Padri/Agostino/EspSalmi/053.txt Salmo 53 (52) Discorso 1 - [v 1.] I buoni ora gemono Intraprendo la spiegazione di questo salmo, del quale vi parlerò in conformità di ciò che il Signore mi vorrà suggerire. Sono i fratelli che mi spingono a metterci la volontà e che pregano per la riuscita dell'impresa. Se per la fretta avrò dimenticato qualcosa, la supplirà in voi colui che a me ha concesso la grazia di dirvi quel tanto che mi sarà riuscito. Il titolo del salmo reca: Per la fine, per Melet, intelligenza, per David stesso. Per Melet, come abbiamo trovato nella traduzione dei nomi ebraici, sembra significare: " per colei che partorisce ", oppure " per colei che è nei dolori ". I fedeli sanno chi in questo mondo partorisce e soffre, perché essi traggono origine proprio da tali dolori. È Cristo che qui in terra partorisce, è Cristo che qui soffre. Il capo è lassù in alto, ma le membra sono quaggiù. E, se non partorisse né soffrisse, non potrebbe dire: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? ( At 9,4 ) Colui che partoriva allorché Saulo perseguitava, quello stesso fece sì che anche Paolo, una volta convertito, partorisse. Infatti, dopo essere stato illuminato e dopo essere diventato uno di quei membri che aveva perseguitati, diceva, impregnato ormai della loro stessa carità: Figli miei, per i quali continuo a soffrire le doglie del parto, finché Cristo non sia formato in voi. ( Gal 4,19 ) Questo salmo si canta, dunque, per i membri di Cristo, per il suo corpo che è la Chiesa, ( Col 1,24 ) per quel solo uomo, cioè per quell'unità, il cui capo è in alto. Ora quest'uomo geme, è nei dolori del parto e soffre. Perché e tra chi, se non perché ha appreso e conosciuto dal suo capo che abbonderà l'iniquità e si raggelerà la carità di molti? Ma se abbonderà l'iniquità e si raggelerà la carità di molti, quale superstite proverà i dolori del parto? Così continua: Colui che avrà perseverato sino alla fine sarà salvo. ( Mt 24, 12.13 ) La perseveranza è una grande virtù proprio perché si deve perseverare in mezzo alle molestie, alle tentazioni, ai turbamenti, agli scandali. A nessuno si ordina di sopportare una cosa che piace. Ma dal momento che si dicono - o si cantano - delle cose nei riguardi di questo tale, vediamo di che si tratta. In relazione a quest'uomo sono adesso, nel titolo, rimproverati coloro in mezzo ai quali si ha da gemere e da soffrire; ma alla fine del salmo si manifesta e si esprime la consolazione di colui che soffre e che partorisce. Ascolta, dunque, chi sono coloro in mezzo ai quali noi partoriamo e gemiamo, supposto che noi siamo nel corpo di Cristo, che viviamo sotto il suo capo e che siamo annoverati tra le sue membra. 2 - Motivi del rifiuto di Dio Ha detto lo stolto in cuor suo: Dio non c'è. Tale è la stirpe degli uomini in mezzo ai quali soffre e geme il corpo di Cristo. Ma se effettivamente questa è la categoria degli uomini ad opera dei quali soffriamo i dolori del parto, essi sono pochi. Secondo il nostro giudizio, sono anzi pochissimi; ed è difficile imbattersi in un uomo che dica in cuor suo: Dio non c'è. E proprio perché sono pochi, non hanno il coraggio di parlare in questo modo in mezzo ai molti; quindi dicono in cuor loro ciò che non osano dire con la bocca. Non è, quindi, una gran cosa quella che dobbiamo sopportare; la si trova appena. Poco numerosa è la massa degli uomini che dicono in cuor loro: Dio non c'è. Ma, forse, se prendiamo il testo in un senso alquanto diverso, potremo incontrare in molti ciò, che pensavamo essere solamente in pochi e rari