Padri/Agostino/DisVari/348au.txt Discorso di Sant'Agostino contro Pelagio 1 - Il motivo per cui il nostro Signore Gesù Cristo è venuto [ sulla terra ] e si è incarnato è perché, quando venne, trovò tutti gli uomini immersi nel peccato. Che questa sia stata la causa della sua venuta lo afferma con estrema precisione l'Apostolo in questi termini: Parola certa e degna d'essere accettata da tutti [ è ] che Gesù Cristo è venuto in questo mondo a salvare i peccatori, dei quali io sono il primo. ( 1 Tm 1,15 ) Il motivo per cui il Figlio di Dio, Dio lui stesso, Dio eterno, eterno come il Padre e a lui uguale, discese dal cielo in terra, si incarnò e morì per noi, non fu altro se non perché noi eravamo privi della vita. Il medico non sarebbe disceso se non ci fossero stati dei malati; la vita non sarebbe discesa se non ci fossero stati dei morti. Se siete stati attenti, avete ascoltato quanto oggi si leggeva nell'Apostolo. Egli dice: Dio dà prova del suo amore per noi poiché, mentre eravamo peccatori, Cristo è morto per noi. Molto più ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall'ira [ di Dio ] per mezzo di lui. ( Rm 5,8-9 ) È questa la grazia di Dio, ottenuta ad opera del Signore nostro Gesù Cristo. ( Rm 7,25a ) Di questa grazia parlarono prima i profeti, poi parlò egli stesso di sua propria bocca; in seguito, venuta a mancare la sua presenza fisica, ne parlarono gli apostoli; e finalmente, è questa la grazia conservata e confessata da tutta la Chiesa. Lei la predica e la inculca e la venera. Ecco qual è la grazia di Dio, ottenuta ad opera di Gesù Cristo nostro Signore. 2 - Questo dunque dovete anzitutto sapere, carissimi; o meglio questo dovete ricordare, poiché è una cosa che sapete e che continuamente ascoltate: nessun uomo può conseguire la salvezza con i suoi meriti personali e con le sue proprie forze. Fu infatti facile all'uomo causarsi delle ferite, come è facile, per quanto riguarda la nostra vita corporale, che l'uomo riesca anche a togliersela. Ma l'uomo è capace forse di risuscitare da morte? Per cadere, dunque, non avevamo bisogno di alcun aiuto; anzi, proprio per questo cademmo: perché ci eravamo sottratti all'aiuto divino. Per rialzarci dal nostro stato di prostrazione, dobbiamo viceversa chiedere a lui l'aiuto, se non vogliamo rimanere nei nostri peccati. Avete ascoltato l'Apostolo: Cristo è morto per noi, ( Rm 5,9 ) non per sé ma per noi. Perché non per sé, ma per noi? Perché, non essendo in lui alcun peccato, ( 1 Gv 3,5 ) non aveva alcun motivo di morire. La morte infatti è la pena del peccato: ( Rm 5,12 ) per cui, se Adamo non avesse peccato, non sarebbe certamente morto, e noi non saremmo stati soggetti alla morte per essere nati dalla sua stirpe. Ma ecco, venne quell'Unico che era senza peccato per eliminare tutti i peccati: infatti un uomo meritevole di castigo non avrebbe potuto sciogliere chi era legato; un uomo colpevole non avrebbe potuto liberare chi meritava condanna. Egli pertanto prese il corpo da una vergine esente da concupiscenza carnale; e quel corpo che prese non procurò a noi ferite ma fu medicina per le nostre ferite. Cristo è morto per noi. ( Rm 5,9 ) 3 - Cos'altro cercheremo da lui? Chi è il Cristo? Lo avete udito. Quando il Signore interrogò i suoi discepoli, ( Mt 16,13.15 ) gli fu risposto da Pietro: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo. ( Mt 16,16 ) Lui è figlio per natura, noi per grazia; lui figlio unico, noi figli numerosi perché, mentre lui è generato [ dal Padre ], noi siamo stati adottati. Avendo dunque Dio un unico Figlio, quest'unico diletto Figlio [ Dio ], come si esprime l'Apostolo, non lo risparmiò ma lo consegnò [ alla morte ] per tutti noi. ( Rm 8,32 ) Quale medicina più efficace avrebbe potuto chiedere o sperare il genere umano, di quanto non sia stato l'avere [ Dio ] inviato il suo unico Figlio non a vivere con noi ma a morire per noi? E per morire per noi prese un corpo in cui potesse morire, perché il