Padri/Agostino/DisVari/352.txt Valore della penitenza 1.1 - Occasione del discorso Nelle parole del Salmo con le quali rispondiamo al salmista: Distogli il tuo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe, ( Sal 51,11 ) si riconosce la voce del penitente. Non avendo preparato prima un discorso da rivolgere alla vostra Carità, abbiamo conosciuto da Dio stesso che questo è l'argomento da trattare. A dirvi il vero oggi volevamo lasciarvi meditare, ben sapendo quanto abbondante alimento spirituale avevate già ricevuto. Voi però assimilate bene il cibo che ricevete, e perciò ogni giorno avete sempre tanto appetito. Che oggi il Signore, Dio nostro, conceda a noi forze sufficienti e a voi un utile ascolto. So bene infatti che io devo essere al servizio della vostra volontà buona e feconda. Ma voi aiutatemi con la vostra preghiera e la vostra attenzione: la preghiera a Dio, l'attenzione a me che parlo, perché io dica ciò che giudica lui esservi utile, lui che vi dà alimento per mezzo mio. La voce che risuona in queste parole del penitente: Distogli il tuo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe indica chiaramente che, per volontà divina, vi debba parlare della penitenza. Non avevo infatti io ordinato al lettore di cantare questo Salmo; Dio stesso ispirò al cuore di questo fanciullo ciò che ritenne utile per il vostro ascolto. Diciamo dunque qualcosa sulla utilità della penitenza, tanto più che è vicino quel santo giorno anniversario [ della Pasqua ], al quale conviene prepararsi più accuratamente, umiliandosi nell'animo e mortificandosi nel corpo. 1.2 - La penitenza prebattesimale Nella sacra Scrittura si trova un triplice modo di far penitenza. Anzitutto non ci si può accostare correttamente al Battesimo di Cristo, nel quale vengono annullati tutti i peccati precedenti, se non facendo prima penitenza della vita passata. Nessuno infatti sceglie un nuovo modo di vivere senza rifiutare quello vecchio. Vediamo ora, sull'autorevole scorta dei Libri santi, se sia richiesta o no la penitenza prima del Battesimo. Quando lo Spirito Santo promesso fu mandato e il Signore compì fedelmente la sua promessa, i discepoli, ricevuto lo Spirito Santo, incominciarono, come sapete, a parlare in tutte le lingue, tanto che fra i presenti ognuno riconosceva la propria lingua. Sgomenti per tale miracolo chiesero agli Apostoli come dovessero comportarsi. Allora Pietro li informò che dovevano venerare colui che avevano crocifisso, perché bevessero da credenti quel sangue che avevano crudelmente versato. Dopo che fu data loro la buona notizia del Signore nostro Gesù Cristo ed essi ebbero riconosciuto il loro delitto, furono punti dal rimorso. Si compì così per loro ciò che il Profeta aveva annunciato: Mi volgo alla mia tristezza mentre una spina mi trafigge. Essi si volsero a tristezza e dolore quando la spina del ricordo di quel peccato li trafisse. Prima pensavano di non aver fatto nulla di male; quella spina non si era ancora ficcata dentro. Ma perché tu sappia che la spina si fissò in loro nelle parole di Pietro, la Scrittura disse: Mentre Pietro parlava si sentirono trafiggere il cuore. Per tale motivo nello stesso Salmo in cui è detto: Mi sono volto alla mia tristezza mentre una spina mi trafigge, segue: Ho conosciuto il mio peccato, non ho tenuto nascosto il mio delitto. Ho detto: Confesserò contro di me al Signore il mio delitto. Tu, allora, hai rimesso l'empietà dal mio cuore. ( Sal 32,4-5 ) Quando, dunque, trafitti dalla spina di quel ricordo domandavano agli Apostoli che cosa dovessero fare, Pietro disse loro: Fate penitenza; e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, e vi saranno rimessi i peccati. ( At 2,37-38 ) Se, intanto, c'è qui tra i presenti qualcuno del numero di coloro che si preparano ad essere battezzati ( e penso che essi siano tanto più assidui all'ascolto della parola quanto più si avvicina il giorno del perdono ) a loro anzitutto ci rivolgiamo anche se brevemente, perché sollevino le loro menti alla speranza. Vogliano essi diventare ciò che non sono e abbiano in odio ciò che erano. Concepiscano già col desiderio il nuovo uomo che nascerà in loro e non resti alcun dubbio di non poter essere perdonati, di qualunque cosa li rimorda la vita passata o li tormenti la coscienza, piccola o grande cosa, detta o non detta. Non succeda che il dubbio umano trattenga a proprio danno quello che invece la misericordia di Dio vuole perdonare. 