Padri/Agostino/EspSalmi/032_2.txt Salmo 32 (31) Discorso al popolo 1 - La salvezza dono di Dio È il canto della grazia di Dio e della nostra giustificazione, [ di cui fruiamo ] non per qualche nostro merito precedente ma perché ci previene la misericordia del Signore Dio nostro; il canto soprattutto raccomandato dall'Apostolo, come la lettura che ha preceduto questo salmo ha fatto conoscere a tutti; ora lo riprendiamo, pur nella nostra incapacità, per trattarlo con la Carità vostra. Per questo, prima di tutto, raccomando alle vostre preghiere la mia debolezza, affinché, come dice l'Apostolo, nell'aprir bocca mi sia concessa la parola, ( Ef 6,19 ) e possa così parlare a voi in modo che non sia dannoso per me l'esporre, e sia salutare per voi l'ascoltare. Infatti l'animo umano, incerto e ondeggiante tra la confessione della debolezza e l'audacia della presunzione, il più delle volte è percosso da una parte e dall'altra, e tanto è sospinto che per lui inclinarsi verso qualunque parte significa [ cadere in ] un precipizio. Se infatti si sarà abbandonato completamente alla propria debolezza e si sarà fatto dominare da questo pensiero, finirà per dire che la misericordia di Dio è alla fine ordinata in tal modo per tutti i peccatori, quali che siano i peccati che essi continuano a commettere, che, con il solo credere che Dio libera, che Dio perdona, nessuno dei fedeli iniqui potrà perire; cioè che non perirà nessuno di coloro che dicono a se stessi: Qualunque cosa io faccia, di qualunque delitto o crimine io mi macchi, pecchi pure quanto voglia, Dio mi libera per la sua misericordia, perché ho creduto in Lui. Ebbene, chi dice che nessuno di costoro perisce, dal suo errato pensiero è indotto a credere all'impunità dei peccati; e quel Dio giusto cui si canta la misericordia e la giustizia, ( Sal 101,1 ) non la sola misericordia, ma anche la giustizia, trova quest'uomo che presume male di se stesso, e abusa della misericordia di Dio a sua perdizione, e di conseguenza è inevitabile che lo condanni. Perciò tale pensiero conduce l'uomo alla rovina. Ma se uno, atterrito da questo pensiero, si inorgoglisce in una presuntuosa audacia, presume troppo nelle sue forze e nella sua giustizia, si propone nell'animo di adempiere la giustizia, e di eseguire tutti i comandamenti della legge in modo da non peccare in nulla e da essere inoltre padrone della sua vita in modo che essa assolutamente mai cada, mai venga meno, mai sia esitante, mai si oscuri, e questo lo attribuisce a se stesso e alla forza della sua volontà; ebbene, anche se per caso riuscisse ad adempiere tutte le cose che appaiono giuste al cospetto degli uomini, tanto che niente si possa trovare nella sua vita che sia degno di rimprovero da parte degli uomini, ciò nonostante Dio condanna la presunzione e la vanità della superbia. Che accade dunque se l'uomo si sarà da se stesso giustificato, ed avrà presunto della sua giustizia? Che [ quest'uomo ] cade. Parimenti se, rendendosi conto e riflettendo sulla sua debolezza e presumendo della misericordia di Dio, avrà trascurato di purificare la sua vita dai suoi peccati, e si sarà lasciato sommergere in ogni gorgo di colpe, anch'egli cade. La presunzione della giustizia è come la destra, il pensiero dell'impunità dei peccati è come la sinistra. Ascoltiamo la voce di Dio che ci dice: non deviare né a destra né a sinistra. ( Pr 4,27 ) Non presumere dunque di conseguire il Regno per la tua giustizia, e non presumere, della misericordia di Dio per peccare. Da ambedue le cose ti distoglie il comandamento divino, sia da quella altitudine che da questa profondità. 2 - La fede e le opere Che questo salmo si riferisca a quella grazia per la quale noi siamo cristiani, lo testimonia l'apostolo Paolo; per questo abbiamo voluto che vi fosse letto quel passo. Ecco cosa dice l'Apostolo nel lodare la giustizia che nasce dalla fede, contro coloro che si gloriano della giustizia che nasce dalle opere: Che diremo dunque che abbia conseguito Abramo, nostro padre secondo la carne? Se infatti Abramo è stato giustificato dalle opere, ha di che gloriarsi, ma non dinanzi a Dio. ( Rm 4,1-2 ) Dio stesso allontani da noi tale gloria, ed ascoltiamo piuttosto queste altre parole: chi si gloria, nel Signore si glori. ( 1 Cor 1,31 ) Molti infatti si gloriano delle opere, e trovi molti pagani che proprio per questo non vogliono farsi cristiani, perché ritengono di bastare a se stessi con la propria vita buona. È necessario vivere bene, dicono: che ha da comandarmi Cristo? Di vivere bene? Ma io vivo bene; in che mi è necessario Cristo? Non commetto nessun omicidio, nessun furto, nessuna rapina, non desidero i beni altrui, non mi macchio in alcun adulterio. Si trovi infatti nella mia vita qualcosa degna di rimprovero, e chi mi avrà rimproverato guadagnerà un cristiano. Costui ha di che gloriarsi, ma non dinanzi a Dio. Non così si comportava il padre nostro Abramo. Quel passo della Scrittura vuol dirigere proprio a questo la nostra intenzione. Poiché lo confessiamo, e questa è la nostra fede riguardo al santo patriarca che fu gradito a Dio, perché noi dicessimo e conoscessimo che egli ebbe gloria dinanzi a Dio l'Apostolo dice: Senza dubbio a noi è noto e manifesto che Abramo ha gloria dinanzi a Dio; peraltro, se Abramo è giustificato per le opere, ha gloria, ma non davanti a Dio: ma egli ha gloria dinanzi a Dio, quindi non è stato giustificato dalle opere. Ebbene, se Abramo non è stato giustificato dalle opere, donde è stato giustificato? L'Apostolo prosegue indicandocelo: che dice infatti la Scrittura?, cioè donde dice la Scrittura che Abramo è stato giustificato? Abramo credette a Dio e ciò gli fu computato a giustizia. ( Rm 4,3; Gen 15,6 ) Dunque Abramo è stato giustificato dalla fede. 3 - Colui che già intende "non dalle opere ma dalla fede", si guardi da quell'abisso di cui ho parlato prima: Vedi dunque che dalla fede, non dalle opere è stato giustificato Abramo: di conseguenza farò tutto quello che voglio, perché anche se non avrò fatto alcuna buona opera ed avrò soltanto creduto in Dio, mi sarà computato a giustizia. Se così ha detto e deciso, è caduto ed è precipitato; se ancora pensa così ed è incerto, corre grave pericolo. Ma la Scrittura di Dio, ben compresa, non solo libera dal pericolo colui che rischia di affondare, ma risolleva dall'abisso anche chi è già sommerso. Rispondo pertanto come se volessi contraddire l'Apostolo, ed affermo, a proposito di Abramo stesso, quanto leggiamo anche nella lettera di un altro apostolo, il quale voleva correggere gli uomini che avevano interpretato male quell'Apostolo. Giacomo infatti, nella sua Lettera, contro quanti non volevano operare il bene presumendo [ di salvarsi ] con la sola fede, loda le opere di quello stesso Abramo, di cui Paolo aveva lodato la fede; e i due Apostoli non sono affatto in contraddizione tra loro. [ Giacomo ] infatti parla di un atto a tutti noto, cioè che Abramo offrì suo figlio a Dio, per essere sacrificato. ( Gc 2,21 ) Mirabile opera, ma derivante dalla fede. Lodo l'edificazione dell'opera, ma vedo il fondamento della fede; lodo il frutto della buona opera, ma riconosco la radice nella fede. Se infatti Abramo avesse fatto questo senza la retta fede, a niente gli avrebbero giovato le sue opere, quali che esse fossero. Al contrario, se Abramo avesse tanto presunto dalla fede da dire tra sé, quando Dio gli ordinò di offrirgli il suo figlio in sacrificio: Non lo faccio, e tuttavia credo che Dio mi liberi anche se disprezzo i suoi ordini, ebbene la fede senza le opere sarebbe stata morta, e sarebbe rimasta come una radice senza frutto, sterile e disseccata. 