanno commesso nell'errore, purché offrano il sacrifico della carità che copre la moltitudine dei peccati; ( 1 Pt 4,8 ) così che egli non guarda più i molti che sono stati feriti dal loro abbandono, ma i moltissimi che vengono liberati dal loro ritorno. Per questo vincolo della pace, Cipriano ha creduto che la divina misericordia può non escludere dai benefici della Chiesa coloro che egli riteneva esservi stati ammessi senza battesimo; e per questo stesso vincolo della pace, noi crediamo che la misericordia divina può rendere i ribattezzati degni del perdono. 15.20 - Risolto ogni dubbio circa la questione della ripetizione del battesimo, vengano, i Donatisti, alla Cattolica La Chiesa cattolica, al tempo del beato Cipriano e ancora prima di lui, sia i ribattezzati che i non battezzati, li racchiudeva tutti nel suo grembo: e gli uni e gli altri ottennero la salvezza solo per merito della sua unità. Se infatti quelli che venivano dagli eretici non avevano il battesimo, come sostiene Cipriano, non era corretto ammetterli; eppure egli non disperò che ricevessero il perdono dalla divina misericordia, grazie all'unità della Chiesa. Perciò, se essi avevano il battesimo, non era corretto ribattezzarli. Che cosa quindi li aiutava, se non la carità dell'unità, per cui, ciò che nell'amministrare il sacramento sfuggiva all'umana fragilità, la divina misericordia non lo imputava a quanti amavano la pace? Perché allora, per paura dei vostri ribattezzati, precludete a voi e a loro l'accesso alla salvezza? Una volta sorse un dubbio sul battesimo: coloro che la pensavano diversamente restarono nell'unità. Ma col passare del tempo, conosciuta la verità, il dubbio venne eliminato. La questione che, quando non era ancora chiusa, non spaventò Cipriano, fino a farlo allontanare, ora che è chiusa, invita voi a ritornare. Venite alla Cattolica, che ora è nella certezza, e che Cipriano non abbandonò quando era nell'incertezza. Se poi vi frastorna l'esempio di Cipriano, che ha comunicato con quelli che erano stati ricevuti con il battesimo degli eretici, dicendo apertamente: Non giudicate nessuno, e non allontanate nessuno dal diritto della comunione, se ha idee diverse; dove andate, disgraziati, che fate? Fuggite voi stessi, perché siete usciti dalla comunione in cui egli rimase. Ma se per l'abbondanza della sua carità, per l'amore fraterno e per il vincolo della pace, non poterono danneggiarlo né i suoi peccati e né quelli altrui, ritornate là, dove, sia a noi che a voi, faranno molto meno danno quelli inventati dai vostri antenati. Libro III 1.1 - Si segua l'esempio di Cipriano nel mantenere l'unità Penso che ormai possa essere a tutti evidente, che l'autorità del beato Cipriano nel conservare il vincolo della pace e non violare in nessun modo la carità salutare per l'unità della Chiesa, sia da proporsi più a favore nostro che dei Donatisti. Se infatti essi cercano di avvalersi dell'esempio di Cipriano per ribattezzare i Cattolici, in quanto ritenne che gli eretici andassero ribattezzati nella Cattolica, noi preferiamo avvalerci dell'altro suo esempio: quello con cui stabilì, molto chiaramente, che dalla comunione cattolica, cioè, dai cristiani sparsi in tutto il mondo, compresi i cattivi e i sacrileghi riammessi, non bisognava allontanarsi per nessuno motivo, con la rottura della comunione. Perciò egli non ha voluto allontanare dal diritto della comunione neppure quelli che, a suo avviso, ricevevano nella comunione cattolica i non battezzati e i sacrileghi, ed ha detto: Non giudicare nessuno, né allontanare dal diritto della comunione, chi avesse idee diverse. 2.2 - Risposta alla domanda sulla consuetudine introdotta da Agrippino Ma io vedo che mi si può chiedere ancora una cosa, e cioè, di rispondere alle apparenti ragioni dalle quali furono mossi, prima Agrippino, poi Cipriano stesso e quanti lo sostenevano in Africa e, forse, anche alcuni che si trovavano nei territori d'oltremare e più lontani, e senza che vi sia stato nessun concilio, né plenario e né, almeno, regionale, ma solo una corrispondenza epistolare, tanto da ritenere di dover introdurre una prassi che la primitiva consuetudine della Chiesa non aveva, e che, in seguito, il mondo cattolico, con un consenso solidissimo e fermo, ha escluso. Così che l'errore, che attraverso tali discussioni aveva incominciato ad insinuarsi nelle menti di alcuni, lo guarisse una verità più forte e una medicina universale proveniente dalla salvezza dell'unità. Ed ora vedano, essi, con che serenità io affronto questo discorso. Se io non riuscirò a dimostrare come vanno confutate le affermazioni che essi prendono dal concilio di Cipriano e dai suoi scritti, e cioè che il battesimo di Cristo non può essere dato dagli eretici, rimarrò tranquillo in quella Chiesa, nella cui comunione rimase Cipriano con quanti non condividevano il suo pensiero. 2.3 - La Chiesa non poté né contaminarsi e né scomparire in forza della consuetudine di non ribattezzare Ora essi dicono che allora la Chiesa cattolica esisteva, in quanto vi erano pochi o, se così credono, molti, che disapprovavano il battesimo dato presso gli eretici, e battezzavano quanti provenivano dall'eresia. E allora? Prima di Agrippino, dal quale ebbe inizio, diciamo così, la nuova norma contrastante con la consuetudine, la Chiesa non esisteva? E che? In seguito, dopo Agrippino, quando, se non si fosse ritornati alla antica consuetudine, Cipriano non avrebbe dovuto riunire un altro concilio, che forse la Chiesa non esisteva, visto che dappertutto vigeva la consuetudine di ritenere il battesimo di Cristo, soltanto come battesimo di Cristo, anche se si provava che era stato dato presso gli eretici o gli scismatici? Che se poi la Chiesa esisteva anche allora, e l'eredità di Cristo, non essendo stata interrotta, non era perita, ma sussisteva e cresceva in tutte le nazioni, è norma sicurissima restare nella consuetudine, che allora riuniva in un solo abbraccio, buoni e cattivi. Se invece allora la Chiesa non esisteva più, in quanto si riammettevano, senza battesimo, sacrileghi eretici, e questa era una consuetudine universalmente osservata, da dove è apparso Donato? Da quale terra è spuntato? Da quale mare è emerso? Da quale cielo è caduto? Pertanto noi, come stavo dicendo, restiamo al sicuro nella comunione di quella Chiesa, nella cui universalità ora si fa ciò che si faceva universalmente anche prima di Agrippino e tra Agrippino e Cipriano, e la cui universalità non abbandonarono né Agrippino, né Cipriano, né i loro sostenitori, quantunque la pensassero in modo diverso dagli altri, ma rimasero nella stessa comunione di unità insieme a quelli dai quali avevano idee diverse. Siano essi, invece, a considerare dove sono; essi che non possono dire né da dove si sono propagati, se è vero che, fin da allora, gli eretici e gli scismatici riammessi senza battesimo, avevano fatto perire la Chiesa con il contagio della loro comunione, e né, d'altra parte, sono d'accordo con Cipriano stesso. Infatti, mentre Cipriano professò di voler restare nella comunione con quelli che avevano accolto gli eretici e gli scismatici, e quindi anche con quelli che erano stati accolti, i Donatisti invece, per via del nome di traditori, con cui infamarono alcuni in Africa, ma senza riuscire a dimostrarlo nel concilio d'oltremare, si sono separati dalla comunione col mondo, benché siano molto più gravi i crimini dell'eresia e dello scisma che i crimini che rinfacciavano, anche se veri. Quindi, quelli che vennero senza il battesimo, come Cipriano pensava, e che furono ammessi nella comunione cattolica, non per mezzo del battesimo, non poterono macchiare Cipriano. Ma neppure in ciò che dicono di imitare Cipriano, essi sanno che rispondere sulla questione di avere accettato il battesimo dei Massimianisti, ritornati con alcuni di quelli che, condannati dal loro concilio plenario, e perseguitati perfino dal tribunale delle autorità terrene, essi hanno poi riammesso nella loro comunione con la stessa dignità episcopale nella quale li avevano condannati. Di conseguenza, se al tempo di Cipriano, la comunione coi cattivi ha fatto perire la Chiesa, la comunione dei Donatisti non ha un'origine. Se invece non l'ha fatta perire, essi non hanno alcuna giustificazione per il loro scisma. E si aggiunga, che non seguono né l'esempio di Cipriano, poiché hanno infranto il vincolo dell'unità, e né il suo concilio, poiché hanno accettato il battesimo dei Massimianisti. 3.4 - Lettera di Cipriano a Giubaiano sul battesimo degli eretici Ora noi quindi, pur seguendo l'esempio di Cipriano, esaminiamo anche il concilio di Cipriano. Che dice Cipriano? Voi avete ascoltato, carissimi colleghi, la lettera scrittami da Giubaiano, nostro collega nell'episcopato, per consultare la nostra pochezza sull'illecito ed empio battesimo degli eretici, ed anche ciò che io ho risposto ribadendogli, naturalmente, il mio parere espresso più volte, che gli eretici e scismatici che vengono alla Chiesa, vanno battezzati e santificati con il battesimo della Chiesa. Vi è stata poi letta anche un'altra lettera di Giubaiano, nella quale egli, da uomo sincero, religioso e devoto, rispondendo alla nostra lettera, non solo si dichiara d'accordo, ma ringrazia anche delle istruzioni ricevute. Da queste parole del beato Cipriano, apprendiamo che egli è stato consultato da Giubaiano, che questi gli ha risposto e che lo ha ringraziato per le istruzioni ricevute. Dobbiamo forse essere ritenuti ostinati, se vogliamo esaminare questa stessa lettera, che ha persuaso Giubaiano? Finché in effetti non persuaderà anche noi, se può farlo con ragioni convincenti, ci assicura il diritto alla comunione cattolica, lo stesso Cipriano. 3.5 - Continua ancora la lettera Egli infatti continua dicendo: Ci resta da esprimere, su questa questione, le nostre personali opinioni, senza giudicare nessuno, né allontanare qualcuno dal diritto della comunione, se avesse idee diverse. Egli quindi, non solo mi concede di continuare a cercare la verità, fatto salvo il diritto della comunione, ma anche di avere opinioni diverse. Nessuno di noi, infatti, viene costituito vescovo dei vescovi, né costringe i suoi colleghi al dovere dell'obbedienza con il terrore dei tiranni. Che c'è di più mite? Che di più umile? Sicuramente nessuna autorità ci distoglie dal cercare la verità Egli dice: poiché ogni vescovo, grazie alla sua libertà e potestà, ha un proprio giudizio; e come non può essere giudicato dagli altri, così non può giudicare gli altri. Io penso che si riferisca alle questioni non ancora discusse e studiate a fondo. Egli infatti sapeva che la Chiesa intera era allora impegnata a cercare, in una serie di discussioni, tutta la profondità del sacramento, e lasciava piena libertà di ricerca, affinché la verità, una volta conosciuta, fosse diffusa. Egli non mentiva e non pensava di catturare con questo discorso i suoi colleghi più ingenui, in modo che, una volta che avessero espresso le loro opinioni contrarie, avrebbe deciso, in contrasto con la sua promessa, che dovevano essere scomunicati. Lungi da un'anima così santa questa crudele perfidia! E quanti, di un uomo così grande pensano questo, sia pure per fargli un elogio, non fanno altro che ammettere di essere loro dei perfidi. Per parte mia, che Cipriano, vescovo cattolico e martire cattolico, il quale, quanto più era grande tanto più si mostrava umile con tutti, per trovare grazia ( Sir 3,20 ) presso Dio, abbia fatto uscire dalla sua bocca, soprattutto nel santo concilio e davanti ai suoi colleghi, una cosa diversa da quella che sentiva nel cuore, non posso crederlo nel modo più assoluto. Specie se consideriamo queste altre parole: Ma restiamo tutti in attesa del giudizio del Signore nostro Gesù Cristo, che è l'unico e il solo ad avere il potere sia di porci a capo del governo della sua Chiesa e sia di giudicare le nostre azioni. Ora, nel ricordo di questo grande giudizio, in attesa di ascoltare la verità dai suoi colleghi, poteva, egli per primo, dare un esempio di menzogna? Tenga Dio lontano questa follia da ogni cristiano e molto più da Cipriano! Dunque, abbiamo libera facoltà di ricerca: a concedercela è Cipriano stesso, con un discorso molto mite e sincero. 4.6 - La lettura di questa lettera non è persuasiva Ed ora cominciano i suoi colleghi a esprimere le proprie opinioni; ma essi hanno ascoltato la lettera a Giubaiano; in effetti è stata letta, come è stato ricordato all'inizio. La si legga quindi anche a noi, perché anche noi vediamo, con l'aiuto del Signore, che cosa bisogna pensare. Forse mi si dirà: " Come, solo ora tu vieni a conoscere ciò che ha scritto Cipriano a Giubaiano? ". L'ho già letta, lo confesso, e mi sarei orientato senz'altro verso la stessa opinione, se non mi avesse richiamato ad una più attenta riflessione, la grande autorità di quelli che gli sono uguali per il dono della dottrina, o, forse, sono anche più dotti, e che la Chiesa diffusa nel mondo, ha potuto generare in tante nazioni Latine, Greche, barbare e nella stessa nazione ebraica; quella Chiesa che ha generato anche lui; e non mi è mai parso che questi abbiano rifiutato senza motivo di seguire l'opinione di Cipriano, e non già perché non sarebbe possibile che in una questione molto oscura, uno o pochi abbiano le idee più esatte di molti, ma perché non bisogna facilmente dare un parere a favore di uno o di pochi, contro gli innumerevoli personaggi di una stessa religione e di una stessa unità, dotati di grande ingegno e di ricca dottrina, se non dopo avere esaminato le questioni con tutte le forze e averle approfondite. Pertanto, a chi mi chiede con insistenza se anche gli scritti di Cipriano mi hanno suggerito qualcosa a favore dell'opinione che, oggi, la Chiesa cattolica sostiene, e cioè che il battesimo di Cristo va riconosciuto e approvato, non per i meriti di colui che lo dà ma per la virtù di colui di cui è stato detto: Questi è colui che battezza, ( Gv 1,33 ) sarà l'argomento stesso a fornirgli una risposta nel prosieguo del nostro discorso. Diamo dunque per scontato che la lettera di Cipriano a Giubaiano è stata letta anche a noi, come è stata letta nel concilio. La legga, prima di tutto, chi si appresta a leggere quanto io dirò, perché non pensi che io ne abbia omesso qualche brano essenziale. Sarebbe troppo lungo, infatti, e non pertinente allo svolgimento del nostro compito, citarne ora il testo parola per parola. 5.7 - Il punto di partenza di Agostino circa questa questione Se poi uno mi chiede quale sia il mio pensiero, mentre sto trattando questa questione, innanzitutto rispondo che è stata appunto la lettera di Cipriano a suggerirmelo, in attesa di vedere ciò che cominciò più tardi ad essere discusso. Dice, infatti, Cipriano: Si dirà: che ne sarà, dunque, di coloro che in passato, venendo dall'eresia alla Chiesa, sono stati ammessi senza battesimo? Ma se davvero questi erano senza battesimo o se sono stati ammessi perché chi li ammetteva si rendeva conto che lo avevano, lo esamineremo presto. Nondimeno Cipriano mostra con chiarezza quale fosse, nella Chiesa, la consuetudine vigente: egli dice che in passato, quanti dall'eresia passavano alla Chiesa, erano ammessi senza battesimo. 5.8 - Non si deve disprezzare la verità Nel concilio Casto di Sicca dice: Chi, disprezzata la verità, presume di seguire una consuetudine, o è invidioso e maligno verso i fratelli, ai quali la verità si rivela, o è ingrato verso Dio, che con la sua ispirazione ammaestra la sua Chiesa. Se la verità è stata scoperta, lo verificheremo presto; ma che fosse un'altra la consuetudine della Chiesa, lo ammette anche lui. 6.9 - La consuetudine deve cedere alla verità Dice Liboso di Vaga: Nel Vangelo il Signore dice: " Io sono la verità ". ( Gv 14,6 ) Non dice: Io sono la consuetudine. Quindi, una volta scoperta la verità, la consuetudine deve cedere alla verità. Certo, e chi oserà dubitare che la consuetudine deve cedere alla verità scoperta? Ma di questa scoperta della verità vedremo; per ora anche costui rivela che la consuetudine era un'altra. 7.10 - Dopo la rivelazione della verità, l'errore segni il passo Così, Zosimo di Tarassa dice: Scoperta la verità, l'errore ceda alla verità; infatti anche Pietro, che prima sosteneva la circoncisione, si arrese a Paolo che predicava la verità. Costui ha preferito non parlare di consuetudine, ma di errore; tuttavia dicendo: Anche Pietro, infatti, che prima sosteneva la circoncisione, si arrese a Paolo che predicava la verità, mostra chiaramente che sulla questione del battesimo la prassi era un'altra. Ma allo stesso tempo ci avverte che non fu impossibile per Cipriano avere sul battesimo un parere diverso dalla verità che la Chiesa aveva seguito prima e dopo di lui, se anche Pietro poté avere un'idea diversa dalla verità che abbiamo appresa dall'apostolo e maestro Paolo. ( Gal 2,11-14 ) 8.11 - Non preferire la consuetudine alla ragione Così, Felice da Buslacca: Nell'ammettere gli eretici senza il battesimo della Chiesa, nessuno deve anteporre una consuetudine alla ragione e alla verità: la ragione e la verità, infatti, escludono sempre la consuetudine. Se si tratta di ragione e di verità, benissimo, e lo vedremo presto; per il momento, l'esistenza di una diversa consuetudine traspare anche dalle parole di Felice. 9.12 - Anteporre la verità alla consuetudine Così, Onorato di Tucca: Poiché Cristo è la verità, noi dobbiamo seguire più la verità che la consuetudine. In tutti questi interventi si dichiara che noi non siamo fuori dalla comunione della Chiesa, finché la verità, che a loro dire va preferita alla consuetudine, non brillerà con chiarezza. Ma se la verità rivelerà che bisogna seguire quanto aveva prescritto la consuetudine, sarà evidente che essa non venne introdotta e consolidata senza motivo, e sarà più chiaro, anche dopo queste dispute, che la salutarissima osservanza di un sacramento tanto grande, la Chiesa cattolica non avrebbe potuta cambiarla, ma, una volta confermata anche dalla forza maggiore dei concili, conservarla con la massima religiosità. 10.13 - Gli eretici non hanno potere e diritto sul battesimo Scrive dunque Cipriano a Giubaiano, sul battesimo degli eretici che, postisi fuori e stabilitisi fuori della Chiesa, gli sembravano rivendicare una cosa di cui non avevano né diritto e né potere. Egli dice: Questo battesimo non possiamo ritenerlo né valido e né legittimo, dal momento che presso di loro, come si sa, è illecito. Neppure noi neghiamo che quando uno si battezza presso gli eretici o in qualche scisma, fuori dalla comunione della Chiesa, il battesimo non gli giova nella misura in cui egli approva la perversità degli eretici e degli scismatici; come non neghiamo che coloro che battezzano, benché diano il vero ed autentico sacramento del battesimo, agiscono legittimamente, raccolgono fuori della Chiesa e pensano contro la Chiesa. Ma, un conto è non possedere un bene, e un conto è possederlo senza averne diritto o appropriarsene illecitamente. Quindi, non che non siano più sacramenti di Cristo e della Chiesa, solo perché li usano illecitamente, non solo gli eretici, ma anche tutti i malvagi e gli empi. Ciononostante, questi vanno corretti e puniti, e i sacramenti riconosciuti e venerati. 10.14 - Su questa questione si tennero due concili in Africa Ha ragione Cipriano nel dire che su questo problema si sono tenuti non uno, ma due e più concili; ma tutti in Africa. Egli poi ricorda che in uno di questi erano presenti settantuno vescovi. Ma all'autorità di tutti questi, noi non esitiamo ad anteporre quella della Chiesa universale, diffusa in tutto il mondo con molti più vescovi; pur restando in pace con Cipriano, che della Chiesa universale amava essere un membro indissolubile. 10.15 - L'acqua del battesimo non è profana e adultera Non è poi acqua profana e adultera, quella su cui si invoca il nome di Dio, anche se ad invocarlo sono dei profani e degli adulteri, poiché non sono adulteri né la creatura e né il nome. In realtà il battesimo di Cristo, consacrato dalle parole del Vangelo, anche se dato mediante gli adulteri e se lo hanno gli adulteri, è sempre santo, quantunque costoro siano impudichi e immondi, in quanto la sua santità non può essere macchiata e la potenza di Dio è presente nel suo sacramento, e per la salvezza di quanti l'usano bene e per la rovina di quanti l'usano male. O forse la luce del sole o di una lucerna, diffondendosi sulle sozzure, non contrae nessuna sporcizia, e il battesimo di Cristo può essere macchiato dai delitti di qualsiasi uomo? Certo, se prestiamo attenzione agli elementi visibili di cui i sacramenti sono costituiti, chi non sa che sono corruttibili? Se invece pensiamo alla potenza che opera per loro tramite, come non vedere che i sacramenti non possono corrompersi, anche se gli uomini, mediante i quali essa opera, per la loro condotta, o ricevono dei premi o subiscono dei castighi? 11.16 - L'esempio dei Novaziani non conta Giustamente Cipriano non si è fatto commuovere da ciò che ha scritto Giubaiano: che i Novaziani ribattezzavano quanti dalla Cattolica passavano a loro. In effetti, non tutto ciò che gli eretici imitano in modo distorto, i cattolici non debbono farlo, perché lo fanno anche loro. Ora, altro è il motivo per cui non devono ribattezzare gli eretici, e altro quello per cui non deve battezzare la Cattolica. Gli eretici infatti, non dovrebbero farlo neppure se si dovesse fare nella Cattolica, poiché dicono che tra i Cattolici non si trova ciò che essi, quando c'erano, hanno ricevuto, e quando se ne sono separati, hanno portato via. La Cattolica, poi, non deve ripetere il battesimo, dato presso gli eretici, proprio per non far pensare che essa consideri dei Donatisti ciò che è di Cristo, oppure che essi non abbiano ciò che, avendo ricevuto dentro, non potevano certamente perdere uscendo fuori. In effetti, Cipriano con tutti gli altri, ha anche stabilito che se dall'eresia ritornavano alla Chiesa quelli che vi erano stati battezzati, non fossero ricevuti più per mezzo del battesimo, ma della penitenza. Donde risulta che essi non possono perdere, andandosene, ciò che non ricevono, ritornando. Tuttavia, non significa che com'è loro l'eresia, com'è loro l'errore, com'è loro il sacrilegio dello scisma, così anche il battesimo, che è di Cristo, deve dirsi loro. Perciò, mentre quei mali, che sono loro, quando essi ritornano, si correggono, di ciò che invece non è loro, si deve riconoscere Colui di cui è. 12.17 - Cipriano non stabilì improvvisamente una usanza nuova San Cipriano mostra di non essere stato lui a stabilire una nuova e inattesa usanza, in quanto essa era già iniziata con Agrippino: " Sono trascorsi molti anni e un lungo periodo, da quando, sotto la presidenza di Agrippino, uomo di santa memoria, molti vescovi si riunirono e la stabilirono ". Quindi, la novità è stata introdotta dallo stesso Agrippino. Come poi Cipriano possa dire: " E da allora ad oggi, tante migliaia di eretici, tornati alla Chiesa nelle nostre province, non l'hanno rifiutata e né esitato, anzi, l'hanno abbracciata con saggezza e buona volontà, per ottenere la grazia del lavacro di vita e del battesimo salutare ", io non lo so; a meno che, con la frase " da allora ad oggi ", egli intenda dire che, nei riguardi degli eretici non era sorto, da quando nella Chiesa, grazie al concilio di Agrippino, sono stati battezzati, nessun problema di scomunica. Del resto, se la consuetudine di battezzare quanti venivano dagli eretici era in vigore da Agrippino a Cipriano, a che scopo Cipriano ha convocato, su questa questione, due concili? A che scopo egli dice a Giubaiano, di non essere stato lui a introdurre una novità inattesa, ma che l'aveva introdotta Agrippino? Perché Giubaiano era turbato da questa novità, tanto che fu necessario guarirlo citandogli l'autorità di Agrippino, se da Agrippino a Cipriano la Chiesa già la seguiva? E perché infine, tanti suoi colleghi dissero, in concilio che la ragione e la verità vanno anteposte alla consuetudine, mentre avrebbero fatto meglio a dire che quanti volevano fare una cosa diversa, la facevano sia contro la verità che contro la consuetudine? 13.18 - Si tratta ancora della remissione dei peccati mediante il battesimo Riguardo alla remissione dei peccati, se cioè presso gli eretici avviene con il battesimo, il mio parere l'ho espresso già in un'altra opera; ma lo richiamo brevemente anche qui. Se da loro la remissione dei peccati si realizza per la santità del battesimo, i debiti ritornano per la loro ostinazione loro nell'eresia o nello scisma, e quindi, queste persone hanno urgente bisogno di venire alla pace cattolica, per cessare di essere eretici e scismatici, e per meritare la purificazione dei peccati, ritornati in loro, mediante la carità operante nel vincolo dell'unità. Se invece, il battesimo di Cristo, quantunque presso gli eretici e gli scismatici sia lo stesso, ma per la sconcezza della discordia e per l'iniquità della divisione non vi opera la remissione dei peccati, questo stesso battesimo inizia ad operare la remissione dei peccati, quando loro vengono alla pace della Chiesa; di modo che, davvero rimessi, i peccati non sono ritenuti; né si disapprova il primo battesimo come estraneo o diverso, per darne un altro, ma si accetta quello stesso che, fuori, per via della discordia, procurava la morte, dentro, per via della pace, procura la salvezza. Era senza dubbio lo stesso profumo, quello di cui l'Apostolo dice: Siamo il buon profumo di Cristo, dappertutto, eppure ha detto: In quelli che si salvano e in quelli che si perdono, per gli uni è profumo di vita per la vita, per gli altri è profumo di morte per la morte. ( 2 Cor 2,15-16 ) Ora, anche se questo testo riguarda un'altra cosa, io l'ho messo qui, perché si capisca che un bene, non solo può procurare la vita a quanti ne usano bene, ma anche la morte a quanti ne usano male. 14.19 - Rapporto tra chi ha una fede erronea e il battesimo Quando poi si tratta dell'integrità e della santità del sacramento, non importa ciò che crede e di quale fede è imbevuto chi lo riceve. Certo, la fede conta moltissimo per la via della salvezza, ma per la questione del sacramento, non conta niente. Può infatti capitare che uno abbia il sacramento integro e la fede distorta; come pure che sappia esattamente le parole del Simbolo, ma che non abbia una fede giusta sulla Trinità, o sulla risurrezione o su qualche altra verità. Non che sia di poco conto avere, anche nella Cattolica, una fede integra, e quindi credere assolutamente, non di una creatura, ma di Dio stesso, nient'altro che la verità. E allora? Se un uomo, battezzato nella Cattolica, in seguito viene a sapere, tramite letture, ascolto, serene discussioni, o per illuminazione del Signore, di aver creduto in passato una verità diversa da quella che avrebbe dovuto credere, lo si deve ribattezzare? Ma quale uomo carnale e naturale non si abbandona a rappresentazioni immaginarie del suo cuore, e si crea un Dio a suo piacimento, secondo la sua carnale sensibilità, finendo per credere una realtà ben diversa dal vero Dio, quanto la vanità è diversa dalla verità? Quanta verità c'è in queste parole dell'Apostolo, pieno della luce della verità: L'uomo naturale non comprende le cose dello Spirito di Dio. ( 1 Cor 2,14 ) Eppure parlava di quelli che erano stati già battezzati, come rivela egli stesso. È a loro, infatti, che dice: È stato forse crocifisso per voi Paolo? O è nel nome di Paolo che siete stati battezzati? ( 1 Cor 1,13 ) Essi quindi avevano il sacramento del battesimo, ciononostante nella loro sapienza carnale, che cosa potevano credere di Dio, se non ciò che suggeriva il loro senso carnale, nel quale l'uomo naturale non comprende le cose dello Spirito di Dio? Ed è agli uomini carnali che l'Apostolo dice: Non ho potuto parlarvi come ad uomini spirituali, ma come ad esseri carnali. Come a bambini in Cristo vi ho dato da bere latte, e non un nutrimento solido, perché non ne eravate capaci. Ma non lo siete neppure ora, perché siete ancora carnali. ( 1 Cor 3,1-3 ) Costoro sono portati qua e là da ogni vento di dottrina, e di loro dice: Perché non siamo più bambini, sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina. ( Ef 4,14 ) Che forse se costoro crescono fino alla maturità spirituale dell'uomo interiore e vengono a conoscere, con la chiarezza dell'intelligenza, quanto è diverso ciò che, a causa dei loro fantasmi, hanno creduto di Dio, da ciò che la verità richiedeva, vanno ribattezzati? Ma può anche accadere questo: che un catecumeno cattolico si imbatta nel libro di un eretico, e, non sapendo discernere l'errore dalla verità, creda una cosa contraria alla fede cattolica, ma si tratta di un errore non in contraddizione con le parole del Simbolo: in verità sotto le stesse parole sono sorti innumerevoli errori degli eretici! Ora, se costui crede che il libro è di qualche autorevole e dotto cattolico e se, pur credendo questo, viene battezzato nella Cattolica, ma in seguito ad una ricerca viene a conoscere che cosa deve credere e, abbracciata la fede cattolica respinge con forza l'errore, che forse, se confessa questo, bisogna ribattezzarlo? Oppure, se prima che egli lo sappia e lo confessi, ci si accorge che ha queste idee e lo si istruisce sugli errori da rinnegare e sulle verità da apprendere, e risulta evidente che egli è stato battezzato con una fede falsa, deve essere di nuovo battezzato? Perché no? Perché la santità del sacramento, consacrata dalle parole del vangelo, restava in lui integra come l'aveva ricevuta, anche se egli, immerso nelle fantasticherie della mente carnale, quando veniva battezzato credeva diversamente da come avrebbe dovuto credere. È quindi evidente, che anche senza una fede integra, in un uomo può restare integro il sacramento del battesimo. Ecco perché, tutto ciò che si dice sulla varietà dei diversi eretici, non tocca questa questione. In ogni uomo, infatti, va corretto ciò che viene conosciuto come sbagliato da parte di chi lo corregge, va guarito ciò che è malato e gli va dato ciò che non ha, soprattutto la carità della pace, senza la quale tutti gli altri doni non possono giovargli. Se però questo c'è, non gli va dato come se non ci fosse, ma fatto in modo che lo abbia con frutto e non con danno, mediante il vincolo della pace e la sublimità della carità. 15.20 - Il battesimo dato nella formula del Vangelo è integro anche se la fede è imperfetta Perciò, se Marcione consacrava il battesimo con le parole del Vangelo: Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, ( Mt 28,19 ) il sacramento era integro, anche se la sua fede, che sotto le stesse parole coglieva un senso diverso da ciò che la verità cattolica insegna, non era integra, ma contaminata da incredibili falsità. In realtà, sotto le stesse parole: Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, non erano solo Marcione, Valentino, Ario e Eunomio, a vedervi un senso diverso, ma anche quei figli carnali della Chiesa, ai quali l'Apostolo diceva: Non vi ho potuto parlare come a uomini spirituali, ma come a uomini carnali; ( 1 Cor 3,1 ) e se si potessero interrogare bene uno per uno, forse si conterebbero tanti pareri diversi quanti sono loro. L'uomo carnale, infatti, non comprende le cose dello Spirito di Dio. ( 1 Cor 2,14 ) Ma per questo non ricevono il sacramento integro? Oppure se progrediscono e si emendano dalla vanità delle loro idee carnali, va ripetuto ciò che avevano ricevuto? Ciascuno riceve secondo la sua fede, ( Mt 9,29 ) ma nella misura in cui lo riceve sotto la guida della divina misericordia, nella quale l'Apostolo riponeva la fiducia dicendo: Se in qualche cosa pensate diversamente, in questo Dio vi illuminerà. ( Fil 3,15 ) Comunque i lacci degli eretici e degli scismatici sono molto dannosi agli uomini carnali, perché bloccano il loro sviluppo, rafforzano la loro vuota dottrina nei riguardi della verità cattolica, e confermano il loro astioso dissenso verso la pace cattolica. I sacramenti, però, se sono gli stessi, sono ovunque autentici, anche se mal compresi e amministrati con spirito di discordia; come del resto avviene anche del testo del Vangelo: se è sempre lo stesso, resta ovunque integro, anche se viene citato per sostenere una grande varietà di opinioni errate. Prendiamo infatti un testo di Geremia: Perché quelli che mi affliggono prevalgono? La mia ferita è incurabile: come la guarirò? Mentre essa dura, è diventata per me come un'acqua ingannevole, di cui non ci si può fidare. ( Ger 15,18 ) Ora, se nel linguaggio figurato e allegorico della profezia, l'acqua non fosse menzionata, tranne che per significare il battesimo, faremmo fatica a cercare il senso delle parole di Geremia. Sennonché, dato che nell'Apocalisse le acque vengono citate molto chiaramente per significare i popoli, ( Ap 17,15 ) perché io non potrei intendere per acqua ingannevole e infida un popolo menzognero e perfido, non lo so. 16.21 - Fuori dalla Chiesa la carità non c'è e senza la carità nulla vale Se poi si dice che lo Spirito Santo viene dato solo nella Cattolica per l'imposizione delle mani, questo è certamente il senso che i nostri padri hanno voluto dare alle parole di Paolo: La carità di Dio è diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. ( Rm 5,5 ) È questa, infatti, la carità che non possiedono quanti si sono separati dalla comunione della Chiesa cattolica, per cui, se anche parlassero le lingue degli uomini e degli angeli, se anche conoscessero tutti i misteri e tutta la scienza, se anche possedessero la profezia e la pienezza della fede, sì da trasportare le montagne e distribuire tutti i propri beni ai poveri e dare il proprio corpo alle fiamme per essere bruciato, ad essi non giova niente. ( 1 Cor 13,1-3 ) Ma non ha la carità di Dio chi non ama l'unità della Chiesa, e quindi è giusto dire: lo Spirito Santo non si riceve che nella Cattolica. In effetti, non è con la testimonianza di miracoli temporali e visibili, che oggi viene dato lo Spirito Santo per l'imposizione delle mani, come si dava alle origini per accreditare la nuova fede e per espandere la Chiesa nascente. Chi si aspetta, oggi, che coloro ai quali si impongono le mani per ricevere lo Spirito Santo, comincino tutt'a un tratto a parlare lingue? Ma si intende che, in virtù del vincolo della pace, la carità di Dio è inspirata invisibilmente e misteriosamente nei loro cuori, in modo da poter dire: La carità di Dio è diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. ( Rm 5,5 ) Sono molte le operazioni dello Spirito Santo di cui l'Apostolo, dopo averne parlato in un passo, per quanto ha ritenuto sufficiente, ha concluso: ( 1 Cor 12,8-10 ) Ma tutte queste cose le opera un solo e medesimo Spirito, distribuendo a ciascuno i suoi doni come vuole. ( 1 Cor 12,11 ) Dunque, poiché una cosa è il sacramento, che ha potuto avere anche Simon Mago, ( At 8,13 ) una cosa è l'operazione dello Spirito, che suole operare anche nei cattivi, come in Saul che ebbe la profezia, ( 1 Sam 10, 6.10 ) e un'altra è l'operazione dello stesso Spirito, che possono avere soltanto i buoni, come è il fine del precetto, cioè la carità che sgorga da un cuore puro, da una coscienza buona e da una fede sincera, ( 1 Tm 1,5 ) quale che siano i doni che gli eretici e gli scismatici possono ricevere, la carità che copre la moltitudine dei peccati ( 1 Pt 4,8 ) è il dono specifico dell'unità e della pace cattolica; non però un suo dono presente in tutti, perché non tutti sono suoi, come a suo tempo si vedrà. E al di fuori di essa non può esservi quella carità senza la quale tutti gli altri doni, anche se si possono accettare e approvare, non possono, però, né giovare e né liberare. Riguardo all'imposizione delle mani, essa non è irripetibile come il battesimo. Che altro è, infatti, se non una preghiera su un uomo? 17.22 - L'integrità del sacramento è ovunque, ma non realizza la remissione dei peccati In effetti, se il Signore ha dato a Pietro, figura dell'unità, il potere di sciogliere in terra tutto quanto avesse voluto, ( Mt 16,19 ) è evidente che questa unità è stata chiamata anche colomba perfetta e unica. ( Ct 6,8 ) Che forse a questa colomba appartengono tutti gli avari di cui Cipriano ha lamentato fortemente la presenza nella Cattolica? Secondo me i ladri non possono essere chiamati colombe, ma falchi. Come mai battezzavano, allora, quelli che, con inganni e raggiri, si appropriavano dei terreni e, raddoppiando gli interessi, aumentavano il loro capitale, se chi battezza è solo la colomba, cioè quell'unità che solo nei buoni può intendersi semplice, casta e perfetta? Oppure è per la preghiera dei santi e degli spirituali, che sono nella Chiesa, che si compie, come per mezzo di un incessante gemito di colomba, questo grande sacramento e la occulta dispensazione della misericordia di Dio, tanto che vengono rimessi anche i peccati di coloro che non sono stati battezzati dalla colomba, ma dal falco, purché essi si accostino a questo sacramento con la pace dell'unità cattolica? Ma se è così, perché a chi passa dall'eresia o dallo scisma alla pace cattolica, non gli sono rimessi i peccati mediante le loro preghiere? È vero che l'integrità del sacramento è riconosciuta ovunque, ma fuori dell'unità della Chiesa, essa non è efficace per ottenere l'irrevocabile remissione dei peccati. E a chi sta nell'eresia o nello scisma, le preghiere dei santi, cioè il gemito dell'unica colomba non possono essere di aiuto, come non possono esserlo a chi sta dentro se, a causa della sua pessima condotta, conserva su di sé il debito dei peccati; e questo, non solo se lo battezza il falco, ma anche se lo battezza il pio ministero della colomba. 18.23 - La pace dell'unità risiede solo nei buoni Come il Padre ha mandato me - disse il Signore - così anch'io mando voi. E detto questo, alitò su di loro e disse: ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati, saranno rimessi; a chi li riterrete, saranno ritenuti. Dunque, se gli Apostoli rappresentavano la Chiesa e il Signore ha parlato a loro come se parlasse alla Chiesa stessa, è la pace della Chiesa che rimette i peccati ed è la lontananza dalla pace della Chiesa che li ritiene, non ad arbitrio degli uomini, ma per volere di Dio e le preghiere dei santi e degli spirituali, che giudicano tutto, ma che nessuno giudica. ( 1 Cor 2,15 ) È infatti la pietra che li ritiene, ed è la pietra che li rimette; è la colomba che li ritiene, ed è la colomba che li rimette; è l'unità che li ritiene, ed è l'unità che li rimette. Ma la pace di questa unità si trova solo nei buoni, o già spirituali o in cammino verso le cose spirituali con concorde obbedienza; mentre non si trova nei cattivi, sia che strepitino fuori o che siano tollerati dentro, nel pianto; e sia che battezzino o che vengano battezzati. Ma come coloro che sono tollerati dentro tra i gemiti, quand'anche non appartengano all'unità della colomba e della gloriosa Chiesa senza macchia, né ruga e né alcunché di simile, ( Ef 5,27 ) se si emendano e riconoscono d'essersi accostati al battesimo con pessime disposizioni, non vengono ribattezzati, ma incominciano ad appartenere alla colomba, per il cui gemito sono rimessi i peccati a quanti erano lontani dalla sua pace. Così anche quelli che sono apertamente fuori: se hanno ricevuto gli stessi sacramenti, se si correggono e vengono all'unità della Chiesa, sono liberati non dalla ripetizione del battesimo, ma dalla legge della carità e dal vincolo dell'unità. In effetti, se solo ai capi della Chiesa, fondati sulla legge del Vangelo e sull'ordine del Signore, viene riservato il diritto di battezzare, li avevano questi requisiti, coloro che si appropriavano dei terreni con inganni e raggiri, e che aumentavano il loro capitale, raddoppiando gli interessi? Io invece credo che fondati sull'ordine del Signore, siano coloro ai quali l'Apostolo proponeva questo modello di vita: Non sia né avaro, né disonesto affarista. ( Tt 1,7 ) Eppure, al tempo di Cipriano, tali individui battezzavano, ed egli confessa, con grande dolore, che essi erano vescovi, suoi colleghi, e li sopporta ricevendo la grande ricompensa dovuta alla tolleranza. Tuttavia, non concedevano la remissione dei peccati, che viene concessa per le preghiere dei santi, cioè, per i gemiti della colomba - chiunque battezzi -, se coloro ai quali viene data fanno parte della sua pace. In effetti, il Signore non avrebbe mai detto ai ladroni e agli usurai: A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi; a chi li riterrete, saranno ritenuti. ( Gv 20,23 ) La verità è che, fuori della Chiesa non si può né legare, né sciogliere alcunché, là dove non c'è nessuno che può legare e sciogliere; ma viene sciolto chi è in pace con la colomba, e legato chi non è in pace con la colomba, sia che si trovi apertamente fuori, sia che sembri stare dentro. 18.24 - Gli esempi di Dathan e Abiron Quanto a Dathan e ad Abiron, che cercarono di appropriarsi del diritto di offrire sacrifici contro l'unità del popolo di Dio, e ai figli di Aronne, che misero sull'altare un fuoco straniero, essi, come sappiamo, non lo fecero impunemente. ( Nm 16; Lv 10,1-2 ) E anche noi diciamo che questi crimini non resteranno impuniti, se i colpevoli non si ravvedono e se la pazienza di Dio, che li invita alla penitenza, ( Rm 2,4 ) concede loro il tempo di farlo. 