Padri/Agostino/EspSalmi/077.txt Salmo 77 (76) Discorso al popolo 1 - [v 1.] Oltrepassare le creature e riposarsi in Dio Sul limitare di questo salmo si trova il seguente titolo: Sino alla fine, per Iditun, salmo per Asaf stesso. Sapete che cosa significa: Sino alla fine: perché fine della legge è Cristo a giustificazione di ogni credente. ( Rm 10,4 ) Iditun significa " colui che li oltrepassa "; Asaf significa " assemblea ". Qui dunque parla l'assemblea che passa oltre, per pervenire al fine che è Gesù Cristo. Il testo del salmo poi ci mostra quali siano le cose che debbono essere oltrepassate, per poter pervenire a quel fine ove non avremo più nulla da oltrepassare. Infatti dobbiamo superare tutto ciò che ci ostacola, seduce, invischia e col suo peso appesantisce il nostro volo, impedendoci di giungere a ciò che ci basta, al di là del quale non si dà nulla, sotto cui è tutto e da cui tutto proviene. Filippo voleva una volta vedere il Padre e diceva al Signore Gesù Cristo: Mostraci il Padre e ci basta, ( Gv 14,8 ) deciso di andare oltre ogni cosa finché non fosse giunto al Padre, presso il quale arrestarsi tranquillo, senza dover ricercare altro. Questo infatti significa basta. Ma colui che con grande verità aveva detto: Io e il Padre siamo una cosa sola, ( Gv 10,30 ) ammonì Filippo e insegnò ad ogni uomo che comprende il Cristo a trovare in lui stesso il proprio termine, perché egli e il Padre sono una cosa sola. Disse Gesù a Filippo: Da tanto tempo sono con voi e non mi avete visto? Filippo, chi vede me vede anche il Padre. ( Gv 14,9 ) Ebbene, chiunque vuole cogliere lo spirito di questo salmo, farlo proprio e custodirlo, oltrepassi tutti i desideri carnali, calpesti le vanità e le seduzioni di questo mondo, e solo là si fermi donde procedono tutte le cose, in mezzo alle quali ora s'affatica, finché non sia giunto alla mèta. Che cosa ci indica dunque questo tale che passa oltre? 2 - [v 2.] Amare Dio con animo disinteressato Dice: Con la mia voce ho gridato al Signore. Molti gridano al Signore per acquistare ricchezze, per evitare sciagure, per la salute dei parenti, per la stabilità del loro casato, per la felicità temporale, per gli onori del secolo; molti infine gridano al Signore per la salute del corpo, che è il patrimonio del povero. Per queste e per altre cose dello stesso genere molti gridano ai Signore; solo di rado qualcuno grida al Signore per il Signore stesso. È facile all'uomo desiderare una qualunque cosa dal Signore e non desiderare il Signore stesso. Come se il dono potesse essere più dolce di colui che dona! Ebbene, chiunque grida al Signore per una qualsiasi cosa che non sia lui, non è ancora uno che passa oltre. Ma questi, che veramente va oltre, che cosa dice? Con la mia voce ho gridato al Signore. E affinché tu non creda che la voce con la quale ha gridato al Signore sia stata emessa per qualche altro bene che non fosse il Signore medesimo, subito aggiunge: E la mia voce si rivolse a Dio. Si emette infatti qualche volta la voce e si invoca Dio e tuttavia questa voce è rivolta ad altro, non a Dio. Perché la voce effettivamente è rivolta all'oggetto per cui viene emessa. Ma costui era uno che amava gratuitamente Dio, che a lui volontariamente sacrificava, ( Sal 54,8 ) che aveva oltrepassato tutto quanto gli stava al di sotto e che al di sopra di sé non aveva visto altro essere in cui effondere la sua anima, all'infuori di colui da cui, per cui e in cui era stato creato. E allora aveva gridato a Dio con la sua voce; verso di lui aveva diretto la sua voce. La mia voce, dice infatti, si rivolse a Dio. Forse inutilmente? Osserva quanto segue: E mi guardò. Allora davvero ti guarda, quando tu cerchi lui, non quando per suo mezzo cerchi un'altra cosa. È detto a proposito di taluni: Hanno gridato ma non c'era chi li salvasse; hanno gridato al Signore, ma non li ha ascoltati. ( Sal 18,42 ) Perché? Perché la loro voce non era rivolta veramente al Signore. Lo esprime altrove la Scrittura, dicendo di costoro: Non hanno invocato il Signore. Non hanno cessato di gridare a lui e, tuttavia, non hanno invocato il Signore. Che vuol dire: Non hanno invocato il Signore? Vuol dire che non hanno chiamato il Signore dentro di sé; non hanno invitato il Signore nel loro cuore; non hanno voluto essere abitati dal Signore. E perciò che cosa è loro capitato? Là hanno tremato di paura, ove paura non era. ( Sal 14,5 ) Hanno tremato per la perdita delle cose presenti, perché non erano pieni di colui che non avevano invocato. Non avevano amato disinteressatamente, tanto da poter dire, dopo aver perduto i beni terreni: Come al Signore è piaciuto, così è stato fatto; sia benedetto il nome del Signore! ( Gb 1,21 ) Il salmista dunque dice: La mia voce si rivolse al Signore e mi guardò. Ci insegni in qual modo ciò avvenga. 