individui, o addirittura in nessuno. Si facciano avanti coloro che vivono nel male! Guardiamo attentamente le azioni dei perversi dei facinorosi, degli scellerati, dei quali certamente grande è la moltitudine: persone che ogni giorno danno esca ai loro peccati e mediante la consuetudine acquisita con le male azioni hanno perduto anche il pudore. Questa folla di uomini è tanto grande che il corpo di Cristo, posto in mezzo ad essi, a malapena osa protestare contro ciò che in nessun modo gli è consentito di accettare; anzi stima gran cosa per sé, se riesce a conservare l'integrità e l'innocenza e a non fare ciò che ormai per abitudine non osa biasimare. Che se lo biasima, più facilmente gli toccherà udire la protesta e il reclamo elevati da coloro che vivono male che non la libera voce di coloro che vivono bene. Ecco chi sono coloro che praticamente dicono in cuor loro: Dio non c'è. Ora io voglio argomentare contro costoro. In che maniera? Essi credono che le loro azioni piacciano a Dio. Il salmo, però, non dice: Qualcuno ritiene, ma: Ha detto lo stolto in cuor suo: Dio non c'è. Essi ritengono che vi sia un Dio, ma un Dio, a cui piaccia la loro condotta. Ma, se da uomo intelligente osservi che è lo stolto a dire in cuor suo: Dio non c'è, e se fai attenzione e con intelligenza soppesi per ogni verso la cosa, ti rendi conto che chi ritiene che piacciano a Dio le cattive azioni dell'uomo, non lo ritiene veramente Dio. Poiché, se è Dio, è giusto; se è giusto, l'ingiustizia non può essergli gradita e l'iniquità dovrà per forza dispiacergli. Orbene tu, credendo che a lui piaccia l'iniquità, neghi che egli sia Dio. Se infatti, Dio è colui cui dispiace l'iniquità, per quanto tu ti sarai voluto immaginare un Dio a cui l'iniquità non dispiaccia, resta sempre vero che di dèi non ce ne sono altri all'infuori di colui al quale l'iniquità dispiace. Per cui, quando tu dici: Dio favorisce le mie scelleratezze, non fai altro che dire: Dio non c'è. 3 - [v 2.] Negatori della divinità di Cristo Possiamo intendere il nostro testo anche in riferimento a Cristo, nostro signore e nostro capo. Quando egli infatti apparve sulla terra in forma di servo, coloro che lo crocifissero dichiararono: Non è Dio. Dal momento che era Figlio di Dio, era certamente Dio. Ma che cosa dissero coloro che si erano guastati ed erano divenuti abominevoli? Non è Dio. Uccidiamolo! Non è Dio. Nel libro della Sapienza trovi le parole di costoro; ma osserva prima la corruzione che fa dire ad essi in cuor loro: Non è Dio. Infatti, dopo aver premesso il versetto: Ha detto lo stolto in cuor suo: Non è Dio, quasi andando in cerca delle cause per le quali questo stolto abbia potuto pronunziarsi così, il salmo prosegue: Si sono guastati e sono divenuti abominevoli nelle loro ingiustizie. Ascolta questi corrotti. Essi, infatti, così parlarono tra loro, pensando iniquamente. La corruzione comincia dalla malafede; da qui si passa ai costumi depravati, per arrivare poi alla più violenta ingiustizia. Tale è la scala che, in genere, si percorre. Che cosa dissero, dunque, tra sé pensando malamente? Poca cosa e sommersa dal tedio è la nostra vita. ( Sap 2, 1.2 ) Da questa errata convinzione procede ciò che anche l'Apostolo notava: Mangiamo e beviamo, perché domani moriremo. ( 1 Cor 15,32 ) Ma nel libro della Sapienza è più ampiamente descritta tale lussuria: Coroniamoci di rose, prima che marciscano; lasciamo ovunque i segni della nostra baldoria. E dopo questa più ampia descrizione della lussuria, che cosa leggiamo? Uccidiamo il povero giusto; ( Sap 