Verbo in quanto era Dio presso Dio Padre non aveva di che morire. In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. ( Gv 1,1 ) Cosa c'era nel Verbo che si potesse vedere con gli occhi e toccare con le mani? Come sarebbe potuta essere in Dio la sofferenza e la morte? Solo con la mente si può vedere ciò che è invisibile; ma la mente stessa era avvolta dalle tenebre, era accecata dai peccati; l'uomo tutto intero era debole, tutto malato, tutto ferito, oso dire tutto morto e sepolto. Come dunque [ questo uomo ] avrebbe potuto vedere colui che è onnipresente, se non aveva sano l'occhio interiore con cui potesse vedere le realtà invisibili? 4 - In noi dunque non c'era nulla di sano. Scese il medico a curarci nel corpo e nell'anima, essendo egli il salvatore del corpo e dell'anima. I nostri medici infatti possono curare le persone che essi non hanno creato. Se pertanto un medico-uomo cura usando cose create da Dio, quanto più Dio sarà in grado di guarire con rimedi suoi? Inoltre, il medico cura un uomo che finirà col morire. Dio cura colui che vivrà in eterno; e il fatto stesso d'esser voluto morire per noi è diventato medicina per noi. Grande, fratelli, è la misericordia del nostro Medico se ci ha voluti curare non con un suo unguento ma con il suo sangue. Dice: Ancor più ora che siamo giustificati … Giustificati come? Nel suo sangue. Non per le nostre opere, non per i nostri meriti, ma, giustificati nel suo sangue, per mezzo di lui saremo salvi dall'ira ( Rm 5,9 ) [ divina ]. Non da noi stessi ma per mezzo di lui. Ci ha inchiodati alla croce: se vogliamo vivere, occorre assolutamente che non ci teniamo uniti alla morte. ( Rm 6,6-8 ) Chi si attacca a se stesso si attacca alla morte. Ma nel morto non c'è la vita. Cosa può attendersi da se stesso un morto? Da solo è potuto morire; non potrà da solo tornare in vita. Noi da noi stessi abbiamo potuto peccare, e lo possiamo anche ora, ma da soli non potremo risorgere. La nostra speranza non sia dunque riposta in altri se non in Dio. ( Sal 62,8; Sal 145,5 ) Gemiamo dinanzi a lui; speriamo in lui. Per quanto sta in noi, sforziamoci con la volontà, per meritare di ottenere con la preghiera quanto speriamo. 5 - Stando così le cose, vi dirò con molta franchezza, fratelli, una cosa che non c'è motivo di tenere nascosta: vi parlerò di una eresia nuova e finora sconosciuta. Per quanto infatti serpeggiasse ampiamente, siccome rimaneva occulta, noi, nei limiti che ci era possibile, l'abbiamo tollerata in silenzio finche non fosse venuta allo scoperto da sola. Abbiamo sempre combattuto l'errore in se stesso; tacevamo il nome degli autori sperando che si correggessero caso mai li avessimo convinti dell'errore; tacevamo il nome degli autori: non c'era infatti soluzione migliore e più desiderabile di questa: che cioè costoro, ascoltando quanto noi predicavamo in conformità con l'antichissima dottrina della Chiesa, mossi da timore si fossero trattenuti dal predicare i loro errori e si fossero lasciati guarire nel silenzio, convertendosi a Colui che risana tutti coloro che invocano il suo nome. ( Rm 10,13 ) Per lungo tempo ci siamo attenuti a questa norma. È vero infatti che abbiamo scritto diverse cose su questa empietà e che questi scritti stavano già andando in mano a più di un lettore, tuttavia i nomi di coloro sui quali scrivevamo non erano ancora a vostra conoscenza. Quanto ai predicatori stessi, alcuni sono stati dalle nostre parti e qualcuno di loro si è ricreduto. Di loro e della loro salvezza ci rallegriamo nel nome del Signore e per la sua misericordia. Sono stati infatti proprio alcuni di questi che si sono ravveduti dell'errore in cui erano caduti a supplicarci con insistenza affinché scriviamo qualcosa sull'errore stesso. 