3 - [v 3.] La ricerca di Dio Nel giorno della mia tribolazione ho cercato Dio. Sei tu uno che si comporti così? Sta' attento a che cosa cerchi nel giorno della tua tribolazione. Se la tribolazione è il carcere, cerchi di uscire dal carcere; se è la febbre, cerchi la salute; se è la fame, cerchi la sazietà; se la tribolazione consiste in rimesse di denaro, cerchi di rifarti; se consiste nel dover vivere in terra straniera, cerchi la tua città natale. Ma perché menzionare tutte queste cose? anzi, come potrei menzionarle tutte? Vuoi essere uno che passa oltre? Nel giorno della tua tribolazione cerca Dio. Non cercare qualcosa d'altro per mezzo di Dio, ma nella tribolazione cerca Dio, in modo che, se Dio ti libererà dalla tribolazione, ciò valga ad unirti a Dio indisturbatamente. Nel giorno della tribolazione ho cercato Dio; non ho cercato qualcos'altro, ma ho cercato Dio. E in qual modo lo hai cercato? Con le mie mani, di notte, al suo cospetto. Ripetilo ancora! E noi riflettiamo, cerchiamo di comprendere e fare altrettanto, nei limiti del possibile. Nel giorno della tua tribolazione che cosa hai dunque cercato? Dio. E come lo hai cercato? Con le mie mani. Quando lo hai cercato? Di notte. Dove lo hai cercato? Al suo cospetto. E con quale frutto lo hai cercato? E non sono stato ingannato. Passiamo in rassegna ogni cosa, fratelli, ogni cosa consideriamo, ogni cosa indaghiamo: che cosa sia la tribolazione nella quale il salmista ha cercato Dio, che cosa sia cercare Dio con le mani, che cosa sia cercarlo di notte e che cosa sia cercarlo al suo cospetto. Segue poi ciò che è chiaro per tutti: E non sono stato ingannato. Che cosa infatti significano le parole: Non sono stato ingannato, se non: Ho trovato ciò che cercavo? 4 - Il cristiano è insieme luce e tenebra Non dobbiamo pensare a questa o a quella tribolazione particolare. Infatti chiunque non sa ancora passare oltre, crede che sia tribolazione soltanto ciò che in questa vita gli succede per un certo triste periodo di tempo; ma colui che, come il salmista, passa veramente oltre reputa tribolazione tutta questa vita. Tanto ama infatti la patria celeste che questo viaggio terreno è, in se stesso, per lui la più grande tribolazione. E in qual modo, di grazia, potrà non essere tutta una tribolazione questa vita? In qual modo potrà non essere tribolazione, se è chiamata una ininterrotta tentazione? Puoi leggere nel libro di Giobbe: Non è forse tentazione la vita umana sulla terra? ( Gb 7,1 ) Ha forse detto: La vita umana sulla terra ha delle tentazioni? No La stessa vita è tentazione; e se è tentazione, certamente è tribolazione. In questa tribolazione, cioè in questa vita, ha cercato Dio il salmista che passa oltre. In qual modo? Con le mie mani, egli dice. Che significa: Con le mie mani? Con le mie opere. Non cercava infatti qualcosa di corporeo, per cui gli fosse consentito trovare con il tatto ciò che aveva perduto: come uno che con le mani si ponga a cercare il denaro, l'oro, l'argento, un abito e tutto ciò che si può tenere con le mani. Quantunque, anche il nostro Signore Gesù Cristo volle farsi ricercare con le mani: come quando, ad esempio, mostrò le cicatrici al discepolo che dubitava. Ma costui, dopo aver esclamato toccando le cicatrici delle sue ferite: Signore mio e Dio mio! non dovette forse udire le parole: Perché hai veduto hai creduto; beati coloro che non hanno veduto ed hanno creduto? ( Gv 20, 28.29 ) Se dunque costui che aveva cercato Cristo con le mani, si sentì rimproverare di averlo cercato in quel modo, noi che siamo detti beati perché non abbiamo visto e crediamo, saremo dunque dispensati dal cercarlo con le mani? Tutt'altro! Vale anche per noi, come ho detto, cercare Dio con le opere. E quando ciò? Di notte. Che significa: Di notte? In questo mondo. È notte, infatti, prima che rifulga il giorno, quello cioè della venuta gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo. Volete convincervi che è notte? Se non avessimo qui una lampada resteremmo nelle tenebre. Lo dice Pietro: Noi abbiamo, ben più sicura, la parola profetica, alla quale fate bene a mirare come ad una lampada che brilla nel luogo oscuro, finché non splenda il giorno e non sorga la stella del mattino nei vostri cuori. ( 2 Pt 1,19 ) Dopo questa notte verrà dunque il giorno; ma intanto in questa notte non ci manchi la lampada. E questo è forse proprio quanto noi ora stiamo facendo mediante la spiegazione delle Scritture: rechiamo una lampada che ci allieti in questa notte. Tale lampada deve essere sempre accesa nelle vostre case. Sta scritto infatti: Non spegnete lo spirito. ( 1 Ts 5,19 ) E come a spiegare il detto anteriore, aggiunge: Non disprezzate la profezia. ( 1 Ts 5,20 ) Cioè, la lampada splenda sempre in voi. Questa luce peraltro, a paragone di quell'ineffabile giorno, è detta notte. Del pari la vita dei fedeli è detta giorno a paragone della vita degli infedeli. In che senso essa sia notte, già lo abbiamo detto, provandolo con la testimonianza dell'apostolo Pietro: il quale ha menzionato anche la lampada e a proposito di tale lampada ci ha invitato a guardare ad essa, vale a dire alla parola profetica, finché non splenda il giorno e non sorga nei nostri cuori la stella del mattino. In qual modo poi la vita dei fedeli sia giorno, a paragone della vita degli empi, ci è mostrato da Paolo: Abbandoniamo, dice, le opere delle tenebre e indossiamo l'armatura della luce; procediamo rettamente come chi cammina di giorno. ( Rm 13,12 ) Dunque, vivendo rettamente, rispetto alla vita degli empi noi siamo nella luce del giorno. Ma questo giorno, rappresentato dalla vita dei fedeli, non basta al nostro Iditun; egli vuole andare oltre questo giorno, finché non giunga a quel giorno dove più non temerà alcuna tentazione della notte. Qui infatti, anche se la vita dei fedeli è giorno, resta vero che tentazione è la vita umana sulla terra. ( Gb 7,1 ) È notte ed è giorno; giorno rispetto agli infedeli, notte rispetto agli angeli. Gli