19.25 - L'esempio del diacono Filippo Certamente quanti dicono che il battesimo non va ripetuto, perché a quelli che battezzò il diacono Filippo, fu imposta solo la mano, non dicono niente che attenga alla nostra questione, e quindi, lungi da noi, nella ricerca della verità, il ricorso a simili argomenti. Perciò noi non cediamo agli eretici, se diciamo che quanto essi ricevono dalla Chiesa di Cristo, non è loro, e se, a causa dei crimini dei disertori, ci rifiutiamo di disconoscere le insegne del nostro imperatore. E soprattutto se, visto che il Signore Dio nostro è un Dio geloso, ( Dt 4,24 ) tutto ciò che di suo riconosciamo in un uomo, non gli permettiamo assolutamente di considerarlo come proprio. Si sa che questo Dio geloso rimprovera la donna adultera - figura del popolo prevaricatore -, che lo ha abbandonato, dicendole che i doni suoi essa li concedeva ai suoi amanti dai quali riceveva, in contraccambio, doni che non erano loro, ma di Dio. ( Os 2,5; Os 8,9 ) Ora, se nel rapporto tra una donna adultera e suoi adulteri amanti, Dio riconosce i suoi doni, come un uomo geloso adirato, ( Os 2,8 ) come possiamo dire, noi, che il battesimo consacrato dalle parole del Vangelo è degli eretici e, colpiti dai loro fatti, vogliamo attribuire ad essi anche i doni di Dio, quasi che abbiano potuto contaminarli o fare proprio ciò che è di Dio, solo perché essi non hanno voluto essere di Dio? 19.26 - Tutti i doni che hanno gli eretici vengono da Dio e sono di Dio Chi è la donna adultera, che il profeta Osea ci presenta e che ha detto: Andrò dietro ai miei amanti: essi mi danno il mio pane e la mia acqua, i miei vestiti e il mio lino, e tutto ciò che mi conviene? ( Os 2,5 ) Certo, questo testo possiamo intenderlo anche del popolo giudaico prevaricatore. Tuttavia, quelli che gli pseudocristiani imitano - vale a dire gli eretici e gli scismatici - chi sono se non degli pseudoisraeliti? Certo, vi erano anche dei veri Israeliti, come Natanaele, di cui il Signore stesso rende testimonianza, dicendo: Ecco un vero Israelita nel quale non c'è inganno. ( Gv 1,47 ) E chi sono i veri cristiani, se non coloro di cui lo stesso Signore dice: Chi mi ama, osserva i miei comandamenti? ( Gv 14,21 ) E che significa osservare i suoi comandamenti, se non rimanere nella carità? Perciò egli dice anche: Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate a vicenda, ( Gv 13,34 ) e: Da questo vi conosceranno tutti che siete miei discepoli, se vi amerete a vicenda gli uni gli altri. ( Gv 13,35 ) Ora, chi può dubitare che questo insegnamento non era rivolto solo a quelli che, allora, ascoltavano le parole di Colui, che era presente con il suo corpo, ma anche a quelli che per mezzo del Vangelo conoscono, ora, le parole di Colui che siede nel cielo? Il Signore infatti non è venuto per abolire la legge, ma per completarla; ( Mt 5,17 ) e la pienezza della legge è la carità, ( Rm 13,10 ) che in Cipriano, che pure sul battesimo aveva una opinione diversa, fu tanto forte, da non fargli abbandonare l'unità, e da renderlo un tralcio fruttuoso ben inserito nella vite del Signore; un tralcio che il celeste Agricoltore ha potato con il ferro del martirio, perché portasse più frutto. ( Gv 15,1-5 ) Sono invece nemici di questa carità fraterna gli pseudocristiani e gli anticristi, sia che siano apertamente fuori, sia che sembrino dentro. In realtà, essi cercano tutte le occasioni per uscire fuori, come sta scritto: Chi vuole allontanarsi dagli amici, cerca le occasioni. ( Pr 18,1 ) Ma anche in mancanza di occasioni, pur sembrando dentro, di fatto sono separati dall'organismo invisibile della carità. Per questo Giovanni dice: Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri; se fossero stati dei nostri, sarebbero certamente rimasti con noi. ( 1 Gv 2,19 ) Egli non ha detto che, uscendo, sono diventati stranieri, ma che erano già stranieri, e per questo ha dichiarato che erano usciti. Anche l'Apostolo parla di alcuni che si erano allontanati dalla verità e sconvolgevano la fede di non pochi fedeli. La loro parola si propagava come una cancrena, e sebbene ordina di evitarli, fa però capire che sono tutti in un'unica grande casa, ma come vasi spregevoli. Credo che ancora non fossero usciti. Di fatto, se già erano usciti, come poté dire che erano dentro un'unica grande casa con i vasi onorevoli? Non è forse per via degli stessi sacramenti, che non cambiano neppure nelle assemblee separate degli eretici, e che appartenevano tutti, egli dice, ad un'unica grande casa, ma per scopi diversi, e cioè, alcuni per l'onore, altri per l'obbrobrio? Ecco, infatti, che cosa dice scrivendo a Timoteo: Evita, parlando, le novità profane, perché esse faranno crescere di molto l'empietà; la parola di costoro si propaga come una cancrena. Fra questi ci sono Imeneo e Fileto, i quali hanno deviato dalla verità, sostenendo che la resurrezione è già avvenuta, e così sconvolgono la fede di alcuni. Ma il fondamento gettato da Dio sta saldo e porta questo sigillo: il Signore conosce i suoi, e: Si allontani dall'iniquità chiunque pronuncia il nome del Signore. In una grande casa però, non vi sono soltanto vasi d'oro e d'argento, ma anche di legno e di coccio; alcuni sono destinati ad usi nobili, altri ad usi spregevoli. Chi, dunque, si manterrà puro da tali cose, sarà un vaso nobile, santificato, utile al padrone, pronto per ogni opera buona. ( 2 Tm 2,16-21 ) Ma che significa mantenersi puro dagli iniqui, se non fare ciò che ha detto poco prima: Si allontani dall'iniquità, chiunque pronuncia il nome del Signore? Ed affinché nessuno credesse di poter perire in quest'unica grande casa, insieme a questi iniqui, con molta avvedutezza ha premesso: Il Signore conosce i suoi; quelli, naturalmente, che, tenendosi lontani dall'iniquità, si conservano puri dai vasi destinati ad usi spregevoli, proprio per non morire con quelli che essi sono costretti a sopportare nell'unica grande casa. 19.27 - I doni di Dio non dobbiamo attribuirli agli eretici I malvagi, i malfattori, gli uomini carnali, naturali e diabolici, credono di ricevere dai loro seduttori ciò che è unicamente dono di Dio: i sacramenti o alcune operazioni dello Spirito che riguardano la salvezza in questa vita. Essi non hanno l'amore verso Dio, ma sono tutti presi per coloro che li seducono con il loro orgoglio, e sono paragonati alla donna prostituta, alla quale il Profeta fa dire: Andrò dietro i miei amanti: essi mi danno il mio pane e la mia acqua; i miei vestiti e il mio lino; il mio olio e tutto ciò che mi conviene. ( Os 2,5 ) Le eresie e gli scismi nascono proprio così, quando un popolo carnale, che non è fondato sull'amore di Dio, dice: Andrò dietro ai miei amanti, e con essi fornica turpemente sia per la corruzione della fede che per l'esaltazione della superbia. Ma alcuni, dopo avere sofferto le difficoltà, le strettezze e le chiusure degli insulsi ragionamenti dei loro seduttori, vengono presi dai timori e ritornano sulla via della pace, per cercare sinceramente Dio. Perciò il profeta prosegue dicendo: Ecco dunque, che io sbarro il suo cammino con pali e sto per porre sulla sua via delle spine, e lei non troverà il sentiero. Inseguirà i suoi amanti senza raggiungerli; li cercherà senza trovarli; e dirà: andrò e ritornerò al mio marito di prima, poiché stavo meglio allora di adesso. ( Os 2,6-7 ) Quindi, perché non credano che i doni posseduti integri dai loro seduttori e che provengono dalla vera dottrina, e coi quali essi attirano la gente alle loro false dottrine e ai loro scismi; perché, ripeto, non credano che siano loro i beni che possiedono integri, il profeta ha aggiunto subito: E lei non ha compreso che sono io che le ho dato il frumento, il vino e l'olio, e che le ho moltiplicate le ricchezze; ma essa ne ha fatto vasi d'oro e di argento per Baal. ( Os 2,8 ) Più su lei aveva detto: Andrò dietro ai miei amanti: sono essi che mi danno il mio pane, ecc., certamente non comprendendo che è dono di Dio e non degli uomini, tutto ciò che di integro e di legittimo hanno anche i suoi seduttori. Ma essi non si attribuirebbero e non reclamerebbero per sé questi doni come propri se, dai popoli che hanno sedotti, non fossero a loro volta sedotti, quando danno loro credito e li coprono di onori tali da permettere loro di dire tali cose e di rivendicare per sé questi doni, di chiamare verità il loro errore, e di considerare giustizia il loro crimine, grazie ai sacramenti e alle Scritture che hanno per bellezza, non per salvezza. Perciò, anche tramite Ezechiele viene detto alla prostituta: Tu hai preso i vasi che erano per la tua gloria: i vasi d'oro e d'argento che io ti avevo dato; ne hai fatto immagini di uomini e ti sei prostituita a loro. hai preso la mia veste variopinta e ne hai coperto i tuoi idoli; il mio olio e il mio incenso e lo hai posto davanti ai tuoi idoli, e i pani che io ti ho dato. Ti ho nutrito con fior di farina, con miele e con olio, ma tu hai deposto questi doni davanti ai tuoi idoli come odore olezzante; tu hai fatto queste cose. ( Ez 16,17-19 ) Ecco, ad immagine dei suoi sogni, coi quali si compiace rigirarsi, l'anima carnale trasforma tutti i sacramenti e le parole dei Libri santi. Eppure, se queste immagini sono false e sono dottrine di demoni ipocriti e mentitori, ( 1 Tm 4,1-2 ) non per questo i sacramenti e i divini oracoli vanno disonorati fino al punto da ritenerli un bene loro, malgrado il Signore dica: Col mio oro, col mio argento, con la mia veste variopinta; col mio olio, coll'incenso e coi pani miei, ecc. O forse, dato che gli erranti pensano che questi beni sono dei loro seduttori, per questo non dobbiamo riconoscere di chi sono, visto quanto lui stesso dice: Ma essa non si è accorta che sono stato io a darle il frumento, il vino, l'olio, e a moltiplicarle le ricchezze? ( Os 2,8 ) Egli, in effetti, non dice che la sposa non aveva questi beni, poiché era una prostituta, ma si dice che li aveva e che non erano suoi, né dei suoi amanti, ma di Dio, al quale solo appartengono. Certo, lei aveva di suo solo la prostituzione, tuttavia i beni con cui la ornava, da sedotta o da seduttrice, non erano suoi ma di Dio. Ora tutte queste cose erano figura del popolo giudaico, nel quale gli Scribi e i Farisei rigettavano il comandamento di Dio per stabilire le loro tradizioni, e in un certo senso per fornicare con il popolo che abbandonava Dio. Se però tale fornicazione presente nel popolo di allora che il Signore, rimproverandola, portò allo scoperto, non ottenne l'effetto di far diventare loro i sacramenti che non erano loro ma di Dio, il quale, rivolto alla prostituta, le dice che tutti quei beni erano suoi; e se anche il Signore inviò ai sacramenti quelli che purificò dalla lebbra, perché offrissero un sacrificio per se stessi ai sacerdoti - dato che non era ancora subentrato il sacrificio che egli ha voluto che fosse celebrato nella Chiesa, in luogo di quei sacrifici, poiché tutti questi erano figura di lui -, quanto più noi, quando troviamo i sacramenti del Nuovo Testamento presso gli eretici o gli scismatici, non dobbiamo attribuirli a loro e né disapprovarli come dei doni sconosciuti; ma, anche se li possiede una donna adultera, riconoscerli come doni del legittimo sposo; quindi correggere con la parola di verità la prostituzione, che è propria di una donna impudica, e non accusare quei doni che sono propri del Signore misericordioso! 19.28 - La tradizione dei Padri Alla luce di queste e di altre simili considerazioni, i nostri padri, non solo prima di Cipriano e di Agrippino, ma anche dopo, conservarono questa salutarissima consuetudine: ogni elemento divino e legittimo, che trovavano integro in una eresia o in uno scisma, lo approvavano anziché condannarlo. Ogni elemento estraneo e proprio di un errore o di uno scisma, lo rimproveravano con sincerità e lo guarivano. Ma tutte le considerazioni che restano da fare sulla lettera a Giubaiano, data l'ampiezza di questo volume, penso che dobbiamo riprenderle e trattarle in un altro. Libro IV 1.1 - L'acqua dei fiumi del Paradiso e il battesimo Quando si paragona la Chiesa al paradiso terrestre si vuole mostrare che gli uomini possono, sì, ricevere il battesimo anche fuori della Chiesa, ma nessuno può ricevere e conservare la salvezza della beatitudine fuori di essa. In effetti, i fiumi che scaturivano dalla sorgente del paradiso, come ci attesta la Scrittura, scorrevano abbondantemente anche fuori. Se ne citano i nomi, si conoscono le regioni che attraversano, e tutti sappiamo che erano fuori del paradiso. ( Gen 2,10-14 ) Eppure, né nella Mesopotamia e né nell'Egitto, dove arrivavano i fiumi, si trova la vita felice che viene menzionata nel paradiso. Pertanto, mentre l'acqua del paradiso si trova anche fuori del paradiso, la beatitudine sta solo nel paradiso. Lo stesso è per il battesimo della Chiesa: si può trovare fuori della Chiesa, mentre il dono della vita beata non si trova che nella Chiesa che è anche fondata sulla pietra e che ha ricevuto le chiavi per sciogliere e per legare. ( Mt 16,18-19 ) Essa è la sola che detiene e possiede tutto il potere del suo Sposo e Signore e che, in virtù di questo potere coniugale, può generare figli perfino dalle ancelle, ( Gal 4,22.31 ) i quali, se non si insuperbiscono, sono chiamati a partecipare all'eredità; se invece si insuperbiscono, resteranno fuori. 2.2 - Gli eretici non possono corrompere il battesimo Ora, appunto perché lottiamo per l'onore e l'unità della Chiesa, noi non dobbiamo attribuire agli eretici quanto di suo riconosciamo in loro, ma, rimproverandoli, insegnare che quanto hanno preso dall'unità non procura loro la salvezza, se non vengono a questa stessa unità. L'acqua della Chiesa è fedele, salutare e santa per quelli che l'usano bene; ma fuori della Chiesa nessuno può usarla bene. A quanti, invece, l'usano male, sia fuori che dentro, si amministra per la loro condanna, non si dona per il premio. Per questo il battesimo non si può né corrompere e né adulterare, anche se è posseduto dai corrotti e dagli adulteri; così come la Chiesa è incorrotta, casta e pudica, e quindi non vi appartengono gli avari, i ladroni e gli usurai, i quali, come Cipriano attesta in molti passi delle sue lettere, non sono soltanto fuori, ma anche dentro e, ciononostante, anche senza cambiare il cuore, si battezzano e battezzano. 2.3 - Nella Chiesa di Cipriano gli ipocriti ricevevano il battesimo In effetti, egli ne parla anche in una lettera ai chierici sulla necessità di pregare Dio, prendendo su di sé, come il santo Daniele, i peccati del suo popolo. Tra i molti mali che menziona, infatti, egli cita anche il peccato di quelli che rinunciano al mondo solo a parole e non a fatti; come quelli di cui l'Apostolo dice: Professano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti. ( Tt 1,16 ) Ora costoro, come il beato Cipriano dimostra, vivono anche nella Chiesa. Essi si battezzano anche senza cambiare in meglio il loro cuore, visto che certamente rinunciano al mondo a parole e non a fatti, malgrado l'apostolo Pietro dica: Così anche voi egli salva con questa figura, cioè il battesimo; il quale non è deposizione di sporcizie della carne, ma invocazione a Dio di una buona coscienza. ( 1 Pt 3,21 ) E questa coscienza certamente non l'avevano quelli di cui Cipriano dice: Rinunciano solo con le parole, ma non coi fatti. Tuttavia con rimproveri e biasimi egli fa in modo che camminino nella via di Cristo e preferiscano essere amici suoi che del mondo. 3.4 - La conversione rende utile il sacramento infruttuoso Se gli avessero obbedito, iniziando una vita santa, cioè non da pseudocristiani, ma da cristiani veri, pensate forse che avrebbe imposto loro di farsi ribattezzare? Senz'altro no. Sarebbe bastata una vera conversione per far sì che il sacramento che, quando non erano cambiati procurava la rovina, una volta cambiati, incominciasse a procurare la salvezza; tanto più che non sono fedeli alla Chiesa neppure quelli che sembrano dentro e che vivono contro Cristo; quelli cioè che agiscono contro i comandamenti di Cristo, e che quindi non bisogna assolutamente considerarli membri di quella Chiesa che egli purifica con il lavacro dell'acqua nella Parola, per mostrare a se stesso una Chiesa gloriosa, senza macchia né ruga, né alcunché di simile. ( Ef 5,26-27 ) Ma se essi non sono in questa Chiesa e non sono suoi membri, allora non sono nella Chiesa di cui si dice: Una sola è la mia colomba, l'unica per la sua madre: ( Ct 6,8 ) essa infatti è senza macchia e senza ruga. Ora dica pure, chi può, che sono membri di questa colomba quanti rinunciano al mondo a parole e non a fatti. Intanto vediamo a chi appartengono. Penso che per questo è stato detto: Chi distingue il giorno, lo distingue per il Signore; ( Rm 14,5 ) Dio, infatti, giudica tutti i giorni. Ora, secondo la prescienza di Colui che conosce quelli che ha predestinati prima della creazione del mondo a essere conformi all'immagine del Figlio suo, ( Rm 8,29; Ef 1,4 ) molti di quelli che sono apertamente fuori e che passano per eretici, sono migliori di molti buoni cattolici. Ciò che sono oggi lo vediamo, ma ciò che saranno domani lo ignoriamo. In realtà, davanti a Dio, al quale sono presenti tutti gli avvenimenti futuri, ciò che saranno, lo sono già, mentre tutti noi uomini, in base a ciò che ciascuno è attualmente, cerchiamo se tra i membri di quella Chiesa che, sola, è stata chiamata colomba e Sposa di Cristo senza macchia, né ruga, si devono includere, oggi, quelli di cui Cipriano parla nella lettera citata: quelli che non seguivano la via del Signore e non osservavano i comandamenti celesti, dati per la loro salvezza; che non facevano la volontà del Signore, ma si preoccupavano del patrimonio e del profitto; che ricercavano l'orgoglio, coltivavano la rivalità e la discordia, trascuravano la semplicità e la fede, e che rinunciavano al mondo solo a parole e non a fatti; piacendo ciascuno a se stesso e dispiacenti a tutti. Ma se la colomba non li riconosce tra i suoi membri, e se, restando in questa perversità, si sentiranno dire dal Signore: Non vi conosco; lontano da me, operatori di iniquità, ( Mt 7,23 ) allora sembrano nella Chiesa, ma non ci sono; anzi, operano contro la Chiesa. Come dunque possono battezzare con il battesimo della Chiesa, che non giova né ad essi e né a quanti lo ricevono, se al loro interno non cambiano con una vera conversione, in modo che il sacramento, che quando lo ricevevano non giovava, perché rinunciavano al mondo a parole e non a fatti, incominci a giovare appena decidono di rinunciarvi anche coi fatti? Così si dica anche di quelli la cui separazione è palese: tra i membri della colomba non ci sono oggi né gli uni e né gli altri, ma forse alcuni di loro ci saranno. 4.5 - Non battezzare gli eretici non significa approvarne il battesimo Pertanto se noi non ribattezziamo dopo gli eretici, non significa che accettiamo il loro battesimo, ma che riconosciamo ciò che è di Cristo anche nei malvagi, sia in quelli separati apertamente, fuori della Chiesa, e sia in quelli che sono dentro ma nascosti, e una volta tornati sulla retta via, accogliamo con il dovuto onore. Ora, se mi vedo pressato dalla loro domanda: Dunque, un eretico rimette i peccati?, anch'io li incalzo con la mia: Dunque, chi non osserva i precetti del cielo: l'avaro, il ladro, l'usuraio, l'invidioso, e chi rinuncia al mondo a parole e non a fatti rimette i peccati? Se è in virtù del sacramento di Dio che essi si rimettono, allora li rimette l'uno, e li rimettono gli altri; se invece è per merito proprio, non li rimette né l'uno e né gli altri. Questo sacramento, infatti, viene considerato di Cristo anche nei malvagi, ma nel corpo dell'unica colomba, incorrotta, santa, pudica, senza macchia né ruga, ( Ef 5,27 ) non vi sono né gli uni e né gli altri. E come il battesimo non giova a chi lo riceve, se egli rinuncia al mondo a parole e non a fatti, così non giova a chi viene battezzato nell'eresia o nello scisma. Ma se entrambi si correggono, incomincia a giovare ciò che prima non giovava, ma c'era. 4.6 - Un battezzato nell'eresia non diventa tempio di Dio Un battezzato nell'eresia, quindi, non diventa tempio di Dio. Ma per questo bisogna considerarlo non battezzato? Neppure nella Chiesa un avaro battezzato diventa tempio di Dio, se non abbandona l'avarizia. Quelli che diventano tempio di Dio possiedono senza dubbio il regno di Dio. Tra le altre cose, l'Apostolo dice: Né gli avari e né i rapaci possederanno il regno di Dio. ( 1 Cor 6,10 ) E paragona l'avarizia all'idolatria: L'avarizia, che è idolatria. ( Ef 5,5; Col 3,5 ) E Cipriano ha talmente ampliato questo significato nella lettera ad Antoniano, da non esitare ad equiparare l'avarizia al peccato di quelli che, al tempo della persecuzione, avevano ammesso di avere purificato coi libelli. Quindi, come un uomo battezzato nell'eresia nel nome della Santa Trinità, non diventa tempio di Dio, se non recede dall'eresia, così non diventa tempio di Dio chi è battezzato nell'avarizia, se non recede dall'avarizia, che è schiavitù degli idoli. L'Apostolo dice anche: Che rapporto c'è tra il tempio di Dio e gli idoli? ( 2 Cor 6,16 ) Però non ci si chieda di quale dio diventa tempio colui che, come noi diciamo, non diventa tempio di Dio. Ma non per questo egli non viene battezzato e né il suo immondo errore impedisce al sacramento ricevuto di essere santo, che è stato consacrato dalle parole del Vangelo; così come neppure la sua avarizia, che è idolatria e grande immondezza, può far diventare non santo il battesimo che egli riceve, anche se lo battezza un avaro come lui, con le stesse parole del Vangelo. 5.7 - Peccare per ignoranza è meno grave che peccare con coscienza Cipriano poi dice: Invano alcuni, vinti dalla ragione, ci obiettano la consuetudine, come se questa sia più importante della verità o se nelle questioni spirituali non si debba seguire ciò che lo Spirito Santo ci ha rivelato come migliore. Verissimo: ragione e verità vanno preferite alla consuetudine. Ma quando la verità è sostenuta dalla consuetudine, non c'è niente da conservare con più determinazione. Poi prosegue e dice: Si può infatti perdonare chi sbaglia per ingenuità, come l'apostolo Paolo dice di sé: " Prima io ero un bestemmiatore, un persecutore e un ingiurioso, ma ho ottenuto la misericordia, perché l'ho fatto per ignoranza ". ( 1 Tm 1,13 ) Ma dopo l'ispirazione e la rivelazione, chi volontariamente e coscientemente persevera nel suo precedente errore, pecca senza l'attenuante dell'ignoranza: egli infatti si regge sulla presunzione e su una certa ostinazione, sebbene sconfitto dalla ragione. Verissimo: è molto più grave peccare con coscienza, che per ignoranza. Ecco perché san Cipriano, uomo non solo dotto, ma anche docile, ha compreso così bene la descrizione che l'Apostolo fa a lode del vescovo, ( 2 Tm 2,24 ) da dire che in un vescovo occorre apprezzare anche la dote di saper insegnare con sapienza, ma anche imparare con pazienza. Ed io non dubito che se egli avesse potuto discutere questa questione, lungamente e accuratamente dibattuta nella Chiesa, con quei santissimi e dottissimi vescovi, che più tardi confermarono l'antica consuetudine, anche con un concilio plenario, avrebbe senza dubbio dimostrato non solo la sua grande dottrina nelle cose che conosceva con fermissima certezza, ma anche la sua grande docilità in quelle che aveva meno percepite. E tuttavia, pur essendo molto evidente che peccare con coscienza è più grave che peccare per ignoranza, vorrei che mi si dicesse che cos'è più grave: il male di uno che, a sua insaputa, cade nell'eresia, o il male di uno che, coscientemente, non si allontana dall'avarizia. Chi dei due è peggiore? Potrei anche esprimermi così: se uno, per ignoranza, cade nell'eresia, un altro, con coscienza, non si allontana dall'idolatria. Ora, l'Apostolo dice: L'avarizia è l'idolatria, ( Col 3,5 ) e Cipriano stesso, come ho detto, scrivendo ad Antoniano, non dà un senso diverso a questa frase, quando dice: Non si illudano i nuovi eretici, dicendo che essi non comunicano con gli idolatri, visto che tra di loro ci sono adulteri e ingannatori, che sono prigionieri del crimine dell'idolatria. " Sappiatelo e mettetevelo bene in mente: nessun fornicatore o impuro o avaro, cosa da idolatri, erediterà il regno di Cristo e di Dio ". ( Ef 5,5 ) E ancora: "Mortificate dunque le vostre membra, che sono della terra: fornicazione, impurità, concupiscenza malvagia, e l'avarizia che è idolatria ". ( Col 3,5 ) Allora io chiedo: chi pecca più gravemente, colui che, a sua insaputa, cade nell'eresia, o colui che, coscientemente, non si allontana dall'avarizia, che è idolatria? Certo, in base alla regola che colloca prima i peccati commessi con coscienza, e poi quelli commessi per ignoranza, un avaro consapevole la vince nella gravità del crimine. Ora, a meno che, nell'eresia, la grandezza di questo crimine non faccia ciò che, nell'avarizia, fa il riconoscimento di chi è cosciente, l'eretico incosciente deve essere equiparato all'avaro cosciente. Quantunque non sembra che sia questo il senso del testo dell'Apostolo citato da Cipriano. Che cosa noi detestiamo negli eretici se non le bestemmie? Ora, Cipriano, volendo dimostrare che i peccati degli ignoranti si perdonano con facilità, ha citato il testo in cui l'Apostolo dice: Io prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un ingiurioso, ma ho ottenuto la misericordia di Dio, perché l'ho fatto per ignoranza. ( 1 Tm 1,13 ) Ma se è possibile, come ho detto, si pesino i due peccati sulla stessa bilancia: la bestemmia dell'ignorante e l'idolatria di chi ne è cosciente, e si valuti, con lo stesso criterio, sia colui che nel cercare Cristo si imbatte in una dottrina falsa ma verosimile, e sia colui che, coscientemente, resiste a Cristo che dichiara per bocca dell'Apostolo: Nessun fornicatore o impuro o avaro, che è un idolatra, erediterà il regno di Cristo e di Dio. ( Ef 5,5 ) E perché il battesimo e le parole del Vangelo in uno si rifiutano e in un altro si approvano, benché tutt'e due siano estranei alle membra della colomba? Forse perché chi sta fuori è un litigante palese, che non si deve fare entrare dentro, mentre chi sta dentro è uno scaltro adulatore, che non va messo fuori? 6.8 - Sul battesimo degli eretici gli Apostoli non dicono nulla Quanto poi all'affermazione: Nessuno dica: Ciò che seguiamo, lo abbiamo ricevuto dagli Apostoli; gli Apostoli infatti ci hanno tramandato una sola Chiesa e un solo battesimo, e questo si trova solo in questa Chiesa; non mi colpisce nel senso di farmi osare di respingere il battesimo di Cristo trovato anche presso gli eretici: il Vangelo stesso, del resto, quando lo trovo presso di loro, debbo approvarlo anche se detesto il loro errore. Mi colpisce, invece, perché essa mi dice che anche ai tempi di Cipriano, alcuni sostenevano che la consuetudine, contro la quale in Africa si tenevano i concili e della quale egli stesso, poco prima, ha detto: Invano alcuni, sconfitti dalla ragione, ci obiettano la consuetudine, l'avevano tramandata gli Apostoli. E d'altra parte, io non so come mai questa consuetudine, confermata, dopo Cipriano, anche da un concilio plenario di tutto il mondo, Cipriano stesso l'abbia trovata così radicata nel costume precedente, che quando cercava il sostegno di un'autorità per poterla cambiare, pur essendo egli un uomo molto dotto, non riuscì a trovare nient'altro che il concilio di Agrippino, tenutosi in Africa solo pochi anni prima di lui. Però, vedendo che di fronte a una prassi diffusa in tutto il mondo, esso non bastava, fece sue le ragioni che ora noi, rafforzati dall'antichità della consuetudine e dall'autorità del concilio plenario, esaminandole più da vicino, troviamo più verosimili che vere. Esse invece sembrarono vere a lui, impegnato in una questione molto oscura ed ondeggiante sulla remissione dei peccati, della quale ci si chiedeva come sia possibile che essa non avvenga nel battesimo di Cristo e avvenga presso gli eretici. Ma se su questo punto egli fu meno illuminato, perché fosse verificata la grandezza della sua carità, che non gli fece abbandonare l'unità, non per questo qualcuno deve osare di sentirsi superiore ai suoi meriti, che sono molti e grandi, e alle sue virtù e all'abbondanza delle sue grazie, solo perché, sostenuto dalla certezza di un concilio plenario, vede ciò che Cipriano non ha visto, dato che la Chiesa non aveva ancora tenuto un concilio plenario su questa materia. Allo stesso modo nessuno è tanto sciocco da anteporre i propri meriti ai molti dell'apostolo Pietro, solo perché, ammaestrato dalle Lettere dell'apostolo Paolo, e rafforzato dalla consuetudine della Chiesa, non obbliga i Gentili a giudaizzarsi, ciò che una volta Pietro aveva costretto a fare. ( Gal 2,14 ) 6.9 - Non troviamo nessuno battezzato dagli Apostoli Certo, noi non troviamo che un uomo, battezzato presso gli eretici, sia stato poi accolto dagli Apostoli con questo battesimo e sia entrato nella comunione; ma non troviamo neppure che un uomo, venuto dagli eretici e battezzato presso di loro, sia stato ribattezzato dagli Apostoli. E tuttavia è legittimo credere che questa consuetudine, che anche la gente del tempo, dando uno sguardo al passato, non vedeva istituita dai loro successori, siano stati proprio gli Apostoli a tramandarla. E di queste ve ne sono molte, che sarebbe lungo ricordare. Perciò, se non parlavano a vuoto quelli che Cipriano voleva convincere alla sua opinione, dicendo: Che nessuno mi dica: Ciò che noi seguiamo, lo abbiamo ricevuto dagli Apostoli, con quanta più forza ora noi diciamo: Ciò che la consuetudine della Chiesa ha sempre mantenuto e che questa controversia non ha potuto confutare e che un concilio plenario ha confermato, questo noi seguiamo! Inoltre, viste bene, dall'una e dall'altra parte, le ragioni della controversia e le testimonianze delle Scritture, si può anche dire: Ciò che noi seguiamo, è ciò che la verità ha proclamato. 7.10 - Non si opponga Fil 1,18 Il testo che alcuni opponevano agli argomenti di Cipriano, quello in cui l'Apostolo dice: In ogni modo, per interesse o per sincerità, purché Cristo sia annunciato, ( Fil 1,18 ) Cipriano fa bene a respingerlo, dimostrando che esso non c'entra niente con la questione degli eretici, perché l'Apostolo parlava di quelli che, pur cercando con malevola invidia i propri interessi, vivevano, tuttavia, nella Chiesa. Non c'è dubbio che essi annunciavano Cristo secondo la verità che noi crediamo di Cristo, tuttavia non con quello spirito con cui lo annunciavano i buoni evangelisti figli della colomba. Dice Cipriano: Nella sua lettera Paolo non parlava né degli eretici e né del loro battesimo, perché si possa dimostrare che ha scritto qualcosa che riguarda questa questione. Egli parlava dei fratelli, sia di quelli che vivevano in modo disordinato e contrario alla disciplina della Chiesa, sia di quelli che osservavano la verità del Vangelo per timore di Dio. Ne cita alcuni che annunciavano la Parola di Dio con costanza e coraggio; alcuni che vivevano nell'invidia e nella discordia; alcuni che conservavano verso di lui una benevola carità; e alcuni un malevolo dissenso. Ma egli li sopportava con pazienza, purché, o per verità o per interesse, il nome di Cristo, che Paolo predicava, giungesse a conoscenza di un numero sempre maggiore; e perché la predicazione degli annunciatori, facesse crescere la semente ancora recente e fresca. Ma un conto è che, nel nome di Cristo, parlano quanti sono nella Chiesa, e un conto è che, nel nome di Cristo, battezzano quanti ne sono fuori e operano contro la Chiesa. Con queste parole Cipriano sembra invitarci a distinguere tra i cattivi che sono fuori la Chiesa e quelli che sono dentro. Quanto a quelli che, secondo l'Apostolo, annunciavano il Vangelo di Cristo senza rettitudine, ma per invidia, egli dice che erano dentro, ed è vero. ( Fil 1,15-17 ) Comunque io non credo che sia temerario dire: Se fuori nessuno può avere qualcosa di Cristo, dentro nessuno può avere qualcosa del diavolo. Se infatti quel giardino chiuso poté avere le spine del diavolo, perché la sorgente del Cristo non poté scorrere anche fuori del giardino? ( Ct 4,12 ) E se non poté, da dove venne tutto il male dell'invidia e della discordia in quelli che stavano nella Chiesa, anche all'epoca dell'apostolo Paolo? Si tratta di parole di Cipriano. Oppure l'invidia e la malevola discordia sono un male leggero? Come dunque potevano essere nell'unità essi che non erano nella pace? C'è una voce, non mia e né di un uomo, ma del Signore; una voce che risuonò nella nascita di Cristo, non per bocca di uomini, ma di angeli: Gloria a Dio nelle altezze e pace in terra agli uomini di buona volontà. ( Lc 2,14 ) Bene, questo annuncio non sarebbe mai risuonato sulla bocca degli angeli nella nascita di Cristo in terra, se Dio non avesse voluto farci capire che sono nell'unità del corpo di Cristo quanti sono nella pace di Cristo, e che sono nella pace di Cristo, quanti hanno buona volontà. Ma se la buona volontà consiste nella benevolenza, la cattiva volontà nella malevolenza. 8.11 - Il grande male dell'invidia L'invidia stessa, del resto, che non può essere se non malevola, che grande male è! Non cerchiamo altri testimoni: ci basta Cipriano, per il cui tramite il Signore fece risuonare molte verità sulla gelosia e sull'invidia e molti salutari precetti. Leggiamo la lettera di Cipriano sulla gelosia e l'invidia, e vediamo che grande male è invidiare quelli che stanno meglio; un male che ha origine dal diavolo, come egli insegna in questo memorabile testo: Essere geloso del bene che vedi e invidioso di chi sta meglio, alcuni lo ritengono, fratelli dilettissimi, un peccato lieve e irrilevante: poco dopo, mentre va alla ricerca del principio e dell'origine di questo male, aggiunge: Per invidia, dall'inizio del mondo, il diavolo si perse per primo e poi fece perdere gli altri. E appresso: Che male terribile, fratelli dilettissimi, è questo, per il quale cadde l'Angelo, dal quale poté essere circuita e abbattuta questa alta ed eccelsa sublimità, e dal quale fu sedotto proprio chi sedusse! Da allora l'invidia avanza sulla terra, poiché chi è destinato a perdersi per l'invidia segue il maestro della perdizione e poiché l'invidioso imita il diavolo, come sta scritto: " Per invidia del diavolo la morte entrò nel mondo. E lo imitano quelli che gli appartengono ". ( Sap 2,24-25 ) Tutta la verità e la forza di queste parole di Cipriano nella lettera nota ai fedeli, noi la riconosciamo. Era veramente degno di Cipriano esprimere, sull'invidia e la gelosia, una dura condanna, e ammonire noi di un male così letale, dal quale il suo cuore era totalmente estraneo, come dimostrò la grande abbondanza della sua carità. E proprio perché custodiva con molta diligenza questa carità egli rimase nell'unità della comunione con i suoi colleghi che, senza malignità, la pensavano sul battesimo diversamente da lui, come anche lui, però, non per spirito di cattiva contesa, ma per una tentazione umana, la pensava diversamente su ciò che in seguito Dio, per la sua perseveranza nella carità, gli avrebbe rivelato, ( Fil 3,15 ) quando avesse voluto. Perciò diceva apertamente: Non giudicare nessuno, né allontanare dal diritto della comunione chi avesse un'idea diversa. Nessuno di noi, infatti, è stato costituito vescovo dei vescovi, né usa il terrore dei tiranni per costringere i propri colleghi alla necessaria obbedienza. E in chiusura della lettera dice: Brevemente, e conforme alla nostra pochezza, ti abbiamo dato queste risposte, fratello carissimo, non prevenendo nessuno, né impedendo pregiudizialmente a ciascun vescovo di agire come crede, poiché ciascuno ha il pieno possesso del libero arbitrio. Per quanto dipende da noi, non vogliamo litigare, per colpa degli eretici, con i nostri colleghi vescovi, con i quali, anzi, desideriamo conservare la divina concordia e la pace del Signore; soprattutto perché l'Apostolo dice: " Se poi qualcuno pensa di creare litigi, noi non abbiamo questa abitudine, e neppure la Chiesa di Dio ". ( 1 Cor 11,16 ) Si conservi da parte di noi tutti, con pazienza e dolcezza, la carità dello spirito, l'onore del collegio, il vincolo della fede, la concordia del sacerdozio. Proprio per questo, noi ora abbiamo scritto anche un opuscolo Sul bene della pazienza, secondo le capacità della nostra pochezza e con il beneplacito e l'ispirazione del Signore. Te lo invio come segno del nostro reciproco affetto. 9.12 - La grande pazienza di Cipriano Cipriano, forte di questa pazienza della carità, ha sopportato non solo i buoni colleghi che, senza malignità, avevano una opinione diversa su una questione oscura - come del resto lui stesso è stato sopportato, finché, col passar del tempo, quando Dio ha voluto e la verità è stata chiarita, la salutare consuetudine è stata confermata da un concilio plenario - ma ha sopportato anche i cattivi palesi e a lui ben noti, i quali, non per colpa dell'oscurità della questione, ma per la loro cattiva condotta agivano in contraddizione con ciò che predicavano, come dice l'Apostolo: Tu che predichi di non rubare, rubi. ( Rm 2,21 ) Di questi vescovi suoi contemporanei e suoi colleghi, uniti in comunione con lui, nella lettera dice: Mentre nella Chiesa i fratelli soffrivano la fame, essi cercavano di possedere argento in abbondanza; rapivano con insidiosi raggiri i possedimenti, e accrescevano il capitale raddoppiando gli interessi. Su questo non c'è alcuna oscurità, in quanto la Scrittura proclama chiaramente: Né gli avari, né i ladri, possederanno il regno di Dio, ( 1 Cor 6,10 ) e: Colui che non ha prestato il suo danaro ad interesse; ( Sal 15,5 ) e: Nessun fornicatore o impuro o avaro, che è una idolatria, avrà l'eredità nel regno di Cristo e di Dio. ( Ef 5,5 ) Ora Cipriano, simili avari, che non solo ammassavano con avidità le proprie ricchezze, ma rapivano con inganno quelle degli altri; e simili idolatri, come egli li intese e li confutò, non li avrebbe certamente biasimati, se non li avesse conosciuti, poiché non avrebbe mai detto una falsa testimonianza contro i suoi colleghi. E tuttavia, per amore di Cristo, ( 1 Cor 9,22 ) morto per i deboli, e per timore che, volendo sradicare anzitempo la zizzania, si sradicasse insieme anche il frumento, ( Mt 13,29 ) li sopportò con sentimenti di carità paterna e materna, in ciò imitando l'apostolo Paolo, che sopportò i maligni e gli invidiosi, con la stessa carità che nutriva per la Chiesa. ( Fil 1,15-18 ) 9.13 - Anche gli invidiosi hanno e danno il battesimo Ma se è vero che per invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo, e lo imitano quanti sono dalla sua parte, ( Sap 2,24-25 ) non in quanto sono creati da Dio, ma in quanto sono perversi per loro colpa - Cipriano stesso ricorda che anche il diavolo, prima di essere diavolo, è stato un angelo ed è stato buono - come mai sono nell'unità di Cristo, quanti sono del partito del diavolo? Senza dubbio, come ha detto il Signore: Un nemico ha fatto questo. È lui che vi ha seminato sopra la zizzania. ( Mt 13,28 ) Perciò, come dentro la Chiesa va condannato ciò che è del diavolo, così, fuori di essa, va riconosciuto ciò che è di Cristo. Oppure fuori dell'unità della Chiesa, Cristo non ha niente di suo, e nell'unità della Chiesa, il diavolo ha qualcosa di suo? Forse degli uomini si può dire questo: fuori della comunione della Chiesa, Dio non ha nessuno dei suoi, così come tra i santi angeli il diavolo non ha nessuno dei suoi; per quanto invece riguarda questa Chiesa, che porta ancora la mortalità della carne, finché è pellegrina lontano dal Signore, ( 2 Cor 5,6 ) si può dire che al diavolo è stato permesso di mescolarvi la zizzania, cioè i cattivi, e gli è stato permesso perché la Chiesa pellegrina possa desiderare più ardentemente il riposo della patria di cui godono i santi angeli. Ma dei sacramenti questo non si può dire. Come infatti li può avere e amministrare, non per la salvezza, ma per la pena del fuoco, a cui è destinata, la zizzania interna, così li può avere anche la zizzania esterna, che li ha ricevuti da quella interna, in quanto, pur separandosi, non li ha persi. Il che senza dubbio risulta dal fatto che a quanti ritornano il battesimo non si ridà; qualora alcuni che si erano separati, ritornino. E non mi si dica: Quanto frumento sta in mezzo alla zizzania? Se infatti la realtà è questa, sotto questo aspetto, sia dentro che fuori la condizione è la stessa. Non si può dire, infatti, che nella zizzania che sta fuori, non si trovano dei grani di frumento, e nella zizzania che sta dentro si trovano. Ma quando si tratta del sacramento, non si cerca se nella zizzania c'è un po' di grano, ma se c'è un po' di cielo. Di fatto, sia la zizzania esterna che l'interna hanno in comune, con il frumento, la stessa pioggia; e in se stessa questa è celeste e dolce, anche se da essa cresce, sterilmente, la zizzania. Così il sacramento evangelico di Cristo: esso è divino e soave, e non va riprovato a causa della sterilità di quelli che la pioggia irriga anche fuori. 10.14 - Fuori della Chiesa può esserci il frumento e dentro la zizzania Qualcuno potrebbe dire che la zizzania interna si trasformi più facilmente in grano. Lo ammetto. Ma questo che c'entra con la ripetizione del battesimo? Se per ipotesi uno, convertitosi dall'eresia, per la rapidità e facilità della sua conversione, precede un altro che, se pure sta nella Chiesa, si converte e si corregge dalla sua cattiveria più lentamente, a lui non va ripetuto il battesimo, mentre a quest'altro, che è stato preceduto da colui che è venuto dall'eresia, solo perché si è convertito più lentamente, va ripetuto? Non c'entra niente, quindi, con la nostra questione, correggersi più tardi o più lentamente dalla propria deviazione alla rettitudine della fede, della speranza e della carità! Ma se è vero che i cattivi che sono dentro possono diventare buoni più facilmente, a volte però, anche di quelli che sono all'esterno della Chiesa, alcuni precedono nella conversione, altri che sono all'interno; e mentre questi restano nella loro sterilità, i riconciliati con l'unità portano frutto con tolleranza, sia il trenta, sia il sessanta e sia il cento per uno. ( Mt 13,23; Lc 8, 15.65 ) Ora, se bisogna chiamare zizzania solo quella che persevera nell'errore maligno sino alla fine, fuori vi è molto grano e dentro molta zizzania. 10.15 - Se sono peggiori i cattivi fuori che quelli dentro Ma sono peggiori i cattivi di fuori o quelli di dentro? Certo è una grande questione sapere se Nicola, già fuori, ( Ap 2,6 ) è stato peggiore di Simone, ancora dentro, ( At 8,9-24 ) visto che uno era eretico e l'altro mago. Se lo scisma, proprio perché è la prova più sicura della violazione della carità, è ritenuto un male più grave, questo lo ammetto. Molti però, anche dopo aver persa la carità, non escono fuori, perché sono trattenuti dai vantaggi temporali e, pur cercando i propri interessi e non quelli di Gesù Cristo, ( Fil 2,21 ) non vogliono allontanarsi, non dall'unità di Cristo, ma dai loro comodi. Ecco perché è stato detto, a lode della carità: Essa non cerca i propri interessi. ( 1 Cor 13,5 ) 10.16 - Continua lo stesso discorso E ora ci chiediamo: come potranno i partigiani del diavolo appartenere alla Chiesa senza macchia, né ruga, né alcunché di simile, ( Ef 5,27 ) della quale è stato anche detto: È una sola la mia colomba? ( Ct 6,8 ) Se non possono appartenervi, è chiaro che essa geme in mezzo agli stranieri, sia quelli che la insidiano dentro e sia quelli che abbaiano fuori. Questi peccatori, tuttavia, compresi quelli di dentro, ricevono, hanno e trasmettono un battesimo che è santo in sé e che non può essere affatto violato dalla loro malvagità, nella quale persistono sino alla fine. A questo proposito, il beato Cipriano ci insegna che dobbiamo considerare il battesimo in se stesso, come lo ha ricevuto la Chiesa, consacrato dalle parole del Vangelo, senza aggiungervi né mescolarvi nessuna perversità e malizia, né di chi lo riceve e né di chi lo trasmette. Egli infatti ci ricorda due cose: che dentro vi erano alcuni che non osservavano la benigna carità, ma vivevano nella invidia e nella malevola discordia, come quelli di cui ha parlato l'apostolo Paolo, e che gli invidiosi sono il partito del diavolo, come egli stesso attesta a chiare lettere nello scritto sulla gelosia e l'invidia. Quindi, poiché è chiaro che anche tra i partigiani del diavolo può esservi il santo sacramento di Cristo, non per la loro salvezza, ma per la loro condanna, e non solo se essi si pervertono dopo averlo ricevuto, ma anche se lo ricevono da perversi che, come dice Cipriano, rinunciano al mondo solo a parole e non a fatti, e che quindi, se poi si correggono, non va ripetuto a loro ciò che avevano ricevuto da perversi, è ormai chiaro e limpido, io credo, che nella questione del battesimo non bisogna considerare chi lo dà, ma ciò che egli dà, non chi lo riceve, ma ciò che egli riceve, non chi lo ha, ma ciò che egli ha. Se infatti, i partigiani del diavolo, i quali non appartengono assolutamente all'unica colomba, possono ricevere, avere e dare la santità del battesimo, che non viene violata in nessuno modo dalla loro perversità, come siamo informati dalle lettere di Cipriano, perché attribuire agli eretici i beni altrui? Perché dire che è loro ciò che è di Cristo, anziché riconoscere in essi le insegne del nostro Imperatore ed emendare le azioni dei disertori? Di conseguenza, altro è - come dice san Cipriano - che quelli che sono nella Chiesa parlano nel nome di Cristo, e altro che quelli che ne sono fuori e operano contro la Chiesa, battezzano nel nome di Cristo. Però, e molti che sono dentro, operano contro la Chiesa, vivendo male e coinvolgendo gli spiriti deboli nella loro cattiva vita, e alcuni che sono fuori, parlano nel nome di Cristo e noi non proibiamo ad essi di fare le opere di Cristo, ma di restare fuori, visto che, per guarirli, li riprendiamo, li rimproveriamo e li ammoniamo. In effetti, anche quel tale che non seguiva Cristo coi discepoli e scacciava i demoni ( Lc 9,49-50 ) in nome suo, era fuori, ma il Signore ordinò loro di non impedirglielo, anche se lui andava certamente curato nella parte ferita, secondo le parole del Signore: Chi non è con me, è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde. ( Mt 12, 30 ) Dunque, fuori, nel nome di Cristo, si fanno cose non contrarie alla Chiesa; dentro, i sostenitori del diavolo, operano contro la Chiesa. 