2,8-10 ) il che significa dire: Non è Dio. Sembravano dolci le loro parole mentre dicevano: Coroniamoci di rose, prima che marciscano. Che cosa c'è di più delicato? che cosa di più tenero? Ti aspetteresti, dopo questa tenerezza, la croce, le spade? Non stupirti! Sono tenere anche le radici delle spine; se le tocchi non ne sei punto, ma da esse nasce ciò che ti pungerà. Orbene, questi sono divenuti corrotti e abominevoli nelle loro ingiustizie. Ha detto lo stolto in cuor suo: Non è Dio. Se è il Figlio di Dio, scenda dalla croce. ( Mt 27,40 ) Questo significa dire apertamente: Non è Dio. 4 - Un severo giudizio attende i seduttori delle anime Ma in qual modo tra loro geme il corpo di Cristo? Ebbero a gemere fra loro gli Apostoli che vissero agli inizi e gli immediati discepoli di Cristo; ma con noi che hanno a che fare costoro? In qual modo noi proviamo i dolori del parto in mezzo ad essi? Ancora vi è chi dice: Cristo non è Dio. Lo dicono i pagani che ci sono rimasti; lo dicono ancora i giudei, sparsi in tutto il mondo a testimonianza della loro confusione; e lo sostengono pure molti eretici. Difatti gli ariani dicono: Non è Dio; gli eunomiani dicono: Non è Dio. A ciò si aggiunga, o fratelli, la voce di quei tali di cui ho parlato poc'anzi: di coloro che vivono nel male e non dicono altro se non che: Non è Dio. Quando infatti noi diciamo loro che Cristo verrà come giudice e che ci sarà il giudizio, come affermano categoricamente le Scritture, essi preferiscono porgere l'orecchio al serpente che suggerisce: Tu non morrai, ( Gen 3,4 ) come disse in paradiso, in netto contrasto con la verità di Dio che aveva decretato e detto espressamente all'uomo: Tu morrai. ( Gen 2,17 ) Così anche costoro operano il male e si lusingano dicendo: " Cristo verrà, sì, ma darà a tutti il perdono ". Prendono per bugiardo colui che disse che avrebbe separato gli empi e li avrebbe radunati alla sinistra, e, mentre avrebbe collocato a destra i giusti, dicendo a questi ultimi: Venite, benedetti del Padre mio; ricevete il regno che è stato preparato per voi fin dall'origine del mondo, agli empi avrebbe detto: Andate nel fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e gli angeli suoi. ( Mt 25, 34.41 ) Come infatti potrà dare a tutti il perdono? Come farà a non condannare nessuno? Per forza debbono concludere che egli ha mentito. Ma questo significa dire: Non è Dio. Sta' attento a non essere tu bugiardo. Tu sei uomo, egli è Dio; Dio è verace, mentre ogni uomo è menzognero. ( Sal 116,11 ) Ma che cosa farai nei confronti di costoro, tu che appartieni al corpo di Cristo? Per ora, separati da essi con il cuore e con la vita. Non imitarli; non renderteli familiari; non dar loro il tuo assenso né la tua approvazione; anzi, cerca di redarguirli. Perché t'incanti a guardare chi dice tali cose? Si sono guastati e sonO divenuti abominevoli nelle loro ingiustizie; non c'è chi faccia il bene. 5 - [v 3.] Dio agisce anche come causa del nostro agire Dio dal cielo ha guardato sopra i figli degli uomini, per vedere se c'è chi comprenda e ricerchi Dio. Che significa: Si sono guastati e sono divenuti abominevoli tutti costoro che affermano: Non c'è Dio? Ma come? Non sapeva Dio che costoro erano divenuti tali? O non è vero, piuttosto, che il loro segreto pensiero non si sarebbe manifestato a noi, se egli non lo avesse rivelato? Se dunque lo conosceva, se lo sapeva, perché si dice ora che egli ha guardato dal cielo sopra i figli degli uomini, per vedere se c'è chi comprenda e ricerchi Dio? Vale infatti per uno che ricerca, e