angeli hanno infatti un giorno che a noi ancora non è concesso. Noi ora possediamo ciò che non hanno gli infedeli; ma i fedeli non hanno ancora ciò che posseggono gli angeli; lo possederanno allora quando saranno uguali agli angeli di Dio, come è stato loro promesso per il giorno della resurrezione. ( Mt 22,30 ) Ora dunque, che è ormai giorno, sebbene ancora notte ( notte a paragone del giorno futuro al quale aneliamo, giorno a paragone dell'antica notte alla quale abbiamo rinunziato ) ora dunque, ripeto, di notte cerchiamo Dio con le nostre mani. Non vengano meno le nostre opere; cerchiamo Dio! Non sia sterile il nostro desiderio! Se siamo nella via, spendiamo quelle risorse che ci permettano di arrivare alla meta: cerchiamo Dio con le mani. Anche se è notte quando cerchiamo colui che cerchiamo con le mani, non resteremo delusi perché la nostra ricerca si compie davanti a lui. Che vuol dire: Davanti a lui? Non operate la vostra giustizia al cospetto degli uomini per essere visti da costoro, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro. Quando dunque fai elemosina, dice il Signore ( ecco delle mani che cercano Dio! ), non suonare la tromba dinanzi a te, come fanno gli ipocriti; ma la tua elemosina si compia di nascosto e il Padre tuo, che vede nel nascosto, ti ricompenserà. ( Mt 6, 1.4 ) Ecco il significato di: Con le mie mani, di notte, al suo cospetto e non sono stato ingannato. 5 - Ascoltiamo con la massima attenzione quante sofferenze ha sopportato il nostro Iditun in questa terra e in questa notte, e in qual modo abbia sentito la necessità di passar oltre, punzecchiato e spinto al basso dalle tribolazioni, tanto da essere costretto a passare oltre. Ha rifiutato d'essere consolata la mia anima. Mi ha preso quaggiù uno sconforto tale che l'anima mia si è chiusa contro ogni consolazione. Donde gli proveniva tale sconforto? Era, forse, perché la vigna gli era stata colpita dalla grandine o l'olivo non aveva dato olio o la vendemmia era stata interrotta dalla pioggia? Da che cosa esattamente gli derivava lo sconforto? Sentiamolo da un altro salmo. È sempre lui che parla: Il tedio mi ha preso per i peccatori che abbandonano la tua legge. ( Sal 119,53 ) Dice dunque che, a motivo di questo disordine, egli è oppresso da un tedio tale, che la sua anima ha rifiutato di essere consolata. Il tedio lo ha come inghiottito; la tristezza lo ha sommerso completamente e in modo irreparabile: egli rifiuta di essere consolato. Che cosa gli resta? 6 - [v 4.] Dio nostro consolatore Guarda dapprima da che cosa è consolato. Non aveva forse atteso qualcuno che si rattristasse con lui senza trovarlo? ( Sal 69,21 ) E dove si volgerà adesso, per trovare consolazione, colui che era stato preso, dallo sconforto a motivo dei peccatori che abbandonano la legge di Dio? Dove si volgerà? Forse a un qualsiasi uomo di Dio? Ma egli aveva già incontrato grandi tribolazioni negli uomini, proprio quando maggiormente si era atteso da loro una qualche consolazione. Capitano, infatti, talvolta degli uomini che sembrano giusti e noi ci rallegriamo per loro; è doveroso anzi rallegrarcene, perché la carità senza gioia non può essere vera carità. Ma se l'uomo scorge poi, come spesso capita, qualcosa di disonesto in coloro per i quali si era rallegrato, la letizia che essi gli davano si muta in altrettanta tristezza: tanto che da allora in avanti l'uomo ha timore di allentare le briglie alla gioia, ha paura di abbandonarsi alla letizia, per evitare, se scorge qualcosa di male, di cadere in una tristezza tanto maggiore quanto più grande era stata la sua gioia. Colpito dunque dai numerosi scandali, come da tante ferite, si è chiuso di fronte alla consolazione degli uomini, e la sua anima ha rifiutato di essere consolata. E donde trae la vita? Donde trae sollievo? Mi sono ricordato di Dio e mi sono allietato. Non avevano operato inutilmente [ il bene ] le sue mani: avevano incontrato il sommo Consolatore. Non abbandonandomi all'ozio, dice, mi sono ricordato di Dio e mi sono allietato. Deve essere celebrato Dio, ricordando il quale il salmista si è allietato, consolato nella sua tristezza e ristorato quando sembrava non esservi più speranza per la sua salvezza: Dio deve essere celebrato. Infatti ormai consolato, subito dice: Divenni loquace. Mi ricordai di Dio nella mia gioia e lieto divenni loquace. Che vuol dire: Divenni loquace? Mi allietai ed esultai nel mio parlare. Loquaci sono detti coloro che il popolo chiama chiacchieroni e che, quando sono presi dalla gioia, non riescono né vogliono starsene zitti. Tale è divenuto il salmista. Ma che cosa dice poi? Ed è venuto meno il mio spirito. 