1.3 - Prefigurazione di Cristo nei fatti dell'Antico Testamento Ognuno poi si ricordi fedelmente anche dei segni dati da Dio come esempio in mezzo al suo primo popolo. Dice infatti l'Apostolo, parlando di tali eventi: Essi sono tutti prefigurazioni per noi, e precisò: Non voglio, fratelli, che voi ignoriate quel che accadde ai nostri antenati: tutti ebbero la nube sopra di loro e tutti furono battezzati in Mosè nella nube e nel mare, come tutti mangiarono un medesimo cibo spirituale e bevvero la stessa bevanda spirituale. Essi infatti bevevano dalla roccia spirituale che li accompagnava. E quella roccia era Cristo. ( 1 Cor 10,1-4 ) L'Apostolo disse che si trattava di prefigurazioni per noi e nessun fedele lo ha mai contraddetto. Egli, pur enumerandone molte, ne spiega chiaramente una sola quando dice: La roccia era Cristo. Spiegandone una egli invitò poi ad indagare sulle altre. E precisa che la roccia era Cristo perché il ricercatore non si allontani da Cristo e, fondato sulla roccia, possa indagare con sicurezza senza il pericolo di cadere in errore. Egli disse che si trattava di prefigurazioni per noi, ma tutte ci risultavano oscure. Chi poteva togliere il velo a tali figure? Chi poteva interpretarle? Chi avrebbe osato esaminarle? Lui, dicendo: La roccia era Cristo, ha acceso un lume come in un paesaggio di densa macchia e di fitta ombra. Portata dunque questa luce, cerchiamo che cosa significhino le altre immagini: il mare, le nubi, la manna. Queste non le ha spiegate; indicò solo cosa era la roccia. Il transito del mare è il Battesimo. Ma in quanto Battesimo, cioè acqua di salvezza, non sarebbe acqua di salvezza se non fosse consacrata dal nome di Cristo che ha versato il sangue per noi, cioè se l'acqua non fosse segno della sua croce. Affinché quel battesimo significasse proprio questo, ci fu il passaggio del Mar Rosso. Quanto alla manna caduta dal cielo, il Signore stesso spiegò il fatto apertamente quando disse: I vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono. ( Gv 6,49 ) Non potevano non morire dal momento che la manna era figura sì della vita, ma non era essa stessa la vita. Mangiarono - disse - la manna e morirono, vale a dire la manna di cui essi si alimentarono, anche se chiaramente non era essa che dava la morte, tuttavia non poteva liberarli dalla morte. Chi infatti li avrebbe liberati dalla morte era Colui che veniva prefigurato dalla manna. La manna veniva indubbiamente dal cielo, ma fate attenzione a chi si riferiva: Io - dice - sono il pane vivo disceso dal cielo. ( Gv 6,51 ) Voi che siete persone ben attente e vi date cura delle parole del Signore, fate ad esse attenzione per imparare a progredire sia nel leggerle che nell'ascoltarle. Egli disse: Mangiarono del medesimo cibo spirituale. Che cosa esprime quel medesimo se non lo stesso cibo che prendiamo anche noi? Vedo che è abbastanza difficile estrarre questi significati e spiegare ciò che mi dispongo a dire, ma sarò aiutato dalla vostra benevolenza che mi impetrerà dal Signore la capacità di farlo. Dunque è scritto: Mangiarono il medesimo cibo spirituale. Bastava dire: " Mangiarono un cibo spirituale ". E invece è detto: il medesimo. Non vedo altro modo di spiegare quel medesimo se non riferendolo al cibo di cui ci alimentiamo anche noi. Allora potrebbe obiettare qualcuno: " Quello che io prendo oggi coincide con ciò che era a quel tempo la manna? E così non si ha nulla di nuovo se ciò che abbiamo al presente lo si era già avuto; e lo stesso scandalo della croce è da ritenersi eliminato ". Ma il termine medesimo non avrebbe senso senza l'aggiunta di spirituale. Coloro infatti che intesero la manna solo come una soddisfazione a un loro bisogno corporeo per saziare il proprio stomaco e non anche la mente, provvedendo solo a una loro necessità fisica, non mangiarono nulla di grande. Agli uni Dio diede puro alimento fisico, agli altri anche un annunzio. Quei tali mangiarono solo un cibo materiale, non uno spirituale. Quando l'Apostolo dice che i nostri padri mangiarono un medesimo cibo spirituale, qualcuno si domanda a quali padri alluda. Noi crediamo, fratelli, che essi sono stati i nostri veri padri, anzi dobbiamo dire che nostri padri non sono stati, ma lo sono. Essi infatti vivono tutti. Ad alcuni non fedeli il Signore diceva: I vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono. Egli, con i vostri padri alludeva a quella parte dei padri che voi imitate nella infedeltà e dei quali seguite le orme, sia non avendo fede sia resistendo a Dio. In questo stesso senso dice ad alcuni: Voi che avete per padre il diavolo. ( Gv 8,44 ) Il diavolo di certo, di sua potenza, non ha creato né generato alcun uomo. E tuttavia è detto padre degli empi, naturalmente non per generazione ma per imitazione. Allo stesso modo, quando si parla dei gentili, i quali non provengono per generazione carnale dal ceppo di Abramo, ma sono buoni, si dice: Dunque voi siete della discendenza di Abramo. ( Gal 3,29 ) Anch'essi infatti erano figli ma non per nascita, bensì per imitazione. Quando il Signore dice: Se foste figli di Abramo fareste le opere di Abramo, ( Gv 8,39 ) egli si rivolgeva a della gente perfida di cui il padre Abramo non è più padre, anzi è ad essa estraneo. E perché fossero sradicati i " cattivi alberi " che si gloriavano di essere della stirpe di Abramo, si promettono dei figli di Abramo dalle pietre. ( Mt 3,9 ) Analogamente nel passo in cui si dice: I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti si allude a coloro che non capivano