6 - Adesso però abbiamo sentito dire che colui, che è il rappresentante principale e l'autore di questa perniciosa dottrina, è stato in oriente prosciolto [ dalla condanna ] con intervento episcopale e dichiarato cattolico. Per ottenere questo egli ha negato essere sue le affermazioni che gli si rimproveravano e, riguardo a ciò che certuni sembravano diffondere come sua dottrina, egli non solo non la condivideva ma anche la colpiva d'anatema. In effetti il resoconto degli atti non ci è ancora pervenuto. A lui però, in quanto servo di Dio, siamo soliti inviare lettere familiari, com'egli ne invia a noi, e così ho fatto anche l'anno scorso quando si è recato in oriente il mio figlio, il prete Orosio, servo di Dio proveniente dalla Spagna e residente nella mia comunità. Siccome era latore di mie lettere, tramite lui scrissi a Pelagio. Nella lettera non gli facevo appunti ma lo esortavo a prestare ascolto a quanto gli imponevo per mezzo di quel prete. Orbene, questo prete trovò il paese dove soggiornava Pelagio in preda a gravissime turbolenze, causate dalla sua predicazione e dalla diversità di vedute tra i fratelli. Di ritorno, Orosio mi recò una lettera del prete Girolamo, uomo santo e da noi venerato per il merito dell'età, della santità e dell'erudizione, uomo a tutti noto. Questo prete Girolamo aveva già scritto contro Pelagio un libro sul libero arbitrio, che è stato recato anche a me. Quanto a Pelagio, come ho detto, egli a tenore degli atti ecclesiastici era stato assolto in quanto aveva confessato la [ necessità della ] grazia divina, che invece sembrava negare negli scritti e rifiutare nelle sue esposizioni. 7 - Solo successivamente, cioè non molti giorni fa, dall'oriente è venuto a noi un nostro concittadino, il diacono Palatino, figlio di Gatto, residente qui ad Ippona. Molti [ di voi ] lo conoscono e molti di più ne conoscono il nome. Collabora con chi gli è padre, è nel numero dei diaconi, mi sta al fianco, mi ascolta, è costui. Egli mi ha recato un breve opuscolo scritto da Pelagio a condanna degli errori di cui lo si rimproverava. Non sembra riferire, magari in parte, i fatti accaduti ma riportare la difesa da lui fatta e poi trascritta o, più probabilmente, com'egli si fosse difeso anche sulla base degli atti episcopali, che, come ho detto, non sono ancora potuti arrivare in mia mano. Egli incaricò il diacono di farmi leggere quella sua apologia, ma non mi inviò alcuna lettera personale, per cui io sono in angustia, temendo che in seguito possa negare anche il fatto di avermi inviato lo scritto. Comunque, io presi la risoluzione di non polemizzare sull'argomento finche non avessi letto il testo degli atti, dove, a quanto pare, è implicata l'autorità della Chiesa e del vescovo. Ma perché ho voluto presentare queste cose alla vostra fede? Perché con nostra profonda tristezza ci è stato riferito che a Gerusalemme c'è stata una sommossa molto grande e che dal popolo in tumulto, a quanto si dice, sono stati incendiati anche due monasteri di Betlemme. Sono cose che io non mi sentivo obbligato a dirvi, [ e non ve l'avrei dette ] se non avessi saputo che ad alcuni di voi erano state già riferite. È meglio infatti che ascoltiate da me direttamente tutta la storia anziché veniate feriti da nebulose dicerie. 8 - Voglio pertanto esporvi brevemente quanto male contenga questa eresia. Accogliete le mie parole per tenervene lontani e riferirne a noi, qualora ascoltiate qualcuno che con insinuazioni occulte e con discussioni allo scoperto vi insegni cose come queste. Temiamo infatti che, se non si corre ai ripari, il male di diffonderà serpeggiando come cancrena ( 2 Tm 2,17 ) e all'improvviso ci troviamo di fronte a tanta gente infetta che non ci sia possibile guarire in alcun modo o solo molto stentatamente. Ascoltate dunque qual male racchiuda questa eresia. Come vi dicevo poc'anzi per inculcarvi la [ necessità della ] grazia di Dio a noi data mediante il nostro Signore Gesù Cristo, ( Rm 7,25a ) questa grazia è combattuta dalla nuova eresia nei suoi dibattiti pestilenziali. In che modo?, dirai. Essi affermano che la natura umana, il libero arbitrio della nostra volontà, sono dotati di un