Padri/Agostino/EspSalmi/008.txt Salmo 8 1 - [v 1.] Il significato di " torchi " Per la fine, per i torchi: salmo di David stesso. Non sembra che nel testo di questo salmo, che ha un simile titolo, si dica qualcosa dei torchi; dal che risulta che, spesso, nelle Scritture, sotto molte e diverse similitudini si intende una sola e medesima cosa. Possiamo perciò nei torchi vedere le chiese, per la stessa ragione per cui vediamo anche nell'aia la Chiesa. Sia nell'aia sia nel torchio infatti non si compie niente altro se non la liberazione dei frutti dai tegumenti, necessari perché nascessero, crescessero e giungessero alla maturità sia della mietitura che della vendemmia. Orbene, quanto a questi tegumenti e peduncoli, il frumento si libera nell'aia dalla pula, e il vino si libera nel torchio dalle vinacce; allo stesso modo, nelle chiese, si separano in forza di spirituale amore, ad opera dei ministri di Dio, i buoni dalla moltitudine degli uomini del secolo che sta riunita insieme con loro; moltitudine che era necessaria ai buoni perché nascessero e divenissero idonei a ricevere la parola divina. Questa divisione si verifica anche ora, in modo però che i buoni sono separati dai malvagi, non nello spazio ma nell'amore, anche se gli uni e gli altri stanno insieme nelle chiese per quanto si riferisce alla presenza corporale. Verrà poi un altro tempo nel quale il frumento sarà raccolto nei granai e il vino nelle cantine. Dice: il grano raccoglierà nei granai, mentre brucerà la pula nel fuoco inestinguibile. ( Lc 3,17 ) In un'altra similitudine si può intendere la stessa cosa: il vino raccoglierà nelle cantine, mentre getterà le vinacce al bestiame in modo che i ventri delle bestie possano raffigurare - in similitudine - le pene dell'inferno. 2 - Possiamo interpretare i torchi anche in un altro modo, senza tuttavia rinunziare a vedere in essi le chiese. Possiamo infatti scorgere nell'uva anche il Verbo divino: anche il Signore è stato chiamato grappolo d'uva, che portarono dalla terra promessa, sospeso a un ramo come fosse crocifisso ( Nm 13,24 ) coloro che erano stati mandati in avanscoperta dal popolo di Israele. Ora, allorché il Verbo divino, per la necessità dell'enunciazione, assume suono di voce per giungere all'orecchio degli ascoltatori, nel medesimo suono della voce si racchiude il significato come il vino nelle vinacce; e così questa uva giunge all'orecchio come al pressatoio ove sono situati i torchi. Si compie infatti qui la separazione, per cui il suono si ferma alle orecchie, mentre il senso si raccoglie nella memoria di coloro che ascoltano, come in una specie di tino, da cui passa nella disciplina dei costumi e nell'atteggiamento della mente, come ( il vino ) passa dal tino nelle cantine, ove, se non diverrà aceto per negligenza, acquisterà vigore con l'invecchiare. Presso i Giudei è divenuto aceto, ed essi diedero da bere al Signore questo aceto. ( Gv 19,29 ) È infatti necessario che quel vino, generato dalla vite del Nuovo Testamento e che il Signore berrà insieme con i suoi santi nel regno del Padre suo, ( Lc 22,18 ) sia dolcissimo e robustissimo. 3 - Si suole scorgere anche il martirio nel torchio, in quanto, essendo stati premuti dalla violenza delle persecuzioni coloro che hanno confessato il nome di Cristo, i loro resti mortali rimarranno in terra come le vinacce, mentre le loro anime voleranno nella pace della dimora celeste. Neppure questa interpretazione si allontana dalla fruttificazione delle chiese. Quindi si canta il salmo per i torchi, cioè per la fondazione della Chiesa, quando il nostro Signore è asceso al cielo dopo essere risorto: è allora che ha mandato lo Spirito Santo, ricolmi del quale i discepoli hanno predicato con fiducia la parola di Dio, onde costituire le chiese. 