quello che mangiavano e così, non comprendendo, non mangiarono che un cibo materiale. L'Apostolo afferma che i nostri padri non sono questi, cioè padri d'infedeli, padri di empi, di quelli che mangiano ma muoiono. I nostri veri padri, i padri dei fedeli, sono quelli che hanno mangiato un cibo spirituale e per di più il medesimo cibo nostro. I nostri padri - dice - hanno mangiato il medesimo cibo spirituale e hanno bevuto la medesima bevanda spirituale. Si tratta qui di coloro che capivano quello che mangiavano; per i quali aveva più sapore Cristo nel cuore che la manna in bocca. A che scopo parlare degli altri? C'era in quel gruppo, sin dall'inizio, Mosè, il servo di Dio, il fedele con tutta la sua casa. ( Eb 3,2 ) Egli sapeva che cosa far conoscere e perché in quel tempo le manifestazioni divine dovessero essere velate ai presenti e svelate poi nei tempi futuri. Lo dirò in breve. Tutti coloro che nella manna intuirono il Cristo mangiarono il nostro medesimo cibo spirituale; coloro invece che alla manna chiesero la sola sazietà fisica, furono essi i padri di infedeli che mangiarono ma morirono. La stessa cosa vale pure per la bevanda: la roccia era Cristo. La bevanda era la medesima che la nostra, quella spirituale s'intende. Una bevanda cioè che si prendeva con la fede, che non si attingeva con mezzi fisici. Avete sentito: " la stessa bevanda ". Anche riguardo ad essa la roccia era Cristo. Non vi è infatti un Cristo diverso: uno allora ed un altro ora. Era certamente diversa quella roccia ( Es 17,6 ) dalla pietra su cui appoggiò il capo Giacobbe; ( Gen 28,11 ) come era diverso l'agnello, ucciso per la Pasqua ( Es 12 ) dal montone impigliato nei cespugli, quello che era da immolare quando Abramo, per ordine divino, risparmiò il figlio così come per lo stesso ordine glielo stava immolando. ( Gen 22,13 ) Tuttavia, benché gli agnelli fossero diversi e così anche le pietre, Cristo era il medesimo. Ecco perché si parla di un medesimo cibo e di una medesima bevanda. Infine la roccia fu colpita da una verga di legno perché ne scaturisse l'acqua: Fu colpita da una verga. ( Es 17,5-6 ) Fu colpita da un legno e non da un ferro per indicare la croce che doveva aderire a Cristo per riversare su di noi la bevanda della grazia. Per chi comprende e chi crede è un medesimo cibo, una medesima bevanda. Per chi non comprende, quel cibo è solo manna, e quella bevanda è solo acqua, cibo per chi ha fame, bevanda per chi ha sete. Per il credente invece quello antico non è diverso da quello che prende ora: è il medesimo. Allora infatti era Cristo che doveva venire, ora è Cristo che è venuto. I termini " a venire " e " che è venuto " sono diversi ma indicano lo stesso Cristo. 1.4 - Come leggere la Scrittura: il caso del dubbio di Mosè Poiché viene a proposito, voglio anche dire qualcosa del dubbio del servo di Dio Mosè. Quel dubbio simboleggiava infatti gli antichi santi. Mosè dubitò che dalla roccia scaturisse dell'acqua. Egli, quando con la verga colpì la roccia perché ne scaturisse acqua, in quel momento ne dubitò. Leggendo di quel dubbio si è tentati forse di passare oltre, di non soffermarvisi sopra, perché non si osa neppure di indagare. Tuttavia al Signore Dio quel dubbio dispiacque; e venne da lui sottolineato non solo con un rimprovero ma anche con una punizione. Viene infatti detto a Mosè, proprio per tale dubbio: Tu non introdurrai il popolo nella terra promessa. ( Nm 20,12 ) Sali sul monte e muori lì. ( Dt 32,49 ) Il Signore, in questa circostanza, appare indubbiamente adirato. Fratelli miei, che dire di Mosè? Per un dubbio venuto all'improvviso, sarebbe stata ripudiata tutta la sua fatica, il grande zelo avuto per la sua gente, quella carità che gli faceva dire: Se tu, Signore, perdoni il loro peccato, bene; altrimenti cancellami dal tuo libro? ( Es 32,31-32 ) E come si concorda ciò con la conclusione dell'Apostolo che abbiamo ascoltato dal lettore: La carità non avrà mai fine? ( 1 Cor 13,8 ) Volevo proporvi alcune questioni da risolvere, ma ora la vostra attenzione me ne ha suggerite altre a cui forse non pensavate. Esaminiamo dunque questo passo misterioso e cerchiamo, per quanto possibile, di penetrarlo. Dio si adira: dice a Mosè che non sarà lui ad introdurre il popolo nella terra promessa; gli comanda di salire sul monte per morirvi. Tuttavia allo stesso Mosè egli affida molti incarichi: gli comanda quel che deve fare, come organizzare la sua gente, e che nulla venga lasciato al caso o fatto con negligenza. Mai si sarebbe degnato di comunicare siffatte disposizioni a uno già condannato. Ma ascoltate una cosa ancor più singolare. Poiché fu detto a Mosè ( e ciò Dio lo decise in vista della comunicazione di un determinato mistero ) che non avrebbe introdotto la sua gente nella terra promessa, viene scelto un altro: Gesù Nave. Costui prima non era chiamato così, veniva chiamato " Auses ". ( Nm 13,17 ) Quando Mosè gli affidò il popolo perché lo conducesse nella terra promessa, lo mandò a chiamare