11.17 - Sia nella Chiesa che fuori bisogna correggere la perversità della gente C'è anche un altro fatto sorprendente, la cui possibilità la scopre chi vi presta molta attenzione: alcuni, pur salvando la carità, insegnano una dottrina inutile come Pietro che obbligava i Gentili a giudaizzarsi, ( Gal 2,14 ) e lo stesso Cipriano, che obbligava gli eretici a ribattezzarsi - tanto che a questi membri buoni, radicati nella carità, ma che non camminavano, su qualche punto, nella retta via, l'Apostolo dice: E se in qualche cosa pensate diversamente, anche questo Dio ve lo rivelerà ( Fil 3,15 ) -, alcuni, invece, pur senza la carità, insegnano una dottrina salutare, e sono quelli di cui il Signore dice: Essi siedono sulla cattedra di Mosè; quello che dicono fatelo, ma quello che fanno, non lo fate. Dicono infatti e non fanno. ( Mt 23,2-3 ) Così, anche l'Apostolo, di coloro che erano invidiosi e maligni, ma che predicavano la salvezza cristiana, dice: O per interesse o per sincerità: purché si annunzi Cristo. ( Fil 1,18 ) Di conseguenza, la perversità degli uomini va corretta dentro e fuori, mentre i sacramenti e gli insegnamenti di Dio non vanno attribuiti agli uomini. Non favorisce gli eretici, quindi, colui che non attribuisce ad essi ciò che, pur essendo presso di loro, riconosce che non è loro. No, noi non concediamo all'eretico il battesimo, ma riconosciamo il battesimo di Colui di cui è stato detto: Questi è Colui che battezza, ( Gv 1,33 ) ovunque lo troviamo. Quanto invece al perfido e al bestemmiatore, se egli persiste nella perfidia e nella bestemmia, non riceve la remissione dei peccati né fuori della Chiesa e né dentro la Chiesa; ma se la riceve, in quel preciso istante, per la potenza del sacramento, questa potenza opera sia fuori che dentro la Chiesa, come la potenza del nome di Cristo, che operava la espulsione dei demoni anche fuori. 12.18 - Al perverso non giova il sacramento e tuttavia il sacramento resta santo Noi infatti troviamo che, in tutte le loro lettere, gli Apostoli maledicono e detestano la sacrilega malvagità degli eretici, fino a dire che la loro parola si espande come una cancrena. E che? Di coloro che dicevano: Mangiamo e beviamo, perché domani moriamo, ( 1 Cor 15,32 ) non dichiara forse Paolo che erano corruttori di buoni costumi con le loro cattive compagnie, con questa frase: Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi? ( 1 Cor 15,33 ) Eppure ha fatto capire che essi erano dentro, quando ha detto: Come possono dire alcuni tra voi, che non c'è resurrezione dei morti? ( 1 Cor 15,12 ) E dov'è che egli non detesta gli avari? E ancora: si potrebbe forse usare un termine più forte per definire l'avarizia, che definirla idolatria, come l'Apostolo ha scritto, ( Ef 5,5 ) e né Cipriano lo ha inteso in altro senso, ma lo ha inserito, all'occorrenza, nelle sue lettere? Cipriano confessa, tuttavia, che ai suoi tempi, nella Chiesa, non c'erano avari qualunque, ma predoni e usurai; e che essi non erano semplici fedeli, ma vescovi. Certo, io vorrei pensare che quelli di cui l'Apostolo dice: La loro parola si espande come una cancrena, ( 2 Tm 2,17 ) fossero fuori della Chiesa, ma proprio Cipriano non me lo permette. Scrivendo, infatti, ad Antoniano, per mostrargli che prima della separazione finale dei giusti e degli ingiusti, non bisogna assolutamente allontanarsi dall'unità della Chiesa, a causa della mescolanza con i cattivi, rivela com'era santo e veramente degno della gloria del martirio. Dice infatti: Che gonfiore di superbia, che oblio di umiltà e di dolcezza, che grande sfoggio della propria arroganza è quello di chi osa o crede di poter fare, ciò che il Signore non ha concesso neppure agli Apostoli, e cioè credere di poter separare la zizzania dal grano o, quasi che gli sia concesso di portare la pala e di mondare l'aia, cercare di separare la paglia dal grano; e malgrado l'Apostolo dica: " In una grande casa non vi sono solo vasi di oro e di argento, ma anche di legno e di coccio ", ( 2 Tm 2,20 ) credere di scegliere i vasi d'oro e di argento, e di disprezzare, rifiutare e condannare quelli di legno e di coccio! Solo nel giorno del Signore, infatti, i vasi di legno saranno bruciati dall'incendio dell'ardore divino, e quelli di coccio infranti da colui al quale è stata data la verga di ferro! Cipriano, dunque, rimproverando in questi termini quelli che, per evitare, diciamo così, la compagnia dei cattivi, avevano rotto il vincolo dell'unità, mostra che nella grande casa di cui parla l'Apostolo, dove c'erano non solo i vasi d'oro e d'argento, ma anche quelli di legno e di coccio, non aveva inteso altro che la Chiesa, dove erano buoni e cattivi, in attesa di essere purgata, alla fine, come un'aia passata al ventilabro. ( Mt 3,12 ) Ma se è così, riconosce che nella Chiesa stessa, cioè nella stessa grande casa, c'erano dei vasi spregevoli, la cui parola si propagava come una cancrena. In effetti, parlando di essi l'Apostolo insegna: La loro parola si propaga come una cancrena. Tra essi vi è Imeneo e Fileto, i quali si sono allontanati dalla verità, dicendo che la resurrezione è già avvenuta; e così sconvolgono la fede di alcuni. Ma il fondamento posto da Dio sta saldo, e ha questo sigillo: Il Signore conosce i suoi; e si allontani dall'iniquità chiunque invoca il nome del Signore. In una grande casa, tuttavia, non vi sono soltanto vasi d'oro e d'argento, ma anche di legno e di coccio. ( 2 Tm 2,17-20 ) Se, dunque questi, la cui parola si propagava come una cancrena, si trovavano nella grande casa come vasi spregevoli, e in questa casa Cipriano vide l'unità della Chiesa, violava forse il battesimo di Cristo la loro cancrena? Di conseguenza: né fuori e né dentro, né in sé e né in nessun altro, chi sta dalla parte del diavolo può macchiare il sacramento di Cristo. Quindi non dona la remissione dei peccati la parola che si insinua come una cancrena nelle orecchie degli uditori; però, quando il battesimo viene dato con le parole del Vangelo, qualunque perversità abbia in mente colui che lo dà o colui al quale viene dato, è santo in se stesso, per la virtù di Colui al quale appartiene. E se uno, pur ricevendolo per mezzo di un ministro perverso, non riceve la perversità del ministro, ma solo la santità del mistero, una volta che si congiunge all'unità della Chiesa nella buona fede, nella speranza e nella carità, riceve la remissione dei peccati non in forza delle parole che si propagano come una cancrena, ma dei sacramenti del Vangelo che emanano dalla fonte celeste. Ma se colui che lo riceve è perverso, allora ciò che si dona non giova alla salvezza del perverso; eppure il battesimo ricevuto resta in lui santo, e né, se egli si corregge, si ripete. 13.19 - Come può battezzare chi è nelle tenebre Non c'è dunque nessun rapporto tra la giustizia e l'iniquità; ( 2 Cor 6,14 ) e non solo quella fuori, ma neanche quella dentro. Il Signore, infatti, conosce i suoi, e si allontani dall'iniquità chiunque invoca il nome del Signore. ( 2 Tm 2,19 ) Come non c'è nessuna unione tra la luce e le tenebre, ( 2 Cor 6,14 ) non solo quelle fuori, ma neppure quelle dentro. Chi infatti odia il proprio fratello - dice Giovanni - è ancora nelle tenebre. ( Gv 2,9 ) Certamente odiavano Paolo quelli che, annunciando Cristo per invidia, malizia e discordia, credevano di procurargli dolore in carcere, ( Fil 1,15-17 ) eppure erano dentro, come capì Cipriano. Ora, visto che le tenebre non possono illuminare e né l'ingiustizia giustificare, come Cipriano dice, chiedo come costoro possano battezzare nella Chiesa; chiedo come i vasi contenuti nella grande casa, non per usi nobili, ma spregevoli, possano, nella stessa grande casa, amministrare ciò che è santo per santificare gli uomini, se non perché la santità del sacramento non può essere macchiata dagli immondi, sia quando sono essi a darlo, e sia quando lo ricevono quelli che non cambiano in meglio il cuore e la vita. Di questi, che sono dentro, egli dice: Rinunciano al mondo solo a parole e non a fatti. 13.20 - Nella Chiesa vi sono dei peccatori, ma amministrano beni spirituali e divini Anche dentro dunque ci sono i nemici di Dio, dei cui cuori si è impossessato lo spirito dell'Anticristo; eppure posseggono beni spirituali e divini, che né possono giovare a loro per la salvezza, fino a che restano perversi, né essi possono contaminare con la loro immondezza. Questo che Cipriano dice, quindi: Non hanno nessun potere sui doni della Chiesa e della salvezza, quelli che, dividendo e separando la Chiesa di Cristo, sono ritenuti, da Cristo, avversari, e dagli Apostoli, anticristi, va inteso in questo senso: sia fuori che dentro ci sono i perversi; e tuttavia, la separazione dalla santità e dall'unità della colomba di quanti sono dentro, in alcuni non la conosce solo Dio, ma anche gli uomini i quali, osservando la loro pessima vita pubblica e la loro costante malvagità, e confrontandola con le regole dei divini precetti, capiscono che è davvero molta la zizzania e la paglia, sia fuori che dentro, alla quale il Signore dirà alla fine, per separarla apertamente: Lontano da me operatori di iniquità, ( Mt 7,23 ) e: Andate nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. ( Mt 25,41 ) 14.21 - Dio chiama i peccatori alla conversione anche con i castighi Certo, non dobbiamo disperare della conversione di nessuno, né di quelli dentro, né di quelli fuori, fino a che la pazienza di Dio li conduce alla penitenza ( Rm 2,4 ) e castiga con la verga i loro delitti, con i flagelli i loro peccati. In tal modo, infatti, egli non ritira da loro la sua misericordia, ( Sal 89,33-34 ) se essi stessi hanno finalmente pietà della loro anima, piacendo a Dio. ( Sir 30,24 ) In realtà, come il giusto che persevererà sino alla fine sarà salvo, ( Mt 24,13 ) così il malvagio, fuori o dentro la Chiesa, che persevererà sino alla fine, non sarà salvo. E né noi diciamo che: Ovunque e comunque siano stati battezzati, essi ottengono la grazia del battesimo, se, per grazia del battesimo si intende la salvezza donata mediante la celebrazione del battesimo, ma diciamo che questa salvezza non la ottengono neppure molti che sono dentro, sebbene sia evidente che hanno il sacramento che in se stesso è santo. Fa bene, quindi, il Signore ad avvertirci nel Vangelo, di non dare retta ai cattivi consiglieri ( Mc 13,21 ) che camminano nel nome di Cristo; questi però, si trovano fuori e dentro la Chiesa, poiché non escono fuori se prima non sono stati cattivi dentro. E non v'è dubbio che si riferiva ai vasi che sono nella grande casa l'Apostolo quando diceva: Se dunque uno si manterrà puro da tali cose, sarà un vaso nobile, santificato, utile al padrone, sempre pronto per ogni opera buona. ( 2 Tm 2,21 ) E come ci si debba mantenere puri da queste cose, lo ha mostrato poco prima, dicendo: Si allontani dall'iniquità chiunque invoca il nome del Signore, ( 2 Tm 2,19 ) per non sentirsi alla fine dire con la paglia, sia quella che è volata prima dall'aia, e sia quella che dovrà essere separata l'ultimo giorno: Lontano da me, operatori di iniquità. ( Mt 7,23 ) Da questo appare chiaro, come dice Cipriano, che non bisogna immediatamente accettare e prendere tutto ciò che viene vantato nel nome di Cristo, ma solo ciò che viene operato nella verità di Cristo. Ma certamente non è operare nella verità di Cristo, rapire i terreni con insidiose frodi, aumentare il capitale moltiplicando gli interessi, rinunciare al mondo solo a parole e non a fatti. E che tutte queste cose si facciano anche dentro la Chiesa, lo dichiara, da testimone molto autorevole, lo stesso Cipriano. 15.22 - Gli eretici vengono alla Cattolica non per vedersi ripetere il dono di Dio Cipriano poi fa un lungo discorso per dire che quelli che bestemmiano il Padre di Cristo, non possono essere battezzati in Cristo. Ma poiché è chiaro che, per bestemmia, s'intende il loro errore, in quanto non si può dire che chi si accosta al battesimo di Cristo bestemmia esplicitamente il Padre di Cristo, ma che, avendo una idea diversa da quella che la verità insegna sul Padre di Cristo noi lo convinciamo di bestemmia - noi abbiamo mostrato chiaramente, che nel battesimo consacrato dalle parole del Vangelo, non entra né l'errore di chi lo dà e né di chi lo riceve, anche se egli ha, del Padre o del Figlio o dello Spirito Santo, un'idea diversa da quella che ci comunica la dottrina del cielo. Molti uomini carnali e animali, infatti, vengono battezzati anche nella Chiesa, malgrado l'Apostolo dica chiaramente: L'uomo animale non comprende le cose dello Spirito di Dio; ( 1 Cor 2,14 ) ed egli li considera animali, anche dopo che hanno ricevuto il battesimo. ( 1 Cor 3,2 ) Ora, secondo il senso carnale, un'anima dedita ai sensi del corpo non può avere di Dio che un concetto carnale. Perciò molti che progrediscono dopo il battesimo, e in particolare quelli che sono stati battezzati da bambini o da fanciulli, via via che il loro intelletto si rischiara e si illumina, e il loro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno, ( 2 Cor 4,16 ) tutte le opinioni che avevano su Dio, quando si trastullavano coi loro fantasmi, le rigettano, le deridono e le odiano. Non per questo, tuttavia, riteniamo che non hanno ricevuto il battesimo, o diciamo che hanno ricevuto un battesimo tale e quale al loro errore, ma in essi, rispettiamo l'integrità del sacramento e purifichiamo la falsità della loro mente, anche se questa, rafforzata e, forse, giustificata dalle molte discussioni, si era indurita. Di conseguenza, anche l'eretico che è chiaramente fuori e vi ha ricevuto il battesimo, non ha certamente ricevuto un battesimo uguale all'errore che lo acceca. Quindi, se, rinsavendo, si accorge che deve lasciare il male che aveva, non deve, allo stesso tempo, lasciare il bene ricevuto; e non perché in lui va condannato il suo errore, va rifiutato anche il battesimo di Cristo. Pertanto, da quelli che hanno avuto la sorte di essere battezzati nella Chiesa, pur avendo un falso concetto di Dio, risulta chiaro, ormai, che va distinta la verità del sacramento, dall'errore del falso credente; quantunque le due cose possano trovarsi nella stessa persona. Ecco perché, quando uno, pur essendo fuori nell'errore, è stato battezzato col vero sacramento, quando ritorna all'unità della Chiesa, se alla fede falsa subentra la vera, non ugualmente al battesimo vero subentra il vero battesimo. Una cosa, infatti, non può subentrare a se stessa, perché non può separarsi da se stessa. Perciò gli eretici vengono alla Cattolica per essere corretti dal loro male e non per vedersi ripetere un bene di Dio. 16.23 - Negli eretici e scismatici si deve correggere lo scisma non la verità del battesimo Dirà qualcuno: Non c'è nessuna differenza, dunque, tra due uomini, immersi nello stesso errore e nella stessa malizia, dei quali, senza cambiare né la vita e né il cuore, uno si fa battezzare fuori e l'altro dentro? Certo che c'è. È peggiore chi si fa battezzare fuori; e non perché si fa battezzare, ma perché sta fuori - dato che lo scisma non è un male inesistente e lieve - purché chi si fa battezzare dentro, sia voluto restare dentro, non per un vantaggio terreno e provvisorio, ma perché ha preferito l'unità della Chiesa diffusa in tutto il mondo agli smembramenti degli scismi; se no anche lui deve essere considerato fuori. Prendiamo dunque due individui: uno di essi ha su Cristo, per esempio, la stessa opinione di Fotino, e si fa battezzare nella sua eresia, fuori la comunione della Chiesa cattolica; anche l'altro la pensa allo stesso modo, ma si fa battezzare nella Cattolica, ritenendola la vera fede cattolica. Costui ancora non lo chiamerei eretico, a meno che, una volta che gli sia stata chiarita la dottrina della fede cattolica, abbia preferito rifiutarla e scegliere di restare della sua precedente opinione. Ma prima che questo avvenga, è evidente che è peggiore quello che sta fuori. Quindi, nel secondo va corretta solo una falsa opinione, nel primo anche il male dello scisma. In nessuno dei due, comunque, va ripetuto il sacramento validamente ricevuto. Ma se un terzo ha la stessa idea degli altri due e viene a sapere che esiste una eresia separata dall'unità cattolica, dove la si insegna e impara ma, per via di un vantaggio temporale, vuole farsi battezzare nell'unità cattolica o, già battezzato in essa, non ne vuole uscire proprio per questa ragione, non solo va considerato separato, ma tanto più scellerato, quanto più aggiunge, all'errore dell'eresia e alla separazione dall'unità, la finzione dell'inganno. Perciò, la deviazione di un uomo, quanto più è pericolosa e distorta, tanto più va corretta con urgenza e impegno. Ma non per questo, se egli ha una cosa sana, specie se non è sua, ma di Dio, va considerata, a causa della sua malvagità, come inesistente, o disprezzata al pari dell'altra, o attribuita alla sua stessa malvagità, anziché alla generosità di Colui il quale, anche all'anima che si prostituiva lontano da Lui e andava dietro ai suoi amanti, ha donato il suo pane, il suo vino, il suo olio e altri alimenti o ornamenti, che non vengono da lei e né dai suoi amanti, ma da Colui che, mosso a pietà per lei, ha voluto dappertutto ricordarle da chi deve ritornare. ( Os 2,5-7 ) 17.24 - Tutto ciò che gli scismatici hanno fuori della Chiesa non vale per la salvezza Dice Cipriano: Può, la forza del battesimo, essere più grande e più potente della confessione della fede e del martirio, con cui un martire confessa Cristo davanti agli uomini e viene battezzato dal sangue versato? Eppure, neanche questo battesimo giova all'eretico se, pur confessando Cristo, viene ucciso fuori della Chiesa. È verissimo. Un uomo ucciso fuori della Chiesa, dimostra di non possedere la carità di cui l'Apostolo dice: Se anche dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non ho la carità, non mi giova niente. ( 1 Cor 13,3 ) Ma se, per l'assenza della carità, il martirio non gli giova a niente, allora esso non serve neanche a quelli che, come dice san Paolo e come Cipriano commenta, vivono dentro nell'invidia e nella malevolenza senza la carità; eppure possono ricevere e trasmettere il vero battesimo. Fuori della Chiesa, non c'è salvezza. E chi lo nega? Per questo tutti i beni che abbiamo della Chiesa, fuori della Chiesa non giovano alla salvezza. Ma un conto è non averli affatto e un conto non averli utilmente. Chi non li ha, per averli deve farsi battezzare, mentre, chi non li ha utilmente, per averli utilmente deve correggersi. No, non è corrotta l'acqua nel battesimo degli eretici, perché non è cattiva la materia che Dio ha creato, né sono da riprovare le parole del Vangelo negli erranti, ma solo l'errore di coloro che hanno anima adultera, anche se essa riceve il suo ornamento dallo Sposo legittimo. Possiamo quindi avere in comune il battesimo con gli eretici e gli scismatici, e possiamo avere in comune anche il Vangelo, sebbene il loro errore sia lontano dalla nostra fede, sia perché sul Padre o sul Figlio o sullo Spirito Santo hanno un concetto ben lontano dalla verità, e sia perché, una volta separatisi dall'unità, non raccolgono con Cristo, ma disperdono. ( Mt 12,30 ) Noi infatti, se siamo grano del Signore, pur vivendo dentro con gli avari, con i predoni, con gli ubriachi e con tutte quelle pesti, di cui è detto: Non possederanno il regno di Dio, ( 1 Cor 6,10 ) possiamo avere in comune il sacramento del battesimo, ma non avere in comune i vizi che li separano dal regno di Dio. 18.25 - Confronto tra un peccatore eretico e un peccatore cattolico Non è solo delle eresie, infatti, che l'Apostolo dice: Quanti fanno queste cose non possederanno il regno di Dio. ( Gal 5,21 ) Non ci dispiaccia di prestare un po' di attenzione all'elenco completo: Sono ben note le opere della carne - egli dice -; esse sono: fornicazioni, impurità, lussurie, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordie, gelosie, dissensi, eresie, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Io ve lo preavviso, come ho già fatto, che quelli che fanno queste cose, non possederanno il regno di Dio. ( Gal 5,19-21 ) Ecco allora un uomo casto, continente, non avaro, non idolatra, ospitale, servitore dei poveri, non nemico di nessuno, non litigioso, paziente, calmo; di nessuno geloso, di nessuno invidioso, sobrio, frugale, ma eretico. Certamente nessuno dubita che, solo perché eretico, non possederà il regno di Dio. Eccone allora un altro: fornicatore, impuro, lussurioso, avaro o anche molto apertamente dedito all'idolatria, stregone, litigioso, geloso, irascibile, sedizioso, invidioso, ubriacone, gozzovigliatore, ma cattolico. E che? Solo perché cattolico, costui possederà il regno di Dio, malgrado compia le azioni di cui l'Apostolo dice nella conclusione: Ve lo preavviso, come ho già fatto, quelli che fanno tali cose non possederanno il regno di Dio? ( Gal 5,21 ) Se lo diciamo, inganniamo noi stessi. ( 1 Gv 1,8 ) In effetti, la Parola di Dio non ci inganna; è una Parola che non tace, non risparmia, non inganna con adulazioni. Perciò l'Apostolo dice anche altrove: Sappiatelo e mettetevelo bene in mente: nessun fornicatore o impuro o avaro, che è come un idolatra, erediterà il regno di Cristo e di Dio. Nessuno vi inganni con vuote parole. ( Ef 5,5-6 ) Non c'è dunque motivo di lamentarci della Parola di Dio. È una Parola assoluta, chiara e franca; essa dice che quanti vivono male non appartengono al regno di Dio. 19.26 - La Scrittura non promette l'impunità al peccatore cattolico Se dunque un cattolico è circondato da tutti questi vizi, non aduliamolo e non osiamo promettergli, perché cristiano cattolico, l'impunità che la Scrittura divina non gli promette. Anche se avesse uno solo di questi vizi, non dobbiamo promettergli la società della patria lassù. Nella lettera ai Corinzi, infatti, Paolo li elenca uno per uno, e per ciascuno sottintende: non possederanno il regno di Dio. Egli dice, infatti: Non illudetevi: né i fornicatori, né gli idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati, né i sodomiti, né i ladri, né gli avari, né gli ubriaconi, né i calunniatori, né i rapaci, possederanno il regno di Dio. ( 1 Cor 6,9-10 ) Non dice: Coloro che hanno tutti questi vizi insieme, non possederanno il regno di Dio, ma: Né quelli, né quelli. Sicché, per ognuno di essi puoi sottintendere: non possederà il regno di Dio. Quindi, come non possederanno il regno di Dio gli eretici, così non lo possederanno gli avari. E neppure dobbiamo dubitare che le pene stesse con le quali saranno tormentati quelli che non possederanno il regno di Dio, non siano diverse per i diversi crimini e che alcune non siano più acute di altre, sicché, nello stesso fuoco eterno, alla diversa gravità dei peccati, corrispondano pene e tormenti diversi. Il Signore non ha detto invano: Ci sarà più tolleranza per i sodomiti che per voi nel giorno del giudizio. ( Mt 11,24 ) Eppure, quanto a non possedere il regno di Dio, il vizio più moderato che scegli, ha le stesse conseguenze di quello o di quelli che ritieni più gravi. E poiché il Regno di Dio lo possederanno quelli che il giudice supremo porrà alla sua destra, a quelli che non meriteranno di stare alla sua destra, non resterà che la sinistra. Nessun'altra voce resterà loro di ascoltare, che quella rivolta ai capri, dalla bocca del Pastore: Andate nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e i suoi angeli, ( Mt 25,41 ) benché da quel fuoco, come ho detto, la distribuzione dei supplizi varia, secondo la diversità dei crimini. 20.27 - Se sia preferibile un cattolico che conduce una cattiva vita, a un uomo che è solo eretico Se poi sia preferibile un cattolico dai pessimi costumi a un eretico, nella cui vita, tranne l'eresia, la gente non trova niente altro da riprendere, non oso dare un giudizio affrettato. Ma se uno dicesse: " poiché è eretico, non può limitarsi a questo senza avere altre conseguenze; egli infatti è un uomo carnale e animale ( 1 Cor 2,14 ) e perciò, necessariamente anche geloso, stizzoso, invidioso, nemico della verità e suo contestatore ", allora dovrebbe capire che dei mali dei quali egli ha scelto il meno grave, non può esservi, in un eretico, uno solo, per il semplice motivo che egli è un uomo carnale e animale. È il caso dell'ubriachezza, che ormai la gente non solo suole nominare senza orrore, ma proclamare ridendo: ebbene, pensate che dove essa si trova, possa trovarsi da sola? Quale ubriaco, infatti, non è anche litigioso, stizzoso, invidioso, contestatore della saggezza dei suoi maestri e nemico di chi lo rimprovera duramente? Inoltre, è difficile che non sia anche impudico e adultero. Tuttavia può non essere eretico, come un eretico può non essere un ubriacone, un adultero, un impudico, un lussurioso o un venale o uno stregone; e può non essere tutto questo insieme. Un solo vizio, infatti, non implica tutti gli altri. Pertanto, di fronte a questi due casi: quello di un cattolico con tutti questi vizi e di un eretico senza i vizi che potrebbero non essere in un eretico, quantunque tutt'e due non polemizzino contro la fede, è pur vero che tutt'e due vivono contro la fede; tutt'e due si lasciano illudere dalla vana speranza; tutt'e due dissentono dalla carità spirituale e, perciò, tutt'e due sono estranei al corpo dell'unica colomba, ( Ct 6,8 ) perché in uno riconosciamo il sacramento di Cristo, e in un altro non vogliamo riconoscerlo? Ma non ci comportiamo come se esso appartenesse all'uno o all'altro, mentre è sempre lo stesso sacramento che hanno entrambi, ma appartiene a Dio e, anche se lo hanno i malvagi, è un bene. Se poi delle persone che lo hanno, una è peggiore e l'altra migliore, non per questo il sacramento è peggiore in una che in un' altra. Neppure tra due cattolici cattivi, infatti, se uno fosse peggiore di un altro, anche il suo battesimo è peggiore; e né se uno di essi è buono e l'altro cattivo, il battesimo, nel cattivo è cattivo, e nel buono è buono. Esso è buono in entrambi. Come la luce del sole o di una lucerna: certamente non è più debole negli occhi più infermi che nei più sani, ma è la stessa in entrambi, sebbene le conseguenze siano diverse, secondo la loro diversità: o li rallegra o li brucia. 21.28 - La posizione dei catecumeni di fronte al Regno di Dio Quanto all'obiezione fatta a Cipriano circa i catecumeni che, sorpresi a testimoniare la fede e uccisi per il nome di Cristo, ricevevano la corona anche senza il battesimo, come c'entri con la nostra questione non lo capisco. Forse perché i Donatisti sostenevano che gli eretici, avendo il battesimo di Cristo, avevano una ragione in più per venire ammessi al suo regno dove erano ammessi i catecumeni. Il Signore, infatti, aveva detto: Se uno non rinasce dall'acqua e dallo Spirito, non entrerà nel regno dei cieli. ( Gv 3,5 ) Ma io neppure esito a preferire un catecumeno cattolico, ardente di amore divino, a un eretico battezzato. Del resto, anche nella Cattolica, noi preferiamo un catecumeno buono a un battezzato cattivo, e non per questo facciamo oltraggio al sacramento del battesimo, di cui il catecumeno non è ancora bagnato e l'eretico sì; e né crediamo che il sacramento del catecumeno sia da preferirsi al sacramento del battesimo, per il solo fatto che ammettiamo che un catecumeno può essere più fedele e più retto di un battezzato. Così, era migliore il centurione Cornelio, non ancora battezzato, che Simone, battezzato. Cornelio, infatti, già prima del battesimo, fu ripieno di Spirito Santo, ( At 10 ) Simone, invece, anche dopo il battesimo, si è gonfiato dello spirito impuro. ( At 8.13.18-19 ) Cornelio, tuttavia, se anche dopo aver ricevuto lo Spirito Santo avesse rifiutato il battesimo, si sarebbe reso reo del disprezzo verso un sacramento tanto grande. Quando poi è stato battezzato, non ha sicuramente ricevuto un sacramento più santo di quello di Simone, ma sotto l'unica santità di uno stesso sacramento, si sono distinti i diversi meriti. Pertanto, né accresce né diminuisce la santità del battesimo, la dignità o l'indegnità dell'uomo. Ma, come al catecumeno buono manca il battesimo per ottenere il regno dei cieli, così al battezzato cattivo manca la vera conversione. Infatti, Colui che ha detto: Se uno non rinasce dall'acqua e dallo Spirito, non entrerà nel regno dei cieli, ( Gv 3,5 ) ha anche detto: Se la vostra giustizia non sarà maggiore di quella degli Scribi e dei Farisei, non entrerete nel regno dei cieli. ( Mt 5,20 ) In effetti, perché la giustizia del catecumeno non fosse ritenuta sicura, è stato detto: Se uno non rinasce dall'acqua e dallo Spirito, non entrerà nel regno dei cieli. Al contrario, per evitare che, ricevuto il battesimo, l'iniquità si ritenesse sicura, è stato detto: Se la vostra giustizia non sarà maggiore di quella degli Scribi e dei Farisei, non entrerete nel regno dei cieli. L'uno senza l'altra non gli basta; tutte e due insieme, lo rendono l'erede di questo bene. Ora, come non va rifiutata la giustizia di un uomo, incominciata prima della sua unione alla Chiesa, com'era incominciata la giustizia di Cornelio prima che entrasse nel popolo cristiano - del resto, se era da rifiutare, l'angelo non gli avrebbe detto: Le tue elemosine sono state accolte e le tue preghiere esaudite; ( At 10,4.31 ) e se questo gli fosse bastato per possedere il regno dei cieli, non lo avrebbe esortato ad inviare a Pietro dei messaggeri - così non va rifiutato il sacramento evangelico del battesimo, anche se ricevuto fuori della Chiesa. Ma poiché esso non giova alla salvezza, senza che colui che ha l'integrità del battesimo, si corregga dalla sua malvagità e si incorpori alla Chiesa, correggiamo l'errore degli eretici e riconosciamo in essi ciò che non è loro, ma di Cristo. 22.29 - Il martirio può sostituire il battesimo in qualche caso Certamente qualche volta il martirio può supplire il battesimo. Dall'episodio del buon ladrone al quale, benché non battezzato, fu detto: Oggi sarai con me in Paradiso, ( Lc 23,43 ) Cipriano desume una prova non irrilevante. Ma, esaminando ben bene l'episodio, io trovo che non è solo il martirio nel nome di Cristo che può supplire la mancanza del battesimo, ma è anche la fede e la conversione del cuore, se, la ristrettezza dei tempi rendesse impossibile la celebrazione del mistero del battesimo. Il ladrone, infatti, non fu crocifisso per il nome di Cristo, ma per i suoi delitti, e non soffrì perché credette, ma credette mentre soffriva. Che valore abbiano, quindi, anche senza il sacramento visibile del battesimo, le parole dell'Apostolo: Con il cuore si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si confessa la fede per la salvezza, ( Rm 10,10 ) lo abbiamo spiegato parlando del buon ladrone. Ma questo effetto invisibile si ottiene solo quando non è il disprezzo della religione a far omettere la celebrazione del battesimo, ma l'urgente necessità. In effetti, è soprattutto nell'episodio di Cornelio e dei suoi amici, più che in quello del buon ladrone, che si potrebbe vedere che era superfluo battezzarli anche con acqua, poiché in essi il dono dello Spirito Santo, che gli altri avevano ricevuto solo dopo essere stati battezzati, come attesta la Scrittura, si manifestava anche con il segno specifico, opportuno per il tempo, i battezzati parlavano le lingue. Eppure, sono stati battezzati: e su questo ci resta l'autorità degli Apostoli. Perciò nessuno, che ha fatto anche un grande progresso nell'uomo interiore e che prima del battesimo è cresciuto nella pietà del cuore fino all'intelligenza spirituale, deve disprezzare il sacramento che viene applicato dall'azione dei ministri, mediante la quale Dio realizza spiritualmente la consacrazione dell'uomo. E io credo che per nessun altro motivo fu affidato a Giovanni il compito di dare il battesimo, tanto da essere chiamato battesimo di Giovanni se non perché il Signore stesso, che glielo aveva dato, non disdegnando di ricevere il battesimo del suo servo, ( Mt 3,6.13; Fil 2,7 ) voleva proporre la via dell'umiltà, e proclamare apertamente, con questo gesto, che avremmo dovuto tenere in grande stima il battesimo, col quale egli avrebbe battezzato. Come medico molto esperto nella salute eterna, egli vedeva che non sarebbe mancata la cancrena di alcuni che, avendo fatto tanti progressi nell'intelligenza della verità e nei provati costumi, tanto da non avere la benché minima esitazione ad anteporsi, per vita e dottrina, a molti battezzati, avrebbero creduto superfluo per loro farsi battezzare, persuasi com'erano di essere arrivati a quell'abito interiore, al quale molti battezzati cercavano ancora di salire. 23.30 - Il valore e l'effetto del rito esterno del sacramento Quale valore abbia e quale effetto realizzi, in un uomo, la santificazione del sacramento ricevuta con il segno corporeo - di cui, però, il buon ladrone non restò privo, perché non gli mancò la volontà di riceverla, ma ci fu la necessità di non riceverla - è difficile dirlo. Certo, se non avesse un valore molto grande, il Signore non avrebbe ricevuto il battesimo del suo servo. Ma se la dobbiamo considerare in se stessa, prescindendo dalla salvezza dell'uomo, alla cui perfezione è finalizzata, allora indica chiaramente che nei malvagi e in quelli che rinunciano al mondo solo a parole e non a fatti, essa è integra, benché essi, se non si correggono, non possano ricevere la salvezza. Ma come nel ladrone, al quale mancò per necessità, la salvezza si è realizzata, poiché, grazie alla sua pietà, è stata spiritualmente presente, così, anche quando essa è a disposizione, se, per necessità, manca ciò che non mancò nel ladrone, la salvezza si realizza. Questa è la tradizione che tutta la Chiesa conserva nel battesimo dei neonati, che certamente non possono ancora credere col cuore per avere la giustizia, né confessare con la bocca per avere la salvezza, come poté fare il ladrone. Essi, anzi, coi loro pianti e vagiti, quando su di loro si celebra il mistero, coprono perfino il suono delle parole misteriose; eppure, nessun cristiano oserà dire che si battezzano a vuoto. 24.31 - Confronto con la circoncisione Se poi su questo si volesse cercare l'avallo dell'autorità divina, è molto ragionevole credere che una prassi conservata da tutta la Chiesa e non istituita dai concili, ma sempre conservata, non può averla tramandata che l'autorità degli Apostoli. Noi però possiamo immaginare l'efficacia del sacramento del battesimo nei bambini, dalla circoncisione della carne che ricevette il primo popolo, e dalla quale Abramo fu giustificato prima di riceverla; ( Gc 2,21 ) come Cornelio fu arricchito del dono dello Spirito Santo, prima di essere battezzato. Però, l'Apostolo dice di Abramo: Ricevette il segno della circoncisione, come sigillo della giustizia derivante dalla fede, ( Rm 4,11 ) colui che aveva già creduto con il cuore e gli era stato accreditato come giustizia. ( Rm 4,3.10 ) Perché, allora, gli venne ordinato di circoncidere l'ottavo giorno ogni bambino maschio, ( Gen 17,9-14 ) che non avrebbe potuto ancora credere con il cuore, perché gli fosse accreditato come giustizia, se non perché il sacramento aveva un grande valore in se stesso? Questo è stato manifestato da un angelo nel caso del figlio di Mosè. Quando infatti la madre lo portava ancora in braccio, incirconciso, il padre fu costretto a circonciderlo per un incombente ed evidente pericolo; ( Es 4,24-26 ) dopodiché il male fu debellato. Ora, come in Abramo, precedette la giustizia derivante dalla fede e seguì la circoncisione come sigillo della giustizia derivante dalla fede, così, in Cornelio, precedette la santificazione spirituale nel dono dello Spirito Santo, e seguì il sacramento della rigenerazione col lavacro del battesimo. E come in Isacco, circonciso l'ottavo giorno della sua nascita, precedette il sigillo della giustizia derivante dalla fede e, avendo egli imitato la fede del padre, da adulto seguì la giustizia, il cui sigillo lo aveva preceduto da bambino, così, nei bambini battezzati, prima viene il sacramento della rinascita e, se essi conserveranno la pietà cristiana, seguirà, poi, la conversione nel cuore, il cui mistero l'ha preceduta nel corpo. E come nel buon ladrone, quello che mancava del sacramento del battesimo, lo supplì la bontà dell'Onnipotente, poiché non gli mancava per orgoglio o per disprezzo, ma per necessità, così bisogna credere che nei bambini che muoiono appena battezzati, la stessa grazia dell'Onnipotente compie la salvezza. Non è per cattiva volontà, infatti, ma per incapacità dell'età, se essi non possono credere con il cuore, per avere la giustizia, e confessare con la bocca, per avere la salvezza. Perciò, quando per loro rispondono altri, affinché possa compiersi in loro la celebrazione del sacramento, vale certamente per la loro consacrazione, poiché essi non possono rispondere. Ma se al posto di chi può rispondere, risponde un altro, questo non vale. In vista di questa norma nel Vangelo è stata detta una cosa che colpisce tutti i suoi lettori: Ha la sua età, risponda lui. ( Gv 9,21 ) 25.32 - Altro è il sacramento ed altro la conversione del cuore Tutto ciò dimostra che un conto è il sacramento del battesimo e un conto la conversione del cuore, e che la salvezza dell'uomo è completa solo con entrambi. Ma se manca uno solo di questi due elementi, non bisogna credere che, di conseguenza, manchi anche l'altro. In effetti, mentre nel bambino può esserci il sacramento senza la conversione, nel ladrone poté esserci la seconda senza il primo; Dio infatti completa nell'uno e nell'altro, quanto involontariamente manca. Ma quando la mancanza di uno dei due elementi è voluta, l'uomo è complice di colpa. Per la verità, il battesimo può esserci anche senza la conversione del cuore; la conversione del cuore invece, può, sì, esserci senza aver ricevuto il battesimo, ma se si è disprezzato il battesimo, non può esserci. Non si deve mai dire che c'è la conversione del cuore a Dio, quando si disprezza il sacramento di Dio. A ragione, quindi, noi biasimiamo, anatematizziamo, detestiamo e abominiamo la perversità del cuore degli eretici; tuttavia non si può dire che non hanno il sacramento evangelico, quelli che non hanno ciò che lo rende utile. Perciò, quando costoro vengono alla fede e alla verità e, facendo penitenza, chiedono la remissione dei loro peccati, noi non li inganniamo né illudiamo se, dopo averli corretti e riformati nella parte in cui sono depravati e perversi, li istruiamo nelle discipline celesti, necessarie ad ottenere il regno dei cieli, in modo che, ciò che in essi vi è di integro, non lo violiamo in nessuna maniera e, ciò che nell'uomo appartiene a Dio, non lo diciamo, per colpa dell'uomo, né nullo né cattivo. 26.33 - Il battesimo di Giovanni Restano ormai pochi brani della lettera a Giubaiano. Ma poiché essi trattano e dell'antica consuetudine della Chiesa e del battesimo di Giovanni, che suole suscitare una non piccola questione in quelli che prestano poca attenzione al fatto chiarissimo che l'Apostolo ha ordinato di battezzare quanti avevano ricevuto il battesimo di Giovanni, ( At 19,3-5 ) allora non vanno esaminati con negligenza, ma rimandati a un altro volume, perché questo non abbia una misura eccessiva. Libro V 1.1 - Cipriano dimostra la consuetudine antica Che sia un'antica consuetudine della Chiesa cattolica, quella che noi oggi osserviamo, quando non ribattezziamo quelli che vengono dagli scismatici o dagli eretici, se già hanno ricevuto il battesimo consacrato dalle parole del Vangelo, lo proviamo avvalendoci delle testimonianze di Cipriano. Egli si pone questa questione raccogliendola certamente dalle labbra dei fratelli che cercavano la verità o lottavano per essa. Nelle sue discussioni con cui cercava di dimostrare che gli eretici andavano ribattezzati e di cui abbiamo a lungo parlato a suo tempo nei libri precedenti, dice: Mi si dirà: Che ne sarà, dunque, di coloro che, in passato, venendo dall'eresia alla Chiesa, sono stati accolti senza battesimo? Qui, tutta la causa dei Donatisti, con i quali abbiamo dibattuto questa questione, è pienamente naufragata. Se infatti non avevano veramente il battesimo quelli che, venendo dall'eresia, erano accolti in questo modo, e se quindi su di essi gravavano ancora i peccati, ( Sal 51,5 ) dato che con questi peccatori erano stati in comunione, sia quelli che sono vissuti prima di Cipriano, e sia Cipriano stesso, delle due una: o la Chiesa era finita già da allora, macchiata dalla comunione con costoro, o i peccati di altri, anche se notori, non danneggiano chi rimane nell'unità. Ma essi non possono dire che la Chiesa era scomparsa già da allora, contagiata dalla comunione con coloro che erano stati ammessi in essa, senza battesimo, come sostiene Cipriano. In questo caso, infatti, se la Chiesa fosse veramente scomparsa, i Donatisti non possono dimostrare neanche la loro origine: passarono più di quaranta anni tra il martirio di Cipriano e la distruzione dei Libri sacri, cioè dall'episodio nel quale i Donatisti, diffondendo il fumo delle loro calunnie, trovarono un pretesto per creare lo scisma, come proclama la lista dei Consoli. Quindi non resta che ammettere che l'unità di Cristo non può essere contaminata da simile comunione con i cattivi, anche se notori. Ammesso questo, non troveranno un motivo per sostenere che dovevano separarsi dalle Chiese del mondo che, come entrambi leggiamo, erano state fondate dagli Apostoli. E poiché queste Chiese non poterono perire a causa della mescolanza con i malvagi, ecco che i Donatisti, che non sarebbero periti se fossero rimasti con esse nell'unità, separandosene e rompendo il vincolo della pace, sono sicuramente periti nello scisma. Risulta molto chiaro il sacrilegio dello scisma, se non c'è stato alcun motivo di separazione. E che non c'è stato alcun motivo di separazione appare chiaro se i malvagi, anche notori, non macchiano i buoni nell'unità. Ora, che nell'unità i buoni non vengono macchiati dai cattivi, anche se notori, lo dimostriamo con la testimonianza di Cipriano, il quale dichiara che, in passato, quanti venivano dall'eresia alla Chiesa, erano ammessi senza battesimo. Tuttavia, se i nefandi sacrilegi che gravavano su di loro, in quanto non rimessi dal battesimo, non hanno potuto insozzare e distruggere la santità della Chiesa, nessun contatto coi malvagi può farla perire. Perciò, se essi ammettono che Cipriano ha detto il vero, la sua testimonianza li convince del crimine dello scisma; se sostengono che Cipriano ha detto il falso, non usino più la sua testimonianza nella questione del battesimo. 