7 - [v 5.] La lotta contro il demonio è senza quartiere Il tedio lo aveva fiaccato; ricordando Dio si era allietato. Ecco però che, fattosi loquace, è venuto meno di nuovo; e cosa dice? Hanno anticipato le veglie tutti i miei nemici. Hanno vegliato su di me tutti i miei nemici; più di me hanno vegliato; vegliando mi hanno prevenuto. Dov'è che non tendono tranelli? Non hanno forse anticipato tutte le veglie i miei nemici? Chi sono questi nemici se non coloro dei quali l'Apostolo dice: Non c'è per voi lotta contro la carne e il sangue, ma contro i principati e le potestà e i reggitori del mondo di queste tenebre, contro gli spiriti del male sparsi nell'aria? ( Ef 6,12 ) Dunque, combattiamo contro il diavolo e i suoi angeli. Li ha chiamati " reggitori del mondo " per il fatto che essi muovono le persone che amano il mondo; non governano infatti il mondo nel senso che essi sono i padroni del cielo e della terra. Egli chiama " mondo " i peccatori. E il mondo, non lo ha conosciuto: ( Gv 1,10 ) questo " mondo " essi governano, il mondo che non conosce Cristo. Contro costoro noi nutriamo un'inimicizia implacabile: al contrario di quando si nutre dell'inimicizia contro un qualche uomo. Riguardo a questa, infatti, sai che ha da finire: o con la sua soddisfazione se è stato lui ad offenderti; o con la tua se lo hai offeso tu; ovvero con quella dell'uno e dell'altro se vi siete offesi a vicenda. Ti dài insomma da fare per riparare i torti e trovare l'accordo; ma con il diavolo e con gli angeli suoi non c'è possibilità di accordo. Essi ci invidiano il regno dei cieli. E non possono assolutamente diventare benevoli nei nostri confronti, perché hanno anticipato le veglie tutti i miei nemici. Hanno vegliato di più essi per ingannarmi, di quanto non abbia fatto io per difendermi. Hanno anticipato le veglie tutti i miei nemici. E come non hanno anticipato le veglie, coloro che hanno disseminato ovunque inciampi, ovunque tranelli? Quando il tedio ti pesa sul cuore, c'è da temere che la tristezza abbia il sopravvento; e nella letizia c'è da temere che, divenuto loquace, non venga meno il tuo spirito! Hanno anticipato le veglie tutti i miei nemici. Nella loquacità infatti, mentre parli e parli tranquillo, quante cose trovano i nemici da registrare e poi rinfacciarti; quante cose per poterti anche accusare e calunniare, dicendo: Ha detto questo, ha pensato quest'altro, ha sostenuto quest'altro ancora! Che farà allora l'uomo se non quanto segue? Mi sono turbato e non ho parlato. Perciò, turbato nel suo animo, al fine di evitare che, profittando delle sue ciarle, i nemici che anticipano le veglie cercassero e trovassero motivo di accusa, non ha più parlato. Mai tuttavia avrebbe potuto cessare di parlare dentro di sé, costui che passa oltre; e, se ha desistito dalla loquacità per cui si era illuso di piacere agli uomini con le sue parole, non ha desistito né cessato di sforzarsi per oltrepassare anche questo. E che cosa dice? 8 - [v 6.] La fugacità del tempo Ho pensato ai giorni antichi. Il salmista era stato, per così dire, bersagliato dal di fuori e si era ritirato al di dentro. Ora opera nel segreto del suo animo. E qui cosa fa? Ho pensato, dice, ai giorni antichi. E questo è ben per lui. Osservate, vi prego, che cosa pensi. È nel suo intimo e ripensa fra sé e sé ai giorni antichi. Nessuno gli dice: Hai parlato male. Nessuno gli dice: Hai parlato troppo. Nessuno gli dice: Hai nutrito sentimenti non retti. Noi gli auguriamo che con l'aiuto di Dio stia davvero bene entro se stesso: pensi pure ai giorni antichi e ci riferisca che cosa abbia fatto nella sua cella interiore, dove sia approdato, che cosa abbia scavalcato e dove si sia fermato. Ho pensato ai giorni antichi e degli anni eterni mi sono ricordato. Quali sono gli anni eterni? Grande meditazione! Osservate se non richieda grande silenzio questa meditazione. Lontano da ogni strepito esteriore e da ogni tumulto delle cose umane, trovi quiete nell'intimo colui che vuole pensare a questi anni eterni. Sono forse eterni gli anni nei quali viviamo noi, o quelli nei quali sono vissuti i nostri antenati, o quelli nei quali vivranno i nostri posteri? Lungi da noi il considerarli eterni. Che cosa rimane di questi anni? Ecco, noi parlando diciamo: " Quest'anno… "; ma che cosa possediamo di quest'anno, all'infuori dell'unico giorno nel quale siamo? Infatti, i giorni di questo anno anteriori a quello presente sono già passati e non li abbiamo più; i futuri non sono ancora giunti. Viviamo giorno per giorno e diciamo: " Quest'anno… ". Di' piuttosto: " Oggi ", se vuoi riferirti a qualcosa di presente. Che cosa possiedi infatti, ora, di tutto l'anno? Tutto ciò che di esso è trascorso ormai non è più; tutto quanto di esso verrà non è ancora. Perché dunque dici: " Quest'anno "? Correggi l'espressione; di': " Oggi ". Fai bene a dire: Ormai dirò " oggi ". Ma, fa' ancora attenzione! Le ore del mattino sono già trascorse, mentre quelle future non sono ancora giunte. Anche qui correggiti e di': " Quest'ora ". E di quest'ora che cosa possiedi? Un certo numero di minuti è già trascorso: i futuri non sono ancora arrivati. " In questo momento ", devi dunque dire. In qual momento? Mentre pronuncio delle sillabe, se ne dico due, la seconda non echeggia se la prima non è passata; e nell'unica sillaba, se essa ha due lettere, non si sente la seconda se la prima non sia già scomparsa. Che cosa, dunque, possediamo di questi anni? Questi sono anni mutevoli; dobbiamo pensare agli anni eterni: agli anni che stanno fermi, che non scorrono con l'andare e il venire dei giorni, agli anni dei quali altrove la Scrittura dice, riferendosi a Dio: Ma tu sei sempre lo stesso e gli anni tuoi non verranno meno. ( Sal 102,28 ) A tali anni, questi che sa passar oltre, non nella loquacità esteriore ma nel silenzio interiore, ha pensato: E degli anni eterni mi sono ricordato. 