e gli mutò nome; lo chiamò appunto " Gesù ". E ciò perché il popolo doveva entrare nella terra promessa non per mezzo di Mosè, ma per mezzo di Gesù, cioè non tramite la legge ma tramite la grazia. Come quel Gesù non era il vero Gesù, ma una sua prefigurazione, così la terra promessa non era quella vera, ma solo una prefigurazione. La terra promessa a quel primo popolo era legata al tempo, quella invece promessa a noi sarà eterna. Tuttavia attraverso prefigurazioni temporali si promettevano e si annunziavano già cose eterne. Come fu per Gesù e la terra promessa, che non erano vere, ma solo simboleggiate, così fu anche per la manna: non era quello il vero cibo venuto dal cielo, ma era solo il preannunzio; così quella roccia non era essa il Cristo ma una sua prefigurazione, e così via. Il dubbio di Mosè c'induce a fare le seguenti considerazioni. Anzitutto vediamo se, per caso, non vi sia anche qui espressa qualche prefigurazione, che viene indicata a chi cerca di capire e che provochi e stimoli l'animo alla ricerca. Noto infatti che dopo quel dubbio, dopo la collera divina, dopo le minacce di morte, dopo aver ritirato a Mosè l'incarico di condurre il popolo nella terra promessa, Dio gli parla come a un amico, di molte cose, proprio come gli parlava prima. Al punto che propone a Gesù Nave, come esempio di obbedienza, Mosè, e lo esorta a servirlo con la fedeltà con cui lo aveva servito Mosè. Gli promette infine che sarebbe stato con lui in futuro, come lo era stato con Mosè. Evidentemente, carissimi, qui è Dio stesso che ci costringe a non criticare sconsideratamente il dubbio di Mosè, ma a vederne il significato. Era tutto una prefigurazione: la roccia che stava lì, la verga che percuoteva, l'acqua che scorreva, lo stesso Mosè che dubitava. Egli dubitò proprio nel momento in cui percosse la roccia. Il dubbio nacque in lui quando il legno si accostò alla pietra. Ora i più svelti a capire vanno avanti, aspettino invece con pazienza i più lenti. Mosè dubitò quando il legno si accostò alla pietra; i discepoli dubitarono quando videro il Signore crocifisso. Mosè portava in sé l'immagine di costoro; l'immagine di quel Pietro che rinnegò per tre volte. Perché Pietro dubitò? Perché il legno [ la croce ] aderì alla pietra [ Gesù ]. Quando il Signore preannunciò il genere della sua morte, cioè la croce stessa, fu proprio Pietro a spaventarsi. Dio te ne scampi, Signore, questo non accadrà mai. ( Mt 16,22 ) Tu, Pietro, dubiti perché vedi la verga di legno avvicinarsi alla roccia. Per la stessa ragione i discepoli persero la speranza che un tempo avevano riposto nel Signore. In un certo qual modo la speranza venne interrotta quando lo videro crocifisso, quando lo piansero ucciso. Dopo la risurrezione Gesù ne trovò alcuni che parlavano tristemente tra di loro del fatto. Allora egli, tenendo velati i loro occhi perché non lo riconoscessero, ma non abbandonando chi credeva in lui e solo rinviando il riconoscimento per chi dubitava, si unì a loro come terzo interlocutore e domandò di che cosa parlassero. Quelli si stupirono che lui solo ignorasse quanto fosse avvenuto proprio riguardo a lui che domandava. Tu solo - gli dissero - sei forestiero in Gerusalemme? E gli raccontarono quello che era avvenuto a Gesù. E subito dopo gli manifestarono l'intimo della loro disperazione mostrando così al medico la ferita, benché non lo sapessero. Noi speravamo - soggiunsero - che sarebbe stato lui a liberare Israele. ( Lc 24,13-21 ) Il dubbio nacque perché il legno si accostò alla pietra; ecco compiersi la prefigurazione del dubbio di Mosè. 1.5 - Il senso della morte di Mosè sul monte Esaminiamo quest'altro passo: Salirai sul monte e morirai. ( Dt 32,49 ) Attraverso la morte corporale di Mosè è indicata la morte dello stesso dubbio, ma sul monte. Meravigliosi misteri! Queste cose esposte e capite quanto sono più dolci della stessa manna! Presso la roccia nasce il dubbio, sopra il monte esso si estingue. Quando Cristo fu umile durante la passione egli era quasi come una pietra ferma davanti ai nostri occhi. Veniva naturale dubitare di lui; la sua umiltà non metteva innanzi nulla di grande. Conseguentemente come per la sua umiltà egli diventò una pietra di scandalo, così glorificato nella risurrezione apparve grande: ecco, è già " monte ". Quel dubbio che era nato presso la roccia, doveva morire sul monte. Riconoscano ora i discepoli la loro salvezza, ravvivino la loro speranza. Osserva ora il parallelismo tra la morte di quel dubbio e la morte di Mosè sul monte: " non entrerà nella terra promessa ", là non vogliamo dubbi, il dubbio muoia prima. Ora Cristo ci mostri come quel dubbio si estingue. Pietro fu preso dal timore e negò per tre volte. Cristo - ricordiamo - era raffigurato nella roccia. ( 1 Cor 10,4 ) Con la risurrezione, diventato monte, confermò la fede di Pietro. Ma veniamo alla morte del dubbio. In che modo esso si estingue? Ascoltiamo: Pietro, mi ami tu? Fa la domanda Colui che guarda dentro i cuori e li conosce. Vuole sentirsi dire che è amato e gli pare poco udirlo una sola volta. Insiste a chiedere e ad ascoltare, quasi con insofferenza dello stesso Pietro. Questi infatti si stupisce d'essere interrogato da chi sa già e, per di più, tante volte, quando sarebbe stato sufficiente rispondere una volta sola, anche a chi non conoscesse ancora la risposta. Ma è come se il Signore avesse detto: Aspetto che si compia il numero legale. Protesti tre volte il suo amore ( Gv 21,15-17 ) chi per tre volte rinnegò per timore. ( Mt 26,69-74 ) Il Signore poiché interrogava un numero di volte corrispondente [ al dubbio ], sul monte uccideva quel dubbio. 