4 - [v 2.] Per questo è detto: o Signore, Signore nostro, quanto è ammirabile il tuo nome in tutta la terra! Chiedo: perché è ammirabile il suo nome in tutta la terra? Mi si risponde: perché la tua magnificenza è innalzata sopra i cieli. Il senso è dunque questo: o Signore, tu che sei il nostro Signore, quanto ti ammirano tutti coloro che abitano la terra! Perché la tua magnificenza si è innalzata dalla umiltà terrena fin sopra i cieli. Di là infatti si è reso manifesto chi eri tu che, ne discendevi, quando alcuni hanno visto, e altri hanno creduto, ove tu salivi. 5 - [v 3.] La Chiesa è costituita anche da peccatori Dalla bocca dei bambini e dei lattanti hai tratto perfetta lode, contro i tuoi nemici. Non posso ritenere che si tratti di fanciulli e di lattanti diversi da quelli ai quali dice l'Apostolo: come a fanciulli in Cristo vi ho dato da bere il latte, non il cibo solido. ( 1 Cor 3,1.2 ) Tali fanciulli erano raffigurati da quei bambini che precedevano il Signore inneggiando a lui, ai quali applicò il Signore stesso questa testimonianza quando, ai Giudei che gli dicevano di rimproverarli, rispose: non avete letto: dalla bocca dei bambini e dei lattanti hai tratto perfetta lode? ( Mt 21,16 ) Giustamente non dice: hai tratto lode, ma: hai tratto perfetta lode. Vi sono infatti nelle chiese anche coloro che non bevono più il latte, ma mangiano il cibo solido, ai quali allude lo stesso Apostolo dicendo: parliamo della sapienza tra i perfetti. ( 1 Cor 2,6 ) Le chiese, peraltro, non si compongono solo di questi, perché se vi fossero soltanto perfetti non si provvederebbe al ( bene del ) genere umano. Ed invece si provvede, quando anche coloro che non sono ancora capaci della conoscenza delle cose spirituali ed eterne, sono nutriti con la fede della storia temporale, la quale, dopo i Patriarchi e i Profeti, è stata governata per la nostra salvezza dalla superiore potenza e sapienza di Dio anche con il mistero dell'assunzione della natura umana, nella quale [ fede ] risiede la salvezza per ogni credente, in modo che mosso dall'autorità, obbedisca ai comandamenti; e ciascuno, purificato da essi e radicato e stabilito nella carità, possa correre insieme con i santi non più come un bambino [ da nutrirsi ] con il latte, ma come un giovane capace del cibo solido, e comprendere la larghezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità e conoscere anche la sovraeminente scienza della carità di Cristo. ( Ef 3,18.19 ) 6 - Scienza e fede Dalla bocca dei bambini e dei lattanti hai tratto perfetta lode, contro i tuoi nemici. Per nemici di questa [ opera di ] salvezza, compiuta per mezzo di Gesù Cristo e della sua crocifissione, dobbiamo intendere in generale tutti coloro che dicono di non credere nel Mistero, e promettono una scienza certa; come appunto fanno tutti gli eretici e coloro che sono detti filosofi nella superstizione dei gentili. Non perché la promessa della scienza sia da condannarsi, ma perché costoro pensano di poter trascurare quel salutare e necessario gradino della fede, mezzo indispensabile per elevarci a qualcosa di certo, che non può essere se non l'eterno. Da ciò risulta che costoro non posseggono neppure quella scienza che promettono disprezzando la fede, perché disconoscono questo gradino tanto utile e necessario. Per questo il nostro Signore ha tratto perfetta lode dalla bocca dei bambini e dei lattanti dando dapprima il precetto per mezzo