4 - E allora? Non dobbiamo anteporre nessuna opera alla fede in modo che di nessuno si dica che ha compiuto il bene prima di credere? Infatti quelle opere stesse che precedono la fede, anche se appaiono degne di lode agli uomini, sono vane. Ecco, a me appaiono come grandi sforzi e corse velocissime fuori della via. Nessuno dunque consideri buone le sue opere prima della fede: dove non c'era fede, neppure c'era la buona opera. È l'intenzione che fa buona l'opera, e l'intenzione è diretta dalla fede. Non prestare troppa attenzione a ciò che fa l'uomo, ma a ciò che ha di mira nell'operare, allo scopo verso cui dirige il braccio della sua ottima guida. Supponi che un uomo governi ottimamente la sua nave, ma abbia dimenticato la meta cui tende: ecco, egli sa reggere in modo esperto il timone, sa muoverlo ottimamente, sa dare di prora alle onde, sa guardarsi in modo da non esserne investito di fianco; è dotato di tanta forza da volgere la nave dove vuole e da dove vuole; ma a che gli vale tutto questo se a chi gli domanda: Dove vai?, egli risponde: Non lo so? Oppure se non dice: Non lo so, ma dice: Vado a quel porto, e non corre affatto verso quel porto ma verso gli scogli. Non è forse vero che costui, quanto più gli sembra di essere svelto e capace, nel governo della nave, tanto più pericolosamente la governa, perché più velocemente la conduce verso il naufragio? Questa è anche la condizione di chi corre ottimamente, ma fuori strada. Non sarebbe stato meglio e meno pericoloso che quel pilota fosse stato assai meno capace, in modo da reggere il timone con fatica e difficoltà, ma tuttavia da mantenere la giusta e dovuta rotta; e, d'altra parte, che quell'altro fosse stato magari anche più pigro e più lento, ma che tuttavia camminasse sulla via, anziché correre velocemente fuori strada? Ottimo è dunque colui che mantiene la strada e vi procede spedito, e tuttavia può anche sperare chi, pur zoppicando un po', non va fuori strada del tutto, non si ferma, ma progredisce, anche se a poco a poco. Si può infatti sperare che egli arrivi, magari più tardi, alla sua mèta. 5 - La carità sorgente di opere Dunque, fratelli, Abramo è stato giustificato per la fede; ma se le opere non hanno preceduto la fede, l'hanno tuttavia seguita. Sarà forse sterile la tua fede? Se tu non sei sterile, non lo sarà neppure la tua fede. Hai creduto in qualcosa di male, e con il fuoco della tua malizia hai bruciata la radice della tua fede. Credi dunque, tu che devi operare. Ma tu obietti: non dice così l'apostolo Paolo. Al contrario Paolo dice proprio questo, quando afferma: la fede che opera per mezzo dell'amore; ( Gal 5,6 ) e in un altro passo: la pienezza della legge è dunque la carità; ( Rm 13,10 ) e altrove: perché tutta la legge è pienamente racchiusa in questo solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso. ( Gal 5,14 ) Guarda un po' se non vuole che tu operi colui che dice: non commettere adulterio, non ammazzare, non desiderare, e ogni altro precetto tutto è compendiato in questa frase: amerai il prossimo tuo come te stesso; la carità non può far del male al prossimo; dunque la carità è la pienezza della legge. ( Rm 13,9.10 ) La carità ti permette forse di fare qualcosa di male a colui che ami? Ma forse ti limiti a non far nulla di male, senza però fare neppure qualcosa di bene. Dunque la carità ti consente di non dedicarti per quanto puoi a colui che ami? Non è forse quella carità che prega anche per i nemici? Può dunque abbandonare l'amico colui che desidera il bene del nemico? Orbene, se la fede è senza amore, sarà anche senza opere. Ma, perché tu non ti stia a preoccupare pensando alle opere della fede, aggiungi ad essa la speranza e l'amore, e non pensare a quello che farai. L'amore stesso non può stare inerte. Che cosa è infatti che, in certi uomini, opera perfino il male, se non l'amore? Mostrami un amore inerte e ozioso! Non è forse l'amore che compie i crimini, gli adulteri, i delitti, gli omicidi, ed ogni genere di lussuria? Purifica dunque il tuo amore: l'acqua che scorre nella fogna, fa' che si volga al giardino: lo stesso trasporto che nutriva per il mondo, lo rivolga all'Artefice del mondo. Forse che vi viene detto: Non amate niente? Tutt'altro. Sareste pigri, morti, detestabili, miseri, se non amaste nulla. Amate, ma state attenti a ciò che amate. L'amore di Dio, l'amore del prossimo è chiamato carità; l'amore del mondo, l'amore di questo secolo, è detto concupiscenza. Sia frenata la concupiscenza e sia eccitata la carità. La carità stessa di chi opera il bene gli offre la speranza della buona coscienza: poiché la buona coscienza porta con sé la speranza. Come la cattiva coscienza è totalmente in balia della disperazione, così la buona coscienza è tutta protesa nella speranza. E allora vi saranno [ in noi ] quelle tre virtù di cui parla l'Apostolo: Fede, Speranza, Carità. ( 1 Cor 13,13 ) Anche altrove allude a queste tre virtù ponendo però al posto della speranza la buona coscienza, quando dice che esse sono il fine del precetto. Quale è il fine del precetto? È quello in cui i precetti si perfezionano, non già si distruggono. In un senso infatti noi diciamo: è finito il cibo, e in un altro senso diciamo: è finita la tunica che si tesseva. Il cibo finisce nel senso che non ve ne è più; la tunica è finita nel senso che è compiuta: in ambedue i casi si parla di fine. Qui dunque non ha detto "fine del precetto" come se i precetti perissero, ma nel senso che si portano a termine, si perfezionano, non già si distruggono. Ecco dunque il fine riguardo quelle tre virtù: il fine del precetto - dice - è l'amore che deriva da un cuore puro, da una coscienza buona e da una fede sincera. ( 1 Tm 1,5 ) Al posto della speranza ha collocato la buona coscienza. Spera infatti chi ha una buona coscienza. Chi invece prova il rimorso di una cattiva coscienza, recede dalla speranza, e non attende per sé altro che la dannazione. Per poter sperare dunque nel Regno, abbia una buona coscienza; e, per possedere una buona coscienza, creda e operi. Il credere compete alla fede, l'operare all'amore. Nel passo che abbiamo citato l'Apostolo prende le mosse dalla fede, dicendo: Fede, Speranza, Carità; nell'altro passo citato, prende le mosse dalla carità stessa: la carità che deriva da un cuore puro, da una coscienza buona e da una fede sincera. Quanto a noi cominciamo ora dal mezzo, cioè dalla coscienza stessa e dalla speranza. Chi vuole avere buona speranza, ripeto, abbia una buona coscienza, ma per avere una buona coscienza creda e operi. Dal mezzo giungiamo al principio e alla fine: creda e operi, poiché appunto il credere compete alla fede, l'operare alla carità. 