1.6 - Il Battesimo. Le braccia di Mosè Che dire, carissimi, ora che queste corrispondenze sono diventate chiare? Esse erano rimaste oscure non per ingannare ma per la nostra gioia. Non si godrebbero infatti tanto se fossero state già del tutto chiare. Sarebbero venute a noia. Colui che chiede il battesimo, colui al quale avevo incominciato a rivolgermi, veda ora il suo da fare. Il Mar Rosso prefigurava il Battesimo e la gente che lo attraversava erano i battezzati; il suo attraversamento era il Battesimo, ma sotto la nube. Veniva infatti ancora velato quello che si preannunziava, veniva ancora nascosto quello che era promesso. Ora è scomparsa la nube, è venuto il sereno della verità manifesta: è scomparso infatti il velo dietro al quale parlava Mosè. Quel velo era sospeso nel tempio perché non si vedessero i segreti del tempio, ma con la morte in croce del Signore si squarciò il velo, perché essi apparissero. Tu dunque accostati al Battesimo, imbocca intrepidamente la via del Mar Rosso senza preoccuparti, come fossi inseguito dall'Egiziano, dai peccati passati. Ti opprimevano i peccati con il loro duro peso di schiavitù, ma quando eri in Egitto, cioè quando amavi il mondo presente, quando eri come un pellegrino lontano in terra di esilio. Allora eri indotto a perseguire opere terrene, come costruire laterizi e mettevi su delle costruzioni di fango. Ti pesano i peccati? Vieni al Battesimo fiduciosamente. Il nemico ti può inseguire solo fino al confine dell'acqua; in essa egli morirà. Potresti ancora temere qualcosa della tua vita passata, o credere che possa ancora rimanere qualcosa dei tuoi peccati, solo se fosse sopravvissuto qualcuno degli egiziani. La voce dei pigri mi giunge all'orecchio, essa suona così: " Io non temo i peccati passati. Non dubito che nell'acqua santa, anche per la carità della Chiesa mi vengano rimessi tutti, ma temo per quelli che farò in futuro ". " Vuoi dunque rimanere in Egitto? Intanto sàlvati dal nemico presente, quello che già ti calpestò e ti rese schiavo. Perché vai pensando ai nemici per il futuro? Quel male che ormai hai compiuto, anche se non lo volessi, c' è; quello che pensi di fare in avvenire, basta che tu non lo voglia, non ci sarà ". " Ma la via è pericolosa - dici - e, appena traversato il Mar Rosso, non sarò istantaneamente nella terra promessa; quel popolo fu condotto, e per parecchio tempo, attraverso il deserto ". Tu intanto liberati dall'Egitto. Pensi forse che, lungo il cammino, venga a mancarti l'aiuto di Colui che ti ha liberato dalla schiavitù antica? Non dominerebbe i tuoi nuovi nemici chi ti ha liberato dagli antichi? Basta che tu intrepidamente faccia il passaggio, intrepido prosegua il cammino, e che sia obbediente. Non provocare a sdegno quel divino Mosè di cui il primo Mosè in questa obbedienza era prefiguratore. Lo ammetto: non mancheranno i nemici. Non mancarono allora né per inseguire i fuggitivi né per ostacolarli nel loro cammino. In una parola, miei carissimi, tutti quegli eventi furono prefigurazioni per noi. Ma nel frattempo non ci sia nulla in te che contristi Mosè; non voler essere quell'acqua amara che, dopo aver attraversato il Mar Rosso, la gente non poté bere. Quel fatto costituì un'altra tentazione. Ma anche ora quando avvengono tali cose, quando il popolo si inasprisce, noi mostriamo il Cristo; quali cose per loro è arrivato a sopportare, come per loro abbia versato il suo sangue e allora la gente si placa, come se avessimo messo un legno nell'acqua. Anche tu incontrerai, nel tuo viaggio, un nemico ad ostacolarti: avrai il tuo Amalech. Allora Mosè pregava stendendo le mani. Ma quando le abbassava, Amalech vinceva; quando le rialzava Amalech perdeva. Anche le tue mani siano protese perché sia sconfitto il tuo tentatore Amalech, colui che ti ostacola nel cammino. Sii vigilante e sobrio nel dedicarti alla preghiera e alle opere buone, ma non prescindendo mai da Cristo perché le mani tese di Mosè prefiguravano la croce di Cristo. Su quella croce era l'Apostolo quando diceva: Il mondo è stato crocifisso per me e io per il mondo. ( Gal 6,14 ) Perda dunque Amalech, sia sconfitto, e non impedisca il passaggio del popolo di Dio. Se distogli la mano dall'opera buona, cioè dalla croce di Cristo, Amalech prevarrà. Comunque tu, riguardo al futuro, guàrdati dal ritenerti sempre e subito