9 - [v 7.] Lasciare l'esterno e ritirarsi nell'io interiore E ho meditato di notte nel mio cuore. Nessun calunniatore può tendergli lacci nelle parole; egli ha meditato nel suo cuore. Io parlavo molto. Ecco di nuovo il molto parlare. Sta' attento, perché di nuovo non venga meno il tuo spirito. Risponde: " No, non si tratta ora di loquacità esteriore, ma di altra cosa ". Di che cosa dunque? Parlavo molto e scrutavo il mio spirito. Se questi si fosse messo a scrutare la terra per trovare filoni d'oro, nessuno lo chiamerebbe stolto; molti anzi lo chiamerebbero saggio, per aver voluto raggiungere l'oro. Quante ricchezze ha l'uomo nell'intimo, eppure non scava! Il salmista scrutava il suo spirito; dialogava con il suo spirito e si dilungava in tale animata conversazione. Interrogava se stesso, esaminava se stesso, si faceva giudice dentro di sé. E aggiunge: Scrutavo il mio spirito. C'era da temere che si arenasse nel suo stesso spirito: si era infatti dilungato a parlare fuori e, poiché tutti i suoi nemici avevano anticipato le loro veglie, egli vi aveva trovato tristezza e il suo spirito era venuto meno. Ma colui che troppo parlava fuori, ecco che ora comincia a parlare sicuro dentro se stesso, ripensando in silenzio e in solitudine agli anni eterni. E scrutavo, dice, il mio spirito. Anche qui c'è da temere che resti nel suo spirito, e non sappia andare oltre. Tuttavia, già opera meglio di quanto operava fuori. Qualcosa ha scavalcato: vediamo dove vada una volta partitosi da qui. Non si arresta infatti, costui che scavalca, finché non sia giunto alla fine, da cui trae il titolo il salmo. Parlavo molto, dice, e scrutavo il mio spirito. 10 - [v 8.] Dio pronto ad accogliere i servi fuggitivi E che cosa hai trovato? Dio non rigetterà in eterno. In questa vita aveva incontrato il tedio: da nessuna parte aveva trovato una fidata e sicura consolazione. Verso qualunque uomo volgesse lo sguardo, vi trovava motivo di inciampo oppure ne lo temeva. In nessun luogo era sicuro. Male era per lui tacere, per non passar sotto silenzio le cose buone; parlare ed effondersi in parole al di fuori gli era molesto per il pericolo che tutti i suoi nemici, anticipando le loro veglie, lo potessero calunniare in base alle sue stesse parole. Fortemente angustiato in questa vita, ha meditato intensamente sull'altra vita, dove non c'è tentazione. Ma quando vi giungerà? Sappiamo, è vero, che la sofferenza attuale proviene dall'ira di Dio. Lo leggiamo in Isaia: Non in eterno vendicherò contro di voi, né per sempre mi adirerò con voi. E spiega per quale ragione: Perché lo Spirito procede da me e io ho fatto ogni essere che respira. A cagione del peccato un po' l'ho rattristato e l'ho percosso e ho distolto il mio volto da lui; e se n'è andato triste e ha camminato per le sue vie. ( Is 57,16.17 ) Ma quest'ira di Dio durerà per sempre? Non è in questo senso che il salmista nel suo silenzio fa le sue scoperte. Che cosa dice infatti? Dio non mi rigetterà in eterno e non insisterà nel provarci gusto ancora. Cioè: non godrà a respingerlo ancora né a respingerlo per sempre. È necessario che richiami a sé i suoi servi; è necessario che accolga i fuggitivi che tornano al Signore; è necessario che ascolti la voce dei prigionieri. Dio non rigetterà in eterno e non insisterà nel provarci gusto ancora. 11 - [vv 9.10.] Passare dal contingente all'assoluto O negherà forse per sempre la sua misericordia di generazione in generazione? Oppure Dio si dimenticherà di usare compassione? In te e da te non c'è nessuna misericordia verso gli altri, se non è Dio che te la dona; e lo stesso Dio dimenticherà la misericordia? Scorre il fiume; si prosciugherà la sorgente? Oppure Dio dimenticherà di usare compassione? O tratterrà nella sua ira le sue misericordie? Cioè: tanto si adirerà, da non aver più misericordia? È più facile che egli trattenga l'ira che non la misericordia. Ce lo ha già detto per bocca di Isaia: Non mi vendicherò in eterno contro di voi e neppure in ogni tempo mi adirerò con voi. E ivi, dopo aver detto: Egli se n'è andato triste e ha camminato per le sue vie, aggiungeva: Io ho guardato le sue vie e l'ho guarito. ( Is 57,18 ) Appena il salmista si rende conto di questo, va oltre se stesso e in Dio trova la sua gioia. Ivi si arresta, ed esalta con più foga le opere del Signore. Non si compiace di se stesso, né di ciò che è, ma in colui che lo ha fatto. Oltrepassa ciò che è terreno e lo trascende. Guardate come va oltre. Osservate se si ferma in qualche posto finché non sia giunto a Dio. 12 - [v 11.] E ho detto. Oltrepassando ormai anche se stesso, che cosa ha detto? Ora ho cominciato: quando sono andato anche oltre me stesso. Ora ho cominciato. Qui ormai non c'è più nessun pericolo; quando restavo in me stesso era invece ancora pericoloso. E ho detto: Ora ho cominciato; questo mutamento è dovuto alla destra dell'Eccelso. Ora l'Eccelso ha cominciato a mutarmi; ora ho cominciato una vita dove trovo sicurezza; ora sono entrato nella sala della gioia, dove non temo più nessun nemico; ora ho cominciato ad essere in quella patria dove i nemici non anticipano più le loro veglie. Ora ho cominciato; questo mutamento è dovuto alla destra dell'Eccelso. 