2.2 - Continua l'argomento sui testi di Cipriano Ma ora che abbiamo avviato un discorso col beato Cipriano, un uomo pacifico, proseguiamolo. Facendo propria l'obiezione che sentiva dai fratelli: Che ne sarà, dunque, di coloro che in passato sono venuti dall'eresia alla Chiesa e sono stati accolti senza battesimo? Dichiara: Il Signore può concedere il perdono con la sua misericordia, e non escludere dai benefici della Chiesa, quelli che, accolti nella Chiesa senza sacramento, sono morti nella Chiesa. Egli fece bene a credere che la carità dell'unità poteva coprire la moltitudine dei peccati. Se poi essi avevano il battesimo, e quelli che ritenevano necessario ribattezzarli erano in errore, la carità dell'unità ( 1 Pt 4,8 ) copriva questo errore per tutta la durata di questa, non diabolica divisione, ma umana fragilità; finché, se in qualche cosa pensavano diversamente, come dice l'Apostolo, il Signore li avesse illuminati. ( Fil 3,15 ) Guai perciò ai Donatisti che, dopo essersi separati dall'unità con una rottura sacrilega, ribattezzano, se è vero che il battesimo si trova da noi e da loro! Se invece esso si trova solo nella Cattolica, non battezzano affatto. Dunque o che ribattezzino o che non battezzino, non sono nel vincolo della pace, dal quale poter prendere un rimedio per qualunque loro ferita. Quanto a noi, se li ammettiamo nella Chiesa senza battesimo, ci troviamo nel numero di coloro che possono essere perdonati, come Cipriano ha creduto, per avere custodito l'unità. Se invece - come io credo che risulti chiaro da quanto si è detto nei libri precedenti - anche nella perversità degli eretici, può esserci l'integrità del battesimo cristiano; se a quell'epoca alcuni hanno ribattezzato e tuttavia non si sono separati dall'organismo dell'unità, costoro hanno potuto ottenere il perdono per lo stesso amore della pace, grazie al quale, come attesta Cipriano, poterono non essere esclusi dai benefici della Chiesa, quanti vi erano stati ammessi senza battesimo. Del resto, se è vero che tra gli eretici e gli scismatici non c'è il battesimo di Cristo, quanto meno sarebbero dannosi i peccati altrui per coloro che vivono nell'unità, visto che a coloro che venivano all'unità ed erano accolti senza battesimo, si perdonavano anche i propri! In effetti se, come attesta Cipriano, il vincolo dell'unità può tanto, come potrebbero essere colpiti dai peccati altrui quanti non vogliono allontanarsi dall'unità se, per i propri peccati non morivano neppure i non battezzati che volevano venire ad essa dall'eresia? 3.3 - L'autorità di Cipriano è contro i Donatisti Ciò che Cipriano aggiunge dicendo: Non perché si è sbagliato una volta, bisogna sbagliare sempre, dato che agli uomini saggi e timorati di Dio conviene più aderire di buon animo e con prontezza alla verità svelata e chiarita, che lottare con tenacia e ostinazione contro i fratelli e i colleghi sacerdoti in favore degli eretici è molto vero: resistere all'evidenza della verità, ( 2 Tm 3,8 ) non è andare contro gli altri, ma piuttosto contro se stessi. Ma dalle molte cose dette, appare chiaro e certo, io credo, che neppure la perversità degli eretici può violare il battesimo di Cristo, quando viene dato e ricevuto presso di loro. Ma se questo non è ancora certo, è almeno dubbio; e chiunque ricorda le cose dette e vi riflette, deve ammetterlo. Non è quindi ad una verità evidentissima che noi ci opponiamo ma, o lottiamo per una verità chiara, come io penso, o, come possono certamente credere quanti ritengono questa questione non ancora risolta, cerchiamo la verità. Perciò se la realtà è diversa da quella che diciamo noi, accogliamo le persone battezzate dagli eretici, con la stessa semplicità con cui le accoglievano quelli che, come Cipriano ha creduto, ottenevano il perdono grazie all'unità. Se invece il battesimo di Cristo, come dimostrano le molte cose già dette, può restare integro anche quando non è integra la vita e la fede né di quelli che sembrano dentro, ma non appartengono alle membra dell'unica colomba, ( Ct 6,8 ) né di quelli che non vi appartengono tanto chiaramente da esserne anche apertamente fuori, ne consegue che tutti quelli che allora lo ripetevano, meritavano, grazie alla carità dell'unità, lo stesso perdono che, secondo Cipriano, avevano meritato, grazie alla stessa carità, quelli che erano stati accolti, a suo dire, senza battesimo. Ma ora i Donatisti che si sono staccati dalla carità di questa unità senza alcun motivo - visto che i cattivi nell'unità non possono nuocere ai buoni, come mostra Cipriano - hanno perso ogni possibilità di perdono. Ed essi, che si sarebbero perduti per colpa del solo crimine dello scisma, anche se non avessero ribattezzato dopo la Cattolica di che grande supplizio si sono resi degni, o perché cercano di dare ai Cattolici, che lo hanno, ciò che, a detta di Cipriano, essi non hanno, o perché, come i fatti dimostrano, accusano la Cattolica di non avere ciò che anch'essi hanno. 4.4 - L'autorità di Cipriano non autorizza la separazione Ma poiché ora, come si diceva, abbiamo avviato un discorso con una lettera di Cipriano, ritengo che se egli fosse presente, non sarei considerato anche da lui, come uno che lotta con tenacia e con ostinazione contro i fratelli e i colleghi sacerdoti, e a favore degli eretici, quando comprendesse le molte e grandi ragioni che ci muovono a credere che anche negli eretici pervertiti nel loro maligno errore, può esservi il battesimo di Cristo che, in se stesso, è molto degno e santo. E poiché egli stesso dichiara - per noi la sua testimonianza ha un grande peso - che era questo il modo con cui, in passato, si usava ammetterli, ne consegue che chiunque, colpito dalle sue parole, non dubita che gli eretici vadano battezzati, quanti non sono ancora persuasi, per i molti argomenti contrari, egli li consideri tali e quali a quelli che, in passato, hanno accolto, semplicemente, i battezzati nell'eresia, correggendone solo l'errore, e con essi poterono essere salvati per il vincolo dell'unità. Chiunque, invece, persuaso dall'antica consuetudine della Chiesa, dalla successiva conferma del concilio plenario, dai tanti e autorevoli testi delle sante Scritture, dalle molte prove prese da Cipriano, e dalle limpide ragioni della verità, capisce che il battesimo di Cristo, consacrato dalle parole del Vangelo, non diventa perverso a causa della perversità dell'uomo, comprenda anche che, per lo stesso vincolo dell'unità, poterono salvarsi coloro che, fatta salva la carità, credettero diversamente. E perciò bisogna anche capire che nessuna paglia e nessuna zizzania avrebbe potuto macchiarli, se essi avessero voluto essere grano nella società della Chiesa diffusa in tutta la terra; e che quindi non c'era alcun motivo di separarsi dal vincolo dell'unità, quale che sia, delle due opinioni, quella vera: o quella di Cipriano o quella seguita da tutta la Cattolica, dalla quale egli non si separò: che quanti sono apertamente fuori nel pubblico sacrilegio dello scisma non possono salvarsi, e che tutto ciò che ricevono dai divini sacramenti e dalla generosità dell'unico legittimo Sposo, fin quando sono perversi, serve più per la loro confusione che per la loro salvezza. 5.5 - Il battesimo non va mai ripetuto Perciò anche se gli eretici, emendatisi dall'errore, volessero venire alla Chiesa, proprio perché credono di non avere il battesimo, se non ricevendolo nella Cattolica, neppure in questo caso dovremmo accondiscendere alla ripetizione del battesimo, ma piuttosto insegnare loro che se non vogliono emendarsi, né l'integrità del battesimo giova alla loro perversità, né il battesimo integro è stato profanato dalla loro perversità nel periodo in cui essi non hanno voluto emendarsi; e né, dato che vogliono correggersi, il battesimo diventa in essi migliore, ma che essi si allontanano dalla malignità, mentre incomincia a giovare per la salvezza, ciò che prima c'era per la rovina. Imparando queste cose, infatti, desidereranno la salvezza nell'unità cattolica, non considereranno come proprio ciò che è di Cristo, e il sacramento della verità, benché presente in loro, non lo mescoleranno con il proprio errore. 5.6 - Alcuni Donatisti hanno il terrore di essere ribattezzati A ciò si aggiunga che la gente, per una non so quale segreta ispirazione divina, tanto odia chi riceve per la seconda volta il battesimo già ricevuto altrove, che gli stessi eretici, nel discuterne, si passano la mano sulla fronte; e quasi tutti i loro fedeli, che sono invecchiati nella loro comunione e hanno concepito un'ostinata avversione per la Cattolica, ammettono che questa è l'unica cosa che presso di loro li amareggia. E molti che, per ottenere dei vantaggi terreni o evitare inconvenienti, desiderano passare da loro, brigano in segreto perché si conceda loro, quasi per un favore speciale e personale, di non essere ribattezzati; e alcuni, che pure credono a tutti gli altri loro sciocchi errori e alle false accuse contro la Chiesa cattolica, non si vogliono unire a loro, perché ne sono trattenuti unicamente dal timore di essere costretti a ribattezzarsi. Ora, proprio per paura di questo sentimento che invade pienamente quasi tutti gli spiriti, i Donatisti preferirono accettare il battesimo, dato dai Massimianisti che essi avevano condannato, e così tagliarsi piuttosto la lingua e otturarsi la bocca, anziché ribattezzare tanti uomini di Musti, di Assuri e di altre popolazioni che essi accolsero con Feliciano, Pretestato e con altri, da essi condannati e ad essi ritornati. 6.7 - C'è grande orrore per la ripetizione del battesimo In realtà, poiché questo avviene di rado e riguarda singoli casi distanti tra loro nello spazio e nel tempo, non se ne avverte tutto l'orrore. Ma se all'improvviso si riunissero tutti quelli che per lunghissimo tempo i Massimianisti hanno battezzato in imminente pericolo di morte o nelle solennità pasquali, e si dicesse loro di farsi ribattezzare perché il battesimo ricevuto nel sacrilegio dello scisma era nullo, certamente si direbbe ciò che l'ostinazione nell'errore li costringerebbe a dire, per poter coprire sotto un'ombra qualsiasi di falsa coerenza, il gelo e il ghiaccio della propria durezza, riparandoli dal calore della verità. Ma poiché essi non avrebbero potuto tollerarlo, e, ciò che avessero fatto a tanta gente non avrebbero potuto tollerarlo neppure gli autori, soprattutto perché avrebbero dovuto ribattezzare nel partito di Primiano, quelli stessi che avevano già battezzato nel partito di Massimiano, fu accettato il battesimo dei Massimianisti e distrutto l'orgoglio dei Donatisti. Ma essi non avrebbero mai scelto di far questo, se non avessero ritenuto che l'orrore della gente per la ripetizione del battesimo era maggiore della considerazione della difesa persa. Questo lo dico, non perché dobbiamo temere l'opinione della gente, se la verità ci obbligasse a ribattezzare quanti vengono dagli eretici, ma perché secondo san Cipriano gli eretici avrebbero potuto essere maggiormente costretti alla necessità di venire alla Cattolica, se fossero stati in essa ribattezzati. ecco perché ha voluto ricordare quanto sia grande l'orrore che la ripetizione del battesimo suscita in quasi tutti gli spiriti. Un orrore che oso credere ve lo abbia infuso per proteggere la Chiesa. 7.8 - Gli eretici posseggono il battesimo ma non rettamente né legittimamente Certamente, quando io esamino le parole di Cipriano, sono sollecitato a dire molte cose necessarie per dirimere questa questione. Egli ha detto: In effetti, se essi vedono che noi decidiamo e stabiliamo, secondo un nostro giudizio e una nostra opinione, di considerare giusto e legittimo il loro battesimo, crederanno di possedere giustamente e legittimamente anche la Chiesa e tutti gli altri suoi doni. Egli non dice: Crederanno di possedere i doni della Chiesa, ma di possederli giustamente e legittimamente. Ora che non posseggono il battesimo in modo giusto e legittimo, noi lo concediamo, ma che non lo posseggano affatto, non possiamo dirlo, poiché riconosciamo il sacramento del Signore consacrato con le parole del Vangelo. Dunque hanno il battesimo legittimo, ma non legittimamente. Chiunque infatti ha il battesimo nell'unità cattolica e vive in maniera degna di esso, lo ha legittimo e legittimante. Chiunque, invece, o lo ha nella Cattolica come paglia mischiata al frumento, o lo ha fuori di essa, come paglia sollevata dal vento, questi ha, sì, il battesimo legittimo, ma non in modo legittimo. Ciascuno infatti lo ha come lo usa. Ma non lo usa in modo legittimo, chi lo usa contro la legge come fa ogni battezzato che vive da malvagio, sia dentro che fuori la Chiesa. 8.9 - Anche del battesimo si può dire che è buono Perciò, come l'Apostolo ha detto della Legge: La Legge è buona se uno la usa in modo legittimo, ( 1 Tm 1,8 ) così noi possiamo giustamente dire del battesimo: Il battesimo è buono se lo si usa in modo legittimo. E come allora non rendevano buona, o rendevano addirittura inesistente la Legge, quanti non ne facevano un uso legittimo, così non rende assolutamente il battesimo invalido o non lo rende inesistente chiunque non ne fa un uso legittimo, solo perché vive nell'eresia o perché ha una condotta pessima. Ecco perché, quando si converte all'unità cattolica o ad una vita degna di un sacramento tanto grande, egli non comincia ad avere un secondo battesimo, quello legittimo, ma ha lo stesso in modo legittimo. E né al battesimo segue l'irrevocabile remissione dei peccati, se oltre che legittimo, non lo si ha anche legittimamente. Tuttavia, se non lo si ha legittimamente, e se i peccati non sono rimessi o, una volta rimessi, ritornano non per questo nel battezzato il sacramento del battesimo è cattivo o inesistente. Come Giuda, infatti, al quale il Signore porse il boccone, fece spazio dentro di sé al diavolo, ( Gv 13,27 ) non perché riceveva una cosa malvagia, ma perché la riceveva da malvagio, così chiunque riceve indegnamente il sacramento del Signore, non fa sì che, essendo egli cattivo, esso è cattivo, oppure, che non riceve niente, perché non lo riceve per la salvezza. Era Corpo e Sangue del Signore, infatti, malgrado tutto, anche per quelli ai quali l'Apostolo diceva: Chi mangia e beve indegnamente, mangia e beve la propria condanna. ( 1 Cor 11,29 ) Gli eretici, dunque, non cerchino nella Cattolica ciò che hanno, ma ciò che non hanno, cioè il fine della Legge, senza il quale si possono avere molti doni santi, ma non possono giovare. Ora, il fine della Legge è la carità che deriva da un cuore puro e da una coscienza monda e da una fede non falsa. ( 1 Tm 1,5 ) Quanto al sacramento del lavacro, non per averlo se già ne sono stati lavati, sia pure nell'eresia, ma per averlo in modo salutare, si affrettino a venire all'unità e alla verità della Cattolica. 9.10 - Il battesimo di Giovanni È ormai ora di vedere ciò che Cipriano dice sul battesimo di Giovanni Battista. Negli Atti degli Apostoli leggiamo ( At 19,3-5 ) che l'unico motivo per cui Paolo ha battezzato quelli che erano già stati battezzati col battesimo di Giovanni è perché il battesimo di Giovanni non era il battesimo di Cristo, ma un battesimo concesso da Cristo a Giovanni, che sarebbe stato propriamente detto di Giovanni, come lo stesso Giovanni dice: L'uomo non può ricevere alcunché che non gli sia dato dal cielo. ( Gv 3,27 ) Ma affinché non si credesse che egli lo aveva ricevuto solo dal Padre e non anche dal Figlio, parlando di Cristo stesso egli dice: E dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto. ( Gv 1,16 ) Ora Giovanni lo ha ricevuto in vista di un disegno prestabilito, e non perché durasse a lungo, ma solo il tempo sufficiente a preparare la via del Signore, del quale egli doveva essere il precursore. Preparandosi ad entrare con umiltà in questa via e a condurre alla perfezione quanti lo seguono con umiltà, il Signore come lavò i piedi ai suoi servi, ( Gv 13,4-5 ) così volle essere lavato con il battesimo di un suo servo. ( Mt 3,13 ) Come infatti si inginocchiò ai piedi di quelli di cui era maestro, così si sottomise al dono che egli stesso aveva dato a Giovanni, perché tutti capissero che grande sacrilegio di superbia avrebbe commesso chi avesse disprezzato il battesimo che doveva ricevere dal Signore, visto che proprio il Signore aveva ricevuto dal servo ciò che gli aveva dato lui, perché questi potesse darlo come proprio. E poiché Giovanni, di cui, tra i nati di donna, ( Mt 11,11 ) non è sorto nessuno più grande, aveva reso a Cristo una testimonianza così autorevole, da riconoscersi indegno di scioglierli i legacci dei suoi calzari, ( Gv 1,27 ) Cristo, ricevendo il suo battesimo, sarebbe stato considerato il più umile tra gli uomini, e abolendo il suo battesimo sarebbe stato creduto come il Dio Altissimo: nello stesso tempo dottore di umiltà e datore di grandezza. 9.11 - Ancora sul battesimo di Giovanni A nessun profeta, infatti, a nessun uomo è stato mai concesso, stando alle Scritture divine, di battezzare nell'acqua della penitenza per la remissione dei peccati. ( Mt 3,11 ) Questo è stato concesso a Giovanni, perché, attirando su di sé, con questo grande dono, gli animi dei popoli, potesse preparare in essi la via ( Mt 11,10 ) a Colui che egli annunciava come molto più grande di sé. Ma mentre il Signore Gesù Cristo purifica la Chiesa con un battesimo tale che, una volta ricevuto, non ne richiede un altro, Giovanni battezzava con un battesimo tale che, una volta ricevuto, avrebbe necessariamente richiesto anche il battesimo del Signore e non certo per ripetere quello di Giovanni, ma perché, a quanti avevano ricevuto il battesimo di Giovanni, fosse dato anche il battesimo di Cristo, di cui Giovanni preparava la via. Se infatti non ci fosse stato bisogno di raccomandare l'umiltà di Cristo, non ci sarebbe stato neppure bisogno del battesimo di Giovanni. Inoltre, se Giovanni fosse stato il fine della legge, non c'era bisogno, dopo il battesimo di Giovanni, del battesimo di Cristo. Ma poiché il fine della Legge è Cristo, perché sia data la giustizia ad ogni credente, ( Rm 10,4 ) egli indicò che si doveva andare da lui e che, quando si è arrivati a lui, si resta con lui. E così Giovanni ha proclamato sia la sublimità del Signore, poiché lo ha di gran lunga anteposto a sé, sia la sua umiltà, perché lo ha battezzato come fosse l'ultimo. Ma se Giovanni avesse battezzato Cristo soltanto, lo si sarebbe considerato dispensatore di un battesimo migliore - dato che con esso era stato battezzato solo Cristo - di quello di Cristo stesso, con il quale vengono battezzati i cristiani. E ancora: se fosse necessario battezzare tutti prima col battesimo di Giovanni e poi con quello di Cristo, si potrebbe credere, a buon diritto, che il battesimo di Cristo è meno completo e meno perfetto e che esso non basterebbe alla salvezza. Ecco perché, il Signore, da una parte è stato battezzato col battesimo di Giovanni, per piegare le orgogliose cervici degli uomini al suo battesimo salutare e, dall'altra, non è stato il solo ad essere battezzato con quel battesimo, per non far vedere che questo battesimo era superiore, proprio perché egli era stato l'unico degno di essere battezzato. E d'altra parte, egli non permise che esso restasse a lungo, perché non si pensasse questo unico con cui egli battezza, richiedesse l'altro che lo aveva preceduto. 10.12 - Se il battesimo di Giovanni rimette i peccati Pongo, pertanto, una questione: se con il battesimo di Giovanni si rimettevano i peccati, che cosa ha potuto donare in più il battesimo di Cristo a quelli che l'apostolo Paolo ha imposto di farsi battezzare col battesimo di Cristo, dopo il battesimo di Giovanni? ( At 19,3-5 ) Se invece con il battesimo di Giovanni i peccati non si rimettevano, erano forse migliori di Giovanni, al tempo di Cipriano, quelli che rapivano i fondi con astuta frode, come egli dice, che, raddoppiando le usure, accrescevano il capitale, e che tuttavia, se battezzavano, operavano la remissione dei peccati? Oppure si operava perché li abbracciava l'unità della Chiesa? E che? Non era nell'unità Giovanni, questo amico dello Sposo, ( Gv 3,29 ) precursore della via del Signore e battezzatore del Signore in persona? Chi è così pazzo da dirlo? Di conseguenza, benché io creda che Giovanni abbia battezzato nell'acqua della penitenza ( Mt 3,11 ) per la remissione dei peccati, in modo che ai suoi battezzati erano rimessi i peccati nella speranza, di fatto è nel battesimo del Signore che essa avveniva; come la resurrezione che si attende alla fine è avvenuta in noi nella speranza. L'Apostolo lo dice: Egli ci ha risuscitati con lui e ci ha fatto sedere nei cieli con lui; ( Ef 2,6 ) e ancora: È nella speranza che siamo stati salvati. ( Rm 8,24 ) In effetti, sebbene Giovanni stesso dica: Io vi battezzo con l'acqua della penitenza per la remissione dei peccati, ( Mt 3,11 ) vedendo il Signore dice: Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo. ( Gv 1,29 ) Tuttavia, perché nessuno sostenga che anche col battesimo di Giovanni si rimettevano i peccati, e che è solo una santificazione più completa che è stata concessa, col battesimo di Cristo, a quelli ai quali Paolo ordinò di farsi ribattezzare, contro questa opinione non mi accanisco. 11.13 - Perché dopo Giovanni si è battezzato e perché … Dobbiamo infatti esaminare un problema che riguarda in modo particolare la nostra questione: quale che sia la natura del battesimo di Giovanni, poiché è evidente che esso appartiene all'unità di Cristo, perché dopo Giovanni, che era santo, si dovette battezzare e dopo i vescovi avari, no? Di sicuro nessuno nega che nel campo del Signore Giovanni era il buon grano e, se non si può dire di più, quello che produce il cento per uno; così nessuno dubita che l'avarizia, che è idolatria, ( Col 3,5 ) nella messe del Signore è considerata paglia. Perché, allora, dopo il frumento si battezza e dopo la paglia non si battezza? Ora, se Paolo ha battezzato dopo Giovanni, perché era migliore di Giovanni, perché Cipriano non ha battezzato dopo i suoi colleghi usurai, dei quali era incomparabilmente migliore? E se Cipriano non ha battezzato dopo tali colleghi, in quanto essi erano con lui nell'unità, neppure Paolo avrebbe dovuto battezzare dopo Giovanni, perché stavano nella stessa unità. Oppure gli ingannatori e i rapaci appartengono all'unica colomba, ( Ct 6,8 ) mentre non vi appartiene colui al quale si manifestò la potenza del Signore Gesù Cristo mediante lo Spirito Santo disceso in forma di colomba? ( Mt 3,16; Gv 1,33 ) Tutt'altro: Giovanni vi appartiene intimamente, questi malvagi, invece, che dovranno essere separati dal frumento in occasione di qualche scandalo o nell'ultima vagliatura, non vi appartengono affatto. Eppure dopo Giovanni si è battezzato e dopo costoro non si battezza. E per qual motivo, se non perché il battesimo, che Paolo ordinò loro di ricevere non era quello dato da Giovanni? Ne consegue che anche nell'unità della Chiesa, il battesimo di Cristo, sia pure dato da un ministro usuraio, non si può ripetere; quanto al battesimo di Giovanni, anche quelli che lo ricevevano da Giovanni in persona, dovevano poi battezzarsi col battesimo di Cristo. 12.14 - … dopo Cristo non si battezza Del resto, anche io potrei, prendendo sempre le parole del beato Cipriano, volgere l'attenzione degli ascoltatori ad una specie di miracolo, se dicessi: Giovanni, ritenuto il più grande dei profeti; Giovanni, ripieno della grazia di Dio fin dal seno materno; Giovanni, sorretto dallo spirito e dalla virtù di Elia; che non è stato avversario del Signore, ma suo precursore e annunciatore; che ha annunciato il Signore non solo con le parole, ma lo ha mostrato allo sguardo; che ha battezzato quel Cristo, nel cui nome vengono battezzati gli altri, non ha meritato di battezzare in modo che non fosse necessario battezzare nuovamente, dopo di lui, quanti erano stati battezzati da lui, e dopo gli avari, gli ingannatori, i rapaci e gli usurai, nessuno penserà che bisogna battezzare qualcuno nella Chiesa? Non è forse vero che, quando io faccio questa osservazione cattiva, mi si risponde: Perché la credi una cosa indegna, come se Giovanni è stato disonorato e l'avaro onorato? Del resto non c'era da ripetere il battesimo di Colui del quale proprio Giovanni dice: Questi è Colui che battezza nello Spirito Santo. ( Gv 1,33 ) Infatti, qualunque ministro lo impartisca, il battesimo è sempre di Colui del quale è stato detto: Questi è Colui che battezza. Ma neppure il battesimo di Giovanni è stato ripetuto, quando l'apostolo Paolo ha ordinato a quanti erano stati battezzati da Giovanni, di farsi battezzare in Cristo. In realtà, essi dovettero ricevere dallo Sposo stesso, ciò che non avevano ricevuto dall'amico dello Sposo, ( Gv 3,29 ) di cui il suo amico aveva detto: Questi è Colui che battezza nello Spirito Santo. 13.15 - Sul battesimo di Cristo In realtà, se il Signore Gesù avesse voluto, avrebbe potuto dare il potere sul suo battesimo a uno o ad alcuni dei suoi servi più autorevoli, che già aveva resi suoi amici e ai quali ha detto: Non vi chiamerò più servi, ma amici, ( Gv 15,15 ) di modo che, come Aronne era stato indicato sacerdote ( Nm 17,8 ) con una verga fiorita, così nella sua Chiesa, dove sono avvenuti molti e più grandi miracoli, sarebbero stati indicati, per mezzo di un segno, i ministri dotati di più eccelsa santità e i dispensatori dei misteri; e questi soltanto avrebbero dovuto battezzare. Ma se lo avesse fatto, benché conferitogli dal Signore, il battesimo sarebbe stato considerato di quei servi, come l'altro di Giovanni. Perciò, Paolo ringrazia il Signore di non avere battezzato nessuno di quelli che, avendo dimenticato, diciamo così, il nome nel quale erano stati battezzati, si dividevano sui nomi degli uomini. ( 1 Cor 1,12-15 ) In effetti, poiché il battesimo dato da un ministro spregevole, vale tanto quanto quello dato da un apostolo, si ammette, di conseguenza, che esso non è né dell'uno e né dell'altro, ma di Cristo. Questo, Giovanni attesta di averlo appreso, per quanto riguarda il Signore, per mezzo dell'apparizione della colomba. In effetti io non vedo proprio in quale altro senso egli ha detto: E io non lo conoscevo. ( Gv 1,33 ) Se infatti non lo avesse mai conosciuto, non gli avrebbe detto, vedendolo venire al suo battesimo: Sono io che devo essere battezzato da te. ( Mt 3,14 ) Che senso ha, allora, questo suo discorso: Ho visto lo Spirito scendere dal cielo come una colomba e fermarsi su di lui. E io non lo conoscevo, ma chi mi ha mandato a battezzare nell'acqua, mi disse: Colui sul quale vedrai discendere dal cielo lo Spirito e fermarsi su di lui, quegli è colui che battezza nello Spirito Santo? ( Gv 1,32-33 ) Certamente la colomba era discesa sul battezzato. Ora, mentre egli veniva a farsi battezzare, Giovanni gli aveva detto: Sono io che devo essere battezzato da te. ( Mt 3,14 ) Dunque, già lo conosceva. Che cosa vuol dire, allora: Io non lo conoscevo, ma Colui che mi mandò a battezzare in acqua, mi disse: Colui sul quale vedrai scendere lo Spirito dal cielo e posarsi su di lui, questi è Colui che battezza nello Spirito Santo, ( Gv 1,33 ) dato che è successo dopo che è stato battezzato se non che, in un senso lo conosceva e nell'altro non lo conosceva? Egli conosceva, è evidente, lo Sposo, il Figlio di Dio, dalla cui pienezza tutti avrebbero ricevuto; ( Gv 1,16 ) ma poiché da questa pienezza egli aveva ricevuto il potere di battezzare, tanto che il suo si sarebbe chiamato battesimo di Giovanni, egli non sapeva se poi il Signore lo avrebbe dato anche agli altri, oppure ne avrebbe avuto uno tutto suo, ma tale che chiunque lo avesse dato, o un ministro di grazia più elevata o uno di grazia meno elevata, o un ministro che produce il centuplo o il sessanta o il trenta; o il frumento o la paglia, riconoscessero tutti che esso non era altro che di Cristo. Questo, Giovanni lo ha appreso dallo Spirito disceso nella forma di una colomba e posatosi su Cristo. 14.16 - Se si può battezzare dopo gli eretici Quindi, noi troviamo che gli Apostoli hanno detto: La mia gloria, ( 1 Cor 9,15 ) naturalmente, nel Signore, e: Il mio ministero, ( Rm 11,13 ) la mia prudenza, ( Ef 3,4 ) il mio Vangelo, ( 2 Tm 2,8 ) naturalmente conferito e donato dal Signore, mentre non troviamo che un Apostolo abbia mai detto: Il mio battesimo. La gloria, infatti, non è uguale in tutti, e non tutti amministrano in modo uguale e non tutti sono dotati di uguale prudenza. Ma anche nell'evangelizzare c'è chi opera bene e chi meno bene, e quindi si può dire che, anche nella dottrina della salvezza, c'è chi è più dotto e chi lo è meno. Viceversa non si può dire che uno sia battezzato di più e un altro di meno, non importa se egli è stato battezzato da uno inferiore o da uno superiore. Inoltre, poiché sono ben note le opere della carne, cioè: le fornicazioni, le immondezze, le lussurie, le idolatrie, i venefici, le inimicizie, le contese, le emulazioni, le animosità, i dissensi, le eresie, le invidie, le ubriachezze, le ingordigie ed altre simili, ( Gal 5,19-21 ) se ci stupiamo a sentir dire: Dopo Giovanni si è battezzato e dopo gli eretici non si è battezzato, perché non stupirsi a sentir dire: Dopo Giovanni si è battezzato e dopo gli invidiosi no, se è vero che proprio Cipriano, nella lettera Sulla gelosia e l'invidia, attesta che gli invidiosi sono partigiani del diavolo? E che nella Chiesa gli invidiosi sono stati annunciatori di Cristo fin dal tempo degli Apostoli, non lo rivela proprio Cipriano, citando l'apostolo Paolo, come noi abbiamo già dimostrato? 15.17 - Sul battesimo di Giovanni Che dunque il battesimo di Giovanni non era uguale al battesimo di Cristo, credo di averlo chiarito abbastanza. Ne consegue che non è possibile trarre da esso nessuna prova per sostenere che dopo gli eretici bisogna battezzare, poiché dopo Giovanni si è battezzato, dato che Giovanni non era un eretico e che se ha potuto avere un battesimo che, datogli da Cristo, anche se non era quello di Cristo, è perché aveva la carità di Cristo. Ma neppure si può trarre la prova per sostenere che l'eretico può avere il battesimo di Cristo e la perversità del diavolo, così come, nella Chiesa, si può avere il battesimo di Cristo e la gelosia del diavolo. 15.18 - Segue l'argomentazione di Agostino " A più forte ragione infatti bisogna battezzare l'eretico, dato che Giovanni non era un eretico, eppure dopo di lui si è battezzato ". " Già - potrebbe dire un altro - a maggior ragione dopo l'ubriaco bisogna battezzare, visto che Giovanni era sobrio, eppure dopo di lui si è battezzato ". E che risposta gli daremo? Non l'abbiamo. Salvo a dire che ai battezzati da Giovanni è stato dato il battesimo di Cristo, che essi non avevano; in quelli, invece, in cui c'è il battesimo di Cristo, quali che siano le loro perversità, non si può fare in modo che non vi sia il battesimo di Cristo. 15.19 - Giovanni ricevette da Cristo ciò che donò Non è vero, quindi, che l'eretico ha potuto ottenere un diritto sul battesimo, perché ha battezzato per primo, ma perché ha battezzato con un battesimo non suo. Ma anche se non ha avuto il diritto di battezzare, tuttavia ciò che ha dato è di Cristo e ciò che ha ricevuto è di Cristo. Molte cose, infatti, si danno contro il diritto, ma non per questo si considerano o nulle o non date. In effetti, neanche chi rinuncia al secolo a parole e non a fatti riceve legittimamente il battesimo, eppure lo riceve. E che questa gente sia anche nella Chiesa, Cipriano lo ricorda per i suoi tempi e noi lo esperimentiamo e ne gemiamo. 15.20 - Può il battesimo essere separato dalla Chiesa? Sorprende poi sentir dire che battesimo e Chiesa non possono assolutamente trovarsi separati e divisi tra di loro. Se infatti il battesimo rimane nel battezzato, senza che possa separarsene, perché un battezzato si può separare dalla Chiesa e il battesimo no? Ora, che nel battezzato il battesimo rimane per quanto l'abisso della sua cattiveria e la voragine dei peccati, in cui precipita, possano essere profondi, fino alla rovina dell'apostasia, egli non è senza battesimo, e per questo a chi fa penitenza e ritorna, esso non viene ridato perché si giudica che non poteva esserne privo. Ora, che un battezzato possa separarsi dalla Chiesa, chi può dubitarne? Veramente è da qui che sono uscite tutte le eresie che, sotto l'appellativo cristiano, ingannano la gente. 16.20 - Risposta alla domanda Quindi, se è evidente che nel battezzato c'è il battesimo, quando un battezzato si separa dalla Chiesa, è certo che il battesimo che è in lui si separa con lui. Di conseguenza, non tutti quelli che hanno il battesimo, hanno anche la Chiesa, come non tutti quelli che hanno la Chiesa, hanno anche la vita eterna. Ora, se noi diciamo che non hanno la Chiesa se non quelli che osservano i comandamenti di Dio, ammettiamo che vi sono molti, che hanno il battesimo e non hanno la Chiesa. 16.21 - L'eretico non possiede la primogenitura sul battesimo Perciò non è l'eretico il primo a possedere il battesimo; egli infatti lo ha ricevuto dalla Chiesa e non ha potuto perderlo separandosene e benché noi diciamo che egli non ha più la Chiesa, ammettiamo, tuttavia che ha il battesimo. Così, non rinuncia alla primogenitura, per attribuirla all'eretico, chi dice che l'eretico ha portato con sé ciò che non darà legittimamente, anche se ciò che dà è legittimo, e ciò che non ha legittimamente, anche se ciò che ha è legittimo. Ora, la primogenitura consiste solo nella condotta santa e nella vita buona, e ne partecipano tutti quelli dai quali è formata, come da membra, la Sposa senza macchia né ruga, ( Ef 5,27 ) cioè la colomba ( Ct 6,8 ) che geme la malvagità in mezzo a molti corvi. A meno che, visto che Esaù perse la primogenitura per la voglia di lenticchie, ( Gen 25,29-34 ) non si debbano considerare possessori della primogenitura gli ingannatori, i rapaci, gli usurai, i gelosi, gli ubriaconi ed altri malvagi come quelli che erano nella Chiesa di allora, e che Cipriano deplorò nei suoi scritti. Di conseguenza, o avere la Chiesa non equivale a possedere la primogenitura nelle cose divine o, se chiunque ha la Chiesa possiede anche la primogenitura non hanno la Chiesa tutti gli iniqui che sembrano dentro e che, come nessuno di noi nega, hanno e danno il battesimo. In effetti, chi oserebbe dire che essi hanno la primogenitura sui misteri divini, se non chi non ha nessun senso del divino? 17.22 - La finale della lettera di Cipriano Dopo avere esaminati e discussi tutti gli aspetti della lettera di Cipriano, siamo ormai arrivati alle pacifiche parole poste come conclusione. Parole che non mi sazio di leggere e di ripetere spesso, tanta è la piacevolezza dell'amore fraterno che ne esala e la dolcezza della loro esuberante carità! Egli dice: Eccoti la nostra breve risposta, fratello carissimo, secondo la nostra piccolezza: noi non ci opponiamo a nessuno, né vogliamo impedire pregiudizialmente a ciascun vescovo di fare ciò che crede, in quanto ciascuno dispone della piena libertà di decisione. Noi, per quanto possiamo, per colpa degli eretici non intendiamo litigare coi nostri colleghi vescovi, con i quali desideriamo mantenere la concordia e la pace del Signore, soprattutto perché l'Apostolo dice: " Se poi qualcuno pensa di essere litigioso, noi questa abitudine non l'abbiamo, e neanche la Chiesa di Dio ". ( 1 Cor 11,16 ) Conserviamo, quindi, con pazienza e dolcezza, la carità dei cuori, la dignità del collegio, il vincolo della fede, la concordia del sacerdozio. Proprio per questo abbiamo scritto anche un opuscolo su Il bene della pazienza, nei limiti della nostra mediocrità e col beneplacito e ispirazione del Signore. Te lo inviamo come segno di reciproco affetto. 17.23 - Elogi a Cipriano Ci sono molte considerazioni da fare su queste parole, nelle quali risplende il fulgore della cristiana carità di un uomo che ha amato la bellezza della casa del Signore e il luogo del suo santuario! ( Sal 26,8 ) Primo, che egli non ha nascosto il suo pensiero; poi, che ha usato espressioni molto miti e pacifiche; che ha mantenuto la pace della Chiesa con quanti divergevano dalle sue idee; che ha capito che nel vincolo dell'unità c'è tanta salute; che ha amato e custodito con saggezza solo l'unità; che ha visto e capito che anche i sostenitori dell'idea contraria possono, salvando la carità, dissentire: in effetti, non avrebbe detto di voler conservare la concordia divina e la pace del Signore con i malvagi. In verità, un uomo buono può avere uno spirito di pace verso i cattivi, ma non può mantenere con essi la pace che essi stessi non mantengono. E infine, che non ostacolando e non impedendo a ciascun vescovo di agire come credeva, in quanto ciascuno ha piena libertà di decisione, ha dato anche a noi tutti la possibilità di discutere serenamente questi argomenti con lui. Egli infatti è tra di noi non solo con i suoi scritti, ma anche con quella virtù che in lui ebbe il massimo vigore e non poté mai morire, la carità. Ora io, desiderando unirmi a lui ed essere con lui una sola cosa, se non ne sarò ostacolato dall'incoerenza dei miei peccati; sostenuto dalle sue preghiere, imparerò dai suoi scritti, se ci riesco, con quanta pace e conforto il Signore ha retto, per mezzo di lui, la sua Chiesa; e, rivestito di sentimenti di umiltà per la commozione suscitata in me dal suo discorso, anche se insieme al mondo so che la mia idea è più vera, non anteporrò il mio cuore al suo neppure sulla questione in cui egli, pur avendo una opinione diversa, non si è separato dal mondo. Più spiccata certamente fu in lui la forza della virtù - visto che questa questione, non ancora discussa, restava ancora sospesa -, e che egli, che pure aveva un'opinione diversa da molti colleghi, conservò tanto equilibrio da non rompere con il crimine di uno scisma la santa società della Chiesa di Dio. Certo, molto più grande che se egli avesse avuto tutte le idee, non solo vere, ma anche uguali agli altri, senza la carità. E né io gli farei piacere se, il suo ingegno, la potenza della sua parola e la ricchezza della sua dottrina, cercassi di anteporli al santo concilio di tutte le nazioni, al quale egli ha senz'altro partecipato nell'unità spirituale, soprattutto ora che vive in quella luce di verità, dove contempla con tutta certezza la verità che quaggiù cercava con grande pace. Dall'abbondanza di questa luce, infatti, egli sorride di questi, che a noi sembrano discorsi, come di balbettii di bambini. Là vede di quale regola di pietà ha avuto bisogno quaggiù, perché niente gli fosse più caro dell'unità nella Chiesa. Là contempla con indicibile diletto, quanto sia provvidenziale e misericordioso il disegno con cui il Signore ha scelto le cose stolte del mondo, per guarire le nostre ferite, per confondere i sapienti; ( 1 Cor 1,27 ) e per collocare negli ordini della sua Chiesa tutti i membri con grande sapienza, così che gli uomini non potessero dire che è stato per il loro ingegno e per la loro scienza, che ancora non sapevano da chi l'avevano avuta in dono, che sono stati scelti come collaboratori al suo Vangelo, e quindi non si gonfiassero di pestifera superbia. Oh! come gioisce Cipriano, con quanta più serenità egli contempla in quella luce, che per la piena salvezza dell'umanità è stato stabilito che vi siano degli errori che si possono giustamente criticare; anche se essi si trovano negli scritti pii e cristiani degli oratori, ma non in quelli dei pescatori! Io, della gioia di quest'anima santa, ho la totale certezza; e non oso assolutamente pensare né dire che i miei scritti siano esenti da ogni errore. E né al suo parere, per cui credette che quanti venivano dagli eretici dovessero essere accolti in modo diverso da come si accoglievano in passato, come egli attesta, o da come si accolgono ora, secondo la ragionevole consuetudine, confermata da un concilio plenario di tutto il mondo cristiano, io antepongo un mio parere, ma quello della santa Chiesa cattolica, che egli tanto amò e predilesse; nella quale portò con pazienza una grande quantità di frutti; della quale non seguì la consuetudine universale, ma rimase nella sua universalità; di cui non abbandonò mai la radice, ma, pur essendo già fruttuoso, fu potato dal celeste agricoltore perché lo fosse di più; ( Gv 15,1 ) per la cui pace e salvezza, onde evitare che con la zizzania si sradicasse anche il frumento, da una parte redarguì con la libertà della verità i molti mali di quelli che stavano con lui nell'unità, e dall'altra li sopportò con la virtù della carità. 18.24 - Morti all'esterno e all'interno Perciò egli stesso ci insegna, con grande eloquenza, che molti uomini, morti nei loro delitti e nei loro peccati, benché non appartenenti alla società di Cristo, né alle membra dell'unica colomba ( Ct 6,8 ) innocente e semplice - che se fosse solo essa a battezzare, gli altri certamente non potrebbero battezzare - in apparenza sembrano dentro, vi si battezzano e battezzano; e che in loro, benché morti, vive però il battesimo di Colui che più non muore e che la morte più non dominerà. ( Rm 6,9 ) Ora, visto che anche nella Chiesa vi sono dei morti, e non nascosti - in effetti Cipriano non ne avrebbe parlato tanto -, e che essi non fanno parte della colomba viva o non vi fanno ancora parte; e visto che fuori vi sono dei morti che ancora più chiaramente non vi appartengono o ancora non vi appartengono, e che nessun uomo può ricevere la vita da uno che non l'ha, è evidente che quanti, nella Chiesa, si fanno battezzare da questi morti, se si accostano al battesimo con una sincera conversione del cuore, ricevono la vita da colui al quale appartiene il battesimo. Se invece rinunciano al mondo a parole e non a fatti come quelli che, testimone Cipriano, sono anche nella Chiesa, non ricevono la vita neppure loro, se non si convertono. Eppure hanno il vero battesimo, anche se non si convertono. Quindi anche i morti che si trovano fuori della Chiesa, benché non abbiano né diano la vita, hanno però il battesimo vivo, che giova alla loro vita solo se si convertono alla pace. Anche questo è evidente. 