Padri/Agostino/DisVari/360c.txt Discorso di Sant'Agostino Sul forzato ritorno degli eretici all'unità della Chiesa. Contro i Donatisti 1 - Nulla è più dolce dello zelo che unisce i fratelli, nulla è più pericoloso della discordia tra i popoli. Le parole " carne " e " carità " sembrano fra loro vicine quando risuonano sulle nostre labbra; e in realtà esse sono foneticamente vicine. Quali parole infatti suonano così vicine l'una all'altra come " carne " e " carità "? Eppure esse distano moltissimo tra loro, anche ai nostri tempi. Quanto siano tra loro lontane queste due realtà, che pure al suono della voce sono così vicine, sarà a voi manifesto se considerate che dov'è la carità il cuore si dilata, mentre la carne si strettisce. In effetti, finché siamo stretti dai legami della nostra miseria umana, la stessa nostra carità soffre, imprigionata nella carne; né voi siete ancora accolti negli ampi spazi della divinità. Orbene, vogliate considerare, carissimi, con quanta ampiezza siano stati costruiti i nostri edifici sacri. Ma pensate voi che a coloro che occupano posti lontani sia più difficile ascoltarci? Strada per la nostra voce è il vostro raccoglimento. Davvero! Chi sta in silenzio ode subito quanto viene detto, anche se la voce non è molto possente. Aiutatevi dunque fra di voi, e, come sta scritto, portate l'un l'altro i vostri pesi, ( Gal 6,2 ) per ricevere tutti insieme quanto a tutti viene erogato. 2 - Dopo lungo ed incessante desiderio, finalmente, fratelli amatissimi, vi vediamo presenti anche fisicamente. Ma spiritualmente mai ci siamo allontanati, né voi da me né io da voi. ( 1 Ts 3,6 ) Quando abbiamo "in alto il cuore", voi abitate insieme a me là dove nessuno si accalca sull'altro. E tuttavia, fratelli, vogliamo chiedervi scusa se a qualcuno di voi abbiamo dato l'impressione d'essere venuti con un ritardo più grande di quello che voi e io avremmo desiderato. Gravi impegni mi hanno trattenuto durante l'estate, impegni che non sono a voi sconosciuti. In effetti, è stato anche per l'aiuto delle vostre preghiere che quanto mi era di angustia si cambiasse in godimento. A Ippona, la città dove sono al servizio dei miei figli, vostri fratelli, ho dovuto per lungo tempo soffrire le doglie del parto, ma finalmente si è raggiunta l'unità. Con sempre rinnovate preghiere aiutatemi affinché il Signore confermi ciò che ha operato in noi. ( Sal 68,29 ) In effetti, sebbene fossi ancora occupato nel disimpegno di queste attività, ecco che ora nel territorio di Ippona hanno cominciato a convertirsi quelle popolazioni che, quanto più difficilmente comprendono per la loro rozzezza, tanto più si tarda ad ottenerne l'unità. Or dunque il vostro desiderio non solo mi ha indotto a venire qui ma mi ha dato le ali, affinché in seguito possiamo tornare da loro com'è loro desiderio. Accogliete dunque le mie scuse per il ritardo. In questo frattempo, infatti, anche il mio venerato fratello e collega, Massimino, si è convertito alla Chiesa cattolica. E in questa sua nuova vita nella Chiesa cattolica, con cui ha rotto il precedente pesante giogo, non poteva né doveva essere da me lasciato solo, né era opportuno che egli si allontanasse subito di là. Quando dunque il Signore ha creduto opportuno, ha fatto sì che venissimo tutti e due. Penso dunque che possiate facilmente perdonarmi il ritardo, poiché ora sono venuto con colui che mi aveva impedito di venire più presto. 3 - Accogliete dunque, o carissimi, quanto ora mi preme di dire. Lontano da voi, io conoscevo le vostre ansie; lontani da me voi conoscevate le mie. Voi amate l'unità, desiderate la pace, conservate la pace, siete affamati di pace. Approvo e godo per la guarigione del vostro palato, con il quale gustate quanto è dolce il Signore. ( Sal 34,9; 1 Pt 2,3 ) Il buon pane, infatti, è buono per chi è sano. Chi invece è ammalato, anche se può lodare il buon pane quando lo vede, non lo può mangiare quando gli viene offerto. E chi è il nostro pane se non Colui che diceva: Io sono il pane vivo disceso dal cielo? Sarà egli il nostro pane e non anche la nostra pace? Dimostriamo che è anche la nostra pace. Abbiamo già dimostrato con una sua limpidissima testimonianza che egli è pane: Io sono il pane vivo disceso dal cielo. ( Gv 6,51 ) Ci dica ora l'Apostolo: Egli è la nostra pace. ( Ef 2,14 ) Di colui che diceva: Io sono il pane vivo disceso dal cielo, ( Gv 6,51 ) ci si dice ora: Egli è la nostra pace. ( Ef 2,14 ) Abbiamo dunque il pane come sorgente di pace, ma a patto che lo mangiamo da sani. 4 - Avete or ora ascoltato dal Vangelo parlare di colui che è lo stesso pane. I discepoli cercavano di accaparrarsi il primo posto, il posto più elevato: tra i figli della carità si litigava sulle precedenze. Volevano sapere chi fra loro fosse il più grande. ( Lc 22,24 ) La loro meschinità cercava quel posto più elevato che si raggiunge