non per uno che già conosce, l'espressione: Dio dal cielo ha guardato sopra i figli degli uomini, per vedere se c'è chi comprenda e ricerchi Dio. E, come se avesse trovato ciò che cercava nella sua investigazione, guardando dal cielo dichiara: Tutti hanno fuorviato, tutti sono diventati vanità; non c'è chi faccia il bene, non ce n'è neppure uno. Sorgono qui due questioni piuttosto difficili. Se Dio guarda dal cielo per vedere se c'è qualcuno che lo comprenda e lo ricerchi, subentra nella persona ignorante il pensiero che Dio non conosca tutto. Questa è la prima questione. Qual è l'altra? Se non c'è chi fa il bene, se non ce n'è neppure uno, chi sarà colui che soffre le doglie del parto in mezzo ai malvagi? La prima questione si risolve osservando che spessissimo la Scrittura si esprime come se fosse Dio a fare ciò che fa la creatura per un dono di Dio. Ad esempio: tu usi compassione a un povero. Siccome lo fai per un dono di Dio, si dice che è Dio ad aver misericordia. Quando riconosci quale sia il tuo stato, tu lo riconosci per una illuminazione divina. E allora, quando sei in grado di affermare: Tu, o Signore, darai luce alla mia lampada; o Dio mio, tu illuminerai le mie tenebre, ( Sal 18,29 ) è Dio che in un certo qual modo conosce ciò che tu hai conosciuto per suo dono e per suo intervento. Cosa significano, infatti, le parole: Vi tenta il Signore Dio vostro per sapere se lo amate? ( Dt 13,3 ) Cosa vuol dire: Per sapere? Significa che egli, con un suo dono, vi procura tale conoscenza. Nello stesso senso vanno intese queste parole: Dio dal cielo ha guardato sopra i figli degli uomini per vedere se c'è chi comprenda e cerchi Dio. Egli ci assista e ci conceda di poter comunicare a voi quei concetti che egli stesso ha deposti nel nostro cuore. Dice l'Apostolo: Noi abbiamo ricevuto non lo spirito di questo mondo, ma lo Spirito che è da Dio, affinché sappiamo riconoscere le cose che da Dio ci sono state donate. ( 1 Cor 2,12 ) Orbene con questo Spirito, grazie al quale conosciamo i doni che Dio ci ha concessi, siamo in grado di discernere tra noi e coloro che non hanno ricevuto di tali doni: noi conosciamo gli altri facendo dei riferimenti con noi stessi. Poiché, se siamo convinti che noi non abbiamo potuto conseguire alcunché di buono, se non per dono e concessione gratuita di colui dal quale deriva ogni bene, nello stesso tempo ci accorgiamo che niente di tutto ciò possono avere coloro ai quali Dio non ha fatto tali doni. Questo nostro discernimento procede dallo Spirito di Dio; e in quanto noi vediamo tutto questo mediante lo Spirito di Dio, diciamo che Dio vede: proprio perché è Dio che fa in modo che noi possiamo vedere. Per questo è stato anche scritto: Lo Spirito scruta ogni cosa, anche la profondità di Dio. ( 1 Cor 2,10 ) Non perché colui che tutto sa debba ancora scrutare, ma perché a te è stato donato lo Spirito che ti consente di scrutare. Ciò che tu fai per suo dono si dice che è lui a farlo, in quanto senza di lui tu non saresti in grado di farlo. Ecco, dunque, in che senso si dice che Dio agisce quando invece sei tu ad agire. Per il dono dello Spirito che li rende figli, coloro ai quali è stato dato lo Spirito di Dio guardano sopra i figli degli uomini, per vedere se c'è chi comprenda e cerchi Dio; ma poiché ciò fanno per dono di Dio e mossi dal suo Spirito, si dice che è Dio a fare tutto questo, cioè a guardare e a vedere. Ma, perché sta scritto: Dal cielo, se sono gli uomini a fare ciò? Lo dice l'Apostolo: La nostra vita è nei cieli. ( Fil 3,20 ) Con che cosa, infatti, cerchi tu di vedere? Di che cosa disponi per riuscire a comprendere? Non è forse col cuore che tu vedi? Se tutto questo lo fai col cuore, esamina, o cristiano, se hai in alto il cuore. Se hai il cuore in alto, dal cielo guardi verso la terra. E, poiché fai tutto questo grazie al dono di Dio, Dio dal cielo guarda sopra i figli degli uomini. Per quanto era in noi, ci pare che la prima questione sia stata risolta. 