dei profeti: se non avrete creduto non intenderete, ( Is 7,9 sec. LXX ) e dicendo poi egli stesso di persona: beati coloro che non avranno visto e crederanno. ( Gv 20,29 ) Contro i nemici, ossia contro coloro a proposito dei quali dice anche: ti confesso, Signore del cielo e della terra, perché hai celato queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. ( Mt 11,25 ) Ha detto ai sapienti non perché sono sapienti, ma perché credono di esserlo. Per annientare il nemico e difensore. Chi è costui se non l'eretico? È infatti insieme nemico e difensore colui che, mentre combatte la fede cristiana, sembra difenderla. Tuttavia possono essere definiti correttamente nemici e difensori anche i filosofi di questo mondo, dato che il Figlio di Dio è Potenza e Sapienza di Dio, da cui è illuminato chiunque diventa sapiente per mezzo della verità. Costoro si proclamano amici della verità, e anche per questo sono detti filosofi: ecco perché sembrano difenderla, mentre sono suoi nemici, perché non cessano di insinuare nocive superstizioni per fare adorare e venerare gli elementi di questo mondo. 7 - [v 4.] Lo Spirito Santo dito di Dio Giacché vedrò i cieli, opera delle tue dita. Leggiamo che è stata scritta dal dito di Dio la Legge data per mezzo di Mosè, suo santo servo; ( Es 31,18; Dt 9,10 ) e molti in questo dito di Dio riconoscono lo Spirito Santo. Per questa ragione se intendiamo giustamente come dita di Dio i ministri stessi ricolmi dello Spirito Santo - poiché è lo Spirito stesso che opera in essi, ed è per loro mezzo che è stata redatta a nostro vantaggio tutta la divina Scrittura - altrettanto giustamente intenderemo che sono detti cieli, in questo passo, i libri dell'uno e dell'altro Testamento. Sta di fatto che i maghi del re Faraone, dopo essere stati vinti da Mosè, dissero di lui: questi è il dito di Dio; ( Es 8,19 ) sta inoltre scritto: il cielo sarà piegato come un libro; ( Is 34,4 ) anche se così è detto di questo cielo etereo, opportunamente tuttavia con questa stessa similitudine si nominano i cieli per intendere allegoricamente i libri. Giacché vedrò - dice - i cieli, opera delle tue dita, cioè vedrò e comprenderò le Scritture, che tu hai scritte per mezzo dei tuoi ministri grazie all'opera dello Spirito Santo. 8 - Non c'è vera scienza senza fede Possiamo vedere questi stessi libri anche in quei cieli che ha menzionato prima, quando ha detto: perché la tua magnificenza è innalzata sopra i cieli, in modo che il senso integrale sia questo: invero la tua magnificenza è innalzata sopra i cieli, in quanto la tua gloria supera l'eloquenza di tutte le Scritture. E hai tratto perfetta lode dalla bocca dei bambini e dei lattanti, affinché inizino dalla fede nelle Scritture coloro che desiderano pervenire alla conoscenza della tua gloria, che si innalza sopra le Scritture stesse, in quanto trascende e supera le espressioni di ogni parola e di ogni linguaggio. Dio ha dunque piegato le Scritture fino alla capacità dei bambini e dei lattanti, come si canta in un altro salmo: piegò il cielo e discese, ( Sal 18,10 ) e ha fatto questo a cagione dei nemici, i quali, contrastando con la superbia della loro loquacità la croce di Cristo, anche quando dicono qualcosa di vero, non possono tuttavia giovare ai fanciulli e ai lattanti. Così è annientato il nemico e difensore, il quale, mentre sembra tutelare la sapienza e anche il nome di Cristo, allontanandosi dal gradino di questa fede, combatte quella verità che promette con tanta prontezza. Ecco perché mostra chiaramente di non possederla, dato che, opponendosi al gradino che a lei