invincibile o, al contrario, di venir meno per una totale sfiducia. Quell'alternarsi di stanchezza e di vigore nelle braccia del servo di Dio Mosè, alludono forse agli alti e bassi tuoi. Talvolta infatti ti senti spossato nelle tentazioni, ma non soccombi: Mosè abbassava per un poco le mani, ma non crollava. Se io dicevo: Il mio piede vacilla - [ canta il Salmo ] - ecco che la tua misericordia, Signore, mi veniva in soccorso. ( Sal 94,18 ) Dunque non temere, lo stesso Dio che non venne meno nella liberazione dell'Egitto, ti è presente durante il suo viaggio per aiutarti. Non temere, affronta il cammino e abbi fiducia. Mosè talvolta abbassava le braccia e talvolta le risollevava e infine tuttavia Amelech fu vinto. ( Es 17,11-13 ) Amelech poté resistere a Mosè ma non poté vincerlo. 2.7 - La penitenza quotidiana Viene ormai opportuno parlare dell'altro tipo di penitenza. Vi avevo infatti prospettato tre tipi di penitenza perché tre ne considera la sacra Scrittura. La prima è per coloro che desiderano accedere al Battesimo, cioè per i " competenti " e questa già ve l'ho esposta secondo le Sacre Scritture. Ce n'è poi un'altra, quella quotidiana. E dove potrò indicarvela? Non mi sembra di aver di meglio da mostrarvi se non quel passo dell'orazione quotidiana, in cui il Signore, insegnandoci cosa dobbiamo chiedere al Padre, racchiude il suo insegnamento nelle seguenti parole: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori. ( Mt 6,12 ) Quali debiti, fratelli? Giacchè per " debiti " qui non possono intendersi che i " peccati ". Noi dovremmo dunque pregare perché ci vengano di nuovo rimessi i debiti già condonati col Battesimo? Ogni Egiziano inseguitore morì. Se non rimase alcuno degli inseguitori non c'è ragione di pregare perché ci vengano rimessi i peccati se non per via delle braccia [ di Mosè ] che alzate contro Amalech perdevano di vigore. Nella preghiera: Perdona a noi come noi perdoniamo, il Signore ci ha dato una medicina e insieme ha firmato un patto; nella prima parte c'insegna a pregare, nella seconda egli risponde a chi prega dandogli la conoscenza del funzionamento delle leggi del cielo, sul come cioè si possono ottenere le cose che si desiderano. A chi vuole essere perdonato egli dice: Perdona! Tu, d'altra parte, che cosa hai da offrire a Dio, dal quale pretendi che ti venga dato [ il perdono ]? Cristo salvatore non cammina più sulle strade della terra, Zaccheo non può più accoglierlo felice in casa sua, ( Lc 19,6 ) Marta non può più ospitarlo e preparargli il pranzo. ( Lc 10,40 ) Egli non ha più bisogno di queste cose, siede ormai alla destra del Padre. Però egli disse: Ciò che avete fatto a uno solo dei più piccoli che appartengono a me, lo avete fatto a me. ( Mt 25,40 ) Questo è il senso delle mani distese di Mosè, sotto le quali Amalech venne meno. Quando tu dài qualcosa a chi ha fame, certamente dài qualcosa di tuo a favore di un povero: forse te ne mancherà, ma nella tua casa, non in cielo. Del resto anche qui in terra, Colui al cui comando tu hai donato, ti darà il contraccambio di ciò che hai dato. A ciò alludeva l'Apostolo, dicendo: Colui che fornisce il seme al seminatore, darà anche il pane in nutrimento. ( 2 Cor 9,10 ) Infatti quando tu dài al povero, sei un operaio di Dio: semini d'inverno per raccogliere in estate. Che cosa temi, o uomo senza fede, che in una così grande casa un tale padre di famiglia non dia il mantenimento al suo operaio? Ci sarà, ma tanto quanto basti ai tuoi bisogni. Quello che risponde a necessità, e non a cupidigia, Dio te lo darà tutto. Lavora dunque intrepidamente, stendi le tue braccia, sia sconfitto Amalech. Dopo aver dato qualcosa, tu nella tua casa terrena, come dicevo, vedi che c'è qualcosa in meno di quanto vedevi prima, o almeno non vedi quello che hai dato fino a quando Dio non te lo restituisca. Ma dimmi: quando tu perdoni dall'intimo del cuore, che cosa perdi? Quando perdoni chi ti ha offeso, che cosa ritrovi in meno nel tuo cuore? Da lì fai uscire il perdono, ma non perdi nulla. Anzi, nel tuo cuore scorre un'onda di carità, essa scaturisce come da una vena interiore: ma quando tu conservi rancore al fratello, ecco, ne otturi la sorgente. Se invece perdoni, tu non solo non perdi nulla ma sarai irrigato più abbondantemente. La carità non patisce angustie; se tu vi metti una pietra d'inciampo, sei tu che ne limiti lo scorrere. " Ma - dici - io mi devo vendicare, mi vendicherò, gli farò vedere, agirò ". Quante agitazioni e fatiche quando, col solo perdonare, potresti vivere senza preoccupazioni, tranquillo e pregare in pace! Ecco quel che devi fare: pregare. E quando? Oggi, subito! O vorresti non pregare? Ti senti pieno d'ira e di odio, minacci vendetta, non perdoni di cuore. Prega: è venuta l'ora di pregare; incomincia ad ascoltare o a pronunciare le parole dell'orazione domenicale. Dopo aver pronunciato o ascoltato i precedenti versetti sei arrivato a quello del perdono. E dove vorresti andare per non arrivarci? Per non perdonare