6 - [v 4.] Dio comunica all'uomo la sua divinità Che cosa constatiamo noi osservando? Che cosa constata Dio quando si pone a osservare? Che cosa ha da conoscere, dal momento che egli tutto dona? Ascolta che cosa. Tutti hanno fuorviato, tutti sono ormai una vanità: non c'è chi faccia il bene, non ce n'è neppure uno. Qual è, dunque la seconda questione, se non quella di cui poco fa ho parlato? Se non c'è chi faccia il bene, se non ce n'è neppure uno, non resta nessuno che gema tra i malvagi. Aspetta, dice il Signore; non rispondere affrettatamente. Ho concesso agli uomini di operare il bene, ma, insisto, ciò per dono mio non per le loro capacità. Da se stessi, infatti, non sono buoni; e quando fanno il male sono figli degli uomini; quando fanno il bene, sono figli miei. Dio ha trasformato i figli degli uomini in figli di Dio, avendo reso il Figlio di Dio figlio dell'uomo. Osservate di quale partecipazione si tratta. Ci è stata promessa la partecipazione alla divinità; e avrebbe potuto mentire chi ha fatto tale promessa, se egli per primo non si fosse reso partecipe della condizione mortale. Ma il Figlio di Dio si è fatto partecipe della mortalità, affinché l'uomo mortale divenisse partecipe della divinità. Colui che ti ha promesso di dividere con te i suoi beni per primo ha diviso con te i tuoi mali; colui che ti ha promesso la divinità ha manifestato nei tuoi confronti la carità. Togli dunque ciò per cui gli uomini sono figli di Dio, e resterà soltanto ciò per cui essi sono figli degli uomini. Non c'è chi faccia il bene, non ce n'è neppure uno. 7 - [v 5.] Il popolo di Dio vessato dagli empi Non lo sapranno, forse, tutti coloro che operano ingiustizia, che divorano il mio popolo come pane? Non lo sapranno forse? Forse non sarà loro mostrato? Di', minaccia, parla nella persona di chi partorisce e soffre. Il tuo popolo, infatti, è divorato come pane. È dunque il popolo di Dio che è divorato. Sicuramente non c'è chi faccia il bene, non ce n'è neppure uno. La risposta è secondo la norma che abbiamo già vista. Ma questo popolo che è divorato, questo popolo che soffre per colpa dei malvagi, questo popolo che geme e partorisce in mezzo ai cattivi, è formato da figli degli uomini divenuti ora figli di Dio. Per questo è divorato. Avete disprezzato la risoluzione del misero; perché suo rifugio è il Signore. ( Sal 14,6 ) Di solito, per divorare il popolo di Dio, non si tiene in alcun conto che esso è, appunto, il popolo di Dio. Lo deruberò, si dice, e lo spoglierò: se infatti è cristiano, che cosa mi potrà fare? La risposta viene da colui che parla per chi partorisce, e minaccia coloro che divorano, dicendo: Non lo sapranno, forse, tutti coloro che operano ingiustizia? Infatti anche colui che vedeva il ladro e gli si univa e si metteva dalla parte degli adulteri, colui che, stando seduto, sparlava contro il suo fratello, e contro il figlio di sua madre gettava scandalo, diceva in cuor suo: Dio non c'è. Per questo, però, ecco la risposta che riceve: Tutto questo hai tu fatto e io ho taciuto; e tu hai pensato iniquamente che io fossi simile a te; cioè, che io non fossi Dio, in quanto