19.25 - Se le antiche eresie ribattezzevano Perciò, quelli che allora accoglievano gli eretici provenienti dalle eresie con lo stesso battesimo di Cristo che avevano ricevuto fuori, e che dicevano di seguire l'antica consuetudine, la stessa che segue oggi la Chiesa, era inutile contraddirli dicendo loro che nell'antichità, le eresie e scismi erano ancora agli inizi, e quindi non si trovavano quelli che si allontanavano dalla Chiesa, dove erano stati prima battezzati, per cui, una volta tornati e fatta penitenza, ci fosse bisogno di battezzarli. Appena infatti nasceva un'eresia e usciva dalla società della comunione cattolica, non dico il giorno dopo, ma addirittura lo stesso giorno, poteva battezzare quanti ad essa accorrevano. Quindi, se anticamente si usava accogliere in questo modo ( e non sono riusciti a negarlo neanche i suoi oppositori ), nessun osservatore un po' più attento potrà dubitare che così siano stati accolti anche i battezzati fuori nelle eresie. 19.26 - Chi è una pecora smarrita Io non vedo per quale motivo non si considera ancora pecora smarrita, chi, in cerca della cristiana salvezza, ha avuto la disavventura di imbattersi nell'errore degli eretici e vi è stato battezzato, e si considera pecora adulta, nella Cattolica, chi ha rinunciato al mondo solo a parole e non a fatti e, con animo falso, vi ha ricevuto il battesimo. Ora egli non diventa pecora, se non quando si converte a Dio con cuore sincero; e come questi non diventa pecora quando si fa battezzare, se già era battezzato, ma ancora non era pecora, così anche uno che viene dagli eretici per diventare pecora, non lo si deve battezzare, se già aveva ricevuto, presso di loro, lo stesso battesimo, benché non fosse ancora una pecora. Perciò, se tutti i malvagi, gli avari, i gelosi, gli ubriaconi che sono anche nella Chiesa, e tutti quelli che conducono una vita contraria alla disciplina cristiana, li possiamo giustamente chiamare menzogneri, tenebrosi, morti e anticristi, è forse vero che essi non battezzano poiché non può esserci niente in comune tra la menzogna e la verità, ( 2 Cor 6,14 ) le tenebre e la luce, la morte e l'immortalità, l'anticristo e Cristo? 19.27 - Nessun peccato rende perverso il sacramento Quindi, non si fonda solo sulla consuetudine, ma anche sulle ragioni della verità, chi dice che il sacramento di Dio, riconosciuto anche nei perversi, non lo rende perverso nessuna umana perversità. Chiarissimo l'apostolo Giovanni: Chi odia il proprio fratello è ancora nelle tenebre, ( 1 Gv 2,9 ) e anche: Chi odia il proprio fratello è un omicida. ( 1 Gv 3,15 ) Perché battezza, nella Chiesa, questa gente piena di odio maligno, come ci ricorda Cipriano? 20.27 - Come può purificare e santificare l'acqua, un omicida? Come possono benedire l'olio, le tenebre? Se invece Dio è presente nei suoi sacramenti e nelle sue parole, indipendentemente da chi li amministra, i sacramenti di Dio sono ovunque legittimi; i malvagi, invece, ai quali essi non giovano a niente, sono ovunque perversi. 20.28 - Se l'eretico battezzato appartiene alla Chiesa Ma che razza di idea è quella di credere che l'eretico non ha il battesimo, perché non ha la Chiesa? Si sa che quando lo si battezza, gli si fanno domande anche sulla santa Chiesa. Come se il cristiano, che nella Chiesa rinuncia al secolo, non con i fatti ma con le parole, nel battesimo non venisse interrogato anche su questo. Ora, come la sua falsa risposta non rende inesistente il battesimo che riceve, cosi la falsa risposta dell'eretico sulla santa Chiesa, non invalida il battesimo che riceve. E come al primo, se in seguito mette in pratica ciò di cui ha dato una risposta sbagliata, non si ripete il battesimo, ma gli si corregge la vita; così al secondo, se in seguito viene alla Chiesa, sulla quale era stato interrogato e aveva dato una risposta errata, poiché credeva di averla, mentre non l'aveva, gli si dà la Chiesa che non aveva, ma non si ripete il battesimo che aveva. Come mai poi al suono delle parole pronunciate da un omicida Dio può santificare l'olio, mentre i doni che gli eretici hanno deposto sull'altare non li può santificare, io non lo so. A meno che, ciò che nella Chiesa il cuore di un falso convertito non impedisce, lo impedisce una tavola posta fuori della Chiesa con inganno e cioè, che Dio si degni essere presente nei suoi sacramenti, in quanto non glielo impedisce nessuna umana falsità. Se dunque questo testo del Vangelo: Dio non ascolta il peccatore, vuol dire che un peccatore non può celebrare i sacramenti, come può Dio, esaudire le invocazioni di un omicida sull'acqua del battesimo, sull'olio, sull'Eucaristia o sulle teste di quelli ai quali impone le mani? Eppure tutto ciò si fa ed è valido, anche se lo fanno degli omicidi, cioè quelli che odiano i fratelli, anche dentro la Chiesa stessa. Ora, se nessuno può dare ciò che non ha come può un omicida dare lo Spirito Santo? Eppure anche lui, nella Chiesa, battezza. È Dio, dunque, che dona lo Spirito Santo, anche se battezza un omicida. 21.29 - Il caso di chi, per errore, riceve il battesimo da un eretico Cipriano poi dice: Va battezzato e rinnovato chi viene alla Chiesa, perché vi sia santificato mediante i suoi santi. Ma che farà costui, se anche in essa si imbatte in persone non sante? O forse è santo l'omicida? E se egli si fa battezzare nella Chiesa proprio per deporre il peccato di un uomo che, mentre viene a Dio e cerca un sacerdote, ingannato dall'errore si imbatte in un sacrilego, dove andrà poi a deporlo, se anche nella Chiesa stessa gli capita che, mentre cerca un uomo di Dio, ingannato dall'errore, s'imbatté in un omicida? Se nell'uomo non possono esservi cose valide e non valide, perché in un omicida può esservi un sacramento santo e un cuore non santo? Se chi non può dare lo Spirito Santo, non può neppure battezzare, perché battezza, nella Chiesa, l'omicida? E come può, un omicida, avere lo Spirito Santo, se chiunque ha lo Spirito Santo è nella luce, mentre chi odia il suo fratello è ancora nelle tenebre? ( Gv 2,9 ) E se c'è un solo battesimo e un solo spirito, e quindi non possono avere quest'unico battesimo quelli che non hanno il solo Spirito, perché, nella Chiesa, l'innocente e l'omicida hanno l'unico battesimo e non hanno l'unico Spirito? Di conseguenza: l'eretico e il cattolico possono avere l'unico battesimo e non avere l'unica Chiesa, così come, nella Cattolica, l'innocente e l'omicida possono avere l'unico battesimo e non avere l'unico Spirito, poiché come vi è un solo battesimo, così vi è un solo Spirito e una sola Chiesa. Pertanto, in ciascun uomo va riconosciuto ciò che ha, e gli va dato ciò che non ha. Ora, se davanti al Signore non può essere valido e sicuro niente di ciò che fanno quelli che il Signore considera suoi nemici e avversari, come può essere sicuro il battesimo che danno gli omicidi? Oppure i nemici e gli avversari del Signore non li consideriamo omicidi? Ma chi odia il proprio fratello è omicida. ( 1 Gv 3,15 ) E allora come potevano battezzare quelli che odiavano Paolo, servo di Gesù Cristo e che, di riflesso, odiavano anche Gesù, poiché fu lui a dire a Paolo: Perché mi perseguiti? ( At 9,4 ) quando questi perseguitava i suoi servi, e alla fine egli stesso dice: Quello che non avete fatto ad uno solo di questi più piccoli, non lo avete fatto a me? ( Mt 25,45 ) Sì, è vero che tutti quelli che escono da noi non sono dei nostri, ma non tutti quelli che restano con noi sono dei nostri. Proprio come l'aia durante la trebbiatura: tutto ciò che se ne vola via non è frumento, ma non tutto ciò che vi resta è frumento. Ecco perché Giovanni dice: Sono usciti via da noi, ma non erano dei nostri; se infatti fossero stati dei nostri, sarebbero certamente rimasti con noi. ( 1 Gv 2,19 ) Perciò, mentre il sacramento della grazia Dio lo dà anche mediante i malvagi, la grazia la dà solo di persona o mediante i suoi santi, e quindi, la remissione dei peccati la dona o di persona o mediante quelle membra della colomba, alle quali ha detto: A chi li rimetterete, saranno rimessi, e a chi li riterrete, saranno ritenuti. ( Gv 20,23 ) Quanto al battesimo, che è un sacramento della remissione dei peccati, non c'è nessun dubbio che possono averlo anche gli omicidi che sono ancora nelle tenebre, in quanto nel loro cuore non è stato espulso l'odio fraterno, sia che i loro peccati non siano stati rimessi, poiché essi si sono fatti battezzare senza avere rinnovato il cuore, sia che, rimessi, siano subito ritornati, noi riconosciamo che esso è santo in sé, perché è di Dio; e sia che lo danno o lo ricevono i perversi, nessuna loro perversità può violarlo, né dentro né fuori la Chiesa. 22.30 - Gli eretici possono battezzare, ma non rimettere i peccati Siamo inoltre d'accordo con Cipriano che gli eretici non possono dare la remissione dei peccati, ma possono dare il battesimo; e che esso serve alla rovina di quanti lo danno e di quanti lo ricevono, perché usano male un grande dono di Dio. Così pure i maligni e i gelosi che sono nella Chiesa, come attesta Cipriano: essi non possono dare la remissione dei peccati, mentre, che possono dare il battesimo, tutti lo ammettiamo. Se infatti di coloro che peccano contro di noi è stato detto: Se non perdonerete agli uomini i loro peccati, neanche il Padre vostro vi perdonerà i vostri peccati, ( Mt 6,15 ) quanto più non potranno essere rimessi i peccati a quelli che odiano i fratelli, dai quali sono amati e che si fanno battezzare con l'odio nel cuore? Ad essi, tuttavia, se in seguito si correggono, non si ridà il battesimo, ma, dopo una sincera conversione, si concede il perdono che prima non furono degni di ricevere! Per questo motivo, sia la lettera di Cipriano a Quinto, come quella scritta insieme ai suoi colleghi Liberale, Caldonio, Giunio e altri, e inviata a Saturnino, Massimo e ad altri, esaminate bene, non vanno assolutamente citate come testi contrari al consenso di tutta la Chiesa cattolica, di cui essi si rallegravano di essere membra, e da cui non si separarono loro e non tollerarono che ne fossero recisi i dissenzienti, fino a che un concilio plenario, per volontà del Signore, facesse risplendere, sia pure dopo molti anni, la soluzione più giusta, non per avere istituita una novità, ma rafforzata la consuetudine antica. 23.31 - Il comportamento del papa Stefano Su questa faccenda, Cipriano ha scritto una lettera anche a Pompeio, dove rivela apertamente che Stefano il quale, come sappiamo, era allora vescovo della Chiesa di Roma, non solo non condivise la sua opinione, ma che scrisse e ordinò tutto il contrario. Certo non si può dire che Stefano è stato complice degli eretici, perché non ha osato disapprovare in essi il battesimo di Cristo ed ha riconosciuto che, pur nella loro perversità, esso era rimasto integro. In effetti, se quanti hanno un concetto distorto di Dio non hanno il battesimo, e che questa situazione si può incontrare anche nella Chiesa io credo di averne parlato già abbastanza. Ora, su questo gli Apostoli non hanno dato ordini, è vero, ma c'è da credere che la consuetudine, che veniva opposta a Cipriano, abbia avuto inizio dalla loro tradizione, come molte altre, del resto, che la Chiesa universale conserva e che, per questo, si ha motivo di credere che siano stati gli Apostoli ad ordinarle, sebbene non si trovino scritte. 23.32 - Gli eretici si condannano da loro stessi Ma degli eretici è stato scritto che si sono condannati da se stessi. E allora? E non si sono condannati da se stessi, coloro ai quali l'Apostolo ha detto: In ciò che tu giudichi un altro, condanni te stesso? ( Rm 2,1 ) Ed ha aggiunto: Tu che predichi di non rubare, rubi ( Rm 2,21 ) ecc. E tali certamente erano quelli che, pur essendo vescovi e pur trovandosi con Cipriano nell'unità cattolica, rapivano i terreni con insidiosi raggiri, mentre predicavano al popolo con le parole dell'Apostolo: Né i rapaci possederanno il regno di Dio. ( 1 Cor 6,10 ) 23.33 - Il battesimo è comune ai falsi e veri cristiani. Non così la carità Perciò le altre dichiarazioni di questa lettera a Pompeio non esiterò a ripercorrerle brevemente, seguendo gli stessi criteri. Che sia contro un comandamento di Dio non battezzare quanti vengono dagli eretici, se già vi hanno ricevuto il battesimo di Cristo, in quale autorità delle sante Scritture si dimostra? Ma certamente vi si dimostra chiaramente che molti pseudocristiani, pur non avendo la carità dei santi, senza la quale a nulla giovano tutte le cose sante che si possono avere, hanno il battesimo in comune con i santi e lo abbiamo già dimostrato molto ampiamente. Chiesa, Spirito e battesimo, egli ha detto, non possono dividersi tra di loro, e quindi quelli che si sono separati dalla Chiesa e dallo Spirito Santo, si devono considerare secondo lui separati anche dal battesimo. Ma se è così, quando uno ha ricevuto il battesimo nella Chiesa cattolica, esso resta in lui fino a che egli stesso rimane nella Chiesa; ma se se ne separa si separa anche dal battesimo. Il che non è vero. In effetti, se esso non si ridà a chi ritorna, è perché, andandosene, non lo ha perso. Ora, come lo Spirito Santo lo hanno i figli prediletti e non lo hanno i figli cattivi, i quali, tuttavia, hanno il battesimo, così la Chiesa l'hanno i Cattolici e non l'hanno gli eretici i quali, tuttavia, hanno il battesimo. In effetti, lo Spirito Santo che ammaestra fuggirà colui che è falso, ( Sap 1,5 ) e tuttavia non lo fuggirà il battesimo. Quindi, come il battesimo può stare anche là, da dove lo Spirito Santo si allontana, così il battesimo può stare anche là dove non c'è la Chiesa. Quanto invece all'imposizione della mano, se non si praticasse a chi viene dall'eresia, lo si giudicherebbe come se fosse immune da ogni colpa. Ora, per creare l'unione della carità, che è il dono più grande dello Spirito Santo, senza il quale tutti gli altri santi doni presenti nell'uomo non sono efficaci per la salvezza, sugli eretici convertiti si impone la mano. 24.34 - I peccatori hanno il battesimo, ma non lo Spirito Santo Sul tempio di Dio, e sul modo di interpretare il testo: Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo, ( Gal 3,27 ) mi ricordo di avere già discusso a lungo. Gli avari non sono tempio di Dio, poiché sta scritto: Quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli? ( 2 Cor 6,16 ) E per sostenere che l'avarizia è una idolatria, Cipriano cita il testo di Paolo. Ora gli uomini si rivestono di Cristo in due modi: talora giungendo fino a ricevere il sacramento, talora fino alla santità della vita. Ma mentre il primo modo può essere comune ai buoni e ai cattivi, il secondo è proprio dei buoni e dei pii. Perciò, se il battesimo non può esserci senza lo Spirito, lo Spirito lo hanno anche gli eretici, ma per la rovina e non per la salvezza, come lo ebbe Saul. ( 1 Sam 19,23 ) In effetti, è in virtù del nome di Cristo e nello Spirito Santo, che si scacciano i demoni e poteva farlo anche quel tale che stava fuori della Chiesa e di cui i discepoli riferirono al Signore, ( Mc 9,37 ) e possono farlo anche come lo hanno gli avari, che però non sono tempio di Dio. Infatti: Quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli? ( 2 Cor 6,16 ) Ma se gli avari non hanno lo Spirito di Dio, e ciò non ostante hanno il battesimo, il battesimo può esserci senza lo Spirito. 24.35 - Se l'eresia può generare figli di Dio Se l'eresia non può generare figli a Dio per mezzo di Cristo, perché essa non è la Sposa di Cristo, non può farlo neppure la folla di cattivi che stanno nella Chiesa, poiché neppure essa è la Sposa di Cristo. La Sposa di Cristo, infatti, viene dipinta senza macchia, né ruga. ( Ef 5,27 ) Dunque, o non tutti i battezzati sono figli di Dio, oppure, anche colei che non è la Sposa può generare figli di Dio. Ora, come si cerca di sapere se è nato spiritualmente colui che ha ricevuto il battesimo di Cristo presso gli eretici, così si può cercare di sapere se è nato spiritualmente colui che ha ricevuto il battesimo di Cristo nella Cattolica, senza essersi convertito a Dio con cuore sincero; però, non per questo non ha ricevuto il battesimo. 25.36 - Nella disputa con Stefano prevalse la pace di Cristo Sulle parole che Cipriano, irritato, rivolse contro Stefano, non voglio più tornare, perché non è necessario. Si finisce col dire cose già trattate ampiamente, per cui è preferibile passar sopra a ciò che ha rischiato di creare uno scisma rovinoso. Stefano, infatti, aveva anche pensato di scomunicare coloro che cercavano di sradicare l'antica consuetudine sull'accoglienza degli eretici; Cipriano, invece, spinto dalla difficoltà della questione, e tutto ricolmo di santi sentimenti di carità, aveva creduto di dover restare nell'unità con coloro che divergevano dalle sue idee. Così, benché si fosse indignato profondamente, ma fraternamente, nei loro cuori prevalse la pace di Cristo, perché questa disputa non facesse sorgere tra di loro nessun malvagio scisma. Ora, non è da qui che crebbero tanto le eresie e gli scismi: che negli eretici si approva ciò che è di Cristo e si riprova ciò che è loro. In effetti, sono stati piuttosto quelli che osservavano la legge della ripetizione del battesimo a dividersi in molti pezzi. 26.37 - Bisogna sempre obbedire alla dottrina degli Apostoli In realtà quando dice: Un vescovo deve essere docile ( 2 Tm 2,24 ) e aggiunge: È docile chi è mite e dolce nella costanza di imparare. I vescovi, infatti, hanno il dovere non solo di insegnare, ma anche di imparare, perché il vescovo che insegna meglio è quello che cresce e progredisce ogni giorno imparando cose migliori, con queste parole, questo uomo santo e pieno di santa carità, ci mostra chiaramente che non dobbiamo temere di leggere i suoi scritti, senza mettere in dubbio ciò che la Chiesa ha trovato più tardi, dopo numerose e frequenti ricerche, ed ha confermato. Se infatti erano molte le verità che il dotto Cipriano insegnava, ve n'era qualcuna che il docile Cipriano imparava. Quanto poi alla sua esortazione di ricorrere alla fonte, cioè alla tradizione Apostolica, e da qui, tracciando un solco, arrivare fino ai nostri giorni, è ottima e da seguire senza esitazione. Ci è stato trasmesso, dagli Apostoli, egli precisa, che vi è un solo Dio, un solo Cristo, una sola speranza, una sola fede, una sola Chiesa e un solo battesimo. Ora, poiché troviamo che fin dai tempi degli Apostoli, alcuni non avevano una sola speranza, ma avevano un solo battesimo, da questa sorgente è derivata fino a noi la verità, e così ci appare che è possibile che, pur essendovi una sola Chiesa, come una sola speranza e un solo battesimo, quest'unico battesimo lo abbiano anche quelli che non hanno una sola Chiesa, allo stesso modo poté succedere, allora, che avessero un solo battesimo, anche quelli che non avevano una sola speranza. Come potevano avere, infatti, una sola speranza con i santi e con i giusti, quelli che dicevano: Mangiamo e beviamo, domani moriamo, ( 1 Cor 15,32 ) e sostenevano che non c'era resurrezione dei morti? Eppure, tra essi c'erano quelli ai quali l'Apostolo dice: È stato forse crocifisso per voi Paolo? O è nel nome di Paolo che siete stati battezzati? ( 1 Cor 1,13 ) È ad essi, infatti, che egli scrive molto esplicitamente: Come possono dire alcuni tra voi che non esiste la resurrezione dei morti? ( 1 Cor 15,12 ) 27.38 - La Chiesa nel Cantico dei Cantici Quanto troviamo scritto nel Cantico dei Cantici in questi termini: Giardino chiuso tu sei, sorella mia sposa, fontana sigillata, pozzo d'acqua viva, paradiso con frutti dei suoi alberi, io non oso pensarlo se non nei santi e nei giusti; e non certo negli avari, negli ingannatori, nei rapaci, negli usurai, negli ubriachi e nei gelosi, che pure avevano il battesimo in comune con i giusti, ma senza avere in comune la carità: lo impariamo con grande eloquenza dagli scritti di Cipriano e lo insegniamo. Mi si dica, in effetti, come si sono introdotti nel giardino chiuso e nella fontana sigillata, quelli che rinunciavano al mondo solo a parole e non a fatti e che, come attesta Cipriano, stavano dentro? Se anch'essi, infatti, sono dentro, anche essi sono Sposa di Cristo. Ma è proprio questa, la Sposa senza macchia e senza ruga, ( Ef 5,27 ) e la bella colomba ( Ct 2,10.13.14 ) è forse deturpata da questa porzione dei suoi membri? Oppure queste sono le spine, tra le quali essa si eleva come un giglio, come si dice nel Cantico? ( Ct 2,2 ) Intanto essa è giglio in quanto è giardino chiuso e fontana sigillata: naturalmente in quei giusti che sono Giudei nell'intimo per la circoncisione del cuore ( Rm 2,29 ) - tutta la bellezza della figlia del re, infatti, è dentro ( Sal 45,14 ) -, e che formano il numero definito di santi, predestinato prima della creazione del mondo. La moltitudine delle spine invece, formata dagli scismi nascosti e palesi, risiede fuori, in sovrannumero. Sta scritto infatti: L'ho annunciato e l'ho proclamato: si sono moltiplicati in sovrannumero. ( Sal 40,6 ) Ora, questo numero dei giusti, che Dio ha chiamati secondo il suo disegno, ( Rm 8,28 ) e dei quali è stato detto: Il Signore sa chi sono i suoi, ( 2 Tm 2,19 ) è esso il giardino chiuso, la fontana sigillata, il pozzo d'acqua viva, il paradiso con frutti dei propri alberi. ( Ct 4,12.13 ) E di questo numero, alcuni vivono la vita dello Spirito e percorrono la via sovraeminente della carità ( Ef 3,19 ) e, mentre istruiscono con spirito di dolcezza un uomo sorpreso nella colpa, stanno attenti a non cadere essi stessi nella tentazione; ( Gal 6,1 ) e se per caso anche essi vengono sorpresi, in loro il sentimento della carità si attenua un poco, ma non si estingue; anzi, ravvivandosi e infiammandosi di nuovo, riprende l'antico ritmo. Sanno infatti dire: La mia anima si è addormentata nel disgusto: fortificami nelle tue parole. ( Sal 19,28 ) E quando hanno qualche idea discorde, poiché perseverano nell'ardore della carità e non rompono il vincolo della pace, Dio li illuminerà. ( Fil 3,15 ) Alcuni poi, ancora carnali e naturali, si impegnano con forza nei loro progressi e, per diventare idonei a ricevere il cibo degli spirituali, si nutrono del latte dei santi misteri, evitano, per timore di Dio, quei comportamenti che il giudizio comune ritiene corrotti, e stanno molto attenti ad essere sempre meno attratti dai piaceri terreni e temporali; e dopo aver cercato con cura la regola della fede, la osservano con grande fermezza; e se in qualche punto se ne allontanano, l'autorità cattolica li corregge immediatamente, anche se nei loro discorsi, a causa della sensibilità della carne, fluttuano ancora vari incontri di fantasmi. Vi sono alcuni, in questo numero, che vivono ancora nell'iniquità o giacciono nelle eresie e nelle superstizioni dei Gentili; e tuttavia anche tra essi il Signore sa chi sono i suoi. In effetti, nella ineffabile prescienza di Dio, molti, che sembrano fuori, sono dentro, e molti, che sembrano dentro, sono fuori. Ora, è di tutti questi che stanno nella Chiesa, diciamo così, nel loro intimo e in segreto, che è formato il giardino chiuso, la fontana sigillata, il pozzo d'acqua viva, il paradiso coi frutti dei propri alberi. ( Ct 4,12.13 ) Questi, dei doni concessi loro da Dio, una parte ne hanno in esclusiva, come l'instancabile carità nel presente e la vita eterna in futuro, e una parte ne hanno in comune con i cattivi e i perversi, come tutti gli altri doni, tra i quali i sacrosanti misteri. 28.39 - L'arca di Noè simbolo del battesimo Ora, tutto questo ci propone una riflessione più facile e più agevole su quell'arca, di cui Noè fu costruttore e nocchiere. ( Gen 6.7 ) Dice infatti Pietro: Nell'arca di Noè, poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell'acqua. Così anche voi, è il battesimo, di cui l'arca è figura, che vi salva; esso non è rimozione delle sporcizie della carne, ma invocazione della buona coscienza. Perciò se, nell'unità cattolica si trovano battezzati che rinunciano al mondo solo a parole e non a fatti, come possono appartenere al mistero di questa arca, essi che non hanno l'invocazione della buona coscienza? O, come possono essere fatti salvi, per mezzo dell'acqua, quelli che, usando male il santo battesimo, anche se sembrano dentro, perseverano fino alla fine della vita in una condotta scandalosa e corrotta? O, come vengono salvati per mezzo dell'acqua, quelli che in passato sono stati accolti nella Chiesa, semplicemente, con il battesimo ricevuto nell'eresia, come lo stesso Cipriano ricorda? Certamente a salvarli è stata quella stessa unità dell'arca, nella quale nessuno si è salvato, se non per mezzo dell'acqua. Cipriano infatti dice: Il Signore può, nella sua misericordia, concedere il perdono e non escludere dai benefici della sua Chiesa, quelli che sono stati semplicemente ammessi alla Chiesa e sono morti nella Chiesa. Ma se non per mezzo dell'acqua, come nell'arca? E se non nell'arca, come nella Chiesa? E se nella Chiesa, certamente nell'arca; e se nell'arca, certamente per mezzo dell'acqua. Può succedere, quindi, che alcuni, battezzati fuori la Chiesa, grazie alla prescienza di Dio, siano considerati con più verità battezzati dentro, perché è qui che l'acqua comincia a giovare loro per la salvezza - non possono dire, infatti, di essere stati salvati nell'arca, se non per mezzo dell'acqua - e che altri, che sembravano battezzati dentro, dalla stessa prescienza di Dio siano considerati, con più verità, battezzati fuori: usando male del battesimo, infatti, muoiono a causa dell'acqua. Il che, nel diluvio, capitò solo a chi rimase fuori dell'arca. Una cosa, certo, è evidente: la frase dentro e fuori la Chiesa va intesa con il cuore e non con il corpo, visto che tutti quelli che sono dentro con il cuore, sono salvati nell'unità dell'Arca per mezzo della stessa acqua; tutti quelli che sono fuori con il cuore, siano essi fuori anche col corpo oppure no, in quanto nemici dell'unità muoiono. Quindi, come non è stata un'acqua diversa, ma la stessa acqua, a salvare quelli che erano nell'arca e a far perire quelli che erano fuori, così, non con un altro battesimo ma con lo stesso, sono salvati i buoni cattolici e fatti perire i cattivi cattolici o gli eretici. Quale sia il pensiero del beatissimo Cipriano sulla Cattolica, e come la sua autorità annienti totalmente gli eretici, benché ne abbia parlato a lungo, ho deciso di trattarne un po' più diffusamente ed esplicitamente a parte, se il Signore vuole, quando avrò prima detto del suo concilio, ciò che io penso di dover dire. Ma questo, se Dio vuole, lo intraprenderò nel libro seguente. Libro VI 1.1 - Il già detto fin qui potrebbe bastare Forse potrebbe bastare. Dopo avere ripetuto tante volte le nostre ragioni; averle trattate, esaminate e discusse sotto molti aspetti; addotto prove dalle divine Scritture e citato, a nostro favore, tanti testi dello stesso Cipriano, credo che anche i più tardi di mente capiscano che il battesimo di Cristo non può violarlo nessuna perversità dell'uomo, né di chi lo dà, né di chi lo riceve. Ora, quando la questione dell'utile consuetudine era oggetto di vivaci discussioni, fatta salva la carità e l'unità, per nessun altro motivo alcuni pontefici di Cristo, anche uomini illustri, tra i quali spiccava soprattutto il beato Cipriano, credettero che il battesimo di Cristo non poteva trovarsi tra gli eretici e gli scismatici, se non perché non distinguevano il sacramento dall'effetto o dal frutto del sacramento. E poiché il suo effetto e il suo uso per la liberazione dai peccati e la rettitudine del cuore, non si trovavano presso gli eretici, si credeva che non vi fosse neppure il sacramento. Ma quanti volsero lo sguardo alla quantità di paglia nella Chiesa, videro chiaramente che neppure i perversi e i deviati presenti nell'unità, possono dare e avere la remissione dei peccati, poiché non ai figli cattivi, ma a quelli buoni, è stato detto: A chi rimetterete i peccati saranno rimessi, e a chi li riterrete saranno ritenuti, ( Gv 20,23 ) eppure essi hanno, danno e ricevono il sacramento del battesimo. Così apparve chiaro ai pastori della Chiesa cattolica diffusa in tutto il mondo, che in seguito confermarono la primitiva consuetudine con l'autorità di un concilio plenario, che anche una pecora che errava fuori della Chiesa, e che, fuori di essa, aveva ricevuto dai suoi predatori il carattere del Signore, venendo alla salvezza dell'unità cristiana, era corretta dall'errore, liberata dalla prigionia e guarita dalla ferita; e tuttavia in essa il carattere del Signore era riconosciuto, anziché disapprovato. Questo carattere, infatti, lo imprimono molti lupi ai lupi, che sembrano, sì, dentro, eppure essi non appartengono a quella pecora che, sebbene formata da molte membra, è sempre una. Lo dimostrano i frutti della loro cattiva condotta, nella quale perseverano sino alla fine. Nella prescienza di Dio, infatti, come vi sono molte pecore che errano al di fuori, così vi sono molti lupi che insidiano al di dentro. Tra essi, tuttavia, il Signore sa chi sono i suoi: ( 2 Tm 2,19 ) quelli che non ascoltano altra voce che quella del Pastore, anche quando le chiama tramite uomini simili ai Farisei, dei quali è stato detto: Quello che dicono, fatelo. ( Mt 23,3 ) 1.2 - Cipriano è come una vigna Come l'uomo spirituale, infatti, che possiede il fine della Legge, ( 1 Tm 1,5 ) cioè la carità che deriva da un cuore puro, da una coscienza retta e da una fede non falsa, può, a causa del corpo che ancora si corrompe e appesantisce lo spirito, ( Sap 9,15 ) vedere con minore chiarezza e avere un'idea diversa della verità che Dio rivelerà, quando vorrà, a chi resta nella carità, ( Fil 3,15 ) così, l'uomo carnale e perverso può avere una cosa buona e utile, che gli viene da altri e non da lui. E come in un ramo fruttuoso si trova qualcosa da potare perché porti più frutto, ( Gv 15,2 ) così anche da una canna sterile e secca può pendere, sia pure legata, dell'uva. Ecco perché, come è stolto amare i sarmenti recisi da un ramo fruttuoso, è un bene non rifiutare i frutti saporiti, ovunque siano appesi; così, chiunque, staccatosi dall'unità, ribattezza, giustificandosi che Cipriano ha creduto che quanti venivano dagli eretici dovessero essere battezzati, in questo santo combatte ciò che va lodato e segue ciò che va corretto. In realtà, non pratica neppure ciò che segue. Mentre Cipriano infatti detestava, per amore di Dio, i separati dall'unità, e perciò ritenne che essi erano separati anche dal battesimo, i Donatisti, invece, che giudicano un piccolo crimine la separazione dall'unità di Cristo, sostengono che in essa il battesimo di Cristo non c'è, ma che è uscito con loro. Sono così lontani dalla fecondità di Cipriano, da non essere equiparati neppure ai suoi sarmenti! 2.3 - Cipriano non ebbe chiara tutta la verità, ma fu vigoroso nella carità Così chi, non possedendo la carità e percorrendo le vie dissolute di corrotti costumi, sembra dentro, benché sia fuori, e non ripete il battesimo di Cristo agli eretici, alla sua sterilità non porta alcun rimedio il fatto di non essere fecondo di un frutto suo, ma carico di un frutto altrui. Ora, può succedere che uno cresca vigoroso sulla radice della carità e che, sulla questione in cui Cipriano aveva un'idea distorta, l'abbia molto giusta, e che, ciò non ostante, in Cipriano vi siano molti più rami fecondi che in lui, e che in lui vi siano molti più rami da purificare che in Cipriano. Noi quindi non solo evitiamo di fare un paragone tra il beato Cipriano e i cattolici cattivi, ma non mettiamo facilmente neppure i buoni cattolici, sullo stesso piano di un uomo che la santa Madre Chiesa annovera tra i pochi e rari personaggi ricchi di grazia eccelsa, quantunque questi riconoscano il battesimo di Cristo anche presso gli eretici, mentre egli è stato di parere diverso, affinché, tramite lui, che non ebbe una visione chiara della verità e che però rimase ben saldo nell'unità, gli eretici potessero vedere chiaramente quale grande crimine era stato rompere il vincolo della pace. Del resto, neppure i ciechi Farisei, che pure in qualche caso dicevano ciò che si doveva fare, erano da paragonare all'apostolo Pietro, che pure, in qualche caso, aveva detto ciò che non si doveva fare. E non solo non bisogna confrontare l'aridità dei Giudei alla fecondità di Pietro, ma neppure considerare uguale il frutto di altri alla sua fecondità. Certo, nessuno oggi obbliga i Gentili a giudaizzarsi, ( Gal 2,14 ) ma non per questo, oggi, un uomo, quale che sia il suo progresso spirituale, va paragonato all'apostolato di Pietro. Perciò, pur rendendo a Cipriano il debito rispetto e, per quanto possiamo, tributando il giusto onore a questo vescovo pacifico e martire glorioso, oso dire che sul battesimo degli scismatici e degli eretici, la sua opinione fu diversa dalla verità scoperta più tardi; e questa non è una opinione mia, ma di tutta la Chiesa, rafforzata e confermata dall'autorità di un concilio plenario. Ugualmente, pur avendo grande venerazione per i meriti di Pietro, il primo degli Apostoli e il più insigne di tutti i martiri, oso dire che non fece bene a obbligare i Gentili a giudaizzarsi. Anche qui io non esprimo un giudizio mio, ma riporto l'insegnamento salutare dell'apostolo Paolo, conservato e osservato in tutta la Chiesa. 2.4 - Il battesimo è in se stesso santo sia nei buoni che nei cattivi Discutendo quindi dell'opinione di Cipriano, io, che pure sono molto inferiore ai meriti di Cipriano, affermo che il sacramento del battesimo possono averlo, darlo e riceverlo i buoni e i cattivi: i buoni a loro utilità e salvezza, i cattivi a loro danno e condanna, benché esso sia, in entrambi, ugualmente integro. E affermo che agli effetti di questa uguale integrità in tutti, non conta niente quanto sia più cattivo, chi lo ha tra i cattivi, né quanto sia più buono, chi lo ha tra i buoni; e quindi, non conta neppure niente quanto sia peggiore o migliore chi lo trasmette e, di conseguenza, quanto sia peggiore o migliore chi lo riceve. Il sacramento, infatti, e in quelli che non sono ugualmente giusti e in quelli che non sono ugualmente ingiusti, è in se stesso sempre santo. 3.5 - I cattivi hanno il battesimo ma non fanno parte della colomba casta, della Sposa senza macchia Ora, che il battesimo lo abbiano, lo diano e lo ricevano i malvagi che non hanno mai migliorato la loro vita, noi lo abbiamo dimostrato chiaramente, ritengo, sia dalle Scritture canoniche che dalle lettere di Cipriano. E che essi non appartengono alla santa Chiesa di Dio, anche se sembrano dentro, lo dimostra chiaramente il fatto, che sono avari, rapaci, usurai, invidiosi, malevoli, e altre cose simili; mentre la Chiesa è la colomba unica, ( Ct 6,8 ) pudica e casta, la Sposa senza macchia, né ruga, ( Ef 5,27 ) il giardino chiuso, la fonte sigillata, il paradiso coi frutti degli alberi, e altre cose simili. ( Ct 4,12-13 ) Il che non si intende se non nei buoni, nei santi e nei giusti, cioè, non solo in quelli che hanno lo Spirito Santo per compiere le operazioni dei doni, comuni ai buoni e ai cattivi, ma anche in quelli nei quali egli infonde l'intima e sovraeminente carità ( Ef 3,19 ) e ai quali il Signore dice: A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi li riterrete saranno ritenuti. ( Gv 20,23 ) 4.6 - La perversità del ministro del battesimo non ne ostacola gli effetti di santità E quindi non è bene dire perché un malvagio non può trasmettere il battesimo, lui che può averlo, e come lo ha per la sua rovina, così lo trasmette per la rovina, non già perché trasmette una cosa cattiva e né perché è cattivo chi la trasmette, ma perché la trasmette ad un cattivo. In verità, quando un malvagio lo trasmette ad un uomo buono, cioè ad uno che si è convertito al vincolo dell'unità con una sincera conversione, tra il sacramento buono che si trasmette e il fedele buono a cui si trasmette, la malvagità di chi lo trasmette viene superata. E quando si rimettono i peccati ad un uomo che si è convertito sinceramente a Dio, glieli rimettono coloro ai quali li unisce questa sincera conversione. Veramente, glieli rimette lo Spirito Santo, dato a tutti i santi uniti a Lui con la carità, o che si conoscano o che non si conoscano fisicamente. Similmente, quando si ritengono i peccati ad un uomo, glieli ritengono certamente coloro dai quali egli si separa con una vita diversa e con l'apostasia del cuore corrotto, sia che lo conoscano fisicamente e sia che non lo conoscano. 5.7 - Anche chi è separato può dare e ricevere il battesimo Tutti i cattivi, quindi, sono spiritualmente separati dai buoni; se poi se ne separano anche fisicamente con un aperto scisma, diventano peggiori. Ma con la santità del battesimo, come si è detto, non c'entra niente quanto sia più cattivo colui che lo ha, e quanto lo sia colui a cui lo trasmette. Egli però può trasmetterlo da separato, come può averlo da separato; ma come lo ha per la rovina, così lo trasmette per la rovina. Colui al quale viene trasmesso, invece, può riceverlo per la salvezza, se lo riceve non da separato, come accadeva a molti che, senza allontanarsi con lo spirito e il cuore cattolico dall'unità della pace, in punto di morte s'imbattevano in un eretico e da lui ricevevano il battesimo di Cristo, senza accettarne la perversità e che, o morti o guariti, non restavano con quelli presso i quali non erano mai passati col cuore. Se poi anch'egli lo riceve da separato, il danno che subisce è tanto più grande, quanto più santo è ciò che egli non riceve bene; e nel separato esso causa tanto più danno, quanto più avrebbe potuto essergli utile alla salvezza, se fosse stato unito. Ecco perché, se egli, emendatosi della sua perversità e allontanatosi dallo scisma, viene alla pace cattolica, è per lo stesso battesimo che aveva ricevuto, che gli sono rimessi i peccati, grazie al vincolo della carità, per il quale gli erano ritenuti, a causa dello scisma sacrilego. Nell'uomo giusto e nell'ingiusto, infatti, esso è sempre santo, poiché non cresce per la giustizia dell'uno, né diminuisce per l'ingiustizia dell'altro. 5.8 - Il pensiero dei vescovi nel concilio del 256 sull'opinione di Cipriano Ma se questa è la realtà, in che offusca questa limpida verità, il fatto che molti vescovi si dissero d'accordo con l'opinione di Cipriano ed espressero le loro, tutte coincidenti con la sua? Esse non fanno meglio rifulgere la carità di quest'uomo verso l'unità di Cristo? Se infatti egli fosse stato il solo a pensarla così, senza alcun sostenitore, si sarebbe creduto che si raffreddasse nei riguardi del crimine dello scisma, proprio perché non trovava alleati nell'errore. Ma che egli, pur con tanti sostenitori, sia rimasto nell'unità con gli altri che erano di parere contrario, significa che conservò il vincolo santissimo dell'universalità cattolica, non per timore della solitudine, ma per amore della pace. Dopodiché potrebbe sembrare superfluo esaminare uno a uno i pareri degli altri vescovi del concilio. Ma poiché i più lenti di mente non credono che noi abbiamo risposto, se di fronte ad un passaggio dei discorso non vi trovano la risposta, data altrove e applicabile anche in questo caso, è meglio che, leggendo molto, si logorino per affinarsi, piuttosto che, comprendendo poco, si lamentino per essere rimproverati. 6.9 - La dichiarazione fatta da Cipriano Quindi, innanzitutto citiamo di nuovo, per esaminarla, la consultazione di Cipriano, da cui traspare la sua anima candida e traboccante di grande carità e da cui il concilio stesso è partito. Eccola: Avete ascoltato, colleghi dilettissimi, quanto mi ha scritto il nostro collega vescovo Giubaiano, per consultare la nostra pochezza, sull'illecito ed empio battesimo degli eretici, e quanto io gli ho risposto, per ribadire il concetto espresso molte altre volte, e cioè, che gli eretici che vengono alla Chiesa, bisogna battezzarli e santificarli con il battesimo della Chiesa. Inoltre, vi è stata letta anche un'altra lettera di Giubaiano, nella quale egli, dimostrando sincera e religiosa devozione verso di noi, non solo condivide la nostra opinione, rispondendo alla nostra lettera, ma ringrazia anche delle istruzioni ricevute. Non ci resta che esprimere, su questa questione, le nostre personali opinioni, senza giudicare nessuno o allontanare dal diritto della comunione chi ne avesse di contrarie. Nessuno di noi, infatti, si costituisce vescovo dei vescovi, o usa il terrore dei tiranni per indurre i suoi colleghi all'obbedienza, poiché ogni vescovo possiede, grazie alla sua personale libertà e potestà, una propria opinione; e come non può essere giudicato da un altro vescovo, così neanche può giudicare gli altri. Ma restiamo tutti in attesa del giudizio del Signore nostro Gesù Cristo, che, solo, può preporci a capo del governo della Chiesa e giudicare il nostro agire. 7.10 - I vescovi avevano opinioni diverse ma restarono tutti nell'unità Abbiamo discusso già abbastanza, almeno credo, nei libri precedenti, non solo sulla lettera che Cipriano ha scritto a Giubaiano, ma anche su quella inviata a Quinto, su quella inviata insieme ad alcuni colleghi ad altri colleghi, e su quella a Pompeio in favore, per quanto abbiamo potuto, dell'universalità del consenso cattolico e del concilio, nella cui unità tutti loro restarono come membra vive. Perciò sembra ormai opportuno esaminare, singolarmente, anche gli altri pareri, con quella libertà che Cipriano non ci ha tolta, dicendo: Senza giudicare nessuno, né allontanare dal diritto della comunione chi fosse di parere contrario. Ora, che egli non ha detto questo per estrarre dal loro intimo i pensieri nascosti dei colleghi, e carpirli con tale assicurazione, ma solo perché amava veramente la pace e l'unità, lo si vede molto facilmente in altri brani simili delle lettere inviate a singoli destinatari, come, per esempio, a Giubaiano: Eccoti in breve, fratello carissimo, la nostra risposta, data secondo la nostra pochezza: noi non ci opponiamo o impediamo che ciascun vescovo si regoli come crede, poiché ciascuno gode piena libertà di scelta. E per evitare che qualcuno, in forza di questa libertà, avesse la sua idea ma pensasse di essere cacciato dalla società con gli altri, egli continua dicendo: Per quanto è in noi, non ci mettiamo a litigare, a causa degli eretici, con i nostri colleghi vescovi con i quali conserviamo la divina concordia e la pace del Signore. E poco dopo: Si conservi, quindi, con pazienza e mitezza, la carità dello spirito, l'onore del collegio, il vincolo della fede, la concordia del sacerdozio. Così, anche nella lettera a Magno: richiesto se tra il battesimo per immersione e quello per infusione, ci fosse una differenza, risponde: In questa faccenda, la nostra verecondia e modestia non impediscono a nessuno di pensare ciò che crede e di fare ciò che pensa. Da questo discorso appare chiaro che queste questioni le trattavano in un periodo in cui, anche quelle non ancora chiarite, si accettavano senza esitazione, ma essendo ancora oscure si cercavano con grande impegno. Noi, dunque, sulla necessità di riconoscere ovunque la semplicità del battesimo, seguendo la consuetudine della Chiesa universale, rafforzata anche dai concili universali; dopo aver attinta anche maggiore fiducia dalle parole di Cipriano, che fin da allora mi concedevano, salvo il diritto della comunione, di avere idee diverse; dopo aver preferita e apprezzata l'unità che il beato Cipriano e i suoi colleghi, che fecero il concilio, mantennero con quanti erano di diverso parere; dopo aver respinte e demolite le sediziose calunnie degli eretici e degli scismatici, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo che, per mezzo del suo Apostolo dice: Sopportandovi a vicenda nella carità, cercando di conservare l'unità dello spirito nel vincolo della pace, ( Ef 4,2-3 ) e: Se in qualche cosa pensate diversamente, anche questa il Signore vi rivelerà, ( Fil 3,15 ) incominciamo l'esame e la discussione dei pareri dei santi vescovi, salvando con loro il vincolo dell'unità e della pace; e in questa salvaguardia, per quanto il Signore ci concede, li imitiamo. 