6 - Necessità della fede, della carità e delle opere Come dunque può dire l'Apostolo che l'uomo è giustificato dalla fede senza le opere, ( Rm 3,28 ) mentre altrove parla della fede che opera per mezzo dell'amore? ( Gal 5,6 ) E allora non opponiamo l'apostolo Giacomo a Paolo, ma Paolo a se stesso, e diciamogli: In un certo qual modo tu ci permetti di peccare impunemente, quando affermi: riteniamo che l'uomo sia giustificato per mezzo della fede senza le opere, e nel contempo dici che la fede opera per mezzo dell'amore. Come può essere che là io quasi sia tranquillo pur non avendo compiuto opere, mentre qui mostro di non possedere la speranza e neppure la stessa fede verace, se non avrò operato nell'amore? Ti ascolto, o Apostolo. Sicuramente tu mi vuoi raccomandare la fede senza le opere; ma l'opera della fede è l'amore, e questo amore non può starsene in ozio: non solo non opera nulla di male, compie pure tutto il bene possibile. Che fa, infatti, l'amore? Distogliti dal male e compi il bene. ( Sal 37,27 ) Orbene, tu raccomandi questa fede senza le opere, e in un altro passo dici: anche se avrò la fede tanto da trasportare le montagne, ma non avrò la carità, a niente mi giova. ( 1 Cor 13,2 ) Ne consegue che se la fede senza la carità a niente giova, la carità, quando c'è, necessariamente opera, e la fede stessa opera nell'amore. In qual modo dunque sarà giustificato l'uomo per la fede senza le opere? Risponde l'Apostolo stesso: Ecco perché ti ho detto questo, o uomo, perché cioè non ti sembri di dover quasi presumere riguardo alle tue opere, e di aver ricevuto per il merito delle tue opere la grazia della fede. Non presumere dunque delle opere compiute prima della fede. Riconosci che la fede ti trovò peccatore e anche se il dono della fede ti fece giusto, trovò empio colui che fece giusto. Per chi crede - dice l'Apostolo - in Colui che giustifica l'empio, la sua fede sarà computata a giustizia. ( Rm 4,5 ) Se l'empio è giustificato, da empio diventa giusto, e se da empio diventa giusto, quali sono le opere degli empi? Vanti pure l'empio le sue opere e dica: lo dò ai poveri, non rubo niente a nessuno, non desidero la moglie altrui, non uccido nessuno, nessuno traggo in inganno, il deposito fatto a me non necessita di testimoni; dica tutto questo; io voglio sapere se è pio o se è empio. E come posso essere empio - egli dice - se faccio tutte queste cose? Lo puoi essere alla maniera di coloro dei quali è detto: e hanno servito la creatura piuttosto che il Creatore, che è benedetto nei secoli. ( Rm 1,25 ) In qual modo sei empio? Ecco, se da tutte queste buone opere speri ciò che deve essere sperato, ma non da Colui dal quale dovresti sperarlo; oppure speri ciò che non deve essere sperato, anche se lo speri da Colui dal quale dobbiamo sperare la vita eterna. In cambio delle buone opere hai sperato una felicità terrena, e quindi sei empio. Non è questa la ricompensa della fede. La fede è una cosa preziosa, e tu l'hai resa vile. Sei dunque empio, e tutte queste tue opere non sono niente. Datti pure da fare nel muovere con maestria le braccia, mostrando di governare ottimamente la nave; ti affretti verso gli scogli. Che dire poi se speri ciò che deve essere sperato, cioè la vita eterna, ma volgerti indietro, non deviare. 7 - Gratuità della giustificazione Ma allora chi sono i beati? Non coloro nei quali Dio non avrà trovato peccato: infatti ne trova in tutti perché tutti hanno peccato e hanno bisogno della gloria di Dio. ( Rm 3,23 ) Se dunque in tutti si trovano peccati, rimane che sono beati soltanto coloro i cui peccati sono stati rimessi. Così l'Apostolo sottolineò questo concetto: Abramo credette a Dio e gli fu computato a giustizia. Ora a chi opera ( cioè si fonda sulle opere e afferma che è per merito di esse che la grazia della fede gli è stata data ), la mercede non viene conteggiata a titolo di grazia ma come cosa dovuta. ( Rm 4,3.4 ) Che vuol dire ciò, se non che la nostra mercede si chiama grazia? Se è grazia, è data gratuitamente. Che vuol dire data gratuitamente? Vuol dire che è gratuita. Niente di buono hai fatto, e ti è data la remissione dei peccati. Le tue opere sono scrutate, e tutte sono trovate malvagie. Se Dio ti rendesse ciò che dovrebbe per tali opere, senza dubbio ti condannerebbe: la morte infatti è il salario del peccato. ( Rm 6,23 ) Che cosa è dovuto alle opere malvagie se non la dannazione? E alle buone, che cosa è dovuto? Il Regno dei Cieli. Ma tu sei stato trovato in mezzo alle opere malvagie; se ti fosse retribuito il dovuto, dovresti essere punito. Che cosa accade invece? Dio non ti paga con la pena dovuta, ma ti dona la grazia che non ti deve affatto. Doveva far vendetta, e ti concede il perdono. Tu cominci dunque ad essere nella fede per mezzo del perdono; e questa fede, unita alla speranza e all'amore, comincia a operare il bene; ma neppure allora devi gloriarti e insuperbirti; ricordati da chi sei stato posto sulla via giusta; ricordati che erravi pur avendo piedi sani e veloci; ricordati che, anche se languivi e giacevi mezzo morto per strada, sei stato sollevato sul giumento e condotto all'albergo. ( Lc 10,30 ) Ora dunque a chi opera, - dice - la mercede non viene conteggiata a titolo di grazia ma come cosa dovuta. Se vuoi essere fuori della grazia, vanta i tuoi meriti. Ma Egli vede ciò che c'è in te e sa che cosa deve e a chi. Ma a chi non opera, aggiunge. Ecco, per esempio, un peccatore empio: non opera. Ma che avviene? Crede in Colui che giustifica l'empio. Per il fatto che non opera il bene, è empio; anche se sembra compiere il bene, tuttavia, in quanto è senza fede, le sue opere neppure possono essere dette buone. Ma se crede in Colui che giustifica l'empio, la sua fede è computata a giustizia; così anche Davide canta la beatitudine dell'uomo cui Dio imputa la giustizia senza le opere. ( Rm 4,5.6 ) Ma quale giustizia? La giustizia della fede, che le buone opere non hanno preceduto, ma che sarà seguita dalle buone opere. 8 - Fate bene attenzione: altrimenti, fraintendendo, precipiterete nell'abisso di credere che si possa peccare impunemente; e io sono esente da responsabilità, come ne fu esente l'Apostolo stesso nei confronti di tutti quelli che lo fraintendevano. Di buon grado infatti lo intesero male, per non compiere buone opere. Non siate, fratelli, nel novero di costoro. Si dice in un certo salmo riguardo a un uomo di tal genere, ossia di un simile genere di uomini come se si trattasse di uno solo: non ha voluto - dice il salmo - comprendere per compiere il bene. ( Sal 36,4 ) Non è detto: non ha potuto comprendere. È necessario quindi che voi vogliate capire, se volete agire bene. Non vi mancherà infatti un chiaro intelletto. In che cosa consiste un chiaro intelletto? Nessuno vanti le sue buone opere prima della fede, nessuno sia pigro nel compiere le buone opere dopo che ha ricevuta la fede. Dio dunque concede il perdono a tutti gli empi, e li giustifica con la fede. 9 - [vv 1.2.] Beati coloro le cui iniquità sono state rimesse, e i cui peccati sono stati celati. Beato l'uomo al quale il Signore non ha imputato peccato, né è inganno sulla sua bocca. Già comincia il salmo, e comincia la comprensione. La comprensione, o intelligenza, consiste in questo: sapere che non devi vantarti dei tuoi meriti, né presumere di poter peccare impunemente. Questo è infatti il titolo del salmo: di David, dell'intelligenza. Questo salmo si chiama dell'intelligenza. Per prima cosa l'intelligenza ti fa riconoscere peccatore. In seguito, quando avrai cominciato a operare il bene con la fede e per mezzo dell'amore, ti fa attribuire il merito non alle tue forze, ma alla grazia di Dio. Così non vi sarà inganno nel tuo cuore, cioè nella tua bocca interiore; né avrai una cosa sulle labbra e un'altra nel pensiero. Non sarai di quei Farisei dei quali è stato detto: siete simili a sepolcri imbiancati; al di fuori sembrate giusti agli uomini, ma di dentro siete pieni di inganno e di iniquità. ( Mt 23,27 ) Chi, mentre è ingiusto, pretende di essere giusto, non è forse un ingannatore? Costui non è quel Natanaele, di cui dice il Signore: ecco un vero Israelita, in cui non è inganno. Perché non c'era inganno in quel Natanaele? Quando eri - dice il Signore - sotto l'albero di fico ti ho visto. ( Gv 1,47.48 ) Era sotto l'albero di fico, cioè nella condizione carnale. Se era nella condizione carnale, in quanto era soggetto al peccato propagatosi [ con la stirpe umana ], era sotto quell'albero di fico del quale in un altro salmo si esclama gemendo: ecco sono stato concepito nella iniquità. ( Sal 51,7 ) Ma lo ha visto Colui che è venuto con la grazia. Che vuol dire: lo ha visto? Ha avuto misericordia di lui. Il Signore pertanto loda quest'uomo senza inganno in modo da lodare in lui la sua grazia. Quando eri sotto l'albero di fico ti ho visto. Che cosa c'è di grande nelle parole ti ho visto, se non capisci in qual modo sono dette? Che cosa c'è di grande nel vedere un uomo sotto l'albero del fico? Se Cristo non avesse visto il genere umano sotto questo fico, o saremmo del tutto inariditi, oppure sarebbero state trovate in noi soltanto le foglie, non il frutto, come è avvenuto per i Farisei nei quali era inganno perché si giustificavano solo a parole mentre nei fatti erano malvagi. Infatti, quando Cristo vide questo genere di albero di fico, lo maledisse, e quello inaridì. Vedo, disse, solo le foglie, cioè solo le parole, e dov'è il frutto? Si inaridisca, ( Mt 21,19 ) aggiunge, affinché non abbia neppure le foglie. Perché gli toglie anche le parole? Perché un albero secco non può avere neanche le foglie. Così dunque erano i Giudei; i Farisei erano quell'albero; avevano le parole, ma non avevano i fatti, e perciò si sono meritati l'aridità per decreto del Signore. Ci veda dunque Cristo sotto l'albero del fico; veda nella nostra carne anche il frutto delle buone opere, affinché non diventiamo anche noi disseccati per la sua maledizione. E poiché tutto è attribuito alla sua grazia, non ai nostri meriti, beati coloro le cui iniquità sono state rimesse e i cui peccati sono stati celati; non beati coloro nei quali non sono stati trovati i peccati, ma coloro i cui peccati sono stati celati. I peccati sono stati coperti, celati, aboliti. Se Dio copre i nostri peccati, non vuole vederli; se non vuole vederli, non vuole prenderne nota, se non vuole prenderne nota, non vuole punire; se non vuole punire, non vuole riconoscere i colpevoli, ma preferisce perdonarci. Beati coloro le cui iniquità sono state rimesse e i cui peccati sono stati celati. Ma non intendete queste parole, i peccati sono stati coperti, nel senso che essi vi siano ancora e vivano. Perché ha detto che i peccati sono stati celati? Perché non sono visti. Ma cosa significa per Dio vedere i peccati, se non punirli? Perché tu sappia che per Iddio vedere i peccati significa punirli, che cosa si dice a Lui? Distogli la tua faccia dai miei peccati. ( Sal 51,11 ) Non veda dunque i tuoi peccati, per vedere te. Ed in qual modo ti deve vedere? Alla maniera di Natanaele, cui è detto: quando eri sotto l'albero di fico, ti ho visto. L'ombra del fico non fu un ostacolo per gli occhi della misericordia di Dio. 10 - Il fariseo e il pubblicano Né vi è inganno sulla sua bocca. In verità coloro che non vogliono confessare i peccati si affaticano senza ragione nella difesa dei loro peccati. E quanto più si affaticano nella difesa dei loro peccati, vantando i propri meriti, non vedendo le proprie iniquità, tanto più viene meno il loro vigore e la loro fortezza. È forte infatti solo colui che non in sé, ma in Dio è forte. Per questo [ l'Apostolo dice ]: Tre volte ho pregato il Signore perché togliesse da me [ quel pungiglione della carne ]; ed egli mi ha detto: Ti basta la mia grazia. La mia grazia, ha detto, non la tua forza. Ti basta - dice - la mia grazia; infatti la virtù si perfeziona nell'infermità. Per questo in un altro passo l'Apostolo stesso dice: quando sono debole, allora sono forte. ( 2 Cor 12,8-10 ) Chi vuole dunque essere forte presumendo di sé e vantando i propri meriti, quali che siano, sarà simile a quel Fariseo il quale con superbia si vantava di ciò che pure affermava di aver ricevuto da Dio, e diceva: ti ringrazio. State attenti, fratelli miei, osservate di quale genere di superbia tenga conto Dio, di quella che certamente può entrare nell'uomo giusto e che può introdursi anche nell'uomo sostenuto dalla buona speranza. Ti ringrazio, diceva. Dunque nel dire ti ringrazio, ammetteva di aver ricevuto da Dio ciò che aveva. Che hai infatti che tu non abbia ricevuto? ( 1 Cor 4,7 ) Orbene, ti ringrazio, ha detto, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, rapinatori, ingiusti, adulteri, né come questo pubblicano. Perché costui è superbo? Non certo perché ringraziava Dio per i suoi beni, ma perché si elevava in quelle stesse virtù al di sopra dell'altro. 11 - State attenti, fratelli: l'evangelista ha infatti premesso donde il Signore ha preso le mosse per narrare la parabola stessa. Avendo dunque detto Cristo: credi che il Figlio dell'uomo alla sua venuta troverà fede sulla terra? e affinché non si ergessero certi eretici, i quali, - considerando e stimando come perduto tutto il mondo, e dato che tutti gli eretici lo sono in poche cose e parzialmente -, si vantassero di conservare in sé quel che era scomparso in tutto il mondo, immediatamente, appena il Signore ha pronunziato quelle parole: Credi che il Figlio dell'uomo troverà la fede sulla terra, l'evangelista aggiunge: Ma disse ancora per alcuni, che si ritenevano giusti e disprezzavano gli altri, questa parabola: Un Fariseo e un Pubblicano vennero nel tempio a pregare, con il resto che conoscete. Quel Fariseo diceva dunque: ti ringrazio. Ma perché era superbo? Perché disprezzava gli altri. Come lo dimostri? Con le sue stesse parole. In qual modo? Quel Fariseo - dice - provò disprezzo per quello che si era fermato a distanza, e a cui, mentre confessava i suoi peccati, Dio si avvicinava. Dice: Il Pubblicano si teneva lontano; ma Dio non stava lontano da lui. Perché Dio non stava lontano da lui? Perché altrove è detto: Dio è vicino a coloro che hanno il cuore contrito. ( Sal 34,19 ) Vedete se questo pubblicano aveva il cuore contrito, e allora vedrete che il Signore è vicino a coloro che hanno il cuore contrito. Ma il Pubblicano si teneva lontano e non voleva neanche alzare i suoi occhi al cielo, ma si batteva il petto. Battersi il petto indica la contrizione del cuore. Che cosa diceva battendosi il petto? Dio, sii benigno con me che sono peccatore. E quale fu la sentenza del Signore? In verità vi dico che quel Pubblicano discese dal tempio giustificato più di quel Fariseo. Perché? Questo è il giudizio di Dio. Non sono come questo pubblicano, non sono come gli altri uomini, ingiusti, rapinatori, adulteri; digiuno due volte alla settimana, dò la decima di tutte le cose che posseggo. L'altro non osa levare i suoi occhi al cielo, scruta nella sua coscienza, se ne sta lontano, ed è giustificato assai più di quel Fariseo. Perché? Ti scongiuro, Signore, spiegaci questa tua giustizia, spiegaci l'equità del tuo giudizio. Dio spiega la norma della sua legge. Volete udire il perché? Perché chiunque si esalta sarà umiliato; e chi si umilia sarà esaltato. ( Lc 18,8-14 ) 12 - Intenda dunque la Carità vostra. Abbiamo detto che il Pubblicano non osava levare gli occhi al cielo. Perché non guardava al cielo? Perché guardava in se stesso. Guardava in se stesso per dispiacere dapprima a se medesimo, e potere così piacere a Dio. Tu invece ti vanti, te ne stai con il collo eretto. Dice Dio al superbo: Non vuoi guardare a te stesso? Ti guardo io. Oppure vuoi che io non ti guardi? Guardati tu stesso. Per questo il Pubblicano non osava levare gli occhi al cielo, perché guardava in se stesso, e puniva la sua coscienza; si faceva giudice di se stesso onde il Signore intercedesse per lui; si puniva da sé perché Egli lo liberasse; si accusava perché Egli lo difendesse. Tanto lo ha difeso che ha pronunziato una sentenza a suo favore. Quel Pubblicano discese giustificato più di quel Fariseo; perché chiunque si esalta sarà umiliato; e chi si umilia sarà esaltato. Ha guardato in sé, dice il Signore, ed io non ho voluto guardare in lui; l'ho udito che diceva: Distogli i tuoi occhi