13 - [v 12.] Mi sono ricordato delle opere del Signore. Vedetelo spaziare ormai nell'ammirazione delle opere del Signore. Un tempo parlava troppo fuori e, da ciò rattristato, ne era venuto meno il suo spirito. Ha cominciato da allora a parlare dentro, con il suo cuore e con il suo spirito. Scrutando il suo spirito, si è ricordato degli anni eterni, si è ricordato della misericordia del Signore, si è ricordato che Dio non lo rigetterà in eterno; e ha cominciato ad allietarsi tranquillo nelle opere del Signore e ad esultare con sicurezza. Ascoltiamolo parlare di queste opere ed esultiamo anche noi. Con l'affetto, poi, anche noi andiamo oltre e non fermiamoci nel godimento delle cose temporali. Abbiamo anche noi, infatti, il nostro domicilio interiore. Perché non scrutiamo il nostro spirito? Perché non pensiamo agli anni eterni? Perché non ci allietiamo nelle opere di Dio? Ascoltiamolo adesso e rallegriamoci delle sue parole: in modo che, anche quando torniamo fuori, continuiamo a fare ciò che facevamo quando lui ci parlava. Supponendo sempre che noi facciamo la stessa opera che intraprese il salmista, quando disse: Ora ho cominciato. Allietarti nelle opere di Dio significa dimenticare te stesso, perché tu possa trovar gioia soltanto in lui. Che cosa c'è infatti meglio di lui? Non vedi che quando torni a te stesso, scendi a un oggetto più misero? Mi sono ricordato delle opere del Signore; perché mi ricorderò fin dal principio delle tue meraviglie. 14 - [v 13.] Le gioie ineffabili di chi ama Dio E mediterò su tutte le tue opere e molto parlerò del tuo multiforme affetto. Ecco una terza forma di abbondare in parole. Ha parlato molto fuori, quando è venuto meno; ha parlato molto dentro, nel suo spirito, quando ha progredito; ha parlato molto delle opere di Dio, quando è giunto al termine verso cui procedeva. E del tuo multiforme affetto molto parlerò; non parlerò dei miei affetti. Chi vive senza affetti? Credete forse, fratelli, che coloro che temono Dio, adorano Dio, amano Dio, non provino alcuna emozione? Davvero crederai, avrai il coraggio di credere che suscitino affetti il tavolo da gioco, il teatro, la caccia, l'uccellagione, la pesca; e non ne suscitino le opere di Dio? Credi davvero che non abbia la meditazione di Dio le sue intime gioie? e che non se ne provino quando si guarda il mondo e ci si pone dinanzi agli occhi lo spettacolo delle cose della natura e se ne cerca l'artefice e si trova che è un essere che in nessun modo ci è sgradito, anzi ci riempie di piacere al di sopra di tutto? 15 - [v 14.] L'insensatezza dell'idolatra Dio, nel santo è la tua via. Guarda ormai le opere della misericordia di Dio verso di noi, e di queste parla e pieno d'entusiasmo esulta. Di qui ha dapprima cominciato: Nel santo è la tua via. Quale è la tua via nel santo? Dice il Signore: Io sono la via, la verità e la vita. ( Gv 14,6 ) Tornate dunque indietro, o uomini, dagli affetti del vostro cuore. Dove andate? Dove correte? Dove volete fuggire, lontani non soltanto da Dio ma anche da voi? Tornate, prevaricatori, al vostro cuore: ( Is 46,8 ) scrutate il vostro spirito, ricordatevi degli anni eterni, cercate la misericordia di Dio nei vostri confronti, guardate le opere della sua misericordia: Nel santo la via di lui. O figli degli uomini, fino a quando sarete ottusi di spirito? Che cosa cercate negli affetti del vostro cuore? Perché amate la vanità e cercate la menzogna? Sappiate che il Signore ha magnificato il suo santo. ( Sal 4,3.4 ) Nel santo è la tua via. A lui dunque volgiamo lo sguardo: Cristo guardiamo! Ivi è la sua via. Dio, nel santo la tua via. Quale dio è grande come il Dio nostro? I gentili nutrono affetto per i loro dèi, adorano gli idoli che hanno occhi e non vedono, hanno orecchie e non ascoltano, hanno piedi e non camminano. ( Sal 114,5-7 ) Perché cammini verso un dio che non sa camminare? " Noi, egli dice, io non adoro tali cose ". " E che cosa adori? Forse il nume che è celato in, tali cose? " " Certamente adori ciò di cui altrove si dice: Demoni sono gli dèi dei gentili. ( Sal 96,8 ) Tu adori o gli idoli oppure i demoni ". " Né gli idoli né i demoni ", egli insiste. " E che adori allora? " " Le stelle, il sole, la luna, tutte queste cose del cielo ". Quanto sarebbe meglio, adorare colui che ha fatto le cose terrene e quelle celesti! Quale dio è grande come il Dio nostro? 16 - [v 15.] Dio ha fatto conoscere a tutti i popoli il suo Messia Tu sei il Dio che fa meraviglie da solo. Tu sei un dio veramente grande, che fa miracoli nel corpo e nell'anima, e che li compie da solo. Hanno udito i sordi, hanno visto i ciechi, sono stati guariti gli ammalati, sono risorti i morti, sono state consolidate le membra dei paralitici. ( Mt 11,5; Lc 7,22 ) Sono questi i miracoli che avvenivano allora e riguardavano i corpi. Vediamo i miracoli che avvengono nell'anima. Sono sobrii quelli che poco prima erano ubriaconi; sono cristiani coloro che poco prima adoravano gli idoli; donano le loro ricchezze ai poveri coloro che prima rubavano. Quale dio è grande come il nostro? Tu sei il Dio che fa meraviglie da solo. Ne ha fatte anche Mosè, ma noi! da solo; ne ha fatte anche Elia, ne ha fatte anche Eliseo, ne hanno fatte anche gli Apostoli, ma nessuno di loro ha fatto meraviglie da solo. Perché essi le facessero, tu eri con loro; ma quando le hai fatte tu, essi non erano con te. Non erano infatti al tuo fianco quando facevi tali meraviglie, poiché essi stessi furono fatti da te. Tu sei il Dio che fa meraviglie da solo. In qual modo " da solo "? Forse il Padre e non il Figlio? Oppure il Figlio e non il Padre? Al contrario, il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo. Tu sei il Dio che fa meraviglie da solo. Perché non sono tre dèi, ma unico è il Dio che da solo opera meraviglie anche in questo tale che passa oltre. Infatti lo