al nemico devieresti da Cristo? Certamente tu devieresti il corso della preghiera perché non vuoi dire: Rimetti a noi i nostri debiti. E ciò perché non puoi dire: come noi li rimettiamo ai nostri debitori, per non sentirti subito rispondere: " Appunto li rimetto come li rimetti tu ". Tu non vuoi perdonare perciò non puoi dire tali parole, che aggiri, tralasci e passi a quelle che seguono: Non permettere che siamo indotti in tentazione. ( Mt 6,13 ) Ma qui ti prenderà il tuo creditore, di cui tu quasi evitavi di vedere la faccia. Come uno che, lungo la strada, vedendo avvicinarsi un tale cui deve qualcosa, se ha a portata di mano un'altra strada, abbandonando l'itinerario precedente, prende un'altra direzione per non imbattersi nel suo creditore, così tu hai pensato di fare riguardo a questo versetto. Hai evitato di dire: " Perdonami come io perdono ", affinché Dio non usasse il tuo stesso metro di perdono, cioè per il fatto che tu non perdoni, neanche lui ti perdonasse. Non l'hai voluto dire evitando di incontrarti faccia a faccia col tuo creditore. Ma chi vuoi evitare? E chi sei tu che vuoi fare questo sotterfugio? In quale luogo potresti andare dove possa essere solo tu e non lui? Finirai col dire: Dove andrò, lontano dal tuo Spirito? E dove fuggirò, lontano dalla tua presenza? Se salgo in cielo là tu sei; se scendo negli inferi, tu sei lì presente. Un indebitato quale posto più lontano da Cristo può trovare oltre l'inferno? Ebbene, tale creditore è anche lì. Che cosa ti resta da fare se non quello che è detto subito dopo nel Salmo: [ Se ] spiegherò le mie ali e me ne andrò all'estremità del mare? ( Sal 139,7-9 ) Cioè con la mia speranza mediterò la fine del mondo presente, vivrò fedele ai precetti divini, mi solleverò con le due ali della carità. Ama il tuo prossimo come te stesso ( Lv 19,18; Mt 22,39; Mc 12,31 ) e non serbare odio, per non trovarti nella condizione di chi è indotto a sfuggire al creditore. 3.8 - La penitenza straordinaria per i peccati mortali. Possibilità del perdono Resta da parlare brevemente del terzo tipo di penitenza affinché con l'aiuto dei Signore io adempia ciò che mi sono proposto e che vi ho promesso. C'è un tipo di penitenza più severo e più doloroso. Quelli che la praticano nella Chiesa sono propriamente chiamati " i penitenti " e sono esclusi dalla partecipazione al sacramento dell'altare per timore che, ricevendolo indegnamente, essi non mangino e bevano la loro condanna. É dunque una penitenza dolorosa. Si tratta di una ferita grave: forse è stato commesso un adulterio o un omicidio o qualche sacrilegio. Cose gravi, ferite profonde, letali, mortifere, ma il medico è onnipotente. Per tali azioni, dopo averne accettata la provocazione, il piacere, il consenso e la realizzazione, si è quasi nella condizione di un morto da quattro giorni, che emana fetore. Il Signore tuttavia non abbandonò neanche lui e gli gridò: Lazzaro, vieni fuori! La mole del sepolcro cedette alla voce della misericordia: la morte cedette alla vita, l'inferno al cielo; Lazzaro si alzò, venne fuori dal sepolcro, ma era legato [ dalle bende ] come lo sono coloro che, accusato il loro peccato, fanno penitenza. Essi sono già sfuggiti alla morte, non potrebbero infatti confessare il peccato se non ne fossero sfuggiti. Lo stesso confessare è un venir fuori dalle ombre e dalle tenebre. Ma che cosa ha detto il Signore alla sua Chiesa? Le ha detto: Ciò che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. ( Mt 18,18 ) Questo è il motivo per cui, mentre Lazzaro usciva fuori dalla tomba, il Signore - dopo aver compiuto un beneficio della sua misericordia conducendo [ come ] alla confessione uno che era già morto, sepolto, putrido - per indicare che lasciava al ministero della Chiesa di compiere le altre cose, disse: Scioglietelo e lasciatelo andare. ( Gv 11,39-44 ) Ma, carissimi, sia bene inteso che nessuno si deve prospettare un tal genere di penitenza, nessuno vi si prepari. Tuttavia, venendosi a trovare in una tale congiuntura nessuno perda ogni speranza. Ciò che infatti portò Giuda, il traditore, a totale perdizione non fu tanto il delitto commesso, quanto la disperazione di poter trovare ancora perdono. Egli non era degno di misericordia, perciò non gli rifulse nel cuore quella luce che lo avrebbe fatto rivolgere al perdono di Colui che egli aveva tradito, così come vi ricorsero coloro che lo avevano crocifisso. Ma egli, disperandosi, si uccise. Sospendendosi a un laccio morì soffocato: ciò che fece sul suo corpo era avvenuto prima nella sua anima. Si dà infatti il nome di " spirito " anche all'aria che si muove in questo nostro mondo. Allo stesso modo di coloro che, impiccandosi, muoiono perché in loro non entra più l'aria di questo mondo, così quanti perdono la speranza del perdono divino restano soffocati dentro per la disperazione stessa, e lo Spirito Santo non può più visitarli. 