conduce, cioè alla fede, non conosce in qual modo si può giungere ad essa. Viene così annientato colui che - temerario e cieco - promette la verità ( ed invece è nemico e difensore ), allorché si manifestano i cieli opera delle dita di Dio; quando cioè vengono comprese le Scritture, piegate fino al livello della debolezza dei fanciulli, e questi, attraverso l'umiltà della fede nella storia che si è attuata nel tempo, sono innalzati, ben nutriti e rinvigoriti, alla sublimità della conoscenza delle cose eterne, e in esse confermati. Dunque questi cieli, cioè questi libri, sono opera delle dita di Dio: perché sono stati redatti dallo Spirito Santo che opera nei santi. Infatti coloro che si sono curati della propria gloria piuttosto che della salvezza degli uomini, hanno parlato senza quello Spirito Santo, che ha le viscere della misericordia di Dio. 9 - Giacché vedrò i cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fondate. La luna e le stelle sono fondate nei cieli, perché anche la Chiesa universale ( ad indicar la quale spesso si pone la luna ) e le chiese particolari di ogni singola regione ( che credo siano simboleggiate con il nome di stelle ) sono collocate in quelle stesse Scritture che riteniamo essere rappresentate nella parola cieli. Perché poi la luna designi a ragione la Chiesa, lo considereremo con più agio in un altro Salmo, laddove si dice: i peccatori hanno teso l'arco, per saettare i retti di cuore mentre oscura è la luna. ( Sal 11,3 ) 10 - [v 5.] Rapporto tra uomo e figlio dell'uomo Che cosa è l'uomo, che tu ti ricordi di lui, o il figlio dell'uomo, che tu lo visiti? Ci si può chiedere quale differenza vi sia tra l'uomo e il figlio dell'uomo. Se non vi fosse alcuna differenza, il salmista non avrebbe scritto così: l'uomo, o il figlio dell'uomo, separandoli con la disgiunzione. Se fosse scritto infatti: che cosa è l'uomo che tu ti ricordi di lui, e il figlio dell'uomo che tu lo visiti, sembrerebbe trattarsi di una ripetizione della parola uomo; ma siccome qui leggiamo l'uomo, o il figlio dell'uomo, si suggerisce chiaramente che vi è una differenza. Dobbiamo senz'altro intendere così, perché mentre ogni figlio dell'uomo è uomo, non ogni uomo può essere ritenuto figlio dell'uomo. Adamo infatti era uomo, ma non figlio dell'uomo. Ecco perché è fin d'ora lecito esaminare e distinguere quale differenza vi sia in questo luogo tra l'uomo e il figlio dell'uomo, in modo che coloro che portano l'immagine dell'uomo terreno - che non è figlio dell'uomo - siano indicati con il nome di uomini; mentre coloro che portano l'immagine dell'uomo celeste siano piuttosto chiamati figli degli uomini. ( 1 Cor 15,49 ) Quello, infatti, è detto anche uomo vecchio, e questo nuovo; ( Ef 4,22.24 ) ma il nuovo nasce dal vecchio, perché la rigenerazione spirituale si inizia con il mutamento della vita terrena e secolare; e perciò l'uomo nuovo è detto figlio dell'uomo. Orbene, in questo passo l'uomo è quello terreno, mentre il figlio dell'uomo è l'uomo celeste; il primo è ben lontano da Dio, il secondo è presente a Dio: ecco perché il Signore si ricorda del primo, come di chi si trova lontano, mentre visita il secondo, che, presente, illumina con il suo volto. Lontana - infatti - è la salvezza dai peccatori, ( Sal 119,155 ) e impressa è in noi la luce del tuo volto, o Signore. ( Sal 4,7 ) Così, in un altro salmo, avendo associato gli uomini agli animali, non per la loro attuale interiore illuminazione ma per quell'effusione della misericordia di Dio, a motivo della quale la sua bontà si estende fino alle più basse creature, dice che [ gli uomini ] sono salvati insieme con gli stessi animali; poiché la salvezza degli uomini carnali è carnale come quella delle bestie. Invece, separando i figli degli uomini da quelli che - [ chiamati ] uomini - aveva associato agli animali, annunzia che saranno beati in un modo di gran lunga più sublime, nella illuminazione della stessa verità e come in una sorta di inondazione della fonte di vita. Dice infatti: uomini e animali salverai, Signore, così come si è moltiplicata la tua misericordia, o Dio. Ma i figli degli uomini spereranno nella protezione delle tue ali. Si inebrieranno nella abbondanza della tua casa, e tu li disseterai al torrente delle tue delizie. Perché presso di te è la fonte della vita, e nella tua luce vedremo la luce. Dispiega la tua misericordia su coloro che ti conoscono. ( Sal 36,7-11 ) Si ricorda dunque dell'uomo, come degli animali, nella moltiplicazione della sua misericordia poiché la misericordia moltiplicata giunge fino a coloro che sono lontani; invece visita il figlio dell'uomo al quale porge, dopo averlo posto sotto la protezione delle sue ali, la misericordia, e al quale offre la luce nella sua luce, e lo disseta alle sue delizie, e lo inebria nell'abbondanza della sua casa, affinché dimentichi le sofferenze e gli errori della vita passata. La penitenza dell'uomo vecchio partorisce, con dolore e gemito, questo figlio dell'uomo, cioè l'uomo nuovo. Questi, sebbene sia nuovo, è tuttavia detto ancora carnale, quando è nutrito con il latte: non vi ho potuto parlare come a uomini spirituali, ma come a uomini carnali, dice l'Apostolo, e, per mostrare poi che sono già rigenerati, aggiunge: come fanciulli in Cristo vi ho dato da bere il latte, non il cibo solido. Se, come spesso accade, costui ricadrà nella vecchia vita, si sentirà dire, con tono di rimprovero, che è uomo: forse che non siete uomini - dice - e secondo l'uomo camminate? ( 1 Cor 3,1-3 ) 11 - [vv 6.7.] Orbene, il figlio dell'uomo è visitato dapprima nello stesso Uomo del Signore, nato da Maria Vergine. Di lui, a cagione della stessa debolezza della carne che la Sapienza di Dio si è degnata di assumere e della umiliazione della passione, è detto giustamente: lo hai fatto di un poco inferiore agli angeli. Ma si aggiunge poi quella glorificazione nella quale, risorgendo, è asceso al cielo: di gloria - dice - e di onore lo hai coronato; lo hai costituito sopra le opere delle tue mani. Poiché anche gli angeli sono opere delle mani di Dio, comprendiamo che anche al di sopra degli angeli è stato costituito il Figlio Unigenito, che abbiamo sentito, e crediamo, essere stato reso un poco inferiore rispetto agli angeli a causa della umiltà della sua generazione carnale e della passione. 12 - [vv 8.9.] Nobiltà e grandezza di Cristo Tutte le cose - dice - hai poste sotto i suoi piedi. Non eccettua niente, dicendo tutte le cose. E per evitare che si intenda altrimenti, l'Apostolo così ci ordina di credere: eccetto colui che tutto gli ha sottomesso. ( 1 Cor 15,27 ) Scrivendo agli Ebrei si serve della medesima testimonianza di questo salmo, quando vuol far intendere che tutte le cose sono sottomesse al nostro Signor Gesù Cristo, tanto che niente è eccettuato. ( Eb 2,8 ) Non sembra tuttavia aggiungere niente di straordinario, dicendo: le pecore e i buoi tutti, in più anche gli animali dei campi, gli uccelli del cielo e i pesci del mare, che percorrono le vie del mare. Sembra infatti aver sottomesso al Signore soltanto gli animali, avendo lasciato da parte le Virtù e le Potenze, e tutti gli eserciti degli angeli, e tralasciando gli uomini stessi; a meno che non