stesso passar oltre e giungere a queste sommità è stato un miracolo di Dio. E quando nell'intimo egli si è effuso in parole con il suo spirito, così da andare oltre il suo stesso spirito e allietarsi nelle opere di Dio, è stato Dio che ha fatto tale prodigio. E che cosa ha fatto Dio? Hai fatto conoscere tra i popoli la tua potenza. Tali le origini di questa assemblea, di questo Asaf che oltrepassa: essa c'è perché Dio ha fatto conoscere tra i popoli la sua potenza. Quale sua potenza ha fatto conoscere tra i popoli? Noi poi annunziamo Cristo crocifisso; scandalo per i giudei e stoltezza per i gentili; ma per quelli che sono chiamati, giudei e greci, Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. ( 1 Cor 1, 23.24 ) Se dunque Cristo è la potenza di Dio, Dio ha fatto conoscere ai popoli Cristo. Tardiamo ancora a riconoscerlo? Siamo ancora così stolti, così terra terra, così incapaci di passare oltre, da, non renderci conto di questa realtà? Hai fatto conoscere tra i popoli la tua potenza. 17 - [v 16.] Cristo unisce giudei e pagani Col tuo braccio hai redento il tuo popolo. Col tuo braccio: cioè con la tua potenza. E il braccio del Signore a chi è stato rivelato? ( Is 53,1 ) Hai redento con il tuo braccio il tuo popolo, i figli di Israele e di Giuseppe. Perché esprimersi così, quasi che si trattasse di due popoli, i figli di Israele e di Giuseppe? Non sono forse, i figli di Giuseppe, tra i figli di Israele? Certamente. Lo sappiamo, lo leggiamo, la Scrittura lo proclama a gran voce, la verità lo indica: Israele, cioè Giacobbe, ebbe dodici figli, uno dei quali era Giuseppe; e tutti coloro che sono nati dai dodici figli di Israele costituiscono il popolo di Israele. Perché dunque dice: I figli di Israele e di Giuseppe? Ci si esorta a fare una qualche distinzione. Come, non saprei. Scrutiamo il nostro spirito; forse qualcosa Dio ha posto nel nostro spirito, che dobbiamo cercare anche di notte con le nostre mani, sì da non restarne delusi. Forse individueremo noi stessi in questa distinzione tra i figli di Israele e di Giuseppe. Per " Giuseppe " ha voluto intendere l'altro popolo: il popolo delle genti. Perché indica con " Giuseppe " il popolo delle genti? Perché Giuseppe fu venduto in Egitto dai suoi fratelli. ( Gen 37,28 ) Quel Giuseppe che i fratelli invidiavano e vendettero in Egitto, una volta venduto in Egitto soffrì e si umiliò; riconosciuto innocente ed esaltato, prosperò e raggiunse i vertici del potere. Con tutte queste vicende, cosa ci si rappresenta, se non Cristo, venduto dai fratelli, scacciato dalla sua terra, mandato nell'Egitto dei gentili? Ivi dapprima egli fu umiliato, ma ora è esaltato, come possiamo vedere, poiché in lui si sono adempiute le parole: Lo adoreranno tutti i re della terra; tutte le genti lo serviranno. ( Sal 72,11 ) Dunque, Giuseppe è il popolo che viene dalle genti; Israele è invece il popolo che viene dalla nazione ebraica. Dio ha redento il suo popolo, i figli di Israele e di Giuseppe. Con quale mezzo? Per mezzo della pietra angolare, nella quale le due pareti sono unite. ( Ef 2,14 ) 18 - [v 17.] E ne espone anche il modo: Ti hanno visto le acque, o Dio. Che cosa sono le acque? Sono i popoli. Nell'Apocalisse si pone la domanda sul significato di queste acque; e la risposta è: I popoli. Vi troviamo indicato dunque in modo chiarissimo che le acque raffigurano i popoli. ( Ap 17,15 ) Ma poco fa aveva detto: Hai fatto conoscere tra i popoli la tua potenza. Giustamente pertanto ora dice: Ti hanno visto le acque, Dio; ti hanno visto le acque e hanno avuto timore. Per questo si sono mutate, perché hanno avuto timore. Ti hanno visto le acque, Dio, e hanno avuto timore e turbati si sono gli abissi. Che cosa sono gli abissi? Sono le acque profonde. Chi non si turba tra i popoli, quando viene scossa la coscienza? Cerchi una profondità come quella del mare; e che cosa c'è di più profondo della coscienza umana? Questa profondità si è turbata, quando con il suo braccio Dio ha redento il suo popolo. In qual modo si sono turbati gli abissi? Quando tutti aprirono le loro coscienze nella confessione. E turbati si sono gli abissi. 19 - [v 18.] La grandezza del fragore delle acque. Nelle lodi di Dio, nella confessione dei peccati, negli inni e nei cantici, nelle preghiere è la grandezza del fragore delle acque. Hanno fatto sentire la loro voce le nubi. Per questo si è udito il fragore delle acque, per questo si sono turbati gli abissi, perché hanno fatto sentire la loro voce le nubi. Quali nubi? I predicatori della parola di verità. Quali nubi? Quelle nubi con le quali Dio minaccia una certa vigna che ha prodotto spine anziché uva, dicendo: Comanderò alle mie nubi affinché non piovano sopra di essa. ( Is 5,6 ) Infatti, gli Apostoli sono andati alle genti abbandonando i giudei. Tra tutte le genti hanno fatto sentire la loro voce le nubi; annunziando Cristo, hanno fatto sentire la loro voce le nubi. 20 - [vv 18.19.] Gli evangelizzatori sconvolgono la terra Le tue saette sono infatti passate oltre. Chiama ora " saette " le stesse voci delle nubi. Infatti, le parole degli evangelizzatori sono state come saette. Si tratta di similitudini: poiché, nel linguaggio proprio, né la saetta è pioggia, né la pioggia è saetta; ma la parola di Dio è saetta perché colpisce, è pioggia perché irriga. Nessuno dunque si stupisca per il turbamento degli abissi, quando le tue saette sono