tale potere che noi, come da noi stessi siamo stati in grado di renderci peccatori, così noi da noi stessi possiamo diventare giusti. Inoltre essi concordano con noi nel dire che essere uomo giusto è da più che essere uomo: il nome uomo infatti indica la natura dell'uomo, il nome " giusto " indica felicità, beatitudine. Pertanto, ammettendo che l'essere uomo giusto sia da più che essere uomo semplicemente, costoro insegnano che l'uomo l'ha fatto Dio, l'uomo giusto lo fa ciascuno di per se stesso, dando a divedere che l'uomo sa dare a se stesso più di quanto non gli abbia dato Dio. 9 - State dunque all'erta, carissimi! Nei loro malevoli dibattiti vengono condannate anche le nostre preghiere. Infatti si comportano e parlano in modo da presentare come inutili le nostre preghiere. Il Signore infatti ci ha insegnato il modo di pregare perché non ci succeda di chiedere, nelle nostre preghiere, cose materiali e beni temporali. Così, ad esempio, che non ti faccia male la testa, che non ti tocchi morire, che non debba accompagnare tuo figlio alla sepoltura, che non subisca danni o che non venga cacciato in prigione angariato da qualcuno, e tante altre cose simili a queste, che sono tutte temporali e di questo mondo. Per queste cose essi ammettono che noi possiamo pregare, ma escludono tutte le altre per le quali il Signore ci ha insegnato di pregare; non nel senso che negano quanto insegnato dal Signore ma perché sostengono principi in base ai quali gli insegnamenti del Signore vengono annullati. Ti dicono infatti: " Basti tu stesso per compiere opere di giustizia: se lo vuoi, le compi; se non lo vuoi, non le compi; non hai bisogno di aiuti da parte di Dio per mettere in pratica i suoi precetti, perché non è la grazia di Dio quella che ti aiuta a non peccare, ma è quella d'essere stato da lui creato in possesso di libera volontà ". Con queste affermazioni vengono a chiamare grazia di Dio quella per cui siamo stati creati, quella che abbiamo in comune anche con i pagani. Ad essere creati infatti non siamo stati soltanto noi e non loro, né risulta che noi siamo usciti dal laboratorio d'un artefice e loro da un altro; ma e noi e loro abbiamo per ideatore, realizzatore e creatore l'unico Dio, che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi e manda la pioggia sul campo dei giusti e degli ingiusti. ( Mt 5,45 ) Dicono che questa è la grazia di Dio; non ammettono invece l'altra, non quella per la quale siamo semplicemente uomini in comune con i pagani, ma quella per la quale siamo cristiani. Ecco, ora conoscete la grazia che essi negano. Ascoltatemi perché la cosa vi sia più evidente. 10 - Voi sapete che l'apostolo Paolo ci ha posto dinanzi agli occhi il dissidio che abbiamo con la carne, se vogliamo vivere nella pietà e nella giustizia, ( Tt 2,12 ) e la lotta che sosteniamo per questo motivo. Egli dice: Secondo l'uomo interiore io mi compiaccio della legge di Dio, ma vedo nelle mie membra un'altra legge, che si oppone alla legge della mia mente e mi rende schiavo sotto la legge del peccato - e della morte - che è nelle mie membra. ( Rm 7,22-23; Rm 8,2 ) In tale difficoltà grida: Sono un infelice! Chi mi libererà da questo corpo mortale? ( Rm 7,24 ) E come dandosi una risposta, aggiunge: La grazia di Dio ad opera del nostro Signore Gesù Cristo. ( Rm 7,25a ) Essi non negano questa grazia, ma quando lotti contro la carne e le cattive abitudini derivanti dai tuoi peccati, ti rispondono: " Basti tu stesso a vincerle. Perché vuoi chiedere aiuto? Puoi riuscire con le tue sole forze ". Eppure lo stesso Apostolo ne fu sopraffatto, e per ottenere la salute confessò la sua debolezza dicendo: Vedo nelle mie membra un'altra legge, che si oppone alla legge della mia mente e mi rende schiavo sotto la legge del peccato. ( Rm 7,23 ) Cosa mi giova se nell'uomo interiore con la mente mi compiaccio della legge di Dio? Ecco, sono combattuto, trascinato, schiacciato, ridotto in schiavitù. Vedete se con il