dai miei peccati. Chi ha così parlato, se non colui che ha detto anche: perché riconosco le mie iniquità? ( Sal 51,5.11 ) Perciò, fratelli miei, anche quel Fariseo era peccatore. Non perché diceva: non sono come gli altri uomini ingiusti, rapinatori, adulteri, né perché digiunava due volte la settimana, e neppure perché dava le decime; non per questo era esente da peccato. Che se anche fosse stato senza alcun peccato, la superbia stessa già avrebbe costituito un grande peccato; e tu vedi che egli diceva tutte queste cose. Ma infine, chi è senza peccato? Chi si glorierà di avere il cuore puro o chi si glorierà di essere mondo dai peccati? ( Pr 20,9 ) Anche egli dunque aveva peccati; ma, essendo malvagio e non sapendo ove fosse venuto, era come nel gabinetto del medico per essere curato, ma mostrava solo le membra sane, e nascondeva le ferite. Sia Dio a nascondere le tue ferite, non tu. Infatti, se tu vorrai nasconderle perché ti vergogni, il medico non le curerà. Le nasconda il medico e le curi: le copre infatti con un impiastro. Sotto la copertura del medico la ferita guarisce, sotto la copertura del ferito la ferita resta celata. A chi la nascondi? A Colui che conosce tutto. 13 - [v 3.] Il riconoscimento dei nostri peccati Osservate pertanto, fratelli, quanto è detto qui: Perché ho taciuto, le mie ossa si sono consumate, mentre gridavo tutto il giorno. Che significa questo? Quasi sembra una contraddizione: perché ho taciuto, le mie ossa si sono consumate, mentre gridavo. In qual modo ha taciuto se ha gridato? Ha taciuto una cosa, non ne ha taciuta un'altra: ha taciuto ciò che lo avrebbe fatto progredire, non ha taciuto ciò che lo ha fatto venir meno; ha taciuto la confessione e ha gridato la presunzione. Infatti ha detto: Ho taciuto, non: ho confessato. Eppure qui era necessario parlare: tacere i propri meriti e gridare i propri peccati; invece con malizia ha taciuto i suoi peccati e ha gridato i suoi meriti. E che cosa gli è capitato? Si sono consumate le sue ossa. Comprendete dunque che se avesse gridato i suoi peccati e taciuto i suoi meriti, si sarebbero rinnovate le sue ossa, cioè le sue forze; si sarebbe irrobustito nel Signore, perché in se stesso si era trovato infermo. Ora invece, poiché ha voluto essere forte in se medesimo, è divenuto infermo, e le sue ossa si sono consumate. È rimasto un uomo vecchio colui che non ha voluto, confessando, amare quello nuovo. Perché coloro che diventano nuovi, voi li conoscete, fratelli: beati coloro le cui iniquità sono state rimesse, e i cui peccati sono stati celati. Questi invece non ha voluto che gli fossero perdonate le iniquità, le ha accumulate, le ha difese, ha vantato i suoi meriti. Dunque, perché ha taciuto la confessione, si sono consumate le sue ossa. Mentre gridavo tutto il giorno. Che cosa vuol dire mentre gridavo tutto il giorno? Perseverare nel difendere i propri peccati. E tuttavia vedete quale sia, poiché riconosce se stesso. Ora infatti si aprirà l'intelligenza: non guarderà a nulla all'infuori di sé, e dispiacerà a se stesso, perché giunge a conoscersi. Ora ascolterete, e guarirete. 14 - [v 4.] Beato l'uomo al quale il Signore non ha imputato peccato né è inganno sulla sua bocca. Poiché ho taciuto, le mie ossa si sono consumate, mentre gridavo tutto il giorno. Perché giorno e notte ha pesato su di me la tua mano. Che cosa vuol dire ha pesato su di me la tua mano? Grande cosa, o fratelli. Considerate quella giusta sentenza riguardo a quei due, il Fariseo e il Pubblicano. Che cosa è stato detto a proposito del Fariseo? Che fu umiliato. Che cosa è stato detto a proposito del Pubblicano? Che fu esaltato. Perché quello è umiliato? Perché si è esaltato. E perché questo è esaltato? Perché si è umiliato. Dunque Dio, per umiliare chi si esalta, grava su di lui la mano. Non ha voluto umiliarsi nella confessione della sua iniquità, ed è stato umiliato dal peso della mano di Dio. E come costui avrà potuto sopportare la mano pesante di Colui che umilia? Quanto leggera è stata invece la mano di Colui che risolleva! Ma nell'uno e nell'altro caso sempre potente: forte nell'abbattere il primo, forte nel risollevare il secondo. 15 - [vv 4.5.] Orbene, poiché giorno e notte ha pesato su di me la tua mano, sono precipitato nell'infelicità, col configgersi della spina. Per il peso stesso della tua mano, e per la stessa umiliazione, sono precipitato nell'infelicità, sono diventato misero, mi è stata conficcata la spina, la mia coscienza è stata punta. E che cosa è accaduto quando è stata conficcata la spina? Ha provato una sensazione di dolore, e ha scoperto la sua debolezza. E colui che aveva taciuto la confessione del suo peccato, tanto che, gridando in difesa della sua colpa, si era invecchiata la sua vigoria, ossia le sue ossa erano divenute vecchie, cosa ha fatto ora che la spina lo ha trafitto? Ho conosciuto il mio peccato. Già lo conosce dunque. Se egli lo conosce, il Signore lo perdona. Ascoltate quanto segue, e vedete come egli stesso dice: ho conosciuto il mio peccato, e non ho celato la mia ingiustizia. Dianzi dicevo proprio questo: non coprire il tuo peccato, e Dio lo coprirà. Beati coloro le cui iniquità sono state rimesse e i cui peccati sono stati coperti. Coloro che coprono i peccati, sono denudati; questi invece li ha messi a nudo per essere ricoperto. Non ho nascosto la mia ingiustizia. Che significa non ho nascosto? Poco fa avevo taciuto; e ora? Ho detto. È qualcosa di contrario a quel tacere. Ho detto. Che cosa hai detto? Al Signore confesserò contro di me la mia ingiustizia; e tu hai perdonato l'empietà del mio cuore. Ho detto. Che cosa hai detto? Ancora non confessa, promette che confesserà e già il Signore lo perdona. State attenti, fratelli, questa è cosa sublime. Ha detto: Confesserò; non ha detto: Ho confessato e tu hai perdonato; ha detto: Confesserò e tu hai perdonato, perché nello stesso dire: Confesserò, mostra che non ha ancora confessato con la bocca, ma ha già confessato col cuore. Lo stesso dire confesserò equivale a confessare: perciò tu hai perdonato l'empietà del mio cuore. La mia confessione non era dunque giunta alla bocca; avevo detto infatti: confesserò contro di me, ma ciononostante Dio ha udito la voce del mio cuore. La mia voce non era ancora nella bocca, ma l'orecchio di Dio era già nel mio cuore. Tu hai perdonato l'empietà del mio cuore, poiché io ho detto: confesserò. 16 - Ma non era sufficiente aver detto: al Signore confesserò la mia ingiustizia; non senza motivo ha detto: confesserò contro di me. C'è differenza tra le due espressioni. Molti infatti confessano la loro ingiustizia, ma contro lo stesso Signore Dio; quando si trovano in mezzo ai peccati, dicono: Dio lo ha voluto. Infatti, se un uomo dice: Non l'ho fatto, oppure: Questo fatto che tu mi rimproveri non è peccato, costui non confessa né contro di sé, né contro Dio. Se dice invece: Certo l'ho fatto, ed è peccato, ma Dio lo ha voluto, quindi che cosa ho fatto io? Questo è confessare contro Dio. Forse direte: nessuno si esprime così, chi mai può dire che Dio lo ha voluto? Molti invece lo dicono. Ma anche quelli che non lo dicono, che cosa altro affermano quando dicono: il Fato mi ha fatto questo, le mie stelle lo han fatto? E così per mezzo di una circonlocuzione vogliono giungere a Dio; cioè vogliono con una circonlocuzione giungere ad accusare Dio, coloro che non vogliono giungere per la via più breve a placare Dio; e dicono: Così fece il Fato a me. Ma che cosa è il Fato? Me lo hanno fatto le mie stelle. Ma che cosa sono le stelle? Certamente quelle che vediamo nel cielo. E chi le ha fatte? Dio. Chi le ha ordinate? Dio. Osserva dunque che hai