passate oltre. Che significa: Sono passate oltre? Significa che non si sono fermate negli orecchi, ma hanno trafitto i cuori. La voce del tuo tuono nella ruota. Che significa tutto questo? Come potremo intenderlo? Ci venga in aiuto il Signore! La voce del tuo tuono nella ruota. Da fanciulli eravamo soliti immaginare, quando udivamo tuoni dal cielo, che un carro uscisse dalla rimessa: i tuoni producono infatti un rumore simile a quello dei carri. Dobbiamo forse ritornare a queste immagini puerili, per intendere le parole: La voce del tuo tuono nella ruota, quasi che Dio abbia dei carri nelle nubi, e il passaggio di questi carri produca tale fragore? Non sia mai! Sarebbe cosa puerile, vana, non seria. Che significano, allora, le parole: La voce del tuo tuono nella ruota? Significano che la tua voce gira come una ruota. Ma neppure questo intendo. Che faremo allora? Interroghiamo lo stesso Iditun, e vediamo se mai spieghi quanto ha detto: La voce del tuo tuono nella ruota. Non capisco; ascolterò quanto dici. Sono apparse le tue folgori all'orbe terrestre. Dillo, dunque, poiché io non avevo capito. La ruota è l'orbe terraqueo. Infatti il giro che delimita la terra a ragione è detto anche cerchio, come anche una ruota più piccola la chiamiamo " cerchietto ". La voce del tuo tuono nella ruota; sono apparse le tue folgori all'orbe terrestre. Quelle nubi hanno circondato il mondo tutto intorno; lo hanno circondato tuonando e lampeggiando e hanno turbato l'abisso. Hanno tuonato con i precetti, hanno lampeggiato con i miracoli: infatti, in tutta la terra è giunta la loro voce, e fino ai confini della terra le loro parole. ( Sal 19,5 ) È stata scossa ed è divenuta tremante la terra. Cioè, tutti coloro che abitano la terra. Questa terra, con linguaggio metaforico, è detta anche mare. Perché? Perché tutte le genti sono chiamate con il nome di " mare ", in quanto la vita umana è amara e soggetta a procelle e tempeste. Basterebbe guardare al fatto che gli uomini si divorano come pesci, in quanto il più grande inghiotte il più piccolo. La terra dunque è questo " mare ", e lì sono andati gli evangelizzatori. 21 - [v 20.] Cristo accolto dai pagani, rifiutato dai giudei Nel mare è la tua via. Poco fa aveva detto: Nel santo è la tua via; ( Sal 77,14 ) ora dice: Nel mare è la tua via. Indica che lo stesso " santo " è nel mare. Non per niente, infatti, egli camminò sopra le acque del mare. ( Mt 14,25 ) Nel mare è la tua via: cioè, tra le genti è annunziato il tuo Cristo. In un altro salmo è detto così: Dio abbia pietà di noi e ci benedica; illumini il suo volto su di noi affinché conosciamo sulla terra la tua via. Dove sulla terra? Tra tutte le genti la tua salvezza. ( Sal 67, 2.3 ) Ecco cosa significa: Nel mare è la tua via. E i tuoi sentieri in mezzo a molte acque. Cioè, tra popoli numerosi. E le tue orme non saranno conosciute. Non so a chi alluda, ma sarebbe strano che non si riferisse agli stessi giudei. Ecco, ormai tanto è diffusa tra le genti la misericordia di Cristo che nel mare è la tua via e i tuoi sentieri nelle acque numerose e le tue orme non saranno conosciute. Donde, e da chi, non saranno conosciute, se non da coloro che anche oggi dicono: " Non è ancora venuto Cristo "? E perché dicono: " Non è ancora venuto Cristo "? Perché non ancora lo riconoscono mentre cammina sul mare. 22 - [v 21.] Hai guidato, come pecore, il tuo popolo, per mezzo di Mosè e di Aronne. È piuttosto difficile indagare perché abbia aggiunto queste parole. Aiutateci con la vostra attenzione, perché dopo questi due versetti avranno fine sia il salmo che il discorso: e non avvenga che, ritenendo voi che resti ancora dell'altro, per timore dello sforzo siate ora meno attenti. Dopo aver detto: Nel mare è la tua via ( cioè, come abbiamo interpretato, tra le genti ) e i tuoi sentieri in mezzo a molte acque ( cioè, tra popoli numerosi ), aggiunge: E le tue orme non saranno conosciute. Ci chiedevamo da chi non sarebbero state conosciute; e subito eccolo continuare: Hai guidato, come pecore, il tuo popolo, per mezzo di Mosè e di Aronne. E significa: Da quello stesso tuo popolo che fu guidato dalla mano di Mosè e di Aronne le tue orme non sono state conosciute. Perché dunque dice le parole: Nel mare è la tua via, se non per rimproverare e accusare? Perché la tua via è nel mare, se non perché essa fu esclusa dalla tua terra? Hanno cacciato Cristo: ammalati, non vollero che egli fosse il loro salvatore; ma egli ha cominciato ad esserlo tra le genti, tra tutte le genti, in mezzo a popoli numerosi. Ma anche i resti di quel popolo sono stati salvati. È rimasta fuori la moltitudine ingrata, la sporgenza zoppicante del fianco di Giacobbe. ( Gen 32,31 ) Difatti, la sporgenza del fianco significa la moltitudine dei discendenti; e questa, per quanto concerne la maggior parte degli israeliti, è divenuta una turba vana e sciocca, che non riconosce le orme di Cristo sulle acque. Hai guidato, come pecore, il tuo popolo e non ti hanno conosciuto. Tante cose buone hai fatto nei loro riguardi! Hai diviso il mare; li hai fatti passare sulla terra asciutta in mezzo alle acque; hai coperto con le onde i nemici che li perseguitavano; nel deserto hai fatto piovere la manna sugli affamati, guidandoli per mezzo di Mosè e di Aronne; eppure essi ti hanno scacciato da sé, e, mentre a te si è aperta una via nel mare, essi non hanno conosciuto le tue orme.