8.11 - Gli eretici non hanno una sola fede, una sola speranza e quindi neppure un solo battesimo Cecilio da Bilta disse: Io so che esiste un unico battesimo, nell'unica Chiesa, e che, fuori della Chiesa, esso non esiste. L'unico battesimo sarà là, dove c'è la vera speranza e la fede sicura. Sta scritto, infatti: " C'è una sola fede, una sola speranza, un solo battesimo ". ( Ef 4,5 ) Quindi non si trova presso gli eretici, dove la speranza non esiste e la fede è falsa e dove tutto si fa con finzione: dove esorcizza l'indemoniato e invoca il sacramento colui dalla cui bocca e dalle cui parole esce una cancrena; dove la fede la dà l'infedele, il perdono dei peccati il criminale; dove nel nome di Cristo battezza l'anticristo; dove benedice chi è maledetto da Dio, promette la vita chi è morto; dona la pace chi non è pacifico, invoca Dio il blasfemo, esercita il sacerdozio il profano, erige l'altare il sacrilego. A tutto ciò si aggiunge il peccato, che il pontefice del diavolo osa fare l'Eucaristia. Ed ora dicano, i loro sostenitori, che questi giudizi sugli eretici sono falsi. Ecco quali delitti si costringe la Chiesa ad approvare, e con che gente senza battesimo e senza perdono dei peccati essa è indotta a far comunione! Questo, fratelli, dobbiamo fuggire ed evitare; dobbiamo separarci da questo grande crimine e conservare l'unico battesimo concesso da Dio alla sua unica Chiesa! 8.12 - Nella Chiesa si battezzano molti che dicono di credere ma non praticano Rispondo: quanti, nella Chiesa, confessano Dio con le labbra, ma lo negano coi fatti - vedi gli avari, gli invidiosi e quelli che, per colpa dell'odio fraterno, sono considerati, non a mio giudizio ma secondo la testimonianza dell'apostolo Giovanni, omicidi ( 1 Gv 3,15 ) -, non hanno speranza, perché agiscono con una cattiva coscienza; sono perfidi, perché non fanno ciò che hanno promesso a Dio; menzogneri, perché dichiarano il falso; diabolici, perché nel loro cuore fanno spazio al diavolo e ai suoi angeli; i loro discorsi producono putredine, in quanto corrompono i buoni costumi con conversazioni cattive; ( 1 Cor 15,33 ) sono infedeli, perché si beffano dei castighi che Dio minaccia ai malvagi; scellerati, perché vivono da empi; anticristi, perché si oppongono a Cristo; maledetti da Dio, perché dappertutto la sacra Scrittura li detesta; morti, perché privi della vita della giustizia; senza pace, perché le loro azioni contrastano con la parola di Dio; bestemmiatori, perché a causa dei loro atti scellerati, il nome cristiano viene screditato; profani, perché sono spiritualmente esclusi dal santuario interiore di Dio; sacrileghi, perché profanano in se stessi il tempio di Dio con una vita cattiva; pontefici del diavolo, perché sono schiavi della frode e dell'avarizia, che è idolatria. Ora, alcuni di questi, anzi moltissimi, si trovano anche nella Chiesa, e l'attestano sia l'apostolo Paolo che il vescovo Cipriano. Perché battezzano, allora? Perché alcuni, che rinunciano al mondo a parole e non a fatti, anche senza avere cambiato la loro condotta, vengono battezzati, e quando la cambiano non si ribattezzano? Del resto, questa frase indignata: Ecco quali crimini si costringe la Chiesa ad approvare e con che gente senza battesimo e senza perdono dei peccati, essa è indotta a fare comunione, se non fossero stati gli altri vescovi a spingerlo, Cecilio non l'avrebbe mai detta. Il che dimostra che, fin da allora, le idee più vere le avevano quelli che non si allontanarono dalla primitiva consuetudine, che in seguito un concilio universale confermò. E che significa la sua conclusione: Questo, fratelli, dobbiamo fuggire ed evitare, e dobbiamo allontanarci da un crimine tanto grande? Se infatti lo dice perché egli non lo fa e non lo approva, è una cosa; se invece lo dice per condannare ed emarginare i dissenzienti, va contro le parole di Cipriano: Senza giudicare nessuno, né allontanare alcuno dal diritto della comunione, se fosse di parere contrario. 9.14 - Se il battesimo è legato alla Chiesa Al discorso di Felice da Misgirpa, replichiamo: Se il battesimo unico e vero fosse solo nella Chiesa, certamente non sarebbe in coloro che si separano dall'unità. Ora, in essi c'è, tant'è vero che quelli che ritornano non lo ricevono, e quindi, andandosene, non lo hanno perso. Quanto poi all'affermazione: Ciò che si amministra fuori dalla Chiesa, non ha nessun effetto per la salvezza, la condivido, e la ritengo pienamente vera. In effetti un conto è che tra loro il battesimo non c'è, e un conto che non ha nessun effetto per la salvezza. In realtà, a quanti vengono alla pace cattolica, incominciano a giovare i sacramenti, che fuori c'erano, ma non giovavano. 10.15 - Battezzare gli eretici è svuotare il battesimo di Cristo A Policarpo di Adrumeto che disse: Quanti approvano il battesimo degli eretici annullano il nostro, noi rispondiamo: Se il battesimo che danno gli eretici è degli eretici, quello che nella Chiesa danno gli avari e gli omicidi è di questi peccatori; se il battesimo non è dei secondi, non è neppure dei primi; quindi, presso chiunque sia, è di Cristo. 11.17 - Bisogna provare non asserire Novato da Tamugade ha detto ciò che ha fatto; ma non ha portato una prova per dimostrare che doveva farlo. Egli infatti si è appellato alla testimonianza delle Scritture e al decreto dei colleghi; ma non ne ha citato un testo da poter esaminare. 12.19 - Nella Chiesa vi sono peccatori che sono battezzati e che battezzano Nemesiano da Tubuna, invece, di testi delle Scritture ne ha citati molti; sennonché egli ha parlato a lungo a favore dell'opinione cattolica, che noi abbiamo preso a illustrare e avvalorare. A meno di credere che non confida nelle falsità, chi ripone la speranza nei beni temporali, come tutti gli avari, i rapinatori e quanti rinunciano al mondo non a fatti, ma a parole; e che non di meno nella Chiesa battezzano e si battezzano, e Cipriano ne è testimone. Essi inseguono anche gli uccelli che volano, ( Pr 9,12 sec. LXX ) perché non afferrano ciò che desiderano. Ora, ad abbandonare i sentieri della sua vigna e allontanarsi dai sentieri del suo campicello; o addentrarsi in luoghi impervii, aridi e in una terra assetata; o inseguire con le mani luoghi infruttuosi, non è solo l'eretico ma chiunque vive malamente, perché ogni giustizia è fruttuosa e ogni ingiustizia infruttuosa. Coloro che bevono l'acqua altrui da una fontana straniera, ( Pr 9,18 ) non sono solo gli eretici, ma tutti quelli che non vivono secondo gli insegnamenti di Dio, ma secondo i principi del diavolo. In effetti, se si riferisse al battesimo, Dio non direbbe: Non bere da una fonte straniera, ma: Non lavarti ad una fonte straniera. In verità le parole del Signore: Se uno non rinasce dall'acqua e dallo Spirito, non può entrare nel regno di Dio, ( Gv 3,5 ) quale sostegno possano dare alla sua tesi, io proprio non lo vedo. Una cosa, infatti, è: Chiunque entrerà nel regno dei cieli, prima rinasce dall'acqua e dallo Spirito, perché se uno non rinasce dall'acqua e dallo Spirito, non entrerà nel regno dei cieli, che è ciò che il Signore ha detto ed è vero, e una cosa invece: Chiunque rinasce dall'acqua e dallo Spirito, entrerà nel regno dei cieli. Ciò che è certamente falso. Anche Simon Mago, infatti, era nato dall'acqua e dallo Spirito, ( At 8,13 ) eppure non entrò nel regno dei cieli. E questo può accadere anche agli eretici. Ora, se dallo Spirito non nasce se non chi si trasforma con una sincera conversione, tutti quelli che rinunciano al mondo a parole e non a fatti, certamente non nascono dallo Spirito, ma solo dall'acqua. E questi, come attesta Cipriano, sono anche nella Chiesa. Perciò, delle due, una: o quanti fingono di rinunciare al mondo nascono dallo Spirito, sia pure per la rovina e non per la salvezza, e questo possono farlo anche gli eretici, o, se il testo: Lo Spirito Santo che ammaestra fuggirà i finti, ( Sap 1,5 ) significa anche che quanti fingono di rinunciare al mondo non nascono dallo Spirito, che uno può battezzarsi con l'acqua ma non nascere dallo Spirito, e che invano, quindi, Nemesiano dice: Né lo Spirito può operare senza l'acqua, e né l'acqua senza lo Spirito. Per la verità, anche altrove è stato spesso detto che, come possono avere in comune il solo battesimo quanti non hanno una sola Chiesa, così è vero che, nella Chiesa, possono non avere in comune l'unico Spirito i santi per la giustizia o gli immondi per la loro avarizia, eppure possono avere l'unico battesimo. È stato infatti detto: Un solo corpo, che è la Chiesa, uno solo Spirito e un solo battesimo. ( Ef 4,4-5 ) Il resto del suo discorso poi comprova piuttosto la nostra affermazione. Egli infatti ha citato questo testo del Vangelo: Ciò che è nato dalla carne, è carne; e ciò che è nato dallo Spirito è spirito; ( Gv 3,6 ) poiché Dio è Spirito, il battezzato è nato da Dio; ( Gv 4,24 ) ed ha concluso: Dunque tutto ciò che fanno tutti gli eretici e gli scismatici è carnale, poiché l'Apostolo dice: " Sono note le opere della carne, che sono: le fornicazioni, le impurità ", e le altre opere di cui parla l'Apostolo nel passo dove elenca anche le eresie. Nemesiano ha concluso: Perché tutti quelli che fanno queste cose, non erediteranno il regno di Dio. ( Gal 5,19-21 ) Poi ha continuato dicendo: L 'Apostolo, quindi, condanna, insieme agli altri cattivi, anche i responsabili delle divisioni, cioè gli scismatici e gli eretici. Egli ha fatto bene, elencando le opere della carne tra le quali le eresie, a scoprire e a dire che l'Apostolo le condanna tutte insieme. Interroghi allora san Cipriano e senta da lui quante persone, anche nella Chiesa, vivono secondo le opere malvagie della carne, che l'Apostolo condanna insieme alle eresie, e tuttavia battezzano e si battezzano. Perché dunque dire che solo gli eretici non possono avere il battesimo, che invece hanno i loro compagni di dannazione? 13.20 - La Scrittura dice di ribattezzare Gennaro da Lambese disse: Con l'autorità delle sante Scritture io decido che tutti gli eretici vadano battezzati e, solo così, ammessi, nella santa Chiesa. 13.21 - Costui non cita dei testi Gli rispondo: Con l'autorità delle sante Scritture, il concilio cattolico di tutto il mondo ha deciso che il battesimo di Cristo, anche quello presso gli eretici, non deve essere riprovato. Ora, se Gennaro avesse citato testi delle Scritture, gli dimostreremmo o che essi non sono contro di noi o anzi che sono favorevoli a noi, come ha fatto questo che lo segue. 14.23 - Che succede se battezzano i nemici della Chiesa? Lucio da Castra Galba ha citato il testo del Vangelo in cui il Signore dice: Voi siete il sale della terra, ma se il sale è diventato insipido, ciò che con esso si salerà, non servirà ad altro che ad essere gettato fuori per essere calpestato dagli uomini. ( Mt 5,13 ) Come se noi diciamo che le persone gettate fuori siano capaci di fare qualcosa per la loro o per l'altrui salvezza. Ma anche i peccatori che sembrano dentro, non solo sono fuori spiritualmente, ma alla fine saranno separati, anche con il corpo. Tutti i peccatori, per la verità, non sono capaci di niente, ma non per questo il sacramento del battesimo che essi hanno, è inesistente. In effetti, anche in coloro che sono stati gettati fuori, se si ravvedono e ritornano, ritorna la salvezza che si era allontanata, mentre non ritorna il battesimo, che non si era allontanato. Il Signore con il suo mandato: Andate, dunque, e ammaestrate le genti, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, ( Mt 28,19 ) ha permesso di battezzare solo ai buoni, perché ai cattivi non avrebbe detto: A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi, e a chi li riterrete, saranno ritenuti. ( Gv 20,23 ) Come mai, dunque, nella Chiesa, battezzano anche i cattivi, che non hanno il potere di rimettere i peccati? Come mai battezzano anche i cattivi non convertiti, che hanno ancora su di sé i loro peccati, come dice Giovanni: Chi odia il proprio fratello, è ancora nelle tenebre? ( 1 Gv 2,9 ) Se poi i peccati si rimettono quando i cattivi si uniscono con intima carità ai buoni e ai giusti, mediante i quali si rimettono i peccati nella Chiesa, anche se sono stati battezzati da ministri cattivi, si dica altrettanto di quelli che vengono dal di fuori e si accostano all'organismo del Corpo di Cristo, con il vincolo interiore della pace. Il battesimo di Cristo, tuttavia, va riconosciuto in entrambi e riprovato in nessuno, sia prima della conversione, anche se non giova a niente, e sia dopo la conversione, affinché giovi. Poiché essi, allontanandosi dall'unica Chiesa, - ha detto - sono diventati insipidi e nemici, si faccia come sta scritto: Le case dei nemici della Legge, devono essere purificate. ( Pr 14,9 ) E di conseguenza - ha aggiunto - quelli che, battezzati dai nemici, si sono contaminati, prima debbono essere purificati e solamente dopo battezzati. E che i rapaci e gli omicidi non sono forse nemici della Legge che dice: Non ucciderai, non ruberai? ( Es 20,13.15 ) Dunque, debbono essere purificati. Chi oserà negarlo? Eppure, non solo i battezzati da costoro nella Chiesa, ma anche gli stessi battezzati senza convertirsi, benché abbiano ancora bisogno di purificazione per cambiare, quando si cambiano non si battezzano più. È tanto grande la forza del sacramento del battesimo autentico che, pur riconoscendo ad un uomo battezzato, ma ancora immerso in una vita cattiva, la necessità della purificazione, gli proibiamo di farsi ribattezzare. 15.24 - L'autorità di Cipriano nella lettera 72 Crescenzio da Cirta dichiarò: Di fronte a questa solenne assemblea di santissimi colleghi sacerdoti, dopo aver ascoltate le lettere del nostro carissimo Cipriano a Giubaiano e a Stefano, contenenti molte citazioni santissime delle Scritture date da Dio, e che noi tutti, riuniti per grazia di Dio, dobbiamo giustamente condividere, ritengo che tutti gli eretici o scismatici che vogliono venire alla Chiesa cattolica, non vi debbano entrare se non sono stati esorcizzati e battezzati; tranne quelli, naturalmente, che sono stati prima battezzati nella Chiesa cattolica. Questi, tuttavia, siano riconciliati alla Chiesa con la penitenza, mediante l'imposizione delle mani. 15.25 - Agostino: ma su questa questione non dice niente Questo intervento ci invita ancora a domandarci perché costui ha detto: " Tranne quelli, naturalmente, che sono stati precedentemente battezzati nella Chiesa cattolica. Forse perché non avevano perso ciò che in essa avevano ricevuto? Ma allora, ciò che fuori potevano avere, perché non potevano anche trasmetterlo? Oppure è illecito trasmetterlo fuori? Ma, a dire il vero, fuori non è neppure lecito averlo, eppure lo si ha; come pure, fuori non è lecito darlo, eppure lo si dà. Ora, ciò che si dona a chi ritorna, e che aveva ricevuto il battesimo dentro, questo lo si dona a chi viene e che lo aveva ricevuto fuori e cioè possedere lecitamente dentro ciò che possedeva illecitamente fuori. Ma forse si dirà che cosa, su questo argomento, contiene la lettera del beato Cipriano a Stefano, di cui si è fatta menzione in questo intervento, visto che non è stata ricordata all'inizio del concilio ma penso che non lo si è ritenuto necessario. In verità, Crescenzio ha detto che essa è stata letta nell'assemblea dei sacerdoti. Ora io credo, e non ne dubito assolutamente, che questo sia stato fatto come suole farsi, affinché i vescovi già riuniti possano conoscere qualcosa anche della causa contenuta nella lettera. In realtà, essa non c'entra niente con la presente questione e mi meraviglio più del fatto che Crescenzio abbia voluto menzionarla ora, che del fatto che non ne abbia parlato all'inizio del concilio. Se poi qualcuno pensa che io non ho voluto citarne qualche brano necessario alla presente causa, la legga e saprà che dico la verità; ma se vi trova una cosa diversa, mi rimproveri. In realtà, questa lettera sulla questione del battesimo dato presso gli eretici o gli scismatici e di cui noi stiamo trattando, non contiene proprio niente. 16.26 - Dove non c'è remissione dei peccati non c'è battesimo Nicomede da Segermi disse: Il mio parere è questo: gli eretici che vengono alla Chiesa, siano battezzati; fuori, infatti, presso i peccatori, essi non ottengono la remissione dei peccati. 16.27 - Nella Chiesa i peccatori non rimettono i peccati Gli si risponde: Il parere di tutta la Chiesa cattolica è questo: gli eretici, anche se già sono stati battezzati nell'eresia con il battesimo di Cristo, venendo alla Chiesa, non si battezzino. Se infatti è vero che presso i peccatori non esiste remissione dei peccati, è anche vero che neppure nella Chiesa i peccatori rimettono i peccati; e tuttavia quanti sono stati battezzati da loro, non si ribattezzano. 17.28 - Se i separati hanno la Trinità Monnulo da Girba dichiarò: La verità della Chiesa cattolica, nostra madre, fratelli, è rimasta e rimane sempre con noi, soprattutto nella formula trinitaria del battesimo, poiché il nostro Signore dice: Andate, e battezzate le genti nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. ( Mt 28,19 ) Ora, poiché noi sappiamo chiaramente che gli eretici non hanno né il Padre, né il Figlio e né lo Spirito Santo, venendo alla Chiesa, nostra madre, debbono veramente rinascere e farsi battezzare, perché la loro cancrena, l'ira della dannazione e il sudiciume dell'errore siano purificati con il lavacro santo e celeste. 17.29 - Hanno la Trinità nei sacramenti Gli rispondiamo: Il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, ma solo nel sacramento, lo hanno coloro che ricevono il battesimo consacrato dalle parole del Vangelo; nel cuore e nella vita, invece, non lo hanno neppure quelli che conducono, nella Chiesa, una vita di perdizione e di condanna. 18.30 - Gli anticristi non possono dare la grazia del battesimo Secondino da Ceza dichiarò: Visto che nostro Signore, il Cristo, dice: " Chi non è con me, è contro di me ", ( Mt 12,30 ) e che l'apostolo Giovanni chiama anticristi coloro che escono dalla Chiesa, senza dubbio i nemici di Cristo e quelli che sono chiamati anticristi, ( 1 Gv 2,18 ) non possono amministrare la grazia salutare del battesimo. Per questo io credo che quanti fuggono dagli agguati degli eretici e si rifugiano nella Chiesa, vadano battezzati da noi che siamo stati chiamati amici di Dio, per sua degnazione. ( Gv 15,14-15 ) 18.31 - Vi sono altri nemici che battezzano Gli rispondo che sono nemici di Cristo, tutti quelli che dicono: Signore, nel tuo nome abbiamo operato molti prodigi … ( Mt 7,22 ) e via dicendo, ai quali alla fine dirà: Non vi conosco; allontanatevi da me, voi tutti operatori di iniquità. ( Mt 7,23 ) Tutta questa paglia, se persevera sino alla fine nella malizia, sia quella che vola fuori prima della vagliatura che quella che sembra dentro, è destinata al fuoco. Se dunque gli eretici che vengono alla Chiesa vanno battezzati per ricevere il battesimo dagli amici di Dio, sono forse amici di Dio gli avari, i rapaci e gli omicidi? O quelli che essi hanno battezzato, dobbiamo ribattezzarli? 19.32 - L'eretico dà la morte Felice da Bagai disse: Come un cieco, se conduce un altro cieco, cadono entrambi nella fossa, ( Mt 15,14 ) così un eretico, se battezza un altro eretico, cadono entrambi nella morte. 19.33 - È vero, ma non si deve ribattezzare È vero, ma non per questo è vera la conclusione: Perciò l'eretico va battezzato e vivificato, per evitare che noi, vivi, comunichiamo con i morti. Ma non erano morti quelli che dicevano: Mangiamo e beviamo, domani moriamo? ( 1 Cor 15,32 ) Essi infatti non credevano la resurrezione dei morti. Dunque, quanti si facevano corrompere dalle loro cattive compagnie e li seguivano, non cadevano ugualmente nella fossa con loro? Eppure tra essi c'erano quelli ai quali l'Apostolo scriveva e che erano già battezzati; non per questo, tuttavia, una volta convertitisi, si dovevano ribattezzare. Non dice forse l'Apostolo: La sapienza della carne è morte? ( Rm 8,6 ) E avevano certamente la sapienza della carne gli avari, i frodatori, i rapaci, tra i quali Cipriano piangeva. Che danno gli arrecavano, mentre viveva nell'unità, questi morti? E chi oserà dire che il battesimo di Cristo, che costoro avevano o davano, era violato dalle loro iniquità? 20.34 - Ribattezzare è giusto Polliano da Mileo disse: È giusto che l'eretico sia battezzato nella santa Chiesa. 20.35 - Non esorcizzare il battesimo Non poteva essere più breve; ma credo che anche la risposta è breve: È giusto che il battesimo di Cristo non sia esorcizzato nella Chiesa di Cristo. 21.36 - L'unico battesimo è nella Chiesa Teogene da Ippona Reale disse: Secondo il sacramento divino della grazia celeste, che abbiamo ricevuto, noi crediamo un solo battesimo: si trova nella Chiesa santa. 21.37 - Perché allora l'acqua del Paradiso scorreva anche fuori? Potrebbe essere anche la mia opinione. È così pesata, infatti, che non ha niente di contrario alla verità. Anche noi, in effetti, crediamo un solo battesimo: si trova nella santa Chiesa. Se invece avesse detto: Crediamo il battesimo che si trova solo nella santa Chiesa, bisognava rispondergli come agli altri. Ma poiché ha detto: Crediamo un solo battesimo, quello che sta nella santa Chiesa, perché si dicesse che esso è certamente nella santa Chiesa, ma non si negasse che è anche altrove, qual che sia stato il suo pensiero, contro queste parole non si discute. Se infatti mi chiedessero, punto per punto, se c'è un solo battesimo, risponderei di sì. Inoltre, se mi si interrogasse, se esso è nella santa Chiesa, risponderei di sì. Terzo: se si chiedesse, se io credo questo battesimo, risponderei: sì, lo credo; e perciò risponderei che io credo il solo battesimo, quello che si trova nella Chiesa. Se invece mi si chiedesse, se esso sta solo nella santa Chiesa e non tra gli eretici o gli scismatici, con tutta la Chiesa risponderei che non lo credo. Ma poiché Teogene, nel suo intervento, non ha posto queste domande, penso che sarei scorretto a inserire nel testo, per controbatterle, affermazioni che non vi ho trovate. Se egli, infatti, avesse detto: Una sola è l'acqua del fiume Eufrate, quella nel paradiso, ( Gen 2,14 ) certamente avrebbe detto la verità. Ma se gli si chiedesse: quest'acqua è solo nel paradiso?, ed egli rispondesse di sì, direbbe il falso. Essa infatti è anche fuori del paradiso: nelle regioni dove si diffonde da quella sorgente. Ma chi è così temerario da dire che egli ha dato una risposta falsa, mentre poteva darne, forse, una vera? Perciò le parole del suo intervento non vanno contraddette, perché non ostacolano la verità. 22.38 - Noi non siamo in comunione con l'eretico Dativo da Vadi disse: Per quanto possiamo, noi non comunichiamo con un eretico, che non sia stato battezzato nella Chiesa e abbia ottenuto la remissione dei peccati. 22.39 - Battezzare un eretico non è fare comunione con lui Si risponde: Tu vuoi che egli venga battezzato, solo perché non ha ottenuto la remissione dei peccati. Ma se tu incontri nella Chiesa uno che, pur nutrendo odio verso il fratello, venne battezzato, poiché non può mentire il Signore che dice: Se non perdonerete, non vi sarà perdonato, ( Mt 6,15 ) ordinerai a questo convertito di farsi ribattezzare? Senz'altro no. Quindi, neppure l'eretico. Certo, il motivo per cui Dativo non si è limitato a dire: Noi con l'eretico non comunichiamo, ma ha aggiunto: per quanto possiamo, non va lasciato cadere. Egli infatti ha notato che molti non condividevano la sua opinione; tuttavia non potendo separarsi dalla loro compagnia, per non rompere l'unità, ha aggiunto: Per quanto possiamo, dimostrando, certamente, che egli non comunicava con piacere con quelli che considerava senza battesimo, ma che tuttavia bisognava sopportare tutto per il bene della pace e dell'unità. Questo lo facevano anche quelli secondo i quali costoro non agivano con rettitudine, e seguivano la dottrina che in seguito la verità, meglio chiarita, insegnò e una consuetudine tanto antica, confermata da un successivo concilio, dimostrò con più forza, e tuttavia, pur avendo un'opinione contraria nel rispetto della carità, si sopportarono a vicenda con premurosa pietà, sforzandosi di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace, ( Ef 4,2-3 ) finché a quanti di essi pensavano diversamente, Dio lo rivelasse. Ascoltino questo, i Donatisti, che combattono l'unità, servendosi di questo concilio che dichiara quanto si deve amare l'unità! 23.40 - Gli eretici non hanno lo Spirito Santo e quindi neppure il battesimo Successo da Abbir Germaniciana disse: Agli eretici, o non è permesso niente o è permesso tutto. Se possono battezzare, possono anche dare lo Spirito Santo; se poi lo Spirito Santo non possono darlo, perché non hanno lo Spirito Santo, non possono neppure battezzare nello Spirito. Per questo riteniamo che gli eretici vadano battezzati. 23.41 - Dunque neppure gli altri peccatori Gli si può rispondere quasi con le stesse parole: Agli omicidi, o non è permesso nulla o è permesso tutto. Se essi possono battezzare, possono anche dare lo Spirito Santo; se poi non possono dare lo Spirito Santo, perché non hanno lo Spirito Santo, non possono neppure battezzare nello Spirito. Perciò riteniamo che quanti vengono battezzati dagli omicidi o gli omicidi battezzati, ma non convertiti, quando si correggono, siano da battezzare. Ma questo non è vero: chi infatti odia il proprio fratello è omicida; ( 1 Gv 3,15 ) e di omicidi Cipriano ne conosceva molti nella Chiesa, che certamente battezzavano. Sono dunque discorsi inutili, questi, sul battesimo degli eretici. 24.42 - Quelli che sono fuori della Chiesa non possono battezzare Fortunato da Tuccabori disse: Gesù Cristo, Signore e Dio nostro, Figlio di Dio Padre e Creatore, ha edificato la Chiesa su Pietro,( Mt 16,18 ) non sull'eresia, e ha dato il potere di battezzare ai vescovi, non agli eretici. Perciò, quanti sono fuori della Chiesa e, mettendosi contro Cristo disperdono le pecore del suo gregge, non possono battezzare fuori. ( Gv 10,12 ) 24.43 - Dunque neppure gli altri peccatori Egli ha aggiunto: fuori; sicché la risposta non può essere breve. Rispondo anche a lui quasi con le stesse parole: Gesù Cristo, Signore e Dio nostro, Figlio di Dio Padre e Creatore, ha fondato la Chiesa su Pietro, non sulla iniquità; e ha dato ai vescovi, non ai malvagi, il potere di battezzare. Perciò, quanti non appartengono alla pietra, sulla quale edificano quelli che ascoltano le parole di Dio e le mettono in pratica, ma, vivendo contro Cristo, ascoltando le sue parole senza metterle in pratica, e quindi costruendo sulla sabbia, corrompono le pecore del suo gregge con l'esempio dei loro costumi depravati, non possono battezzare. ( Mt 7,26 ) Non potrebbe essere un discorso verosimile? Eppure è falso. Certo, battezzano anche gli iniqui, poiché erano iniqui i rapaci che stavano con Cipriano nell'unità, e che egli sopportava. Perciò - egli disse - Fortunato ha aggiunto: fuori, Ma perché costoro, fuori, non possono battezzare? Oppure sono più cattivi perché sono fuori? Ma non c'entra niente con l'integrità del battesimo, quanto sia più cattivo chi lo trasmette. Infatti, non conta tanto la differenza tra il ministro cattivo e quello più cattivo, quanto tra quello cattivo e quello buono; eppure quando battezza uno cattivo, non dà niente di diverso da uno buono. Dunque anche quando battezza un ministro più cattivo, non dà niente di diverso da uno meno cattivo. Ma allora non sarà che non appartiene al merito dell'uomo ma al sacramento del battesimo, se esso non può essere dato fuori? Se fosse così, non lo si potrebbe avere neppure fuori, e uno si dovrebbe far battezzare tutte le volte che si separa dalla Chiesa e vi ritorna. 24.44 - Spiegazione della risposta Del resto, se approfondiamo il significato dell'avverbio fuori, soprattutto perché Fortunato ha menzionato Pietro, sul quale è edificata la Chiesa, ( Mt 16,18 ) non sono forse nella Chiesa, quanti sono sulla pietra, mentre quanti non sono sulla pietra, non sono neanche nella Chiesa? Allora vediamo se è sulla pietra che fondano il loro edificio quelli che ascoltano le parole di Cristo e non le mettono in pratica. Il Signore stesso li contraddice, dicendo: Chi ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile ad un uomo saggio che costruisce la sua casa sulla pietra. E poco dopo: Chi ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile ad un uomo stolto che costruisce la sua casa sulla sabbia. ( Mt 7,24.26 ) Se dunque la Chiesa sta sulla pietra, quanti stanno sulla sabbia, poiché sono fuori dalla pietra, sono sicuramente fuori della Chiesa. Ricordiamoci quindi quanti sono quelli che menziona Cipriano, che sembrano dentro ed edificano sulla sabbia, cioè ascoltano le parole di Cristo e non le mettono in pratica, e quindi, poiché stanno sulla sabbia, vengono convinti di stare fuori della pietra, cioè fuori della Chiesa! Tuttavia, finché restano così e non ancora si sono cambiati o non si cambiano mai in meglio, battezzano e sono battezzati; e il battesimo che hanno resta in loro integro, mentre essi sono destinati alla dannazione. 24.45 - Una spiegazione più ampia Né qui si può dire: " Chi può mettere in pratica tutte le parole del Signore che troviamo in quel discorso evangelico, in cui il Signore conclude dicendo che costruiscono sulla pietra quelli che ascoltano e mettono in pratica le sue parole, mentre costruiscono sulla sabbia quelli che non le ascoltano e non le mettono in pratica? ". Infatti, anche se alcuni non le adempiono tutte, in questo stesso discorso, tuttavia, egli ha indicato un rimedio, dicendo: Perdonate e vi sarà perdonato. ( Lc 6,37 ) E dopo la preghiera del Signore, menzionata e consegnata in questo stesso discorso, ha detto: Vi dico, infatti: Se perdonerete i peccati agli uomini, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi i vostri peccati; se invece non li perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà a voi. ( Mt 6,14-15 ) Per cui Pietro dice: La carità copre la moltitudine dei peccati. ( 1 Pt 4,8 ) Carità che certamente non avevano, e quindi edificavano sulla sabbia, quanti, al dire di Cipriano, pur stando nella Chiesa, vivevano senza carità e nella malevola invidia, anche all'epoca degli Apostoli. E quindi, sembravano, sì, dentro, ma erano fuori, perché non stavano sulla pietra che simboleggia la Chiesa. 25.46 - La preghiera dell'eretico non santifica l'acqua Sedato da Tuburbo disse: In tanto l'acqua santificata nella Chiesa dall'invocazione del sacerdote, lava i peccati, in quanto quella resa infetta dalla parola degli eretici, li accumula come una cancrena. Perciò bisogna far leva su tutte le forze di pace, per evitare che qualcuno, contaminato e impregnato dall'eresia, rifiuti di ricevere l'unico e vero battesimo della Chiesa; chi non lo riceve, infatti, diverrà estraneo al regno dei cieli. 25.47 - Ogni invocazione, anche imperfetta, purifica l'acqua Gli si risponde che, se l'acqua non si santifica quando l'intercessore, per ignoranza, pronuncia parole sbagliate, nella stessa Chiesa, molti fratelli, non solo cattivi, ma anche buoni, non santificano l'acqua. Le preghiere di molti, infatti, sono corrette ogni giorno, se le recitano i fedeli più dotti e vi trovano molte espressioni contrarie alla fede cattolica. Che forse se risultasse che alcuni sono stati battezzati con l'acqua sulla quale sono state fatte queste invocazioni, li obbligheremo a ribattezzarsi? Perché questo? Perché spesso il sentimento di chi invoca prevale sul vizio della formula, e perché le precise parole del Vangelo, senza le quali non si può consacrare il battesimo, hanno una efficacia così grande da annullare tutte le espressioni contro la Regula fidei, contenute in una preghiera; così come, con il nome di Cristo, si scaccia il demonio. ( Mc 16,17 ) In effetti, se un eretico pronuncia una formula difettosa, non possiede il buon sentimento della carità, per poter vincere l'ignoranza. Ecco perché assomigliano a lui, nella Cattolica, gli invidiosi e i malevoli, come quelli che Cipriano rimproverò, che pronunciano, come suol farsi, qualche preghiera contenente espressioni contro la regula fidei. Molti, in verità, si buttano su certe preghiere, composte non solo da ciarlatani incompetenti, ma anche da eretici e, incapaci di distinguere, per la loro ingenuità ed ignoranza, le usano, ritenendole buone; tuttavia, ciò che in esse c'è di erroneo non vanifica le espressioni esatte, ma ne è, piuttosto, vanificato. È come in un uomo di buona speranza e di fede provata, ma pur sempre uomo: se ha un'idea sbagliata, questa non vanifica le idee giuste, finché Dio non gli rivela anche quella sbagliata. ( Fil 3,15 ) Ma se egli è cattivo e perverso, se pronuncia una formula integra e assolutamente non contraria alla fede cattolica, non per questo egli è giusto perché la formula è giusta. Se poi, su delle persone, egli pronuncia una formula sbagliata, Dio è presente con le parole del Vangelo, senza di che il battesimo di Cristo non può essere consacrato. È lui che santifica il suo sacramento, di modo che all'uomo, prima, durante e dopo il battesimo, e quando si convertirà, gli valga per la salvezza ciò che gli varrebbe per la rovina, se non si convertisse. Del resto, chi ignora che non esiste il battesimo di Cristo senza le parole evangeliche che formano il Simbolo? Ma è più facile trovare eretici che non battezzano affatto, che eretici che battezzano senza quelle parole. Ecco perché noi diciamo che non ogni battesimo - si dice, infatti, che in molti riti sacrileghi in onore degli idoli si battezza -, ma che solo il battesimo di Cristo, cioè consacrato dalle parole del Vangelo, è dappertutto lo stesso, e che non è violato da qualsivoglia perversità degli uomini. 25.48 - Il giudizio di Salomone Certo, anche nel discorso di Sedato, non bisogna trascurare con negligenza, questa frase: Perciò dobbiamo far leva su tutte le forze amanti della pace perché nessuno, infettato dall'errore degli eretici, eccetera. Egli infatti ha tenuto presente le parole del beato Cipriano: Senza giudicare nessuno né allontanare dal diritto della comunione chi fosse di parere diverso. Ecco quanto conta, nei buoni figli della Chiesa, l'amore dell'unità e della pace! Quelli che essi ritenevano sacrileghi e profani, ed ammessi, come essi credevano, senza battesimo, se non potevano correggerli nella misura che pensavano, preferivano sopportarli piuttosto che rompere, a causa loro, il vincolo santo, per non sradicare, per via della zizzania, anche il grano. ( Mt 13,29 ) Essi permettevano, per quanto era in loro, che, come nel famosissimo giudizio di Salomone, il corpo di un bambino fosse nutrito da una madre falsa, anziché tagliato in due. ( 1 Re 3,26 ) Ora, questo lo facevano, sia quelli che, sul sacramento del battesimo pensavano più giustamente, e sia quelli ai quali Dio, in premio di tanta carità, avrebbe rivelato la loro idea errata. ( Fil 3,15 ) 26.49 - L'eresia non viene da Dio … Privaziano da Sufetola disse: Chi dice che gli eretici hanno il potere di battezzare, dica, innanzitutto, chi ha dato vita all'eresia. Se infatti l'eresia è da Dio, può ottenere la benevolenza divina; ma se non è da Dio, come può avere e conferire la grazia di Dio ad un altro? 26.50 - … ma neppure gli altri peccati Gli rispondo con altrettante parole, così: Chi dice che i malevoli e gli invidiosi hanno il potere di battezzare, dica, innanzitutto, chi ha fatto la malevolenza e l'invidia. Se infatti la malevolenza e l'invidia sono da Dio, esse possono anche ottenere la benevolenza divina; ma se non vengono da Dio, come possono avere e conferire la grazia di Dio agli altri? Ora, come queste parole, dette così, sono chiaramente false, così lo sono anche quelle di Privaziano, dette per convincere. I malevoli e gli invidiosi, infatti, battezzano; e lo ammette anche Cipriano, il quale attesta che essi sono anche nella Chiesa. Di conseguenza, anche gli eretici possono battezzare, poiché il battesimo è un sacramento di Cristo, l'invidia e l'eresia, invece, sono opera del diavolo. E chiunque le abbia, non per questo può far sì che il sacramento di Cristo, se egli lo ha, sia annoverato anch'esso tra le opere del diavolo. 27.51 - Difficoltà insidiosa Privato da Sufi disse: Quanti approvano il battesimo degli eretici, che altro fanno, se non comunicare con gli eretici? 27.52 - Non si approva il battesimo degli eretici ma di Cristo Gli si risponde: Non è degli eretici il battesimo che approviamo negli eretici, così, come non è degli avari, degli insidiosi, dei frodatori, dei ladroni, degli invidiosi, quello che noi approviamo in essi. Tutti costoro, per la verità, sono degli iniqui, ma Cristo è giusto; e il suo sacramento, per se stesso, non è corrotto dalla loro iniquità. Altrimenti si potrebbe dire: Quanti approvano il battesimo degli iniqui, che altro fanno, se non comunicare con gli iniqui? Se questo si obiettasse alla Chiesa cattolica, si risponderebbe come a Privato. 28.53 - Solo nella Chiesa c'è il battesimo unico Ortensiano da Lari disse: Vedano i presuntuosi e i sostenitori degli eretici: noi rivendichiamo alla Chiesa l'unico battesimo e sappiamo che esso si trova solo nella Chiesa. Ora, come possono battezzare nel nome di Cristo, quelli che Cristo considera suoi nemici? ( Mt 12,30 ) 28.54- Perché gli altri peccatori battezzano nel nome di Cristo? Gli rispondiamo con le stesse parole: Vedano i presuntuosi e i sostenitori degli iniqui: noi riconduciamo alla Chiesa quando possiamo l'unico battesimo, ovunque lo troviamo; e sappiamo che non appartiene che alla Chiesa. Ora, come possono battezzare nel nome di Cristo quelli che Cristo stesso considera suoi nemici? A tutti gli iniqui, infatti, egli dice: Non vi conosco; allontanatevi da me, operatori di iniquità. ( Mt 7,23 ) Eppure, quando essi battezzano, non battezzano essi, ma colui di cui Giovanni dice: È lui che battezza. ( Gv 1,33 ) 29.55 - Non possono esserci due battesimi: darlo agli eretici è privarsene Cassio da Macomadi disse: Poiché non possono esservi due battesimi, chi lo concede agli eretici, se ne priva. Ritengo quindi che gli eretici, tristi e corrotti, vadano battezzati, quando vengono alla Chiesa, perché, purificati dal lavacro santo e divino, illuminati dalla luce della vita, vi siano ricevuti, non come nemici, ma come uomini di pace, non come stranieri, ma familiari nella fede del Signore, ( Gal 6,10 ) non come adulteri, ma figli di Dio, non come artefici di errore, ma di salvezza; tranne i fedeli che, sbalzati fuori dalla Chiesa, erano passati alle tenebre dell'eresia: questi vanno reinseriti mediante l'imposizione della mano. 29.56 - Questo dovrebbe essere valido anche per tutti i peccatori Un altro potrebbe dire: Poiché non possono esservi due battesimi, chi lo concede agli iniqui, se ne priva. Ma anche i Donatisti respingerebbero con noi questa tesi, dicendo: Agli iniqui noi riconosciamo il battesimo; esso è in loro, ma non viene da loro, come l'iniquità, bensì da Cristo, a cui appartiene la giustizia e il cui sacramento, anche se lo hanno gli ingiusti, non è ingiusto. Dunque, ciò che essi dicevano, insieme a noi, degli iniqui, lo dicano a se stessi degli eretici. Ecco perché la frase successiva doveva essere formulata piuttosto così: Io quindi credo che gli eretici tristi e corrotti, venendo alla Chiesa, non vadano battezzati, se già hanno il battesimo di Cristo, ma emendati della loro perversità. In effetti, anche degli iniqui, di cui gli eretici sono una porzione, si può dire: A mio avviso gli iniqui tristi e corrotti, se già sono battezzati, non bisogna battezzarli, quando vengono alla Chiesa, cioè, alla pietra, fuori della quale vivono tutti coloro che ascoltano le parole di Cristo ( Mt 7,24.26 ) e non le mettono in pratica, ma, essendo già stati lavati col santo e divino lavacro, e ora anche illuminati dalla luce della vita, vadano accolti, non come nemici, ma come pacifici, perché gli ingiusti non hanno la pace; non come stranieri, ma familiari nella fede del Signore, perché agli ingiusti è stato detto: Come si è cambiata in amarezza la vite straniera? ( Ger 2,21 ) non come adulteri, ma figli di Dio: perché gli ingiusti sono figli del diavolo; non come artefici dell'errore, ma della salvezza: perché l'ingiustizia non salva, nella Chiesa, cioè, nella pietra, nella colomba, ( Ct 2,10; Ct 6,8 ) nel giardino chiuso e nella sorgente sigillata: ( Ct 4,12 ) quella Chiesa che è riconosciuta solo nel grano e non nella paglia, sia quella che viene portata lontano dal vento, e sia quella che sembra frammista al grano fino alla vagliatura finale. ( Mt 3,12 ) È superflua, quindi, l'aggiunta di Cassio: Tranne i fedeli che, sbalzati fuori nella Chiesa, sono passati alle tenebre dell'eresia. In effetti, quand'anche essi, allontanandosi dalla Chiesa, avessero perso il battesimo, lo si restituisca anche ad essi; ma se non l'avevano perso, si riconosca ciò che per mezzo loro è stato dato. 30.57 - I vescovi devono vigilare perché gli eretici non battezzino Un altro Gennaro, da Vico Cesare, disse: Se l'errore non si concilia con la verità, a più forte ragione la verità non si accorda con l'errore. Per questo noi aiutiamo la Chiesa, in cui siamo presuli, perché rivendichiamo solo per essa il suo battesimo, battezzando quanti la Chiesa non ha battezzati. 30.58 - È la Pietra che battezza Rispondo: Quelli che la Chiesa battezza, li battezza certamente la pietra, fuori della quale stanno tutti quelli che ascoltano le parole di Cristo e non le mettono in pratica. ( Mt 7,26 ) Si battezzino, quindi, quanti sono stati battezzati da costoro. Ma se questo non si fa, allora, una volta condannata e corretta la loro perversità e iniquità, bisogna approvare e riconoscere negli eretici, come in costoro, il battesimo di Cristo. 31.59 - Gli eretici non sono cristiani, dunque … Un altro Secondino, da Carpi, disse: Gli eretici sono o no cristiani? Se sono cristiani, perché non stanno nella Chiesa di Dio? Se invece non sono cristiani, lo diventino. Diversamente, a chi si applicherebbe il detto del Signore: " Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde "? ( Mt 12,30 ) Da esso risulta che sui figli altrui e sui discendenti dell'anticristo, non può discendere lo Spirito Santo, solo per l'imposizione della mano, essendo evidente che gli eretici non hanno il battesimo. 