voluto dire: Dio ha fatto sì che io peccassi. Così Egli è ingiusto e tu sei giusto; perché se Egli non [ le ] avesse fatte, tu non avresti peccato. Spazza via queste scuse per i tuoi peccati; ricordati di quel salmo: non piegare il mio cuore a parole, per cercare scuse ai peccati, insieme con gli uomini che commettono iniquità. Sono certo grandi quegli uomini che difendono i loro peccati; grandi sono anche coloro che contano le stelle, che fanno calcoli sulle stelle e sui tempi e prevedono quando uno pecca e quando vive bene, quando Marte farà di costui un omicida, e Venere di costei un'adultera; sono uomini grandi, sapienti, e appaiono eletti, ma agli occhi del mondo. E cosa dice il salmo? Non piegare il mio cure a parole di malizia, insieme con gli uomini che commettono iniquità, e non avrò parte con i loro eletti. ( Sal 141,4 ) Chiamino pure eletti e dotti i calcolatori delle stelle, dicano pure sapienti coloro che quasi tengono sulle loro dita i destini umani, e che desumono dalle stelle i costumi degli uomini. Dio mi ha creato con il libero arbitrio: se ho peccato, io ho peccato, e non soltanto confesserò la mia iniquità al Signore, ma contro di me, non contro di Lui. Io ho detto: Signore, abbi pietà di me, grida il malato al medico. Io ho detto. Perché: io ho detto? Sarebbe sufficiente: ho detto. Dice: Io per dare enfasi al discorso: io, io, non il fato, non la fortuna, non il diavolo, perché neppure esso mi ha obbligato, ma io ho acconsentito a lui che tentava di persuadermi: Io ho detto: Signore, abbi pietà di me, risana l'anima mia, perché ho peccato contro di te. ( Sal 41,5 ) Così anche qui ha deciso di dichiararlo: Ho detto: al Signore confesserò contro di me la mia iniquità, e tu hai perdonato l'empietà del mio cuore. 17 - [v 6.] Per questa pregherà a te ogni santo nel tempo opportuno. In quale tempo? Per questa. Per quale? Per l'empietà. E perché per essa? Proprio per il perdono dei peccati. Per questa pregherà a te ogni santo nel tempo opportuno. Cioè ogni santo pregherà a te perché tu gli hai rimesso i peccati. Infatti se tu non rimettessi i peccati, non vi sarebbe santo che potesse pregare a te: per essa pregherà a te ogni santo nel tempo opportuno, cioè quando sarà manifestato il Nuovo Testamento, quando sarà manifestata la grazia di Cristo. Ecco il tempo opportuno. Ma quando venne la pienezza dei tempi, Dio mandò il Figlio suo, nato da una sposa, cioè da una donna, perché gli antichi usavano senza distinzione i due termini, nato sotto la legge, affinché riscattasse coloro che erano sotto la legge. ( Gal 4,4.5 ) Per riscattarli da che cosa? Dal diavolo, dalla dannazione, dai loro peccati, da colui al quale si erano venduti. Affinché riscattasse coloro che erano sotto la legge. Erano infatti sotto la legge perché erano oppressi dalla legge. La loro condizione li opprimeva, rendendoli consapevoli della loro colpa, ma non salvandoli. Eppure essa vietava il male: ma poiché essi non avevano forze per giustificarsi da se stessi, dovevano gridare a Lui, a quel modo con cui gridava colui che era trascinato prigioniero sotto la legge del peccato: Me infelice uomo, chi mi libererà da questo corpo di morte? ( Rm 7,23.24 ) Tutti gli uomini erano sotto la legge, non nella legge: ed essa li opprimeva, essa li convinceva della loro colpa. Perché la legge ha reso manifesto il peccato: ha infisso la spina, ha trafitto il cuore; essa stessa ha condotto l'uomo a riconoscersi colpevole, a gridare a Dio per ottenere il perdono. Per questa pregherà a te ogni santo nel tempo opportuno. Per questo, a proposito del tempo opportuno, ricordavo le parole: Quando venne la pienezza dei tempi, Dio mandò il Figlio suo. In modo analogo si esprime l'Apostolo: nel tempo favorevole e gradito ti ho esaudito, e nel giorno della salvezza ti ho aiutato. E, poiché tutto questo era stato predetto dal Profeta riguardo a tutti i cristiani, l'Apostolo aggiunge: ecco ora il tempo favorevole, ecco ora il giorno della salvezza. ( 2 Cor 6,2 ) Per essa pregherà a te ogni santo nel tempo opportuno. 18 - Accostarsi a Dio con umiltà Ma anche nel diluvio delle acque immense, non si avvicineranno a lui. A lui: a chi? a Dio. Suole infatti [ il Salmista ] cambiare persona; come nel dire: Del Signore è la salvezza, e sul tuo popolo la tua benedizione. ( Sal 3,9 ) Non ha detto: Del Signore è la salvezza e sul suo popolo la sua benedizione; oppure: Signore, tua è la salvezza e sul tuo popolo la tua benedizione; ma, dopo aver incominciato col dire: Del Signore è la salvezza, non rivolgendosi a Lui ma parlando di Lui, poi si è rivolto a Lui e ha detto: e sul tuo popolo la tua benedizione. Così anche qui, quando prima senti a te e poi a lui, non credere si tratti di persone diverse. Per questa pregherà a te ogni santo nel tempo opportuno. Ma anche nel diluvio delle molte acque non si avvicineranno a lui. Che cosa significa nel diluvio di molte acque? Coloro che nuotano nel diluvio delle molte acque non si avvicinano a Dio. Che cosa è il diluvio delle molte acque? La molteplicità delle varie dottrine. Cercate di comprendere, fratelli. Le molte acque sono le varie dottrine. La dottrina di Dio è una sola: non molte acque, ma una sola acqua sia del sacramento del battesimo, sia della dottrina della salvezza. Di questa stessa dottrina, da cui siamo irrigati ad opera dello Spirito Santo, è detto: bevi l'acqua dai tuoi vasi, e, dalle sorgenti dei tuoi pozzi. ( Pr 5,15 ) A queste sorgenti non si avvicinano gli empi, ma vi si avvicinano già giustificati coloro che credono in Colui che giustifica l'empio. ( Rm 4,5 ) Le molte altre acque, le molte dottrine inquinano le anime degli uomini, come dicevo poco prima. Una dottrina è: il Fato mi ha fatto questo. Un'altra ancora dice: è responsabile il caso, oppure la fortuna. Se il caso regge gli uomini, nessuna Provvidenza regge qualcosa: ed anche questa è una dottrina. Un altro dice: c'è l'ostile popolo delle tenebre che si è ribellato a Dio: è esso che fa peccare gli uomini. Ebbene, in questo diluvio delle molte acque non si avvicineranno a Dio. E quale è quell'acqua, quella vera che scaturisce dall'intima sorgente della pura vena della verità? Qual è quell'acqua, fratelli, se non quella che insegna a lodare il Signore? Qual è quell'acqua se non quella che insegna: è bene lodare il Signore? ( Sal 92,2 ) Qual è quell'acqua se non quella che insegna queste parole: Ho detto: al Signore confesserò contro di me la mia ingiustizia, e ancora: Io ho detto: Signore, abbi pietà di me, risana la mia anima, perché ho peccato contro di te? Quest'acqua della confessione dei peccati, quest'acqua dell'umiliazione del cuore, quest'acqua della vita salutare, che si umilia, che non presume niente da sé, che niente attribuisce superbamente alla sua potestà: quest'acqua non si trova in nessun libro degli estranei, non negli Epicurei, non negli Stoici, non nei Manichei, non nei Platonici. Ovunque infatti si trovano ottimi precetti di costume e di disciplina, ma non questa umiltà. È altrove che nasce la via di questa umiltà; essa viene da Cristo: da Lui che, essendo sublime, è venuto nell'umiltà. Che cosa altro infatti ha insegnato umiliandosi, fattosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce? ( Fil 2,8 ) Che cosa altro ha insegnato pagando ciò che non doveva, onde liberare noi dal nostro debito? Che cosa altro ha insegnato facendosi battezzare pur non avendo commesso peccato, lasciandosi crocifiggere pur non avendo colpa alcuna? Che cosa altro ha insegnato, se non questa umiltà? Giustamente dice: Io sono la via, la verità, la vita. ( Gv 14,6 ) In questa umiltà, dunque, ci si avvicina a Dio, perché vicino è il Signore a coloro che hanno il cuore contrito. ( Sal 34,19 ) Ma nel diluvio delle molte acque, coloro che si inorgogliscono contro Dio e insegnano superbe empietà, non si avvicineranno a Dio. 19 - [v 7.] Ma tu, che pure sei già stato giustificato, sei dunque in mezzo a quelle acque? Da ogni parte, fratelli, anche quando confessiamo i [ nostri ] peccati, rumoreggiano a noi d'intorno quelle acque del diluvio. Non siamo dentro al diluvio, ma ne siamo circondati. Ci premono ma non ci schiacciano, ci urgono d'appresso ma non ci sommergono. E che farai tu, poiché sei in mezzo al diluvio, camminando in questo secolo? Forse che non ode tali dottori, non ode tali superbi, oppure non subisce nel suo cuore quotidiane persecuzioni scatenate dalle loro parole? Che dice dunque quest'uomo già giustificato e che spera in Dio, circondato da tale diluvio? Tu mi sei riparo dall'oppressione che mi ha circondato. Si rifugino quelli nei loro dei, nei loro demoni, nelle loro forze, o nella difesa dei loro peccati: per me, in questo diluvio, non c'è rifugio se non tu, contro l'oppressione che mi ha circondato. 