suo grido non si rivolga a Dio come uno che è in grande angustia. Se avesse detto: Chi mi libererà da questo corpo mortale ( Rm 7,24 ) all'infuori della mia forza?, le sue parole potrebbero sembrare espressione di superbia, ma forse potremmo intenderle non riferite ad altri che a Dio, al quale dice il salmo: Ti amerò, Signore, mia forza. ( Sal 18,2 ) Ebbene, ha forse egli detto: Chi mi libererà ( Rm 7,24 ) se non la mia natura, la mia volontà, la forza del mio [ libero ] arbitrio e del mio potere? Non ha detto questo. Ha umiliato se stesso per essere innalzato ( Mt 23,12; Lc 14,11; Lc 18,14 ) [ da Dio ]. Quindi ha detto: La grazia di Dio ad opera del nostro Signore Gesù Cristo. ( Rm 7,25a ) 11 - In vista di tale grazia il Signore ci ha inculcato cosa dobbiamo chiedere nella preghiera: Sia santificato - che cosa? - il tuo nome. ( Mt 6,9; Lc 11,2 ) Ma non è forse santo il nome di Dio? Che significa dunque sia santificato se non " sia santificato in noi "? Pertanto, se tu con la tua volontà libera, con le forze proprie della natura, puoi santificare in te il nome di Dio, perché preghi?, perché chiedi alla sua eccelsa Maestà ciò che hai in tuo potere? Perché aggiungere altre parole? Ma ci sono anche le due invocazioni: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori ( Mt 6,12 ) e Non ci indurre in tentazione. ( Mt 6,13; Lc 11,4 ) Quando tali parole vengono loro presentate come obiezioni cosa pensate che rispondano? Miei fratelli, quando l'ho udito, io sono rimasto esterrefatto. Veramente, io non l'ho udito con i miei orecchi ma me l'ha riferito il santo fratello Urbano, che è dei nostri ed è vescovo al pari di me. È stato prete qui da noi ed ora è vescovo di Sicca. Tornato da Roma, dove aveva avuto dibattiti con uno che la pensava in quel modo, nel raccontarmi le discussioni da lui avute mi ha riferito che quel tale, messo alle strette dall'autorevolezza della preghiera del Signore, diceva proprio queste cose. Il vescovo lo metteva alle corde dicendogli: " Se è in nostro potere il non peccare ed è in nostro potere superare ogni sorta di tentazione con i soli sforzi della nostra volontà, perché chiediamo a Dio che non ci lasci cadere in tentazione? ". Ebbene, cosa pensate che quell'altro gli abbia risposto? Gli ha detto: " Preghiamo Dio perché non ci faccia cadere in tentazione nel senso che non ci faccia sopportare mali che non siamo in grado di evitare: che non mi faccia cadere da cavallo e io mi fratturi il piede, che non venga ad uccidermi un qualche brigante, e cose simili. Su cose come queste infatti - diceva - io non ho potere; quanto invece al superare le tentazioni che mi portano al peccato, se lo voglio lo posso anche, e lo posso senza l'aiuto di Dio ". 12 - Voi stessi, fratelli, vedete quanto sia perversa questa eresia. Vedete come tutti ne restate inorriditi. Guardatevi dunque dal farvi accalappiare! Io infatti conosco le astuzie e le ambiguità degli uomini che empiamente si sono allontanati dalla verità ( Tt 1,14 ) e, divenuti preda delle loro convinzioni personali, ricusano di farsi vincere [ dalla verità ]. State in guardia, vi scongiuro. Ecco, egli ha trovato una sua spiegazione per le parole che noi diciamo [ nella preghiera ] e cioè: Non ci indurre in tentazione. ( Mt 6, 13 ) Secondo lui, noi chiediamo che non ci capiti qualcosa che ci metta alla prova nei riguardi del corpo e su cui non abbiamo potere. Sarebbe dunque per questo che il Signore diceva: Vegliate e pregate per non cadere in tentazione? ( Mt 26,41 ) Dicendo: Vegliate e pregate, lo diceva davvero perché non abbiate a fratturarvi il piede, per non soffrire mal di testa o incorrere in qualche danno? Non diceva questo. Cosa diceva allora? Ciò che disse a Pietro, e cioè: Ho pregato per te perché non ti venga a mancare la fede. ( Lc 22,32 ) Ho pregato, dice, per te. Dice Dio all'uomo, il Signore al servo, il maestro allo scolaro, il medico al malato. Ho pregato per te. E per che cosa? Perché non ti venga