3.9 - Accuse dei pagani: la penitenza facilita il peccare Tra i pagani c'è l'abitudine di far critiche ai cristiani riguardo all'istituto della Penitenza in uso nella Chiesa. Su questa verità, il poter fare penitenza, la Chiesa cattolica ha tenuto duro anche contro talune eresie. Vi furono alcuni infatti i quali vollero sostenere che per determinati peccati non si doveva dare la possibilità di fare penitenza, ma costoro vennero dichiarati estranei alla Chiesa e considerati eretici. Il fatto è che di fronte a qualsiasi tipo di peccato la Chiesa non perde le sue viscere di madre pietosa. Perciò male i pagani ci attaccano, quasi facendosi beffe di noi ( non sapendo quello che dicono, perché ancora non sono giunti alla parola di Dio, che fa eloquente il parlare dei bambini ). " Voi - essi dicono - promettendo il perdono una volta che sia stata fatta penitenza, favorite il peccato degli uomini. Una tale promessa non è un ammonimento, è un lasciarsi andare ". E accumulano parole su parole per sostenere questa idea; ora a voce alta, ora sommessamente, ma non tacciono. Quando poi se ne discute con loro, anche se essi risultano vinti dal nostro argomentare, non lo ammettono. Tuttavia state a sentire brevemente in che modo costoro vadano confutati, perché la misericordia divina ha stabilito tutto per il meglio nella sua Chiesa. Essi dicono che noi, prospettando la visione del porto della penitenza, diamo briglia sciolta ai peccati. Tuttavia, se si escludesse la possibilità della penitenza, forse che un peccatore non aggiungerebbe peccati a peccati quanto più si convincerebbe di non poter essere più perdonato? Direbbe fra sé: " Ecco, ho peccato, ho commesso un delitto, per me non c'è più un luogo di perdono. Ogni penitenza ormai è inutile, posso essere solo condannato. A questo punto perché non dovrei vivere come mi piace? Dal momento che nell'altra vita non troverò carità, voglio almeno di qua appagare i miei piaceri. Perché infatti me ne dovrei astenere? Se per la vita futura mi viene chiuso ogni accesso, tutto quello che di qua non mi godo lo perdo per il fatto appunto che non mi sarà data la vita futura. Perché dunque non darmi alle mie passioni? Per appagarle, saziarle, agendo non secondo la norma del lecito ma secondo quella del piacere? " Forse gli si potrebbe obiettare: " Ma miserabile che sei, tu potresti essere preso, accusato, torturato, punito dalle leggi del mondo ". I malvagi ben sanno che sul piano umano così si parla e si agisce, ed anche osservano che molti colpevoli e scellerati riescono a mantenere impuniti i loro peccati. Infatti li possono tenere nascosti, anche possono riscattarne la penalità se proprio non riescono a tenerli nascosti, garantendosi così, fino alla vecchiaia, una vita lasciva, blasfema, sacrilega, perduta. Ed enumerano gli esempi a vantaggio della loro tesi: quel tale, che ne ha fatto di ogni colore, non è forse arrivato a vecchiaia? Di fronte a tal modo di ragionare tu dovresti riflettere invece che quell'uomo peccatore e scellerato è morto vecchio perché Dio ha avuto pazienza verso di lui: gli ha voluto accordare tempo in attesa di penitenza. Dice infatti l'Apostolo: Non sai che la pazienza di Dio ti deve spingere a cambiare vita? Il peccatore invece secondo l'ostinazione del cuore impenitente ha accumulato ira su di sé per il giorno dell'ira e della manifestazione del giusto giudizio di Dio, quando egli renderà a ciascuno secondo le sue opere. ( Rm 2,4-6 ) É necessario dunque che il timore di Dio sia nell'animo, e chi non vuole peccare pensi che Dio è sempre presente e non soltanto in pubblico ma anche in casa propria, e non solo in casa, ma nella propria camera, o di notte nel suo stesso letto, nel suo cuore. Se dunque abolirai il porto della penitenza, per disperazione aumenteranno i peccati. Come vedi non hanno più nulla da ribattere coloro che ritengono un'occasione di peccato il porto della penitenza prospettato dalla fede cristiana. E poi? Se per una eccessiva speranza di perdono venisse ad essere incoraggiato il peccato, Dio non avrebbe provveduto al riguardo? Come infatti egli ha provveduto che il peccato non fosse favorito dalla disperazione, così avrebbe provveduto che non fosse favorito dall'eccesso di speranza. In realtà, allo stesso modo può accrescere i suoi peccati sia chi è nella disperazione, sia chi conta sul perdono, come se dicesse: " Io intanto faccio quello che voglio, poi, quando mi convertirò, Dio è buono e mi perdonerà ". In verità tu puoi dire con sicurezza: " Quando mi convertirò, mi perdonerà " a condizione che sia sicuro di vivere domani. Al riguardo ti ammonisce la Scrittura, dicendo: Non aspettare a convertirti al Signore, non rimandare di giorno in giorno; poiché improvvisa scoppierà la sua ira e al tempo del castigo ti annienterà. ( Sir 5,8-9 ) La provvidenza divina ha vigilato per noi per farci evitare l'uno e l'altro pericolo: perché non aumentiamo i peccati a causa della disperazione c'è il porto della penitenza; perché poi non li aumentiamo a motivo di eccesso di speranza ci è stato dato incerto il giorno della morte.