sarei stato somigliante a te. Ma che cosa segue? Ti rimprovererò e ti collocherò in faccia a te stesso. ( Sal 50,18-21 ) Così anche nel caso nostro: Io ti rimprovererò e ti collocherò in faccia a te stesso. Non vuoi riconoscerti ora per quello che sei, per rammaricarti del tuo comportamento; lo riconoscerai per piangerne. Dio non mancherà di dimostrare agli empi la loro iniquità. Se così non fosse, chi sarà a dire: Che cosa ci ha giovato la superbia e che cosa ci ha portato il vantarci delle ricchezze? ( Sap 5,8 ) Allora, insomma, tutti quelli che ora non vogliono sapere, sapranno. Non sapranno forse tutti coloro che operano ingiustizia, che divorano il mio popolo come pane? Perché aggiunge il salmo: Come pane? Essi mangiano il mio popolo come pane. Delle varie cose di cui ci nutriamo, ora ne mangiamo l'una, ora l'altra: non sempre mangiamo la stessa specie di legumi, lo stesso tipo di carne o di frutta, ma sempre mangiamo il pane. Che significano dunque le parole: Divorano il mio popolo come pane? Significa che senza tregua, senza pause, divorano coloro che divorano il mio, popolo come pane. 8 - [vv 6. 7.] Il culto disinteressato Non hanno invocato Dio. Consola chi geme ( e lo fa soprattutto rievocandogli certi ricordi ), perché questi, imitando i cattivi, che di solito hanno successo, non cominci a provar gusto nel diventare cattivo anche lui. Ciò che ti è stato promesso ti verrà dato senza meno. La speranza degli iniqui è circoscritta al tempo presente, la tua è nel futuro; ma la loro è incerta, la tua è sicura; la loro è falsa, la tua verace. Essi non hanno invocato Dio. Ma costoro - mi chiederete - non pregano forse Dio ogni giorno? No, non pregano Dio. Prestate attenzione. Cercherò di spiegarvelo con l'aiuto di Dio stesso. Dio vuole un culto disinteressato, un amore gratuito, cioè un amore puro. Non vuole essere amato perché dà qualcosa diverso da lui, ma perché dà se medesimo. Chi invoca Dio per diventare ricco, non invoca Dio; invoca ciò che desidera che venga a lui. Che cosa significa, infatti, " invocare ", se non chiamare verso di sé? Chiamare a sé, questo è invocare. Quando dici: " Dio, dammi le ricchezze ", non vuoi che venga a te Dio; vuoi che vengano a te le ricchezze. Tu invochi, quello che vuoi che venga a te. E se davvero tu invocassi Dio, egli verrebbe a te e sarebbe la tua ricchezza. Ma tu in realtà preferisci avere la cassaforte piena e vuota la coscienza, mentre Dio riempie i cuori, non i forzieri. A che ti servono le ricchezze esteriori, se ti urge internamente la miseria? Orbene, coloro che invocano Dio per ottenere vantaggi temporali, per avere i beni della terra, per la vita presente e per la loro felicità in questo mondo, non invocano Dio. 9 - Timore fondato e timore infondato E quindi, cosa segue a proposito di costoro? Hanno tremato di paura per ciò che non era da temere: C'è forse da temere per la perdita delle ricchezze? Non vi è ragione di temere, eppure si teme. Vi è da temere, invece, di fronte alla perdita della saggezza ma al contrario tale perdita non spaventa. Sta' a sentire! E riconosci e comprendi di chi si tratti. A un individuo, ad esempio è stata affidata in custodia una borsa. Egli, che non ha intenzione di restituirla, la ritiene come sua; non crede che gli possa essere ripresa, anzi già la considera sua proprietà, e quindi si rifiuta di renderla. Guardi bene, costui, ciò che teme di perdere e ciò che non si cura di avere. Sono in ballo il denaro e la coscienza; il danno maggiore, e quindi da temersi di più, riguarda la cosa di maggior