20 - Mia letizia, riscattami. Se già esulti, perché vuoi essere riscattato? Mia letizia, riscattami. Odo una voce di esultanza: mia letizia; odo un gemito: riscattami. Gioisci e gemi. Sì, dice, gioisco e gemo: gioisco nella speranza, gemo ancora nella realtà. Mia letizia, riscattami. Gioiosi nella speranza, dice l'Apostolo. Dunque giustamente dice: mia letizia, riscattami. Riscattami, da che cosa? Così continua l'Apostolo: e pazienti nella tribolazione. ( Rm 12,12 ) Mia letizia, riscattami. Anche l'Apostolo era già giustificato, e che cosa ha detto? Non solo ( geme il creato ) - ha detto - ma anche noi che abbiamo le primizie dello Spirito, anche noi gemiamo in noi stessi. Perché riscattami? Perché noi gemiamo in noi stessi aspettando l'adozione filiale, la redenzione del nostro corpo. Ecco dunque perché riscattami; perché aspettiamo ancora, gemendo in noi stessi, la redenzione del nostro corpo. E perché mia letizia? L'Apostolo stesso continua dicendo: nella speranza infatti siamo stati salvati: ma la speranza che si vede non è speranza. Perché chi già vede una cosa, che spera più? Ma se speriamo ciò che non vediamo, con pazienza lo aspettiamo. ( Rm 8,23-25 ) Se speri, gioisci; se con pazienza aspetti, ancora gemi; poiché non sarebbe necessaria la pazienza se tu non dovessi subire alcun male. Ciò che è detto tolleranza, pazienza, sopportazione, longanimità, non si trova se non nella tribolazione. Dove sei oppresso, là sei in angustie. Orbene se con pazienza aspettiamo, diciamo ancora: riscattami dall'oppressione che mi ha circondato; e poiché veramente nella speranza siamo stati salvati, diciamo contemporaneamente le due cose: mia letizia, riscattami. 21 - [v 8.] Ecco la risposta: Ti darò l'intelligenza. Questo è infatti il salmo dell'intelligenza. Ti darò l'intelligenza e ti porrò su questa via per la quale camminerai. Che vuol dire: ti porrò su questa via per la quale camminerai? Non perché tu stia fermo su di essa, ma perché tu non devii da essa. Ti darò l'intelligenza affinché tu sempre ti conosca e sempre gioisca, ponendo la speranza in Dio, finché tu non pervenga a quella patria ove alla speranza subentrerà la realtà. Terrò fissi su di te i miei occhi. Non distoglierò da te i miei occhi, perché anche tu non distoglierai da me i tuoi. Già giustificato, dopo la remissione dei peccati, leva i tuoi occhi a Dio. Era imputridito il tuo cuore, quando era rivolto alla terra. Non senza ragione odi le parole: In alto il cuore affinché non imputridisca. Leva dunque anche tu i tuoi occhi a Dio sempre, affinché Egli fissi su di te i suoi. Ma perché temi, mentre hai gli occhi volti a Dio, di cadere, di non vedere innanzi a te e, magari, di incappare in un tranello? Non temere, ci sono i suoi occhi, che Egli tiene fissi su di te. Non vi preoccupate, ( Mt 6,31 ) dice il Signore; e l'apostolo Pietro: ogni vostro affanno caricatelo su di Lui, perché Egli ha cura di voi. ( 1 Pt 5,7 ) Ebbene terrò fissi su di te i miei occhi. Tu dunque leva i tuoi occhi su di Lui, e non temere, come ho già detto, di incappare in un tranello. Ascolta l'altro salmo: gli occhi miei sempre verso il Signore. E come se gli fosse stato detto: Come muovi i tuoi piedi, dato che non guardi innanzi a te?, risponde: Perché Egli libera dal laccio i miei piedi. ( Sal 25,15 ) Terrò fissi su di te i miei occhi. 22 - [v 9.] Ha promesso a questi l'intelligenza e la sua protezione; volgendosi poi ai superbi che difendono i loro peccati ci mostra che cosa sia l'intelligenza: non siate come il cavallo e il mulo che non hanno intelligenza. Il cavallo e il mulo tengono eretta la testa e non sono come quel bove che conosceva il suo padrone, e come l'asino che conosceva la stalla del suo proprietario. ( Is 1,3 ) Non siate come il cavallo e il mulo, che non hanno intelligenza. Cosa sopportano, infatti, costoro? Con morso e con briglia stringi le mascelle di coloro che non si avvicinano a te. Vuoi essere un cavallo ed un mulo e ti rifiuti di avere un cavaliere? Saranno strette la tua bocca e le tue mascelle con morso e con briglia; sarà stretta la stessa tua bocca, con la quale tu vanti i tuoi meriti e taci i tuoi peccati. Stringi le mascelle di coloro che non si avvicinano a te, umiliandosi. 23 - [v 10.] Molti sono i flagelli del peccatore. Non c'è da stupirsi se, applicato il morso, ad esso fanno seguito le frustate. Desiderava essere un animale indomito, e sarà domato col morso e con la frusta; e voglia il cielo che sia del tutto domato! C'è da temere infatti che, opponendo troppa resistenza, si meriti di essere lasciato indomito, e di vagare nella sua raminga libertà, cosicché si dica di lui quanto è detto di coloro i cui peccati sono ora impuniti: uscirà come dal grasso la loro iniquità. ( Sal 73,7 ) Si corregga dunque e si domi, quando è flagellato: perché anche questi dice di essere stato così domato. Si era chiamato cavallo e mulo, perché aveva taciuto: ma con che cosa è stato domato? Con i flagelli. Sono precipitato nell'infelicità - dice - col configgersi della spina. Sia che tu li chiami flagelli, sia che li chiami aculei, Dio doma il giumento su cui siede, perché al giumento conviene che qualcuno lo cavalchi. Dio non si siede di certo sul giumento perché si è stancato nel camminare a piedi. Non è forse pieno di mistero il fatto che un asinello fu condotto al Signore? ( Mt 21,7 ) Il popolo mite e mansueto, che bene regge il Signore, è l'asinello, e si dirige a Gerusalemme. Guiderà i miti nel giudizio, come dice un altro salmo, insegnerà ai mansueti le sue vie. ( Sal 25,9 ) A quali mansueti? A coloro che non levano la loro testa contro il loro domatore, che sopportano la frusta e il morso; cosicché, così domati, camminino senza flagello e tengano la strada senza morso né briglia. Se sarai privo di questo cavaliere, cadrai tu, non lui. Molti sono i flagelli del peccatore; ma la misericordia circonderà chi spera nel Signore. In qual modo egli è riparo dall'oppressione? Chi è dapprima circondato dall'oppressione, è poi circondato dalla misericordia, perché chi ha dato la legge, darà la misericordia: ( Sal 84,8 ) la legge nei flagelli, la misericordia nelle consolazioni. Ma la misericordia circonderà chi spera nel Signore. 24 - [v 11.] Come conclude dunque? Allietatevi nel Signore ed esultate, o giusti. O voi, che vi allietate in voi stessi! O empi, o superbi, che vi allietate in voi! A voi che già credete in Colui che giustifica l'empio, la vostra fede è computata a giustizia. ( Rm 4,5 ) Allietatevi nel Signore, ed esultate, voi giusti. Ed esultate; sottintendi: nel Signore. Perché? Perché siete già giusti. Per che cosa giusti? Non per i vostri meriti, ma per la sua grazia. Perché quindi siete giusti? Perché siete stati giustificati. 