a mancare. Che cosa? La tua mano, il tuo piede, il tuo occhio, la tua lingua, colpita da paralisi, cioè da un illanguidirsi delle membra? No, ma perché non ti venga a mancare la fede. Secondo costoro invece è in nostro potere impedire che venga meno la nostra fede! 13 - Ma perché si invoca Dio per noi? Perché ci conceda cose che, a detta di costoro, noi non dovremmo chiedere alla sua eterna Maestà essendo in nostro potere il conseguirle. In tal modo, fratelli miei, essi vanificano, svigoriscono, annullano le benedizioni che noi vi impartiamo. Mi avete ascoltato, credo, miei fratelli, quando vi dico: " Rivolti al Signore, benediciamo il suo nome. Che egli ci conceda di perseverare nei suoi comandamenti, di camminare nella retta via del suo insegnamento, di piacergli in ogni specie di opere buone ", ( Col 1,10 ) e così via di seguito. Essi dicono. " Non c'è dubbio! Tutto questo è in nostro potere ". Ma allora noi ve lo auguriamo inutilmente! Impegniamoci a difendere e noi e voi: noi perché non vi benediciamo senza motivo, voi perché non sottoscriviate senza motivo [ la benedizione ] con il vostro Amen. Miei fratelli, il vostro Amen è la vostra firma; il vostro Amen è la vostra accettazione, il vostro consenso. Perché nessuno di loro osi condannare e noi e voi, difendiamoci ricorrendo all'apostolo Paolo: vediamo se egli per il suo popolo desiderò le stesse cose che noi imploriamo per voi. Ascoltate cosa dice in un passo delle sue lettere: è un testo breve. Cosa affermi dunque, o nuovo eretico, chiunque tu sia, che mi stai ascoltando, se sei presente? Cosa insegni? " Che noi abbiamo il potere di non peccare, sicché questo risultato possiamo raggiungerlo senza l'aiuto della grazia divina ". Ma è proprio questo che dici? " Sì, proprio questo ", risponde. Quindi il non peccare è in nostro potere, né c'è bisogno dell'aiuto di Dio? " Senza dubbio! - risponde -: per fare questo ci sono sufficienti [ le risorse del ] nostro libero arbitrio ". Ma, allora, che senso hanno le parole dell'Apostolo nella lettera ai Corinzi: Noi supplichiamo Dio perché voi non facciate nulla di male? ( 2 Cor 13,7 ) Voi stavate attenti, quindi le avete udite e accolte [ nella mente ], e, trattandosi di parole chiare lampanti, avete compreso senza dubbio cosa chiedeva l'Apostolo nella preghiera. Egli dice: Noi supplichiamo il Signore perché non facciate nulla di male. Poteva dire senz'altro: Noi vi esortiamo perché non facciate nulla di male; voi vi istruiamo perché non facciate nulla di male; ve lo comandiamo, ve lo imponiamo; e, se avesse detto questo, avrebbe certamente detto una cosa giusta, poiché anche la nostra volontà ha qualcosa da compiere. Noi diciamo infatti che la nostra volontà non fa niente ma che da sola non basta. Per inculcare dunque la [ necessità della ] grazia egli preferì dire: Noi preghiamo, perché [ i lettori ] comprendessero che, quando non compiono il male, non lo evitano in forza della sola loro volontà, e inoltre che per attuare il comandamento di Dio, hanno bisogno del suo aiuto. 14 - Orbene, fratelli, quando vi si dà un precetto, riconoscete in questo il [ libero ] arbitrio della volontà; quando poi per adempiere il precetto vi si dice di ricorrere alla preghiera, riconoscete in questo l'apporto della grazia. Nelle Scritture infatti trovi tutt'e due le cose: che si comanda e che si prega; quanto viene comandato viene chiesto nella preghiera. State attenti a quel che vi dico. Ecco ci si comanda d'essere intelligenti. Dirai: " In che occasione ci si comanda di essere intelligenti? ". Non siate come il cavallo e come il mulo, che non hanno intelligenza. ( Sal 32,9 ) Hai udito che c'è un comando; domanda di poter adempiere quanto è stato comandato. Tu dici: " In che modo lo chiederò? ". Ascolta la Scrittura! Cosa ti viene comandato? Non siate come il cavallo e come il mulo che non hanno intelligenza. Nel comando che viene dato tu riconosci [ l'apporto del ] la volontà. Ascolta come si