31.60 - … gli iniqui sono cristiani? Perché allora battezzano? Gli si risponde: Gli ingiusti sono cristiani o no? Se sono cristiani, perché non stanno sulla pietra, su cui è edificata la Chiesa? ( Mt 16,18 ) - ascoltano infatti le parole di Cristo, ma non le mettono in pratica -: se invece non sono cristiani, lo diventino. In caso contrario, a chi si riferirebbe il detto del Signore: Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde? ( Mt 12,30 ) Disperdono infatti le sue pecore, quelli che le conducono alla corruzione dei loro costumi, proponendo la loro malvagia imitazione. Dal che risulta che sopra i figli di altri, come si chiamano tutti gli iniqui, e sopra i discendenti dell'anticristo, che sono tutti i nemici di Cristo, non può discendere lo Spirito Santo unicamente mediante l'imposizione della mano, se non c'è una sincera conversione del cuore essendo evidente che gli iniqui, finché restano tali, possono, sì, avere il battesimo, ma non possono avere la salvezza, di cui il battesimo è sacramento. Vediamo, perciò, se sono gli eretici quelli descritti in quel Salmo, in cui si parla in questi termini dei figli stranieri. Ecco: Signore, liberami dalla mano dei figli altrui: la loro bocca ha pronunciato la menzogna e la loro destra è destra di iniquità; i loro figli sono come virgulti robusti e le loro figlie sono ornate come la facciata di un tempio; le loro dispense sono ricolme, traboccano dall'una all'altra; le loro pecore sono feconde, si moltiplicano nelle loro uscite; i loro buoi sono grassi. Nei loro muri non c'è né una frana, né un'apertura; e né schiamazzo nelle loro piazze. Beato il popolo, dissero, che ha questi beni; beato il popolo, il cui Signore è Dio. ( Sal 144,11-15 ) Se dunque sono figli di altri quelli che ripongono la loro beatitudine nei beni temporali e nell'abbondanza della felicità terrena, e disprezzano i comandamenti di Dio, vediamo se non sono come quelli di cui parla Cipriano, vedendoli in se stesso, per mostrare che parla di coloro con i quali partecipava ai sacramenti: " Mentre noi non seguiamo la via del Signore - ha detto - né osserviamo i comandamenti del cielo, datici per la salvezza. Nostro Signore ha fatto la volontà del Padre, noi invece non facciamo la volontà del Signore, dato che amiamo il patrimonio e il guadagno, seguiamo la superbia, eccetera ". Ora, se questi potevano avere e trasmettere il battesimo, perché negare che possano averlo i figli degli altri? Questi figli, tuttavia, egli li esorta perché, osservando i comandi celesti, mandati ad essi per mezzo del suo unico Figlio, meritino di essere fratelli di Cristo e figli di Dio. 32.61 - Perché incolpare gli eretici? Vittorico da Trabaca dichiarò: Se agli eretici è permesso battezzare e dare la remissione dei peccati, perché li disonoriamo chiamandoli eretici? 32.62 - Ma perché condannare gli iniqui? Che succederebbe, se un altro dicesse: Se agli iniqui è permesso battezzare e dare la remissione dei peccati perché li infamiamo chiamandoli iniqui? La risposta che si darebbe a costui, sugli iniqui, la si dia anche a Vittorico, sugli eretici. Eccola: il battesimo con cui battezzano non è loro; e avere il battesimo di Cristo, non ne consegue, che chi ha il battesimo di Cristo, sia sicuro di avere anche la remissione dei peccati, se questa la possiede solo nel sacramento, senza essersi convertito con una sincera confessione del cuore, affinché, a chi perdona, sia perdonato. ( Mt 6,13 ) 33.63 - Con il battesimo si trasformano gli eretici, dunque … Un altro Felice, da Utina, dichiarò: Nessuno dubita, santissimi colleghi sacerdoti, che ciò che conta, non è tanto la presunzione umana, quanto l'adorabile e venerabile maestà del Signore nostro Gesù Cristo. Memori perciò di questo danno, noi tutti non solo dobbiamo osservare questo, ma anche sostenere che tutti gli eretici che accorrono nel seno della santa Madre Chiesa, siano battezzati, così che, l'anima eretica che il lungo contagio ha insozzata, purificata col lavacro di santificazione, si trasformi e diventi migliore. 33.64 - … varrebbe anche per tutti gli altri iniqui, dunque … Forse costui, che ha posto il motivo per cui gli eretici vanno ribattezzati, nel purificarli dal continuo contagio, avrebbe riguardo per quelli che, caduti nell'eresia, vi sono rimasti per poco tempo e che, prontamente ravvedutisi, sono passati alla Cattolica. Inoltre, anche lui poco si è accorto che tutti gli iniqui, che accorrono alla pietra, figura della Chiesa, sono battezzati, perché l'anima iniqua, che edificava fuori la pietra, ascoltando le parole di Cristo e non mettendole in pratica, purificata dal lavacro di santificazione, potesse trasformarsi e migliorare. Eppure questo non si fa, se già sono stati battezzati, anche se si dimostrasse che erano così quando si fecero battezzare: ossia, che rinunciavano al mondo a parole e non a fatti. 34.65 - … se un morto si può battezzare. Ora gli eretici sono come morti Quieto da Baruc disse: Noi che viviamo di fede, dobbiamo obbedire, con fiducioso rispetto, alle verità che sono state da tempo predette per istruirci. Sta scritto, infatti, in Salomone: " A chi è battezzato da un morto, che giova questo lavacro? ". ( Sir 34,25 ) Qui ci si riferisce, certamente, a quanti si fanno lavare dagli eretici, e agli eretici che li lavano. Se infatti i battezzati presso di loro ottengono la vita eterna mediante la remissione dei peccati, perché vengono alla Chiesa? Se poi da un morto la salvezza non si riceve, e quindi, una volta ammesso il loro precedente errore, fanno penitenza e ritornano alla verità, dovranno santificarsi con l'unico battesimo di vita, che sta nella Chiesa cattolica. 34.66 - Anche altri peccatori sono morti Che cosa significa il testo: " Essere battezzato da un morto ", senza pregiudicarne uno studio più accurato, lo abbiamo detto altrove. Ma ora io chiedo: perché, per morti, si vogliono intendere solo gli eretici, visto che l'apostolo Paolo, parlando del peccato in genere, ha detto: Il salario del peccato è la morte, ( Rm 6,23 ) e ancora: La sapienza della carne è morte? ( Rm 8,6 ) E poiché egli dice che una vedova che vive nei piaceri è morta, ( 1 Tm 5,6 ) come mai non sono morti coloro che rinunciano al mondo a parole e non a fatti? Che giova, dunque, questo lavacro a chi viene battezzato da costoro, se non per avere anch'egli, se è un morto, un lavacro, che però non gli giova niente alla salvezza? Se invece il battezzatore è morto, mentre il battezzato si converte a Dio non con il cuore falso, questi non è battezzato da un morto, ma da quel vivo, di cui sta scritto: Egli è colui che battezza, ( Gv 1,33 ) chiunque sia colui che, con il gesto visibile, battezza. Quanto a ciò che egli dice sugli eretici: Se i battezzati presso di loro ottengono la vita eterna mediante la remissione dei peccati, perché vengono alla Chiesa? Rispondo: Vengono perché, pur avendo ricevuto il battesimo di Cristo fino alla celebrazione del sacramento, non ottengono la vita eterna se non per mezzo della carità dell'unità; come i malevoli e gli invidiosi, ai quali i peccati non sarebbero stati rimessi neppure se non avessero conservato l'odio contro quelli che li oltraggiavano, poiché la Verità dice: Se non perdonerete, neppure il Padre vostro perdonerà a voi. ( Mt 6,15 ) Quanto più essi, visto che odiavano quelli ai quali restituivano male per bene! ( Sal 35,12 ) Tuttavia, costoro, che rinunciano al mondo solo a parole e non a fatti, se in seguito si correggono, non vengono ribattezzati, ma santificati con l'unico battesimo di vita. Che è, certamente, nella Cattolica, ma non solo in essa; come non è solo nei santi che sono edificati sulla pietra e dei quali è formata l'unica colomba. ( Ct 6,8 ) 35.67 - Non bisogna disprezzare la verità per una consuetudine Casto da Sicca disse: Chi, disprezzata la verità, crede di seguire la consuetudine, o è invidioso e maligno verso i fratelli, ai quali la verità si rivela, o è ingrato verso Dio, la cui ispirazione ammaestra la sua Chiesa. 35.68 - Ma se la consuetudine sostiene la verità, non c'è niente di meglio Se Casto, rivolto a quelli che avevano un'opinione contraria e che sostenevano ciò che in seguito tutto il mondo, rassicurato da un concilio cristiano, accolse, li avesse convinti a seguire la consuetudine e a disprezzare la verità, dovremmo aver paura delle sue parole. Ma poiché vediamo che la consuetudine è stata diffusa dalla verità e rafforzata con la verità, il suo intervento non ci causa nessun timore. E tuttavia, se essi erano invidiosi e maligni verso i fratelli o ingrati verso Dio, ecco con che gente i vescovi erano in comunione, ecco quali sostenitori dell'opinione contraria non si allontanavano dal diritto della comunione, come aveva già detto Cipriano; ecco il tipo di persone che non li contaminavano, mentre essi custodivano l'unità; ecco quanto si deve amare il vincolo dell'unità; ecco che cosa debbono considerare coloro che ci accusano sul concilio dei vescovi, nostri predecessori, la cui carità non imitano e il cui esempio, ben studiato, giustamente li condanna. Se, come testimonia questo intervento, c'era la consuetudine di accogliere, con il battesimo che già avevano, gli eretici che venivano alla Chiesa, o era giusto farlo o, nell'unità, i cattivi non contaminano i buoni. Se era giusto farlo, perché essi accusano il mondo di riceverli così? Se invece nell'unità, i cattivi non contaminano i buoni, come si scusano dal crimine di scisma sacrilego? 36.69 - La nostra regola di fede è la dottrina trinitaria Eucrazio da Tenis disse: La nostra fede, la grazia del battesimo, e la regola della disciplina ecclesiastica, il Signore e Dio nostro Gesù Cristo le ha completate ammaestrando gli Apostoli con le sue labbra, dicendo: " Andate, ammaestrate le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo ". ( Mt 28,19 ) Dobbiamo dunque respingere, come falso e iniquo, il battesimo degli eretici, e contestarlo con ogni argomento; dalla loro bocca, infatti, sprizza il veleno, non la vita; non la grazia celeste, ma la bestemmia contro la Trinità. È quindi evidente che, venendo alla Chiesa, gli eretici debbono essere battezzati con il battesimo integro e cattolico, affinché, purificati dalla bestemmia della loro presunzione, possano essere trasformati dalla gloria dello Spirito Santo. 36.70 - È verissimo D'accordo: se il battesimo non è consacrato nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, lo si consideri pure degli eretici e lo si contesti come iniquo con ogni argomento. Se invece vi riconosciamo questo Nome, è meglio distinguere le parole del Vangelo dall'errore degli eretici; quindi, approvare in essi quanto è sano e correggere quanto è difettoso. 37.71 - Non opporre verità e consuetudine Liboso da Vaga disse: Nel Vangelo il Signore ha detto: " Io sono la verità ". ( Gv 14,6 ) Non ha detto: Io sono la consuetudine. Quindi, manifestatasi la verità, la consuetudine ceda il posto alla verità, così che, se in passato, nella Chiesa gli eretici non si battezzavano, ora si cominci a battezzarli. 37.72 - Non si dimostra qual è la verità Costui non ha fatto nessun tentativo per dimostrare quale è la verità, alla quale la consuetudine, secondo lui, deve cedere. Tuttavia ci offre un aiuto maggiore contro i Donatisti che si sono divisi dall'unità, perché ammette l'esistenza di una consuetudine, che, a suo avviso, doveva cedere alla verità, che però non indica. Si tratta infatti della consuetudine che, se davvero ammetteva i sacrileghi all'altare di Cristo, senza la purificazione del battesimo, e non contaminava i buoni nell'unità, quelli che si sono separati senza motivo da questa unità nella quale non potevano assolutamente essere macchiati dal contatto coi cattivi, hanno apertamente commesso il sacrilegio dello scisma. Se invece, contaminati da questa consuetudine, si sono tutti perduti, da quale caverna vengono fuori i Donatisti, senza una vera origine e solo con l'astuzia delle calunnie? Se poi la consuetudine di accogliere gli eretici in questo modo era giusta, depongano la rabbia, riconoscano l'errore, vengano alla Cattolica; e non per lavarsi di nuovo col sacramento del battesimo, ma per curarsi dalla ferita dello scisma. 38.73 - Bisogna esecrare gli eretici Leucio da Tueste disse: Ritengo che gli eretici, blasfemi e iniqui, che con i loro diversi discorsi distruggono le parole sante e adorabili delle Scritture, debbano essere detestati, e quindi esorcizzati e battezzati. 38.74 - Ma non ribattezzarli Anch'io ritengo che vadano detestati; ma non per questo esorcizzati e battezzati. È il loro errore che detesto, è invece il sacramento di Cristo che venero. 39.75 - Questi è dello stesso parere Eugenio da Ammedera disse: Anch'io ritengo che gli eretici vadano battezzati. 39.76 - Ma non la pensa così la Chiesa Gli rispondo: Ma non lo ritiene la Chiesa, alla quale Dio ha già rivelato, anche con un concilio plenario, ciò che voi, allora, intendevate in modo errato. ( Fil 3,15 ) Ma, poiché conservavate la carità tra voi, siete rimasti nell'unità. 40.77 - Tranne la nostra non c'è altra acqua del battesimo Un altro Felice, da Bamaccura, disse: Anch'io, seguendo l'autorità delle divine Scritture, ritengo che vadano battezzati gli eretici, ma anche quanti sostengono di essere stati battezzati presso gli scismatici. Se, infatti, per disposizione di Cristo, la nostra è una sorgente privata, ( Ct 4,12 ) i nemici della nostra Chiesa devono capire che non può essere di altri. Né può concedere l'acqua a due popoli colui che è Pastore di un solo gregge. È evidente quindi, che né gli eretici e né gli scismatici ricevono qualcosa dal cielo: essi infatti osano ricevere il battesimo dai peccatori e dagli uomini estranei alla Chiesa. Quando non si è in condizione di dare, non si è utili a chi riceve. 40.78 - La nostra acqua è come quella del paradiso A costui rispondo che in nessun passo le sacre Scritture hanno prescritto di ribattezzare gli eretici già battezzati presso gli eretici, ma in molti luoghi hanno mostrato che sono estranei alla Chiesa quanti non stanno sulla pietra e non appartengono alle membra della colomba. Eppure essi battezzano e sono battezzati e, pur non avendo la salvezza, hanno il sacramento della salvezza. Quanto poi alla nostra fonte, assimilata alla sorgente del paradiso, perché scorre fuori la Chiesa, come quella fuori del paradiso, ho già detto molto; e che poi non possa fornire l'acqua della salvezza a due popoli, al proprio e allo straniero, colui che è Pastore di un unico gregge, lo ammetto e lo condivido. Ma se essa non è salvifica agli estranei, per questo non è vera? L'acqua del diluvio, infatti, a quanti stavano nell'arca, fu salutare, mentre a quanti stavano fuori dell'arca, fu mortale; eppure era la stessa. E molti estranei, cioè gli invidiosi, i quali, come Cipriano dichiara e dimostra con le Scritture, sono partigiani del diavolo, sembrano quasi dentro; e tuttavia se non fossero fuori dell'arca, non perirebbero a causa dell'acqua. Il battesimo infatti uccide costoro in quanto ne usano male, come quelli ai quali, come dice l'Apostolo, il buon odore di Cristo causava la morte. ( 2 Cor 2,15-16 ) Perché dunque gli scismatici e gli eretici non ricevono niente dal cielo, come le spine e la zizzania ricevono la pioggia, ( Mt 13,24-25 ) e come quelli fuori dall'arca ricevettero certamente l'acqua che cadeva dalle cataratte del cielo, ma per la rovina, non per la salvezza? Per questo non mi affanno a confutare l'ultima sua frase: Quando non si ha possibilità di dare, non si è utili a chi riceve, perché anche noi diciamo che il battesimo non è utile a quanti lo ricevono, quando lo ricevono nell'eresia d'accordo con gli eretici. E quindi essi vengono alla pace e alla verità cattolica, non per ricevere il battesimo, ma perché cominci a essere utile loro ciò che hanno ricevuto altrove. 41.79 - La diversità dei meriti non danneggia l'unità del battesimo Parimenti, un altro Gennaro da Mussuleni, disse: Mi stupisco che mentre tutti ammettono che c'è un unico battesimo, non tutti capiscano l'unità di questo battesimo. La Chiesa e l'eresia, infatti, sono due realtà ben diverse. Se il battesimo lo hanno gli eretici, non lo abbiamo noi; ma se lo abbiamo noi, gli eretici non possono averlo. Ora, non v'è dubbio, il battesimo di Cristo lo possiede solo la Chiesa, perché essa solo possiede la grazia e la verità di Cristo. 41.80 - Bisogna comprendere il battesimo unico e l'unità del battesimo Un altro potrebbe dire la stessa cosa, ma non dire, ugualmente, la verità: " Mi stupisco che, mentre tutti ammettono che c'è un unico battesimo, non tutti capiscano l'unità di questo battesimo. La giustizia e l'ingiustizia, infatti, sono due realtà ben distinte. Se il battesimo lo hanno gli ingiusti, i giusti non lo hanno; ma se lo hanno i giusti, gli ingiusti non possono averlo. Ora, non v'è dubbio che solo i giusti possiedono il battesimo di Cristo, perché solo essi possiedono la grazia e la verità di Cristo ". Ma questo è falso: lo ammettono anch'essi. Gli invidiosi, che sono dalla parte del diavolo, infatti, e che stanno dentro, come dice Cipriano, e che erano ben noti all'apostolo Paolo, ( Fil 1,15 ) avevano il battesimo ma non appartenevano alle membra della colomba che si trova sicura sulla pietra. 42.81 - Gli eretici non si ribattezzano ma si battezzano Adelfio da Tasualte disse: Alcuni, senza motivo e con un linguaggio falso e invidioso, impugnano la verità, tanto da dire che noi ribattezziamo, mentre la Chiesa non ribattezza gli eretici, ma li battezza. 42.82 - La Chiesa battezza solo i non battezzati Tutt'altro: ora essa non ribattezza; tranne i non battezzati, infatti, essa non battezza. Si tratta di una consuetudine anteriore, che la verità, esaminata più da vicino, ha confermato anche con un successivo concilio. 43.83 - Il battesimo è uno, non due Demetrio da Leptimino disse: L'unico battesimo lo custodiamo noi che rivendichiamo alla sola Chiesa cattolica un suo bene. Quanti invece dicono che gli eretici danno un battesimo vero e legittimo, costoro fanno non due, ma molti battesimi. In effetti, dato che vi sono molte eresie, si conteranno altrettanti battesimi. 43.84 - Certamente vi è un solo battesimo Gli si risponde: Se è così, si contino tanti battesimi quante sono le opere della carne, di cui l'Apostolo dice: Quelli che fanno tali cose, non possederanno il regno di Dio. ( Gal 5,21 ) E tra esse si annoverano anche le eresie. E di queste loro opere se ne tollerano molte, nella Chiesa, come si tollera la paglia; eppure per tutti c'è un solo battesimo, che nessuna opera iniqua può violare. 44.85 - Circa il battesimo degli eretici e dei pagani Vincenzo da Tibari disse: Sappiamo che gli eretici sono peggiori dei pagani. Se, una volta convertitisi, vogliono venire a Dio, hanno certamente la regola di verità che il Signore ha affidata agli Apostoli con questo divino mandato: " Andate, nel mio nome imponete la mano, scacciate i demoni "; ( Mc 16,17 ) ed altrove: " Andate e ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo ". ( Mt 28,19 ) Essi, quindi, prima devono passare attraverso l'imposizione della mano nell'esorcismo, poi per la rigenerazione del battesimo, e solo allora possono venire alla promessa di Cristo. Non si deve fare diversamente. 44.86 - Se sono peggiori gli eretici o gli etnici Con quale criterio costui dice che gli eretici sono peggiori dei pagani, io non lo so, visto che il Signore dice: Se non ascolterà neppure la Chiesa, sia per te come un pagano e un pubblicano. ( Mt 18,17 ) Oppure l'eretico è peggiore anche del pubblicano? Non mi oppongo. Tuttavia, non perché egli è peggiore del pagano, cioè del Gentile, anche il sacramento di Cristo, se lo ha, si mescola ai suoi costumi viziati e, corrotto da questa mescolanza, perisce. In effetti, quanti si allontanano dalla Chiesa e diventano non solo seguaci delle eresie, ma anche artefici se, una volta battezzati, ritornano, pur essendo, peggiori in base a questo criterio, hanno però il battesimo; infatti, se, convertitisi, ritornano, non ricevono ciò che certamente riceverebbero, se lo avessero perso. Può darsi dunque che un eretico sia peggiore di un pagano e che, tuttavia, non solo abbia il sacramento di Cristo, ma che esso non sia meno santo di quello che ha un uomo santo e giusto. Se infatti, in quanto è un uomo, egli non ha custodito il battesimo, ma lo ha violato con lo spirito e con la volontà, il sacramento, in sé, è rimasto integro e inviolato in colui che lo ha disprezzato e ripudiato. I Sodomiti non erano forse pagani, cioè gentili? Eppure erano peggiori i Giudei, ai quali il Signore dice: Ci sarà più tolleranza per i Sodomiti, nel giorno del giudizio, che per voi; ( Mt 11,24 ) e ai quali il profeta dice: Avete giustificato Sodoma; ( Ez 16,51 ) cioè: Rispetto a voi, Sodoma è diventata giusta. E tuttavia forse, per questo, i misteri divini celebrati presso i Giudei erano tali e quali ai loro? Quei misteri che ricevette il Signore stesso, ai quali inviò, per celebrarli, i lebbrosi che aveva mondati, ( Lc 17,14 ) e ai quali, assistette un angelo mentre Zaccaria li celebrava, che gli annunciò, nell'atto di sacrificare nel tempio, di essere stato esaudito. ( Lc 1,11-13 ) Questi stessi misteri erano presenti sia nelle persone buone di allora e sia nei cattivi, peggiori dei pagani, visto che superarono i Sodomiti nella malizia; e tuttavia quei misteri restarono, negli uni come negli altri, integri e divini. 44.87 - Anche gli etnici hanno qualcosa di divino In effetti, anche i Gentili se hanno potuto avere qualcosa di divino e di giusto nelle loro dottrine, i nostri santi non l'hanno ri fiutato, anche se essi, per le loro superstizioni e la loro condotta depravata, andavano detestati e, se non si fossero convertiti, puniti dal giudizio divino. Lo stesso apostolo Paolo, infatti, parlando di Dio di fronte agli Ateniesi, attestò che alcuni di loro avevano detto qualche verità ( At 17,28 ) e che se fossero venuti a Cristo, certamente sarebbe stata riconosciuta e non riprovata. E contro i pagani, san Cipriano si serve proprio di questi testi. Infatti, parlando dei maghi, disse: Il più autorevole di essi, Ostane, nega che si possa vedere la forma del vero Dio, e dice che, davanti al suo trono assistono angeli veri. Idea sulla quale concorda anche Platone, che, salvando l'unicità di Dio, tutti gli altri li chiama angeli o demoni. Anche Hermes Trismegisto parla di un solo Dio e confessa che è incomprensibile e incommensurabile. Se dunque costoro fossero venuti alla salvezza cristiana, certamente non si sarebbe detto loro: " Avete questo male ", e né: " Avete questa falsità ", ma, molto più giustamente: " A voi, questo, anche se esatto e vero, non sarebbe stato di nessuna utilità, se non foste venuti alla grazia di Cristo ". Se quindi nei pagani stessi si può trovare qualcosa di divino e, giustamente, approvarla, anche se debbono ancora avere la salvezza da Cristo, non bisogna spingersi fino al punto di voler correggere, pur essendo essi migliori degli eretici, ciò che in loro è cattivo ed è loro, e di non voler riconoscere ciò che in loro è buono, ed è di Cristo. Ma ormai gli altri pareri dei concilio li riprenderemo a trattare in un altro capitolo. Libro VII 1.1 - Cipriano sbagliò ma amò l'unità Speriamo di non essere noiosi ai nostri lettori, se trattiamo, sia pure sotto aspetti diversi, lo stesso argomento. È vero che in tutte le nazioni, di fronte agli attacchi che gettano non poca oscurità sulla questione del battesimo, in cui si discute se tra gli eretici e gli scismatici si può trovare lo stesso battesimo della Cattolica, la santa Chiesa è garantita dall'autorità di un'antica consuetudine e di un concilio plenario; tuttavia, visto che uomini non disprezzabili, soprattutto Cipriano, hanno avuto pareri discordi anche nella stessa unità, proprio della sua autorità tentano di avvalersi contro di noi quelli che sono ben lontani dalla sua carità. Per questo noi, ritenendo conveniente trattare ed esaminare i vari temi che abbiamo trovato nel suo concilio e nei suoi scritti, siamo costretti a riprendere, per così dire, in mano, un po' più a lungo, la stessa questione, per mostrare con quanta saggezza la Chiesa cattolica universale ha deciso che gli eretici e gli scismatici, che avevano ricevuto il battesimo di Cristo nella comunione di provenienza, siano ammessi nella comunione cattolica con questo stesso battesimo, dopo essersi corretti del loro errore, ed essersi radicati e fondati nella carità. ( Ef 3,17 ) Sicché, per quanto riguarda il sacramento del battesimo, non si desse loro ciò che avevano, ma si rendesse utile ciò che era in loro. Certo il beato Cipriano, ora che il corpo corruttibile non appesantisce più lo spirito e la dimora terrestre non comprime più la sua mente ricca di idee, ( Sap 9,15 ) vede con più chiarezza quella verità che ha meritato di conseguire con la carità. Aiuti, perciò, con le sue preghiere, noi che fatichiamo in questa carne mortale, come in una nube oscura, perché il Signore ci doni la grazia di imitare, per quanto possibile, le sue doti. Se egli aveva una idea diversa e ne ha convinto alcuni fratelli e colleghi, ora, mentre vede la verità nella luce di Colui che ha amato, noi, che pure siamo di gran lunga inferiori ai suoi meriti, seguendo, secondo la nostra fragilità, l'autorità della Cattolica, di cui egli è un membro insigne e carissimo, vogliamo esporla contro gli eretici e gli scismatici. Si tratta di uomini separati dall'unità che egli conservò, aridi della carità di cui egli fu vigoroso, decaduti dall'umiltà sulla quale egli stava stabile, e che ora egli rimprovera e condanna quanto più conosce la loro volontà di analizzare i suoi scritti, allo scopo di creare insidie e non per imitare la sua condotta nel creare la pace. Sono come quelli che si chiamano cristiani Nazareni e che circoncidono la carne secondo il costume giudaico: eretici nati da quell'errore in cui Pietro cadde e Paolo ( Gal 2,11-14 ) lo riprese, e vi persistono ancora oggi. Ora, come i Nazareni, mentre Pietro, che aveva il primato sugli Apostoli, ha ricevuto la corona del martirio, sono restati nella loro perversità, separati dalla Chiesa, così i Donatisti, mentre Cipriano, per l'abbondanza della sua carità, è stato accolto nella sorte dei santi con la gloria del martirio, essi si considerano esuli dall'unità e, con le loro calunnie, mettono contro la patria dell'unità un cittadino dell'unità. Prendiamo ora le altre opinioni del concilio, ed esaminiamole con lo stesso metodo. 2.2 - Alcuni favoriscono gli eretici e ostacolano i cristiani Marco da Nattari disse: Non ci dobbiamo meravigliare se gli eretici, nemici e avversari della verità, si appropriano del potere e della dignità di altri; ci dobbiamo meravigliare che alcuni dei nostri, traditori della verità, appoggiano gli eretici e combattono i cristiani. Perciò abbiamo deciso che gli eretici vanno battezzati. 2.3 - I cristiani amano l'unità Gli rispondiamo: Tutt'altro. Ci dobbiamo piuttosto meravigliare ed elogiare molto costoro, perché hanno tanto amato l'unità da non temere, pur restando nell'unità con quanti ritenevano traditori della verità, di esserne contagiati. In verità, dopo che Marco aveva detto: Dobbiamo meravigliarci che alcuni dei nostri, traditori della verità, appoggiano gli eretici e combattono i cristiani, mi aspettavo che dicesse: Perciò noi decidiamo di non comunicare con loro. Non ha detto questo, bensì: Perciò noi decidiamo che gli eretici vadano battezzati, conservando la premessa fatta prima dal pacifico Cipriano: Senza giudicare nessuno, né allontanarlo dal diritto della comunione, se avesse una idea diversa. Ora, quando i Donatisti ci calunniano chiamandoci traditori, se esistesse un Giudeo o un pagano che, letto questo concilio, chiamasse prevaricatori sia noi che loro, secondo la loro regola di unità, io vorrei sapere, proprio per confutare e cancellare un'accusa così grave, come dobbiamo difendere la nostra causa comune. Costoro chiamano traditori quelli che né riuscirono a convincerli allora di questo crimine e né possono dimostrarlo ora; al contrario, in questo crimine, dimostrano di esserci essi. Ma che ci importa? Di essi, che certamente sono prevaricatori, che diremo? Se ora noi, benché a torto, veniamo detti traditori, perché accusati di essere succeduti ai traditori nella stessa comunione, a questi prevaricatori siamo succeduti tutti, dato che il partito di Donato non si era ancora diviso dall'unità al tempo del beato Cipriano. È stato infatti dopo il suo martirio, quando ormai erano trascorsi quarant'anni e più, che c'è stata la consegna dei Libri, episodio dal quale incominciarono ad essere chiamati traditori. Se dunque noi siamo traditori perché, come essi credono o immaginano, siamo derivati dai traditori, da quei traditori deriviamo entrambi. Non c'è ragione, infatti, per dire che i Donatisti non sono stati in comunione con loro, visto che li chiamano i nostri. Lo dice il concilio che essi amano citare. Marco infatti ha detto: Alcuni dei nostri, traditori della verità, appoggiano gli eretici. E inoltre c'è la testimonianza di Cipriano, il quale fa capire chiaramente di essere restato nella comunione con loro, quando dice: Senza giudicare nessuno, né allontanarlo dal diritto della comunione, se ha un'opinione diversa. Ora, una opinione diversa, l'avevano quelli che Marco chiama prevaricatori, evidentemente perché sostenevano gli eretici accogliendoli nella Chiesa senza battesimo. Ma che la consuetudine di accoglierli così fosse questa, lo rivelano chiaramente e Cipriano, in molti suoi passi, e alcuni vescovi in questo concilio. È evidente quindi che se gli eretici non hanno il battesimo, a quell'epoca, la Chiesa di Cristo era piena di prevaricatori che, per favorire gli eretici, li accoglievano così. Si difenda dunque la causa comune contro l'accusa di prevaricazione che essi non possono negare, e allora si difenderà la nostra causa contro l'accusa di consegna, che non sono riusciti a dimostrare. Ma difendiamoci come se lo avessero dimostrato. In questo caso, la stessa risposta che ambedue daremmo a quanti ci obiettano la prevaricazione dei nostri predecessori, la daremo ai Donatisti, che ci obiettano la consegna dei nostri antenati. Come infatti per la consegna dei nostri antenati, motivo che li indusse a separarsi, siamo morti noi, così per la prevaricazione degli antenati, parenti nostri e loro, siamo morti entrambi. Essi, però, si considerano vivi, e credono, quindi, che quella prevaricazione non li riguardi; e allora non riguarda nemmeno noi quella consegna. Ma secondo loro la prevaricazione è certa; secondo noi, invece, non è né vera la precedente prevaricazione, poiché diciamo che anche gli eretici possono avere il battesimo di Cristo, e né vera la successiva consegna, poiché in questa vicenda sono stati sconfitti. Ne consegue che i Donatisti non hanno alcun motivo per separarsi da noi con l'empio crimine dello scisma; infatti, se i nostri antenati non sono stati traditori, come noi sosteniamo, la cosa non ci riguarda affatto, se invece lo sono stati, come sostengono loro, la cosa non riguarda noi, proprio come non riguardano né noi e né loro quei prevaricatori. Così, se dall'iniquità dei nostri antenati non consegue nessun nostro delitto, dal loro scisma consegue, di certo, un loro delitto. 3.4 - Gli eretici devono temere il giudizio Sazio da Sicilibba ha detto: Se agli eretici, nel loro battesimo, i peccati sono rimessi, non hanno motivo di venire alla Chiesa. In effetti, visto che nel giorno del giudizio si puniscono i peccati, gli eretici non hanno niente da temere dal giudizio di Cristo, se la remissione dei peccati l'hanno già ottenuta. 3.5 - Poteva essere anche la nostra opinione; ma spetta all'autore vedere il senso che le ha dato. Tuttavia è stata espressa in termini così sfumati, che non mi rincresce condividerla e sottoscriverla nel senso, io credo, che gli eretici possono avere il battesimo di Cristo, ma non la remissione dei peccati. Egli non ha detto: Se gli eretici battezzano o sono battezzati, ma: Se agli eretici, nel loro battesimo, i peccati sono rimessi, non hanno motivo di venire alla Chiesa. Ora, al posto degli eretici mettiamoci quelli che Cipriano conosceva nella Chiesa: quelli che rinunciavano al mondo solo a parole e non a fatti, e con altrettante parole possiamo anche noi formulare, con tutta verità, questo parere: " Se, quando si dà il battesimo ai falsi convertiti, si rimettono loro i peccati, essi non hanno motivo di condurli poi ad una vera conversione. In effetti, se nel giorno del giudizio si puniscono i peccati, non hanno nulla da temere dal giudizio di Cristo, quanti rinunciano al mondo solo a parole e non a fatti, se essi hanno già ottenuta la remissione dei peccati ". Questo ragionamento è completato dalla seguente frase: Essi invece debbono temere il giudizio di Cristo e convertirsi con cuore sincero; e quando lo faranno, certamente non è necessario che si ribattezzino. Dunque, hanno potuto ricevere il battesimo e non ricevere la remissione dei peccati, o, appena rimessi i peccati, ne sono subito gravati di nuovo. Avviene lo stesso per gli eretici. 4.6 - Ribattezzare è contro la ragione Vittore da Gor ha detto: Se è vero che i peccati si rimettono solo nella Chiesa, chi ammette alla comunione un eretico, senza il battesimo, fa due cose irragionevoli: non purifica gli eretici e contamina i cristiani. 4.7 - Il battesimo della Chiesa è presso gli eretici Gli rispondiamo che il battesimo della Chiesa esiste anche tra gli eretici, anche se essi non sono nella Chiesa, come l'acqua del paradiso scorreva sulla terra d'Egitto, anche se questa terra non era nel paradiso. Non è vero, quindi, che noi ammettiamo gli eretici alla comunione senza battesimo; e, se emendatisi della loro perversità, vengono da noi, non accogliamo i loro peccati, ma i sacramenti di Cristo. Sulla remissione dei peccati, poi, richiamiamo quanto detto sopra. Quanto alla frase conclusiva: " Fa due cose irragionevoli: non purifica gli eretici e contamina i cristiani, essa è stata respinta per primo soprattutto dallo stesso Cipriano e dai colleghi, che lo sostenevano. Egli infatti non credette di contaminarsi, quando, per amore del vincolo della pace, decise che bisognava essere in comunione con gli altri, dicendo: Senza giudicare nessuno, né allontanare dal diritto della comunione chi avesse idee diverse. Ora, se è vero che gli eretici ammessi alla comunione senza essere battezzati, contaminano, contaminata è tutta la Chiesa, a causa della consuetudine tante volte qui menzionata. E siccome i Donatisti ci chiamano traditori, per via dei nostri antenati, nei quali non sono riusciti a provare nessuna accusa, se è vero che ciascuno diventa simile a colui con cui comunica, tutti, a quell'epoca, diventarono eretici. Ma se chi parla così è un demente, allora è falso quanto dice Vittore: Ammettere un eretico alla comunione, senza battesimo, non è purificare gli eretici, ma contaminare i cristiani. Al contrario, se è vero, allora non erano ammessi senza battesimo, ma avevano il battesimo di Cristo, anche se dato e ricevuto presso gli eretici, quelli che si ammettevano così, secondo la consuetudine, di cui essi ammettono l'esistenza. È quindi giusto che anche ora si ammettano così. 5.8 - Battezzare gli eretici è comunicare con loro Aurelio da Utica ha detto: Sebbene l'Apostolo dica che non bisogna comunicare con i peccati altrui, ( 1 Tm 5,22 ) che altro fa chi comunica con gli eretici, privi del battesimo della Chiesa, se non comunicare con i peccati altrui? Per questo ritengo che bisogna battezzare gli eretici: perché possano ricevere il perdono dei peccati, e così essere in comunione con noi. 5.9 - Si risponde: Cipriano e tutti questi vescovi, quindi, comunicarono coi peccati altrui, in quanto restarono nella comunione coi peccatori e non allontanarono dal diritto di comunione chi dissentiva da loro. Dov'è, dunque, la Chiesa? Inoltre, per non parlare degli eretici: visto che le parole di questa sentenza possono applicarsi anche ad altri peccatori, come quelli che Cipriano vedeva con sé nella Chiesa, e che egli vedeva, compiangeva, rimproverava e sopportava, dov'è la Chiesa che, secondo questa sentenza, si ritiene finita già da allora per il contagio dei peccati? Se invece, e questa è la verità più certa, la Chiesa è rimasta e rimane, significa che la comunione con i peccatori, che l'Apostolo vieta, ( 1 Tm 5,22 ) va interpretata come una approvazione. Ebbene, si battezzino di nuovo gli eretici, per ricevere il perdono dei peccati, se si battezzano di nuovo i perversi e gli invidiosi che, pur avendo rinunciato al mondo a parole e non a fatti, hanno, sì, potuto ricevere il battesimo, ma non ottenere il perdono dei peccati, poiché il Signore dice: Se voi non perdonerete, neppure il Padre vostro perdonerà a voi. ( Mt 6,15 ) 6.10 - Approvare il battesimo degli eretici è disapprovare il nostro Giambo da Germaniana disse: Quanti approvano il battesimo degli eretici, disapprovano il nostro, tanto da negare che quelli che sono stati, non dico lavati, ma sporcati, fuori della Chiesa, sia necessario battezzarli nella Chiesa. 6.11 - Il battesimo non è né nostro né degli eretici, ma di Cristo Gli si risponde, che nessuno di noi approva il battesimo degli eretici, ma quello di Cristo, benché si trovi tra gli eretici che sono, per così dire, la paglia esterna, così come si trova tra gli altri iniqui che sono, per cosi dire, la paglia interna. In effetti, se quanti si fanno battezzare fuori della Chiesa, non vengono lavati, ma sporcati, non v'è dubbio che quanti si fanno battezzare fuori della pietra, su cui è fondata la Chiesa, non sono lavati, ma sporcati. Ora, sono fuori di questa pietra tutti quelli che ascoltano le parole di Cristo e non le mettono in pratica. E se costoro vengono lavati dal battesimo, ma restano sporchi nelle loro iniquità, dalle quali non hanno voluto liberarsi per diventare migliori, lo stesso vale per gli eretici. 7.12 - Non c'è nessun rapporto tra la luce e le tenebre Luciano da Rucuma disse: Sta scritto: " E Dio vide che la luce era buona, e separò la luce dalle tenebre ". ( Gen 1,4 ) Ora, se può esserci accordo tra la luce e le tenebre, può esserci qualcosa in comune anche tra noi e gli eretici. Perciò ritengo che gli eretici vadano battezzati. 7.13 - Vale per tutti gli ingiusti Gli si risponde: Se può esserci accordo tra la luce e le tenebre, può esserci qualcosa in comune anche tra i giusti e gli ingiusti. Proponga dunque, Luciano, di battezzare gli ingiusti, che Cipriano rimproverava nella Chiesa stessa. E se poi non sono ingiusti quelli che rinunciano al mondo a parole e non a fatti, dica lui chi può esserlo. 8.14 - L'eresia non è la Chiesa Pelagiano da Luperciana disse: Sta scritto: " O Dio è Dio, o Baal è dio ". ( 1 Re 18,21 ) Così ora: o la Chiesa è la Chiesa o è l'eresia la Chiesa. Ora, se l'eresia non è la Chiesa, come può esservi presso gli eretici il battesimo della Chiesa? 8.15 - Possiamo rispondergli così: O il paradiso è paradiso, o è l'Egitto il paradiso. Ora, se l'Egitto non è il paradiso, come può trovarsi, in Egitto, l'acqua del paradiso? Ma ci si dirà: Uscendo da lì, essa è arrivata anche laggiù. Allo stesso modo è arrivato agli eretici il battesimo. Parimenti diciamo: " O è la pietra la Chiesa, o è la sabbia la Chiesa. Ora, poiché la sabbia non è la Chiesa, come si può trovare il battesimo di Cristo, presso quelli che edificano sulla sabbia ascoltando le parole di Cristo e non mettendole in pratica? ( Mt 7,26 ) Eppure vi si trova. Ugualmente presso gli eretici. 9.16 - Il battesimo è nella sola Chiesa cattolica Giadro da Midila disse: Sappiamo che c'è un unico battesimo: quello nella Chiesa cattolica; e quindi non dobbiamo accogliere l'eretico, se non è stato battezzato presso di noi, perché non creda di essere stato battezzato fuori della Chiesa cattolica. 9.17 - Gli si risponde che se questo si dicesse degli ingiusti, che sono fuori della pietra, si direbbe certamente che è falso. Quindi vale anche degli eretici. 10.18 - Felice da Marassana disse: C'è una sola fede e un solo battesimo, ( Ef 4,5 ) ma è della Chiesa cattolica che, sola, ha il potere di battezzare. 10.19 - Gli si risponde: Che fare se un altro dicesse: C'è una sola fede e un solo battesimo, ma è riservato ai giusti che, soli, possono battezzare? Come si respingerebbero queste parole, così dobbiamo respingere questa opinione. O forse anche gli ingiusti, che non sono cambiati neppure nel battesimo, poiché rinunciano al mondo solo a parole e non a fatti, appartengono alle membra della Chiesa? Vedano se è questa la pietra, se è questa la colomba, se è questa la Sposa senza macchia né ruga. ( Ef 5,27 ) 11.20 - Se gli atei hanno o no il battesimo Paolo da Obba disse: Non mi preoccupa se qualcuno non difende la fede e la verità della Chiesa, visto quanto dice l'Apostolo: " E che? Se alcuni di loro si sono staccati dalla fede forse la loro infedeltà ha annullato la fedeltà di Dio? Impossibile! Dio è verace e ogni uomo è mentitore ". ( Rm 3,3-4 ) Ora, se Dio è verace, come può trovarsi la verità del battesimo presso gli eretici, nei quali non c'è Dio? 11.21 - Gli si risponde: E che? C'è forse Dio presso gli avari? Eppure c'è il battesimo. Così presso gli eretici. Quelli infatti presso i quali c'è Dio, sono tempio di Dio. ( 1 Cor 3,16 ) Ora, quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli? ( 2 Cor 6,16 ) Ora, che l'avarizia sia una idolatria, Paolo lo pensa ( Ef 5,5 ) e Cipriano è d'accordo, e costui stesso è vissuto tra colleghi rapitori e tuttavia battezzatori, ricevendo il grande premio della tolleranza. 12.22 - Eretici e peccatori non danno la remissione dei peccati Pomponio da Dionisiana disse: È evidente che gli eretici non possono battezzare, né dare il perdono dei peccati; essi infatti non hanno nessun potere di sciogliere o legare in terra. ( Mt 18,18 ) 12.23 - Si risponde: Questo potere non l'hanno neanche gli omicidi, quelli cioè che odiano i fratelli. ( 1 Gv 3,15 ) Non è a costoro, infatti, che è stato detto: A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi, e a chi li riterrete saranno ritenuti. ( Gv 20,23 ) Eppure battezzano e, nella stessa comunione del battesimo, Paolo li tollera ( Fil 1,15 ) e Cipriano li riconosce. 13.24 - Avere il battesimo comune con gli eretici è contaminare la Sposa di Cristo Venanzio da Tinisa disse: Se un marito, partendo per un viaggio, ( Mt 25,14 ) affidasse la propria moglie ad un suo amico perché gliela custodisca, l'amico conserverebbe con tutta la cura possibile la donna affidatagli, perché nessuno violi la sua castità e santità. Cristo, Signore e Dio nostro, tornando al Padre, ci ha affidato la sua Sposa. La custodiamo incorrotta e inviolata, o consegniamo agli adulteri e ai corruttori la sua integrità e castità? Ora, chi mette in comune con gli eretici il battesimo della Chiesa, abbandona agli adulteri la Sposa di Cristo 13.25 - Rispondiamo: E che? Quelli che nel battesimo si convertono a Dio con le labbra e non con il cuore, non hanno forse uno spirito adultero? Non sono forse amanti del mondo, essi che non hanno rinunciato a fatti, ma a parole e che quindi corrompono i buoni costumi con i loro cattivi discorsi, ( 1 Cor 15,33 ) dicendo: Mangiamo e beviamo, domani moriamo? ( 1 Cor 15,32 ) E non ci ha forse messi in guardia da costoro, la Parola dell'Apostolo, dove ha detto: Ora io temo che come il serpente sedusse Eva, con la sua scaltrezza, così si corrompano i vostri cuori, dalla castità che è in Cristo? ( 2 Cor 11,3 ) Ora, se Cipriano aveva in comune coi peccatori il battesimo di Cristo, che forse consegnava agli adulteri la Sposa di Cristo? O piuttosto riconosceva il monile dello Sposo ( Is 61,10 ) anche nell'adultera? 