si vedano nelle pecore e nei buoi le anime sante [ nel senso ] che o danno i frutti dell'innocenza, oppure si adoperano affinché la terra dia frutto, cioè affinché gli uomini terreni siano rigenerati nella abbondanza spirituale. In queste anime sante dobbiamo perciò vedere non soltanto gli uomini, ma anche tutti gli angeli, se vogliamo con queste parole intendere che tutte le cose sono soggette al nostro Signore Gesù Cristo. Non c'è infatti creatura che non sia soggetta a colui al quale sono soggetti, per esprimerci così, gli spiriti superiori. Ma come possiamo provare che si possono vedere nelle pecore anche gli spiriti supremamente beati, non gli uomini, ma gli spiriti angelici? Forse con le parole del Signore, che dice di aver lasciato sui monti, cioè nei luoghi più sublimi, novantanove pecore, e di essere disceso a causa di una sola? ( Mt 18,12 ) Se intendiamo infatti per quella sola pecora l'anima umana caduta in Adamo, in quanto anche Eva fu fatta dal suo fianco ( Gen 2,22 ) - tutte cose di cui ora non è il momento di trattare e di trarne il senso spirituale -, non ci resta che vedere nelle novantanove pecore lasciate sui monti gli spiriti non umani, ma angelici. Riguardo ai buoi, l'affermazione si delucida facilmente, dato che gli uomini stessi sono chiamati buoi in quanto imitano gli angeli nell'annunziare la parola di Dio, come risulta dalle parole: non metterai il freno alla bocca del bue che trebbia. Premesso questo, quanto più facilmente possiamo vedere nei buoi gli angeli messaggeri di verità, dato che sono chiamati buoi gli stessi Evangelisti, poiché partecipano del loro nome? ( Dt 25,4; 1 Cor 9,3; 1 Tm 5,18 ) Hai sottomesso - dice dunque - le pecore e i buoi tutti, cioè tutte le creature sante e spirituali; nelle quali intendiamo anche i santi uomini che sono nella Chiesa, cioè in quei torchi che, in un'altra similitudine, sono raffigurati nella luna e nelle stelle. 13 - In più - dice - anche gli animali dei campi. L'aggiunta in più non è affatto inutile. In primo luogo perché gli animali del campo possono essere anche le pecore e i buoi; in modo che, se gli animali delle rupi e dei luoghi scoscesi sono le capre, giustamente si intende con pecore gli animali del campo. Cosicché, anche se fosse scritto: le pecore e i buoi tutti e gli animali del campo, ci si chiederebbe giustamente che cosa significano questi animali del campo, dato che in essi possiamo vedere anche le pecore e i buoi. Siamo pertanto indotti a riconoscere l'esistenza di una certa differenza, proprio perché è aggiunto anche in più. Ma sotto queste parole - che suonano: in più - sono posti non solo gli animali del campo, ma anche gli uccelli del cielo e i pesci del mare che percorrono le vie del mare. Ebbene, di quale differenza si tratta? Ricordiamoci dei torchi che hanno le vinacce e il vino, dell'aia che contiene la pula e il grano, ( Mt 13,24ss ) delle reti in cui sono chiusi i pesci buoni e cattivi, ( Mt 13,47s ) e dell'arca di Noè nella quale stavano gli animali puri e quelli immondi, ( Gen 7,8 ) e vedrai allora che le chiese di questo tempo transeunte contengono, fino all'ultimo giorno del giudizio, non solo le pecore e i buoi, cioè santi laici e santi ministri, ma in più anche gli animali del campo, gli uccelli del cielo, e i pesci del mare che percorrono le vie del mare. In modo quanto mai preciso sono raffigurati negli animali dei campi gli uomini immersi nei piaceri della carne, stato dal quale non si innalzano a niente di arduo, a niente di faticoso. Infatti il campo è anche la via larga che conduce alla morte, ( Mt 7,13 ) ed è nel campo