solo mediante la carità. Non conoscevano ancora la via per cui camminare, anche se vedevano la meta a cui dovevano giungere. È tramite l'umiltà che si raggiungono le altezze. La via è Cristo. ( Gv 14,6 ) Lui il pane, lui la luce, lui anche la via. Chiedigli dove devi andare; ti risponderà: " Vieni a me". Chiedigli per quale via devi andare; ti risponderà: " Attraverso me ". Egli infatti è rimasto la meta dove dobbiamo andare, ed è venuto per essere la via per cui andare. Dunque, carissimi, figli della pace, ( Lc 10,6 ) figli della luce, ( Lc 16,8; Gv 12,36; Ef 5,8 ) figli della carità, germogli della Cattolica: se siamo forti, mettiamoci al servizio dei deboli; se siamo sani, mettiamoci al servizio degli ammalati. Il Signore nostro si è fatto servo; e tu hai sotto gli occhi il Signore che si fa servo: il servo è ammalato e il Signore lo serve. Lodiamo con tutte le forze il nostro Pane. Ecco, è cosa quanto mai buona e gioconda che i fratelli vivano insieme. ( Sal 133,1 ) Rallegratevi, giusti, nel Signore. ( Sal 33,1; Sal 97,12 ) 5 - È sicuramente cosa buona che i fratelli vivano insieme. Tutti ammettono che sia cosa buona, ( Sal 133,1 ) non tutti però comprendono che è gioconda. Domandalo a chi ti pare, anche se è ancora eretico oppure uno che, pur presentandoti la faccia, ti nasconde quel che pensa; chiedi, interpella chiunque, chi si infastidisce o rifiuta, chi respinge la mano di chi è disposto a servirlo e vorrebbe soccorrere la sua malattia. Tieni duro e chiedigli: " È cosa buona l'unità? ". Risponda pure, se può: " No! È un male ". Non mi arrendo in alcun modo e lo interrogo ancora: " È cosa buona l'unità? ". Risponde: " È cosa buona ". Volente o nolente egli risponde: " L'unità è cosa buona ". O forse taci? Anche se taci, taci certamente perché non puoi dire: "Non è una cosa buona ". La cattiveria non ti consente di dire che è cosa buona, ma la verità non ti permette di negare che sia cosa buona. Io dunque insisto per farti uscire la voce; non smetterò né ti lascerò in pace; e tu non ti libererai di me fino a quando non mi avrai detto qualcosa. Ecco, finalmente ho raggiunto il tuo orecchio: se non ti trattengo per amore, ti voglio trattenere almeno per timore. Ebbene, parla, rispondimi! Ti chiedo una cosa facile; la mia domanda è breve: " L'unità è una cosa buona? ". Come reagirà? In nessun modo potrà dire: " Non è una cosa buona ". Dunque, magari per liberarsi di me dirà: " È una cosa buona ". Ed io rispondo: " Ciò che tu lodi, se è un podere, possiedilo insieme a me; se è una veste, indossala con me; se è un pane, mangialo con me ". Mi risponde: "È una cosa buona, non lo nego; ma poiché vi sono costretto, la rifiuto ". Dunque è una cosa buona, ma perché ti senti costretto ad accettare questa cosa buona, tu la rifiuti, anche se è buona. Io però mai ti molesterei con la costrizione, se tu fossi avido a chiederla. Siccome è una cosa buona e tu non la vuoi, per questo io ti faccio violenza. Tu stesso infatti la riconosci per buona e non la vuoi perché sei guidato non dalla verità ma dalla malattia. E io sono a servizio dell'ammalato: tu sei malato, e io sono al tuo servizio. Ti offro il cibo: accogli l'alimento che tu stesso lodi. Forse che, come sono soliti fare gli ammalati che rifiutano il cibo loro offerto, anche tu protesti che esso non è ben cotto? Nulla di ciò potrai dire del cibo che ti presento. È Cristo il pane, è Cristo la pace. Questo cibo fu confezionato in un grembo verginale, cotto col fuoco della Passione. Prendilo dunque, o fratello; ricevilo, fratello; ricevine un boccone per non morire. Senza alcun dubbio tu lodi l'unità. Si leva contro di me la tua debolezza, non il tuo giudizio. Io ti offro un cibo che non solo ridà salute all'ammalato, ma lo sostiene anche. Sono molesto nel porgertelo, ma sarei senza pietà se te lo sottraessi. Mi dice: " Va bene, lo prendo ". 6 - Che sorta di malati ci tocca soffrire, fratelli! Dicono: " Va bene, l'accetto ". E così sono venuti alcuni, che hanno ceduto alla molesta insistenza di chi era posto al loro servizio, alle preoccupazioni che, per quanto importune, sono proprie di genitori mossi da amore materno. Ma che dico " genitori ", o miei fratelli? Non sto parlando di me o di qualunque altro uomo, ma di quei nostri genitori che nutrono i figli quando sono sani e li guariscono quando sono malati: questo padre è Dio, questa madre la Chiesa. Questa pia madre, dunque, che partorisce i figli concepiti e dà alla luce quelli che sono in pericolo, non si è tirata indietro quando questi suoi figli erano malati. Anche se è stata molesta, anche se è stata importuna, essa si è avvicinata ai malati e, anche se rifiutavano, ha fatto loro ingoiare il cibo. Essi la odiano mentre li guarisce, ma ancor più temono di trovarla piangente. Perché chi è malato essa lo guarisce, chi è morto lo piange. Sia molesta in lui …