14.26 - Non vi sono due battesimi Aymmo da Ausuagiga disse: Noi abbiamo ricevuto un solo battesimo e questo amministriamo. Ora, chi dice che anche agli eretici è permesso battezzare, di battesimi ne ammette due. 14.27 - Gli si risponde: Perché non ammette due battesimi anche chi dice che possono battezzare anche gli ingiusti? Se infatti è vero che giusti e ingiusti sono tra loro opposti, il battesimo dato dai giusti, come Paolo e come Cipriano, non è però opposto al battesimo che davano quegli ingiusti che odiavano Paolo ( Fil 1,15 ) e che Cipriano non ha considerati eretici, ma cattivi cattolici. E pur essendo opposte tra di loro la continenza di Cipriano, e l'avarizia dei colleghi di Cipriano, il battesimo che dava Cipriano non era opposto a quello che davano i colleghi, ma era l'unico e il medesimo. Chi battezza, infatti, è quegli di cui è stato detto: Egli è colui che battezza. ( Gv 1,33 ) 15.28 - Se gli eretici battezzano sono scusati dalla colpa Saturnino da Vittoriana disse: Se agli eretici è permesso battezzare, essi sono scusati e protetti nel male che fanno, e non vedo perché Cristo li chiami suoi nemici e l'Apostolo anticristi. ( 1 Gv 2,22 ) 15.29 - Gli si risponde: Noi diciamo che agli eretici non è permesso battezzare, così come diciamo che non è permesso battezzare agli ingannatori. Non solo all'eretico, ma anche al peccatore il Signore dice: Perché vai parlando dei miei precetti e hai sulla tua bocca la mia alleanza? ( Sal 50,16 ) È certo a questi che Dio ha detto: Se vedevi un ladro, correvi con lui. ( Sal 50,18 ) Quanto erano peggiori dunque quelli che non correvano con i ladri, ma rapivano i terreni con frodi e raggiri? Cipriano però non correva con loro, anche se li tollerava nella messe cattolica, per non sradicare insieme anche il grano. Ciononostante anche ciò che essi davano, era l'unico e medesimo battesimo, perché non era loro, ma di Cristo. Quindi, come costoro, quantunque si riconosca in essi il battesimo di Cristo, non sono scusati e protetti nel compiere azioni cattive, e giustamente Cristo li chiama suoi nemici, perché, se persisteranno in questi crimini, sentiranno dirsi: Allontanatevi da me, operatori di iniquità, ( Mt 7,23 ) e quindi vengono chiamati anticristi, perché sono contrari a Cristo, in quanto vivono contro i suoi precetti, così pure gli eretici. 16.30 - L'esempio di Marcione Un altro Saturnino, da Tucca, disse: I Gentili, pur adorando gli idoli, riconoscono e proclamano un Dio sovrano, Padre e Creatore. Contro questo Dio Marcione bestemmia; eppure ci sono di quelli che non si vergognano di approvare il battesimo di Marcione. Come possono conservare o difendere il sacerdozio di Dio, simili sacerdoti che non battezzano i nemici di Dio e così comunicano con loro? 16.31 - Certamente, quando parlano così, si supera la misura e non si considera che anch'essi comunicavano coi peccatori, non giudicando nessuno e non allontanando dal diritto della comunione chi aveva un'idea diversa. Ma nel suo intervento Saturnino ha detto una cosa che avrebbe potuto ricordargli, se l'avesse avvertita: che in ogni uomo va corretto ciò che è distorto e approvato ciò che è retto, dal momento che egli ha detto: I Gentili, benché adorino gli idoli, riconoscono e proclamano un Dio sovrano, Padre e creatore. Ebbene, se andasse da lui un tale Gentile, che forse vorrà correggere e cambiare in lui la fede e la conoscenza di Dio Padre e creatore? No, ma si limiterebbe a correggere in lui l'idolatria, cioè il male che aveva, e gli darebbe i sacramenti cristiani che non aveva; e se riconoscesse in lui una cosa giusta, l'approverebbe; se trovasse una cosa perversa, l'emenderebbe; se gli mancasse qualcosa, gliela darebbe. Così anche nell'eretico marcionista: egli riconoscerebbe l'integrità del battesimo, correggerebbe la sua perversità, e gli insegnerebbe la verità cattolica. 17.32 - Non battezzare gli eretici è comunicare con i peccatori Marcello da Zama disse: Visto che i peccati si rimettono solo col battesimo della Chiesa, chi non battezza un eretico è in comunione con un peccatore. 17.33 - E che? Colui che comunica con chi agisce così, non entra forse in comunione con un peccatore? Ma che altro facevano tutti quelli che non giudicavano nessuno, né allontanavano dal diritto della comunione chi pensava diversamente? Dov'è, dunque, la Chiesa? Oppure a coloro che hanno pazienza e che tollerano la zizzania, per non sradicare il grano, la zizzania non porta danno? ( Mt 13,29 ) E allora imparino i Donatisti che, separandosi senza motivo dal mondo, hanno commesso il sacrilegio dello scisma! A che serve avere sulla bocca la sentenza di Cipriano, se non hanno in cuore la pazienza di Cipriano? Quanto a Marcello, gli si risponde con ciò che abbiamo detto in precedenza sul battesimo e sulla remissione dei peccati, quando ci siamo chiesti come può esservi il battesimo in un uomo, anche se in lui non c'è la remissione dei peccati. 18.34 - Non ribattezzare è una eresia maggiore Ireneo da Ululi disse: Se la Chiesa non battezza un eretico, perché si dice che è già stato battezzato, l'eresia è più grande. 18.35 - Si risponde: Ugualmente si può dire: Se la Chiesa non battezza un avaro, perché si dice che è già stato battezzato, l'avarizia è più grande. Ma questo è falso. Quindi anche quello. 19.36 - Chi non ribattezza gli eretici dimostri che nell'eresia c'è la Chiesa Donato da Cibaliana disse: Io conosco una sola Chiesa e un solo battesimo della Chiesa. Se qualcuno dice che presso gli eretici c'è la grazia del battesimo, deve prima mostrare e provare che da loro c'è la Chiesa. 19.37 - Gli si risponde: Se tu chiami grazia del battesimo, il battesimo stesso, esso c'è tra gli eretici; se invece il battesimo è il sacramento della grazia, e la grazia è la cancellazione dei peccati, presso gli eretici non c'è la grazia del battesimo. Ora, come uno solo è il battesimo e una sola è la Chiesa, così una sola è la speranza. ( Ef 4,4-5 ) Quindi, come i buoni e i cattivi, pur non avendo l'unica speranza, possono avere l'unico battesimo, così quanti non hanno in comune la Chiesa, possono avere in comune il battesimo. 20.38 - Bisogna imitare Pietro Zosimo da Tarassa disse: Manifestatasi la verità, l'errore si arrenda alla verità; anche Pietro, infatti, che prima circoncideva, si arrese a Paolo che predicava la verità. ( Gal 2,11-14.70 ) 20.39 - Si risponde: Anche questa opinione potrebbe essere nostra; così è avvenuto nella questione sul battesimo. In seguito, manifestatasi la verità con più chiarezza, l'errore ha ceduto il posto alla verità quando questa salutarissima consuetudine è stata confermata anche dall'autorità di un concilio plenario. Bene hanno fatto, comunque, costoro, a ricordare più volte che anche il primo degli Apostoli, Pietro, ha potuto pensare in modo diverso da quanto la verità richiedeva. E questo è capitato anche a Cipriano: lo crediamo senza offesa tutti noi che amiamo Cipriano, perché non è lecito amarlo con un amore più grande di Pietro. 21.40 - L'eresia non viene dal cielo Giuliano da Telepte disse: Sta scritto: Nessuno può ricevere qualcosa, se non gli è stata data dal cielo. ( Gv 3,27 ) Se l'eresia viene dal cielo, essa può dare il battesimo. 21.41 - Ascolti che dice un altro: Se l'avarizia viene dal cielo, può dare il battesimo. Eppure, gli avari lo danno; dunque anche gli eretici 22.42 - Non fare dell'eretico un cristiano Fausto da Timida Regale disse: Non si illudano i patrocinatori degli eretici. Chi, per favorire gli eretici, va contro il battesimo della Chiesa, rende essi cristiani e noi eretici. 22.43 - Gli si risponde: Se si dicesse che uno, all'atto di ricevere il battesimo, non ha ricevuto la remissione dei peccati perché portava in cuore l'odio per i fratelli, e che non va ribattezzato quando depone l'odio dal cuore, ci si oppone forse al battesimo della Chiesa per favorire gli omicidi? O si rendono essi giusti e noi omicidi? Lo si applichi, quindi, anche agli eretici. 23.44 - Alcuni preferiscono gli eretici ai vescovi Geminio da Furni disse: Alcuni colleghi possono anteporre gli eretici a se stessi, non a noi. E quindi, la decisione presa una volta, la manteniamo: dobbiamo battezzare quanti vengono dagli eretici. 23.45 - Anche questi ammette molto apertamente che alcuni suoi colleghi pensavano diversamente. Quindi, una volta di più si conferma l'amore per l'unità, poiché non si sono separati tra di loro con lo scisma, finché Dio non rivelasse, ( Fil 3,15 ) ad una delle due parti, ciò che pensavano diversamente. A Geminio, comunque, rispondo che i suoi colleghi non anteponevano gli eretici a se stessi, ma che riconoscevano anche negli eretici il battesimo di Cristo, come lo si riconosce negli avari, nei truffatori, nei ladroni, negli omicidi. 24.46 - L'assemblea di Satana non ha il battesimo Rogaziano da Nova disse: La Chiesa l'ha fondata Cristo, l'eresia il diavolo. Come può avere il battesimo di Cristo la sinagoga di satana? 24.47 - Risposta: E che? Se Cristo ha formato gli uomini pii, e il diavolo quelli invidiosi, per questo il partito del diavolo, che consiste, come è dimostrato, negli invidiosi, non può avere il battesimo di Cristo? 25.48 - Confronto con Giuda Terapio da Bolla disse: Chi concede e consegna agli eretici il battesimo della Chiesa, che altro è, per la Sposa di Cristo, se non un Giuda? 25.49 - Che forte confutazione degli scismatici, che si sono separati con un orrendo sacrilegio dall'eredità di Cristo diffusa nel mondo, sarebbe, se veramente Cipriano era in comunione con gente come Giuda, il traditore, ma non si contaminava! Se però si contaminava, diventarono, allora, tutti dei Giuda; dunque, anche ora sono tutti Giuda: ma se non lo sono, significa che i crimini degli antenati non toccano i posteri, anche se sono sorti dalla stessa comunione. Perché allora i Donatisti ci rinfacciano questi traditori, di cui non hanno provato la colpevolezza, e non rinfacciano a se stessi il nome di Giuda, con cui furono in comunione Cipriano e i suoi colleghi? Ecco il concilio di cui essi sono soliti vantarsi! In realtà, noi diciamo che non consegna agli eretici il battesimo della Chiesa, chi approva il battesimo di Cristo anche negli eretici, come non consegna agli omicidi il battesimo della Chiesa, chi approva il battesimo di Cristo anche negli omicidi. Ma poiché i Donatisti cercano di dettarci, traendole da questo concilio, le idee che dobbiamo avere, siano i primi essi a condividerle. Ecco, sono stati paragonati a Giuda, il traditore, quanti dicevano che gli eretici, anche se battezzati nell'eresia, non debbono essere ribattezzati! Ma è con dei Giuda che comunicava Cipriano, che disse: Non giudicare nessuno, né allontanare dal diritto della comunione nessuno, se ha una opinione diversa. E questi Giuda c'erano anche prima nella Chiesa, come manifesta questa sua frase: Ma si dirà: che ne sarà di coloro che in passato sono stati accolti nella Chiesa senza battesimo? Che poi fosse questa la consuetudine della Chiesa, lo ricordano gli stessi membri del concilio. Ora, se chi non ribattezza non è che un Giuda per la Sposa di Cristo, come ha detto Terapio, ma Giuda, come insegna il Vangelo, fu un traditore: dunque hanno comunicato con dei traditori, tutti quelli che lo dicevano anche allora e, prima che lo dicessero, erano tutti diventati dei traditori per via della consuetudine, che allora la Chiesa seguiva. Tutti dunque, noi e loro, in quanto derivati da quella unità, siamo traditori. Ma noi ci difendiamo in due modi: primo, perché non siamo d'accordo con il concilio, in cui è stato espresso questo parere, salvo il diritto dell'unità, come Cipriano stesso ha premesso; e poi perché riteniamo che nell'unità cattolica, in attesa che alla fine la paglia venga separata dal grano, i cattivi non fanno nessun danno ai buoni. Quanto ai Donatisti, visto che citano il concilio quasi a favore loro, e sostengono che, per la comunione con i cattivi, quasi per un contagio, i buoni periscono, non trovano come dire: o che i primi cristiani, da cui essi sono derivati, non furono traditori, perché sono convinti da questo concilio, o che i crimini degli antichi non riguardano loro, visto che ci obiettano i nostri antenati. 26.50 - Dio non ascolta il peccatore Un altro Lucio, da Membressa, disse: Sta scritto: " Dio non ascolta il peccatore ". ( Gv 9,31 ) Chi è peccatore, come può essere ascoltato nel battesimo? 26.51 - Rispondiamo: E perché viene ascoltato un avaro, un ladrone, un usuraio e un omicida? O questi non sono peccatori? Eppure Cipriano li rimprovera e li tollera nella Cattolica. 27.52 - La consuetudine non è da preferirsi alla verità Un altro Felice, da Buslaceni, disse: Nell'ammettere gli eretici senza il battesimo della Chiesa, nessuno anteponga la consuetudine alla ragione e alla verità, perché ragione e verità escludono sempre la consuetudine. 27.53 - Gli si risponde: Tu, mentre non mostri la verità, ammetti la consuetudine. Noi quindi avremmo il diritto di seguire una consuetudine, confermata in seguito da un concilio plenario, quand'anche la verità, che noi riteniamo ormai svelata, fosse ancora nascosta. 28.54 - Gli anticristi non possono ribattezzare Un altro Saturnino, da Abitini, disse: Se l'anticristo può dare la grazia di Cristo, possono battezzare anche gli eretici, chiamati anticristi. 28.55 - Ma non potrebbe un altro dire: Se un omicida può dare la grazia di Cristo, possono battezzare anche quelli che odiano i fratelli e che sono chiamati omicidi? ( 1 Gv 3,15 ) Sembra quasi che abbia ragione, eppure lo possono fare. Dunque anche gli eretici. 29.56 - Gli eretici non hanno il battesimo Quinto da Aguta disse: Può dare qualcosa solo chi ha qualcosa. Ma che cosa possono dare gli eretici che, come si sa, non hanno niente? 29.57 - Gli si risponde: Se è vero che può dare qualcosa solo chi ha qualcosa, è evidente che gli eretici possono dare il battesimo, perché, pur allontanandosi dalla Chiesa, conservano il sacramento del lavacro che vi hanno ricevuto. In effetti, ritornando, non lo ricevono, perché, andandosene, non lo hanno perso. 30.58 - L'uomo non può servire a due padroni Un altro Giuliano, da Marcelliana, disse: Se un uomo può servire a due padroni, a Dio e a mammona, ( Mt 6,24 ) può anche servire a due battesimi, al cristiano e all'eretico. 30.59 - Anzi, se egli può servire al casto e all'avaro, al sobrio e all'ubriacone, al pio e all'omicida, perché non al cristiano e all'eretico? Veramente egli non li serve, ma amministra loro o riceve da loro il sacramento, per la salvezza di chi ne fa buon uso e per la condanna di chi ne fa un cattivo uso. 31.60 - Dove non c'è la Chiesa non c'è battesimo Tenace da Horrea Celia, disse: C'è un solo battesimo, ma è della Chiesa. E dove non c'è la Chiesa, non può esserci il battesimo. 31.61 - Gli rispondiamo: Perché allora può esserci dove non c'è la pietra, ma la sabbia, se la Chiesa sta sulla pietra e non sulla sabbia? 32.62 - Gli eretici non hanno né Dio né Cristo Un altro Vittore, da Assura, disse: Sta scritto: C'è un solo Dio, un solo Cristo, una sola Chiesa, un solo battesimo. ( Ef 4,4-5 ) Come è possibile battezzarsi dove non c'è Dio, né Cristo, né Chiesa? 32.63 - E come è possibile farlo sulla sabbia, dove non c'è la Chiesa, perché sta sulla pietra, né Dio e né Cristo, perché il tempio di Dio e di Cristo non sta sulla sabbia? 33.64 - Fuori della Chiesa non c'è salvezza Donatulo da Capsa, disse: Anche io ho sempre pensato che gli eretici, che fuori non hanno ottenuto niente, convertendosi alla Chiesa, vanno battezzati. 33.65 - A costui si risponde: Certo, fuori non hanno ottenuto niente, ma in ordine alla salvezza, non al sacramento. Infatti, la salvezza è solo per i buoni, i sacramenti sono comuni ai buoni e ai cattivi. 34.66 - L'eretico non può dare ciò che non ha Verulo da Russicade disse: Un eretico non può dare ciò che non ha; a maggior ragione uno scismatico, che ha perso ciò che aveva. 34.67 - Abbiamo già mostrato che essi hanno il battesimo, perché andandosene, non lo perdono. Quando ritornano, infatti, non lo ricevono. Perciò, se credevano di non poterlo dare, perché pensavano di non averlo, capiscano anche che possono darlo, se riconoscono di averlo. 35.68 - Gli eretici non possono avere niente Pudenziano da Cuiculi disse: La dignità dell'episcopato, fratelli dilettissimi, mi ha portato a sostenere le decisioni dei nostri antenati. Che, in effetti, le eresie non hanno né possono nulla, è evidente; quindi è molto giusto avere stabilito di battezzare chi viene dall'eresia. 35.69 - La risposta data ai colleghi precedenti, i cui giudizi Pudenziano sosteneva, si intenda data anche a lui. 36.70 - Gli eretici che vengono alla Chiesa bisogna battezzarli Pietro da Ippona Zarito disse: Dato che c'è un solo battesimo, quello nella Chiesa cattolica, è chiaro che non ci si può battezzare fuori della Chiesa. Quindi i battezzati nell'eresia o nello scisma, venendo alla Chiesa, penso che bisogna battezzarli. 36.71 - È così vero che c'è un solo battesimo, nella Cattolica, che quando alcuni escono dalla Chiesa, i battesimi, in essi, non diventano due, ma rimane il solo e medesimo. Quindi, ciò che viene riconosciuto in quelli che ritornano, è il battesimo ricevuto da quelli dai quali si sono allontanati, che essi, allontanandosi, non hanno perso. 37.72 - Si deve annullare tutto ciò che fanno gli eretici Un altro Lucio, da Ausafa, disse: Secondo il sentimento del mio cuore e dello Spirito Santo, se c'è un solo Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, un solo Cristo e una sola speranza, un solo Spirito e una sola Chiesa, anche il battesimo ( Ef 4,4-5 ) deve essere uno solo. Perciò dico che, se presso gli eretici è stato mosso o fatto alcunché, deve essere annullato, e quanti dall'eresia pervengono alla Chiesa, vanno battezzati. 37.73 - Si annulli, allora, il battesimo dato da quanti ascoltano le parole di Dio e non le mettono in pratica, ( Mt 7,26 ) quando incominciano a passare dall'iniquità alla giustizia, cioè dalla sabbia alla pietra. Ma se questo non si fa, perché anche in essi ciò che era di Cristo non veniva violato dalle loro iniquità, allora lo si intenda anche degli eretici. In effetti, fin quando restano sulla sabbia, neppure essi hanno la stessa speranza di quelli che stanno sulla pietra. Tuttavia, in tutte e due vi è uno stesso battesimo, anche se è stato detto che, come vi è una sola speranza, così vi è un solo battesimo. 38.74 - Il battesimo degli eretici non dà la grazia Felice da Gurgita disse: Io penso che, secondo gli insegnamenti delle sacre Scritture, le persone battezzate illecitamente dagli eretici, fuori della Chiesa, se vogliono ritornare nella Chiesa, devono ricevere la grazia del battesimo, dove esso viene dato lecitamente. 38.75 - Rispondo: Anzi, esse incominciano ad avere lecitamente, per la loro salvezza, ciò che avevano illecitamente, per la loro rovina; perché quando uno si converte a Dio con cuore sincero, è giustificato dallo stesso battesimo, che lo giudicava nel momento in cui, ricevendolo, egli aveva rinunciato al mondo solo a parole e non a fatti. 39.76 - Il battesimo degli eretici non dà la salvezza Pusillo da Lamasba disse: Io credo che il battesimo salutare non si trova che nella Chiesa cattolica. Tutto ciò che è fuori della Cattolica, è una finzione. 39.77 - È vero: Il battesimo salutare non si trova che nella Chiesa cattolica. Certo, esso può trovarsi anche fuori della Cattolica, ma qui non è salutare, perché non vi opera la salvezza. Come il buon odore di Cristo non è certamente salutare in quelli che si perdono, ( 2 Cor 2,15 ) non per un difetto suo, ma per uno loro. Tutto ciò che si trova fuori della Cattolica è una finzione, ma solo in quanto non è cattolico. Ma fuori della cattolica può esservi qualcosa di cattolico, come, fuori della comunità di Cristo, poté esservi il nome di Cristo; e in questo Nome scacciava i demoni quel tale che non seguiva Cristo con i discepoli. ( Mc 9,38 ) Certo, la finzione può trovarsi anche nella Cattolica, in quelli che rinunciano al mondo a parole e non a fatti; però la finzione non è cattolica. Dunque, come nella Cattolica si trova ciò che non è cattolico, così, fuori della Cattolica può esservi qualcosa di cattolico. 40.78 - Gli eretici non hanno niente Salviano da Gazaufala disse: Che gli eretici non abbiano niente, è risaputo; perciò vengono da noi: per poter ricevere ciò che non hanno. 40.79 - Rispondiamo: Dunque non sono eretici gli autori delle eresie, perché si sono allontanati dalla Chiesa e certamente avevano ciò che vi hanno ricevuto. Ma se è assurdo dire che non sono eretici quelli che fanno diventare eretici tutti gli altri, può darsi che un eretico abbia un bene che usa male e lo porta alla perdizione. 41.80 - Seguire la verità non la consuetudine Onorato da Tucca disse: Cristo è la verità, e quindi noi dobbiamo seguire più la verità che la consuetudine, in modo da consacrare col battesimo della Chiesa gli eretici che vengono da noi, perché fuori non hanno potuto ricevere niente. 41.81 - Anche costui è un testimone della consuetudine, e in questo ci è di enorme aiuto, qualunque cosa sembra voler dire contro di noi. Ora, non è che gli eretici vengono da noi, perché fuori non hanno ricevuto niente, ma perché ad essi cominci ad essere utile ciò che hanno ricevuto. Il che, fuori, non è proprio possibile. 42.82 - Consiglio di un nuovo vescovo Vittore da Ottavo disse: Lo sapete anche voi: non è da molto che io sono vescovo, e perciò aspettavo il parere dei miei predecessori. Allora penso che quanti vengono dall'eresia, bisogna certamente battezzarli. 42.83. Consideri rivolta a sé la risposta data a quelli, dai quali aspettava un consiglio. 43.84 - I vescovi fanno ciò che hanno fatto gli Apostoli Claro da Mascula disse: È noto il comando dato dal nostro Signore Gesù Cristo, che inviò i suoi Apostoli e concesse solo a loro il potere datogli dal Padre. Noi siamo succeduti a loro con lo stesso potere di governare la Chiesa del Signore e di battezzar la fede dei credenti. Perciò gli eretici, che non hanno né il potere e né la Chiesa di Cristo, essendone fuori, non possono battezzare nessuno con il suo battesimo. 43.85 - Sono forse succeduti agli Apostoli anche gli empi omicidi? E perché, allora, battezzano? Forse perché non sono fuori? Ma sono fuori dalla pietra, alla quale il Signore ha dato le chiavi, e sulla quale ha promesso di edificare la Chiesa. ( Mt 16,18-19 ) 44.86 - Non dobbiamo ingannare gli eretici Secondiano da Tambeo disse: Non dobbiamo ingannare gli eretici con la nostra presunzione; se essi non sono stati battezzati nella Chiesa del nostro Signore Gesù Cristo e quindi non hanno ottenuto la remissione dei peccati, nel giorno del giudizio, ci accuseranno di non averli battezzati e di non avere ottenuto il perdono della grazia divina. Perciò, visto che una sola è la Chiesa e uno solo il battesimo, quando ritornano da noi devono ottenere, con la Chiesa, anche il battesimo della Chiesa. 44.87 - Anzi, una volta passati alla pietra e uniti alla colomba, devono ricevere il perdono dei peccati che non potevano avere fuori dalla pietra e fuori dalla colomba, sia che stessero apertamente fuori, come gli eretici, o che stessero quasi dentro, come i cattivi cattolici. Tuttavia, che essi hanno e danno il battesimo senza il perdono dei peccati, risulta chiaro, perché lo ricevono da quelli che, senza migliorare la loro vita, onorano Dio con le labbra, ma il loro cuore è lontano da lui. ( Is 29,13 ) Comunque, come vi è un solo battesimo, così vi è una sola colomba, poiché quelli che non sono in comunione con la colomba, possono avere in comune il battesimo. 45.88 - Non dobbiamo ammettere gli eretici senza battesimo nella casa di Dio Un altro Aurelio, da Cillavi, disse: L'Apostolo Giovanni ha scritto in una sua lettera: " Se qualcuno viene a voi e non ha la dottrina di Cristo, non ricevetelo in casa e non salutatelo, perché chi lo saluta partecipa alle sue opere cattive ". ( 2 Gv 10-11 ) Come possiamo ammettere con leggerezza nella casa di Dio gli eretici ai quali vietiamo di entrare nella nostra casa privata? O come possiamo comunicare con quelli che sono senza il battesimo della Chiesa, se è vero che partecipiamo alle loro opere cattive, anche con il semplice saluto? 45.89 - Su questo testo di Giovanni non c'è da discutere a lungo, in quanto esso non riguarda la questione del battesimo che stiamo trattando. Giovanni dice: Se uno viene a voi e non ha la dottrina di Cristo. ( 2 Gv 10 ) Ora, gli eretici, abbandonando la loro dottrina erronea, si convertono alla dottrina di Cristo, per incorporarsi alla Chiesa e per incominciare a far parte anche della colomba di cui avevano il sacramento. Per questo viene loro dato ciò che di essa non avevano, cioè la pace e la carità che scaturiscono da un cuore puro, da una coscienza retta e da una fede non finta. ( 1 Tm 1,5 ) Ciò che invece avevano, si riconosce e si accetta senza offesa, come Dio riconosce i suoi beni nell'adultera, anche quando segue i suoi amanti; quando, infatti, liberata dalla fornicazione, si converte alla castità, non le si rimproverano i doni, ma si purifica semplicemente. ( Os 2 ) Quindi, come avrebbe potuto difendersi Cipriano, quando comunicava con i cattivi, se gli avessero obiettato questo testo di Giovanni, così si difendano quelli contro i quali esso viene citato, perché, come ho detto, non c'entra affatto con questa questione. Giovanni dice che non bisogna salutare i sostenitori di un'altra dottrina, l'Apostolo; invece, con più veemenza dice: Se qualche fratello, tra voi, è ritenuto un avaro, un ubriacone ecc., con lui non prendete neppure il cibo. ( 1 Cor 5,11 ) E dire che Cipriano aveva in comune con i suoi colleghi usurai, insidiosi, ingannatori e predoni, non la mensa personale, ma l'altare. E come questo si giustifichi lo si è detto ampiamente già in altri libri. 46.90 - Gli eretici non possono illuminare Litteo da Gemelli disse: Se un cieco conduce un altro cieco, entrambi cadono nella fossa. ( Mt 15,14 ) Ora, poiché ci risulta che gli eretici non possono dar luce a nessuno, poiché sono ciechi, il loro battesimo non vale. 46.91 - Ma neppure noi diciamo che esso vale per la salvezza, fin quando sono eretici; così come non vale per gli omicidi, fin quando odiano i fratelli. ( 1 Gv 2,9 ) Anch'essi, in effetti, sono nelle tenebre, e se qualcuno li segue, cadono entrambi nella fossa. Non per questo, tuttavia, non hanno o non trasmettono il battesimo. 47.92 - Gli eretici non possono avere rapporti con noi Natale da Oea disse: Sia io, che sono presente, che Pompeo di Sabrata e Dioga di Leptis Magna, che mi hanno dato questo incarico, che sono assenti col corpo, ma presenti con lo spirito, ( 1 Cor 5,3 ) la pensiamo come i nostri colleghi, e cioè che gli eretici non possono essere in comunione con noi, se non sono stati battezzati col battesimo della Chiesa. 47.93 - Io credo che costui chiami comunione quella relativa all'unione con la colomba, in quanto non v'è dubbio che nella partecipazione dei sacramenti, essi erano in comunione con gli eretici, non giudicando nessuno e non allontanando dal diritto della comunione chi aveva un'opinione diversa. Ma quale che sia stato il senso del suo intervento, non si fa fatica a ribattere le sue parole. Non v'è dubbio che non è in comunione un eretico, che non è stato battezzato col battesimo della Chiesa. Ma è noto che il battesimo della Chiesa, consacrato dalle parole del Vangelo, si trova anche presso gli eretici, come vi si trova il Vangelo della Chiesa, e non appartiene alla loro perversità, ma conserva, certamente, la sua santità. 48.94 - Gli eretici si devono battezzare Giunio da Napoli disse: Io non recedo dalla mia idea di battezzare gli eretici che vengono alla Chiesa. 48.95 - Costui non ha portato nessuna ragione e nessun testo delle Scritture; perciò non ci fermiamo a lungo. 49.96 - Il parere di san Cipriano Cipriano da Cartagine disse: La mia opinione l'ho espressa pienamente nella lettera a Giubaiano, nostro collega: gli eretici che, secondo la testimonianza del Vangelo e degli Apostoli, sono chiamati nemici di Cristo ( Mt 5,25 ) e anticristi, ( 1 Gv 2,22 ) venendo alla Chiesa, vanno battezzati coll'unico battesimo della Chiesa, per passare da nemici ad amici, da anticristi a cristiani. 49.97 - Segue l'opinione di san Cipriano Di che dobbiamo discutere, qui, visto che la lettera a Giubaiano, ricordata da Cipriano, l'abbiamo esaminata con tutta la cura possibile? Ma vogliamo ricordare che le sue parole valgono per tutti gli ingiusti, che sono anche nella Cattolica, come egli attesta e che hanno e danno il battesimo, come nessuno di noi nega. Alla Chiesa, infatti, vengono quelli che passano dal partito del diavolo a Cristo; che edificano sulla pietra; che si incorporano alla colomba, e che si proteggono nel giardino chiuso e nella fonte sigillata, ( Ct 4,12 ) dove non ci sono quelli che vivono contro gli insegnamenti di Cristo, ovunque sembrino trovarsi. In effetti, nella sua lettera a Magno, trattando di questa stessa faccenda, Cipriano ci ha fatto chiaramente e sufficientemente capire in quale società bisogna vedere la Chiesa. Parlando in generale dice: Si consideri straniero e profano, nemico della pace e dell'unità del Signore, colui che non abita nella casa di Dio, cioè nella Chiesa di Cristo, dove abitano soltanto quanti hanno un cuore solo e un'anima sola. A questo punto che diremo? Stiano un poco attenti quelli che cercano di opporci l'autorità di Cipriano. Se nella Chiesa di Cristo non abitano se non coloro che hanno un cuore solo e un'anima sola, senza dubbio non abitavano nella Chiesa di Cristo, anche se sembravano dentro, quelli che annunciavano Cristo senza carità, ma per invidia e spirito di contesa, e nei quali sono stati indicati dall'Apostolo, come intende Cipriano, non gli eretici e gli scismatici, ma i falsi fratelli che vivevano con lui nella Chiesa. ( Fil 1,15-17 ) Certamente questi non dovevano battezzare, perché non abitavano nella Chiesa, nella quale, come egli dice, non abitano se non quelli che hanno un cuore solo e un'anima sola; salvo che uno abbia tanto in orrore la verità, da dire che erano concordi ed unanimi gli invidiosi, i maligni e i litigiosi senza carità. Eppure essi battezzavano, senza che questa loro detestabile perversità, diminuisse o profanasse, in qualche modo, il sacramento di Cristo, che amministravano e dispensavano. 50.98 - Vale senz'altro la pena analizzare tutto il passo della lettera a Magno, che continua così: Non abita nella casa di Dio, cioè nella Chiesa di Cristo, nella quale abitano solo quelli che hanno un cuore solo e un'anima sola, come parla lo Spirito Santo nei Salmi, dicendo: " Dio che fai abitare nella casa coloro che hanno un'anima sola". ( Sal 68,7 ) E del resto che i cristiani sono stati legati tra loro, da una solida unità di spiriti e da una carità forte e indissolubile, lo dichiarano anche i sacrifici del Signore. In effetti, quando il Signore chiama suo corpo il pane, ( Gv 6,52 ) formato dall'unione di molti grani, indica l'unione del nostro popolo, che egli annunciava; e quando chiama suo sangue il vino ( Mt 26,26-29 ) spremuto dai grappoli e dai moltissimi acini d'uva e ridotto in un'unica realtà, significa, ugualmente, il nostro gregge nato dall'unione e dalla fusione di una moltitudine di uomini riuniti. Queste parole del beato Cipriano mostrano che egli ha capito e amato la bellezza della casa di Dio; ( Sal 26,8 ) casa formata da quanti hanno un'anima sola e un solo cuore, come egli ha affermato e ha provato con la testimonianza dei profeti e il simbolismo dei sacramenti, nella quale non c'erano certamente gli invidiosi e i malevoli, che erano privi di carità, e che pure battezzavano. Da ciò risulta che il sacramento di Cristo possono averlo e darlo anche quelli, che non sono nella Chiesa di Cristo, nella quale, come Cipriano attesta, abitano solo quanti hanno un'anima sola e un solo cuore. Ma neppure si può dire che i peccatori possono battezzare solo quando sono ignoti, visto che non erano ignoti all'apostolo Paolo, quelli che egli cita nella sua lettera, come un fedelissimo testimone, e dice di rallegrarsi perché anch'essi annunciavano Cristo. Di essi infatti dice: O per ipocrisia o per sincerità, purché si annunci Cristo, io me ne rallegro e me ne rallegrerò ancora. ( Fil 1,18 ) 51.99 - Qual è la vera Chiesa Fatte queste considerazioni, penso di non essere temerario nel dire che alcuni sono talmente nella casa di Dio, da essere essi stessi casa di Dio: quella che si dice edificata sulla pietra, ( Mt 16,18 ) che è chiamata unica colomba, ( Ct 6,8 ) Sposa bella senza macchia né ruga, ( Ef 5,27 ) giardino chiuso, fonte sigillata, pozzo d'acqua viva, paradiso con i frutti dei suoi alberi, ( Ct 4,12-13 ) e che ha anche ricevuto le chiavi e il potere di sciogliere e legare. ( Mt 16,19 ) E chi disprezza questa casa, che rimprovera e corregge: Sia per te - ha detto il Signore - come un etnico e un pubblicano. ( Mt 18,17 ) Di questa casa è detto: Signore, ho amato la bellezza della tua casa, il luogo in cui abita la tua gloria; ( Sal 26,8 ) e: Egli fa abitare nella casa quanti hanno un unico sentimento; ( Sal 68,7 ) e: Ho gioito quando dissero: andremo nella casa del Signore; ( Sal 122,1 ) e: Beati quanti abitano la tua casa: ti loderanno nei secoli dei secoli; ( Sal 84,5 ) e innumerevoli passi simili. Questa casa è detta anche grano che porta frutto con pazienza, o il trenta o il sessanta o il cento per uno. ( Mt 13,23; Lc 8,15 ) Questa casa è significata nei vasi d'oro e di argento, ( 2 Tm 2,20 ) di pietre preziose e di legni immarcescibili. A questa casa è detto: Sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello spirito nel vincolo della pace, ( Ef 4,2-3 ) e: Santo è il tempio di Dio che siete voi. ( 1 Cor 3,17 ) Essa è certamente formata dai fedeli buoni e dai santi servi di Dio, dispersi dappertutto, ma legati, per l'unione degli spiriti, nella stessa comunione dei sacramenti; sia che si conoscano di vista e sia che non si conoscano. Gli altri invece sono nella casa, non però in modo di appartenere all'organismo della casa e alla società della giustizia fruttuosa e pacifica, ( 2 Cor 9,10 ) ma nel modo in cui si dice che la paglia sta in mezzo al frumento. In effetti, non possiamo negare che anche essi sono nella casa, se l'Apostolo dice: In una grande casa non vi sono solo vasi d'oro e di argento, ma anche di legno e di coccio. E alcuni servono per usi nobili, altri, invece, per usi spregevoli. ( 2 Tm 2,20 ) Di questo incalcolabile numero, fa parte non solo la folla che sta dentro, che opprime il cuore dei santi, che sono pochi in confronto alla grande moltitudine; ma anche quelli che hanno rotte le reti, cioè le eresie e gli scismi, si trovano tra coloro che vanno considerati più fuori che dentro la casa, e dei quali è detto: Sono usciti da noi, ma non erano dei nostri. ( 1 Gv 2,19 ) Sono infatti più separati quanti, lo sono anche col corpo, di quanti stando all'interno, vivono in modo carnale e animale, e sono separati spiritualmente. 52.100 - Quelli che appartengono alla Chiesa Ora, di queste categorie di uomini, sono primi quelli che stanno nella casa di Dio, sì da essere essi stessi casa di Dio, o che siano già spirituali o che, essendo ancora bambini, si nutrano di latte, ( 1 Cor 3,2 ) ma, con il cuore proteso, progrediscono verso la maturità spirituale. Nessuno dubita che essi abbiano utilmente il battesimo e lo trasmettano utilmente ai loro imitatori. Quanto ai finti, che lo Spirito Santo fugge, ( Sap 1,5 ) anche se i buoni, per quanto è in loro, lo trasmettano ad essi utilmente, costoro tuttavia, lo ricevono inutilmente, perché non imitano quelli mediante i quali lo ricevono. Quelli poi che sono nella grande casa, ma come vasi spregevoli, ( 2 Tm 2,20 ) hanno inutilmente il battesimo e lo trasmettono inutilmente ai loro imitatori. Mentre lo ricevono utilmente da loro, coloro che, con il cuore e con la vita, sono uniti non ad essi, ma alla santa casa. Coloro, invece, che sono più separati, e che non sono tanto nella casa quanto dalla casa né lo hanno utilmente, né da loro lo si riceve utilmente, salvo nel caso di urgente necessità e sempre che il cuore di chi lo riceve non si separi dal vincolo dell'unità. Tuttavia lo hanno, benché inutilmente, e da essi lo si riceve, anche se è inutile a chi lo riceve. Perché diventi utile, occorre allontanarsi dall'eresia e dallo scisma, ed unirsi alla vera casa. Ma questo, debbono farlo non solo gli eretici e gli scismatici, ma anche quelli che sono nella casa, per la comunione dei sacramenti, in modo tale da esserne fuori per la diversità della loro condotta. Così, infatti, anche a loro incomincia ad essere utile, il sacramento che, diversamente, è inutile. 53.101 - Alcune difficoltà Si suole anche discutere se bisogna accettare il battesimo da chi non lo ha mai ricevuto, ma che, curiosando, ha imparato a darlo, e se non conti nulla l'animo di colui che lo riceve: se egli lo fa con finzione o senza finzione. Se lo fa con finzione, quanto conta che lo faccia per inganno, nella Chiesa o in quella che si ritiene Chiesa, o per scherzo, come in una commedia; e che cosa sia più criminoso, riceverlo nella Chiesa con inganno o nell'eresia o nello scisma senza inganno, cioè, con l'animo non finto; e infine, se chi lo riceve nell'eresia con inganno o nella commedia con fede, possa essere colpito, durante la celebrazione, da un sentimento di pietà. Se confrontiamo quest'ultimo a colui che lo riceve nella stessa Cattolica con inganno, è sorprendente che si esiti su chi sia da preferire. Io infatti non vedo che cosa giovi l'animo di chi dà il battesimo con sincerità, a chi lo riceve con inganno. Ma supponiamo che uno lo dia anche con inganno: visto che chi lo trasmette e chi lo riceve agiscono falsamente nella stessa unità Cattolica, si vuol sapere se è meglio accettare questo battesimo o quello che si dà in una commedia; se esista uno che, colto da improvvisa commozione, lo riceva con fede, o se, relativamente alle persone, ci sia grande differenza tra un credente nella commedia e un burlone nella Chiesa, ma questo non riguarda affatto l'integrità del sacramento. Se infatti, nella stessa Cattolica non importa niente, per l'integrità del sacramento, che alcuni lo amministrino con inganno o con sincerità, poiché tutti amministrano lo stesso sacramento, non vedo perché debba importare fuori, quando colui che lo riceve, non indossa il pallio della finzione, ma si rinnova con la religione. Oppure contano di più, per la stabilità del sacramento, le persone sincere tra le quali viene celebrato, che le persone false che agiscono per annullarlo, e dalle quali e sulle quali esso si celebra? Eppure, se in seguito si scopre la finzione, il battesimo non si ripete ma, o si punisce la finzione con la scomunica, o si guarisce con la penitenza. 53.102 - Risposte alle difficoltà Ma è più sicuro, per noi, non avventurarci, con una certa temerarietà di giudizio, in questioni che non sono state affrontate in nessun concilio cattolico regionale, e né portate a termine in nessun concilio plenario, ma limitarci a dichiarare, con la fiducia di una voce sicura, ciò che è stato consolidato dal consenso della Chiesa universale, governata dal nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Tuttavia, se io mi fossi trovato nel concilio, dove si discutevano queste questioni, e non fossi stato preceduto da coloro di cui preferivo seguire i pareri, e uno mi avesse sollecitato a dire la mia opinione, non avrei assolutamente esitato, sempre che fossi stato animato dagli stessi sentimenti che provo mentre scrivo questo libro, a dire che hanno il battesimo quanti, ovunque e da chiunque lo avessero ricevuto senza finzione e con una certa fede, purché consacrato dalle parole del Vangelo; anche se avrei detto che esso non avrebbe giovato loro alla salvezza dello spirito, se mancavano della carità, con la quale si univano alla Chiesa cattolica. Se io avessi una fede da trasportare le montagne - ha detto Paolo - ma non avessi la carità, non sono niente. ( 1 Cor 13,2 ) Come già nelle decisioni dei nostri antenati, io non dubito che il battesimo lo hanno anche quelli che, se anche lo ricevono con inganno, però lo ricevono nella Chiesa o dove credono che sia la Chiesa, nella cui assemblea esso si riceve e dei quali è stato detto: Sono usciti da noi. ( 1 Gv 2,19 ) Ma nel caso non vi fosse una società di quelli che credono questo, e né lo credesse colui che ve lo riceve, ma facesse tutto per gioco, per simulazione e per scherzo, allora, per sapere se va riconosciuto un battesimo dato in questo modo, ritengo che bisogna implorare con preghiera unanime e con intensi gemiti, durante l'umile preghiera, il giudizio di Dio, per mezzo dell'oracolo di qualche rivelazione; così che io resto in umile attesa di quanti parleranno dopo di me, per vedere se portano qualche idea che hanno già esplorata e conosciuta. A maggior ragione, dunque, ora, senza pregiudicare una ricerca più accurata o l'intervento di una autorità più grande, si deve accettare questo che ho detto! 54.103 - Conclusione dell'opera Ma è ormai tempo, io credo, di portare a buon fine anche questi libri sulla questione del battesimo, dove il Signore Dio nostro ci ha mostrato, mediante il pacifico vescovo Cipriano e i suoi sostenitori, quanto si debba amare l'unità cattolica, tanto che essi, in ciò che pensavano diversamente, in attesa che Dio li illuminasse ( Fil 3,15 ) anche su questo, preferirono tollerare i sostenitori dell'idea contraria, anziché separarsi da loro con uno scisma nefando: e così si tappa la bocca ai Donatisti, anche se non dicessimo niente dei Massimianisti. Se infatti, nell'unità, i cattivi contaminano i buoni, Cipriano neppure troverebbe più nessuna Chiesa a cui aggregarsi. Se invece, nell'unità, i cattivi non macchiano i buoni, il sacrilego donatista non può addurre nessun motivo per il suo scisma. Quanto al battesimo poi, se lo hanno e lo trasmettono molti di coloro che compiono quelle opere della carne, i cui autori non possederanno il regno dei cieli, ( Gal 5,19-21 ) allora lo hanno e lo trasmettono anche gli eretici, che sono annoverati tra queste opere: essi infatti, andandosene, non lo hanno perso e, restando fuori, hanno potuto trasmetterlo; ma gli eretici lo trasmettono agli eretici senza frutto e tanto inutilmente, quanto tutti gli altri peccatori, che sono simili a loro in quanto non possederanno il regno di Dio. E come negli altri peccatori, quando si correggono, non incomincia ad esserci un battesimo che non c'era, ma comincia a portare frutto quello che c'era, altrettanto è negli eretici. Di conseguenza, Cipriano e i suoi sostenitori non poterono imporre il loro pensiero alla Chiesa cattolica, che essi non vollero lacerare. Per il fatto che essi pensarono in modo diverso non ci spaventiamo, perché con loro veneriamo anche Pietro; per il fatto che non si separarono dall'unità ci rallegriamo, perché siamo edificati con loro sulla pietra. ( Mt 7,24 )