25 - Il parere dei malvagi su Dio E gloriatevi voi tutti, retti di cuore. Che cosa significa retti di cuore? Che non resistono a Dio. Intenda la vostra Carità, comprendete [ che cosa è ] il cuore retto. Ve lo spiego brevemente, ma tuttavia è da raccomandarsi in modo particolare; grazie a Dio, dato che si pone alla fine, resterà impresso nella vostra coscienza. Tra il cuore retto e il cuore perverso c'è questa differenza: è retto di cuore l'uomo che, soffrendo involontariamente quanto gli sopravviene ( tormenti, tristezze, fatiche, umiliazioni ) non ne attribuisce la causa se non alla giusta volontà di Dio, senza attribuire a Lui l'insipienza, come se Dio non sapesse che cosa fa, flagellando questo e risparmiando quello. Sono invece perversi di cuore e malvagi e viziosi, coloro che affermano di soffrire ingiustamente tutti i mali che subiscono, attribuendo l'iniquità a Colui per la cui volontà soffrono; oppure, poiché non osano accusarlo di ingiustizia, negano che abbia il potere di reggere il mondo. Poiché Egli - dice [ chi ha il cuore perverso ] - non può commettere ciò che è ingiusto ed è invece ingiusto che io soffra e un altro non soffra: ammetto infatti di essere un peccatore, ma certo sono peggiori coloro che si rallegrano mentre io sto tribolando; ebbene, poiché è iniquo che coloro che sono peggiori di me si rallegrino e invece soffra io che sono giusto, o almeno sono meno peccatore di costoro, e poiché per me è chiaro che questo è ingiusto e per me è altresì certo che Dio non commette ingiustizie: [ se ne conclude che ] Dio non governa le cose umane, e non si prende cura di noi. Dunque i perversi di cuore, cioè coloro che non hanno il cuore retto, sostengono tre tesi. O dicono: Dio non c'è; dice infatti lo stolto in cuor suo: Dio non c'è. ( Sal 14,1 ) Ne abbiamo parlato a proposito di quel diluvio: non è mancata una simile dottrina filosofica, non sono mancati coloro che hanno detto che non esiste un Dio che regge tutte le cose e tutte le ha create, ma che vi sono molti dèi che se ne stanno in ozio al di là del mondo senza curarsi delle cose terrene. Dunque, o non c'è Dio ( così dice l'empio che non sopporta che qualcosa gli accada all'infuori della sua volontà, mentre non accade ad altri cui si ritiene superiore ); oppure: è ingiusto Dio, cui piacciono queste cose e che fa queste cose; oppure: Dio non governa le cose umane, e non si prende affatto cura di esse. Grande è l'empietà di queste tre dottrine, sia negare Dio, sia affermarlo ingiusto, sia togliere a Lui il governo del creato. Perché si dice questo? Perché si è distorto il cuore. Retto è Dio, e perciò il cuore distorto non trova pace in Lui. È quanto è detto in un altro salmo: Quanto è buono il Dio di Israele con i retti di cuore! E poiché lo stesso aveva altra volta espresso tale opinione: come lo sa Dio e l'altissimo ne ha conoscenza?, perciò qui aggiunge: ma i miei piedi quasi hanno vacillato. ( Sal 73,1.11 ) A quel modo che un legno distorto, anche se lo collochi sul pavimento liscio, non si adagia, non aderisce, non si congiunge, ma sempre si muove e traballa - e non perché è disuguale il luogo dove l'hai posato, ma perché è distorto ciò che vi hai posto - così anche il tuo cuore, finché è perverso e distorto, non può allinearsi con la rettitudine di Dio e non può trovar posto in Dio tanto da aderire a Lui e si realizzi [ quanto è detto ]: chi si unisce al Signore è un solo spirito con lui. ( 1 Cor 6,17 ) Per questo ha detto: gloriatevi, voi, retti di cuore. In qual modo si gloriano i retti di cuore? Ascoltate come si gloriano. Dice l'Apostolo: non solo ( nella speranza della gloria ) ma anche nelle tribolazioni ci gloriamo. Non è straordinario, infatti, gloriarsi nella gioia, gloriarsi nella letizia; il retto di cuore si gloria anche nella tribolazione. E ascolta in qual modo si gloria nella tribolazione, poiché non si gloria inutilmente e in maniera superflua; considera il retto di cuore: sapendo - dice - che la tribolazione genera la pazienza, la pazienza la virtù provata, la virtù provata la speranza, quella speranza che non inganna, perché l'amore di Dio è diffuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. ( Rm 5,3-5 ) 26 - Così è dunque il cuore retto, fratelli. Qualunque cosa gli accade, dirà: il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Ecco il retto di cuore: Così è piaciuto al Signore e così è stato fatto; sia benedetto il nome del Signore. ( Gb 1,21 ) Chi ha tolto? Che cosa ha tolto? A chi ha tolto? Quando ha tolto? Sia benedetto il nome del Signore. Costui non ha detto: Il Signore ha dato e il diavolo ha tolto. Stia bene attenta la Carità vostra, perché non vi accada di dire: Questo me lo ha fatto il diavolo. Attribuisci soltanto al tuo Dio il tuo castigo, poiché il diavolo non ti fa nulla che non gli sia permesso da Chi ha il potere dall'alto, o per la condanna, o per l'insegnamento: per condannare l'empio, per insegnare al figlio. Flagella infatti ogni figlio che accoglie. ( Eb 12,6 ) E non sperare tu di evitare la frasta, a meno che non voglia per caso essere diseredato. Flagella ogni figlio che accoglie. Proprio tutti? E dove ti volevi nascondere? Tutti, nessuno eccettuato: nessuno potrà evitare la frusta. Ma come? per tutti? Vuoi sapere in quale misura c'è per tutti? L'Unigenito fu senza peccato, ma tuttavia non senza castigo. Ed ecco perciò lo stesso Unigenito, che portava la tua infermità, e prefigurava in sé la tua persona, come Capo che portava la figura anche del suo Corpo, approssimandosi alla Passione fu afflitto in quel che portava di umano per allietare te, si è contrastato, per consolarti. Il Signore infatti, nell'avviarsi alla Passione, poteva certamente evitare la tristezza. Se l'ha potuta evitare il soldato, non poteva evitarla l'imperatore? Come ha potuto evitarla il soldato? Osserva Paolo che esulta, avvicinandosi alla sua passione: quanto a me già sto per essere immolato - dice - ed è imminente il tempo della mia liberazione. Ho combattuto la buona battaglia, ho compiuto la corsa, ho conservato la fede: ormai è pronta per me la corona della giustizia che il Signore mi darà, giusto giudice, in quel giorno. Non solo a me, ma anche a tutti coloro che amano il suo avvento. ( 2 Tm 4,6-8 ) Vedete come esulta nell'approssimarsi della passione. Si rallegra dunque colui che deve essere incoronato, e si rattrista Colui che deve incoronare. Che cosa dunque portava? Portava l'infermità di quanti si rattristano nella imminenza della tribolazione e della morte. Ma vedi come li conduce alla rettitudine del cuore. Ecco, tu volevi vivere, non volevi che ti accadesse alcunché: ma Dio ha voluto diversamente. Vi sono due volontà: ma la tua volontà si pieghi alla volontà di Dio, e non la volontà di Dio si torca alla tua. La tua volontà è disforme, la sua è la regola: stia salda la regola, in modo che ciò che è disforme sia raddrizzato secondo la regola. Osservate come tutto questo insegna il Signore Gesù Cristo: triste è l'anima mia fino alla morte; e ancora: Padre, se è possibile, passi da me questo calice. Qui presenta la volontà umana. Ma considera il cuore retto: non però ciò che io voglio, ma ciò che tu vuoi, Padre. ( Mt 26,38.39 ) Fa' dunque questo, lieto in ogni cosa che ti accade: e, se sarà venuto l'ultimo giorno, gioisci! Oppure, se ti coglie di sorpresa la fragilità di questa volontà umana, volgila subito verso Dio, onde essere nel novero di coloro ai quali è detto: gloriatevi, tutti voi, retti di cuore.