che è ucciso Abele. ( Gen 4,8 ) Ecco perché è da temersi che uno, discendendo dai monti della giustizia di Dio ( perché la tua giustizia - dice - è come i monti di Dio ( Sal 36,7 ) ), scegliendo la larghezza e la facilità dei piaceri carnali, sia così trucidato dal diavolo. Vedi poi ora negli uccelli del cielo i superbi, a proposito dei quali leggiamo: hanno messo la loro bocca in cielo. ( Sal 73,9 ) Guarda come siano trasportati in alto dal vento coloro che dicono: innalzeremo la nostra lingua, le nostre labbra sono con noi, chi è il nostro Signore? ( Sal 12,5 ) Considera anche i pesci del mare, cioè quei curiosi che percorrono le vie del mare, ossia ricercano nell'abisso di questo mondo le cose temporali; le quali, simili alle vie [ che si aprono ] nel mare, all'istante svaniscono e scompaiono come l'acqua che subito si ricompone dopo aver fatto posto alle navi che passano o a qualsiasi altra cosa che transita o nuota in essa. Non ha detto infatti soltanto: camminano per le vie del mare, ma percorrono, mostrando così lo sforzo tenacissimo di coloro che ricercano le cose vane e passeggere. Orbene, questi tre generi di vizi, cioè il piacere della carne, la superbia e la curiosità, racchiudono tutti i peccati. Mi sembra che essi siano elencati dall'apostolo Giovanni, quando dice: non vogliate amare il mondo, perché tutte le cose che stanno nel mondo sono concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e ambizione del secolo. ( 1 Gv 2,15.16 ) La curiosità si esercita soprattutto per mezzo degli occhi; a chi poi appartengano le altre cose, è evidentissimo. Del resto, la tentazione dell'Uomo del Signore fu appunto triplice: per mezzo del cibo, cioè della concupiscenza della carne, là dove gli viene suggerito: Di' a queste pietre che diventino pani; ( Mt 4,3 ) per mezzo della vanagloria quando, dopo essere stato posto sul monte, gli vengono mostrati i regni di questa terra e gli vengono promessi se adorerà [ il tentatore ]; per mezzo della curiosità, quando gli viene proposto di gettarsi giù dal pinnacolo del tempio, per provare se sarebbe stato sorretto dagli angeli. Perciò, dopo che il nemico non riuscì a vincerlo con nessuna di queste tentazioni, è detto di lui: il diavolo dopo avere esaurito ogni tentazione. ( Lc 4,13 ) I torchi significano quindi che sono sottomessi ai suoi piedi, non soltanto il vino, ma anche le vinacce; vale a dire non soltanto le pecore e i buoi, cioè le sante anime dei fedeli, sia tra il popolo che tra i sacerdoti, ma, in più, anche gli animali del piacere, gli uccelli della superbia e i pesci della curiosità. Vediamo che ora nelle chiese tutti questi generi di peccatori sono frammisti con i buoni e i santi. Operi dunque nelle sue chiese, separi il vino dalle vinacce; quanto a noi adoperiamoci per essere vino, o pecore, o bovi; non vinacce, o animali del campo, o uccelli del cielo, o pesci del mare che percorrono le vie del mare. Tutti questi nomi, peraltro, possono essere anche intesi e spiegati in altro modo, a seconda del contesto: in altri passi infatti hanno un altro significato. Ma in ogni allegoria dobbiamo tenere presente questa norma: che nei confronti dell'argomento di cui si tratta si consideri quel che si dice in similitudine: è infatti questo l'insegnamento del Signore e degli Apostoli. Ripetiamo dunque l'ultimo verso, che si legge anche nell'esordio del salmo, e lodiamo Dio dicendo: o Signore, Signore nostro, quanto è ammirabile il tuo nome in tutta la terra! Invero opportunamente, dopo lo svolgimento del discorso si torna all'inizio, cui si deve riferire il sermone tutto intero.