debba ricorrere alla preghiera, e riconosci la [ necessità della ] grazia. Dammi intelligenza affinché io impari i tuoi comandamenti. ( Sal 119,73 ) Ci si comanda di avere la sapienza. Il comando, lo leggo. Replica: " Dove lo leggi? ". Ascoltate! Voi del popolo che siete privi di sapienza e stolti diventate saggi una buona volta! ( Sal 94,8 ) Ma cosa dice qui l'eretico? " Tu stesso vedi come Dio ci abbia comandato d'essere sapienti. Significa che la sapienza è in nostro potere ". L'ho già detto: sì, ho udito il comando, ho riconosciuto [ l'apporto del ] la volontà; tu ascolta la preghiera di richiesta perché vi possa riconoscere la [ necessità della ] grazia. Si tratta infatti della sapienza che è stata a noi comandata. Ascoltiamo cosa dice l'apostolo Giacomo: Se qualcuno di voi manca di sapienza, la chieda a Dio, che a tutti [ la ] dona in abbondanza. ( Gc 1,5 ) Altrove ci si comanda la continenza. Dove si trova questo comando? Scrive l'Apostolo a Timoteo: Sii continente! ( 1 Tm 5,22 ) È un comando, un precetto: lo si deve ascoltare e mettere in pratica; ma, se Dio non ci viene in aiuto, noi siamo bloccati. Con la volontà proviamo a fare qualcosa, e la volontà si sforza nel tentativo. Non presuma di farcela senza che qualcuno venga a soccorrere la sua debolezza! Le è stato certamente comandato di contenersi, ma ora ascolta quest'altro passo della Scrittura: Sapendo che nessuno può essere continente se Dio non glielo concede, e che era dono della sapienza lo stesso conoscere chi ne fosse il donatore ( Sap 8,21 ) … " Ebbene, cosa feci? ". Dice: Ricorsi al Signore e lo scongiurai. ( Sap 8,21 ) he bisogno c'è, fratelli miei, di citare molti passi? Qualunque sia il comando che ci viene dato, dobbiamo pregare per eseguirlo. Non certo nel senso che noi ci dobbiamo mettere da parte e, come sogliono fare gli indolenti, ce ne stiamo supini per terra, dicendo: " Dio ci farà piovere in faccia ciò che dobbiamo mangiare, e così noi non dovremo fare assolutamente nulla "; anzi, quando il cibo ci sarà piovuto in bocca, potremo anche aggiungere: " Dio ce lo cacci pure in gola! "… Qualcosa dobbiamo farla anche noi: dobbiamo ingegnarci, dobbiamo sforzarci, e dobbiamo ringraziare per quello che abbiamo potuto e pregare per quello che non abbiamo potuto. Col ringraziare eviti d'essere condannato per ingratitudine, con il chiedere quello che ancora non hai eviti di restare a mani vuote per gli impedimenti che ti ostacolano. 15 - Pensateci, fratelli! Specialmente quando vi si avvicina qualcuno e vi dice: " Cosa rimane da fare a noi, se non possiamo nulla senza che Dio ce lo doni? E alla fine Dio non darà a noi la corona ma la darà a se stesso! ". Vi accorgete subito da quale fonte scaturisca [ questa dottrina ]. È una sorgente avvelenata. È stata intorbidita dal serpente: non è sana. Attualmente satana fa ogni giorno questo tentativo: allontanare la gente dalla Chiesa con il veleno degli eretici come alle origini allontanò [ l'uomo ] dal paradiso con il veleno del serpente. Nessuno dica che quel tale è stato prosciolto dai vescovi. È stato assolto non lui ma la sua professione [ di fede ], considerata una specie di ravvedimento in quanto le parole che disse dinanzi ai vescovi suonavano come cattoliche. Quei vescovi che l'assolsero però non conoscevano ciò che egli veniva scrivendo nei suoi libri. E forse egli si ricredette per davvero: non dobbiamo infatti disperare di uno che preferì di rimanere nella fede cattolica e ricorse alla grazia di Dio e al suo aiuto. Magari sia accaduto così! Ad ogni modo, non è stata assolta l'eresia ma l'uomo che quell'eresia rinnegava. Quando dunque ci saranno giunti tra le mani i suoi scritti e noi avremo letto il resoconto degli atti, qualunque cosa saremo riusciti a conoscere con maggiore chiarezza nei riguardi del malaugurato errore e dell'eventuale ravvedimento del corifeo, ce ne faremo un dovere portarlo alla conoscenza della vostra carità. Con l'aiuto del Signore!