pregio. Ma tu, pur di conservare l'oro ti rovini la coscienza! Subisci un danno ben più grande mentre ti rallegri per il denaro. Sì, hai temuto là dove non c'era da temere. Restituisci il denaro! E dico poco: Restituisci! Getta via il denaro, pur di non perdere l'onestà. Tu, invece, hai avuto paura di restituire il denaro e non ti sei preoccupato di perdere la buona coscienza. I martiri non solo non si appropriarono del denaro altrui, ma disprezzarono tutto per non perdere la loro fede; e poco fu per loro perdere il denaro quando furono inviati in esilio; perdettero anche la vita quando furono perseguitati. Persero la vita per ritrovarla nella vita eterna. ( Mt 10,39 ) Essi dunque hanno avuto timore là dove c'era da averne. Ma coloro che hanno detto a Cristo: Non è Dio, temettero là dove non c'era da temere. Dissero infatti: Se lo lasceremo libero, verranno i romani e ci toglieranno il tempio e il regno. ( Gv 11,48 ) Quanto è stolto e scriteriato chi dice in cuor suo: Non è Dio! Hai avuto timore di perdere la terra, e hai perduto il cielo! Hai avuto timore che venissero i romani e ti privassero del tempio e del regno; ma avrebbero potuto, forse, strapparti Dio? Che ti resta dunque da fare? Che cosa ti resta, se non confessare che hai voluto possedere e, possedendo male, hai perduto? Uccidendo il Cristo, hai perduto il tempio e il popolo. Hai preferito uccidere Cristo piuttosto che rimaner privo del santuario; ed hai perduto il santuario e il popolo e Cristo. Con paura uccisero Cristo; ma donde nasceva questa paura? Temevano perché Dio ha disperso le ossa di coloro che piacciono agli uomini. Smaniosi di piacere agli uomini, ebbero timore di perdere il luogo santo. Ma Cristo, cioè colui del quale essi avevano detto: Non è Dio, preferì essere sgradito a uomini siffatti; preferì essere sgradito ai figli degli uomini, non ai figli di Dio. Per questo le ossa di costoro sono state disperse mentre nessuno spezzò le ossa di lui. Sono stati confusi, perché Dio li ha disprezzati. In verità, fratelli, per quanto li riguarda essi hanno subìto uno smacco tremendo. I giudei non sono più nel luogo ove crocifissero il Signore, che appunto crocifissero per non perdere quel luogo e il regno. Dio, dunque, li ha umiliati; ma proprio umiliandoli, li ha invitati a convertirsi. Riconoscano ora Cristo; e dicano che è Dio colui che avevano detto non essere Dio. Ritornino all'eredità paterna, all'eredità di Abramo, di Isacco e di Giacobbe! Entrino con essi in possesso della vita eterna dopo aver perduto la vita terrena. Ma tutto questo in che modo? Diventando, da figli degli uomini, figli di Dio. Infatti finché staranno fermi e rifiuteranno [ quel ritorno ], non c'è chi faccia il bene, non ce n'è neppure uno; sono rimasti confusi, perché Dio li ha disprezzati. E, come volgendosi ad essi, dice: Chi darà da Sion la salvezza a Israele? O stolti! Chi è colui che beffate, insultate, schiaffeggiate, coprite di sputi, coronate di spine, sollevate sulla croce? Chi è costui? Chi darà da Sion la salvezza a Israele? Non, forse, colui del quale avete detto: Non è Dio? Questo avverrà quando Dio rovescerà la prigionia del suo popolo. Perché capace di rovesciare la prigionia del suo popolo non c'è altri se non colui che ha voluto essere prigioniero nelle vostre mani. Ma chi riuscirà a capire tutto questo? Esulterà Giacobbe, e si rallegrerà Israele. Colui che è veramente Giacobbe e colui che è veramente Israele ( quel minore, cioè, del quale il maggiore divenne servo ( Gen 25,23 ) ) questi esulterà, perché potrà conoscere.