Padri/Agostino/EspSalmi/095.txt Salmo 95 (94) Discorso 1 - [v 1.] Mi sarebbe piaciuto, fratelli, ascoltare insieme con voi il nostro padre; ma anche l'obbedire a lui sarà senz'altro cosa buona. Egli infatti mi ha ordinato di parlare assicurandomi la sua preghiera; per cui io vi intratterrò su questo salmo dicendo alla vostra Carità quello che il Signore Dio nostro si degnerà concedermi. Ecco il titolo del salmo: Lode del cantico, per David stesso. Lode del cantico. Essendo un canto, denota allegrezza; essendo una lode include devozione. Ma a che cosa soprattutto dovrà l'uomo tributare la sua lode, se non a ciò che gli piace in maniera da escludere tutto ciò che è spiacevole? È quindi nella lode di Dio che si trova tutto ciò che dona stabilità alla lode; e anche chi loda è tranquillo, né ha da temere che abbia a vergognarsi della persona lodata. Ebbene, lodiamo e cantiamo! Cioè: lodiamo con gioia e con festa. Quanto poi all'oggetto della nostra lode, ce lo indica lo stesso salmo nei versi che seguono. 2 - Somiglianza e dissomiglianza della vita umana con Dio Venite, esultiamo al Signore! Invita al grande banchetto della gioia. Non gioia mondana, ma gioia nel Signore. Se, infatti, non ci fosse in questo mondo una gioia riprovevole, da distinguersi dalla gioia santa, sarebbe bastato dire: Venite, esultiamo! Ma, per quanto in forma concisa, il salmo distingue. Che significa allora esultare bene? Esultare nel Signore. Come la gioia cattiva è la gioia che dà il mondo, così la gioia santa è la gioia nel Signore; e tu devi gioire nel Signore animato da sincera pietà, se vuoi deridere tranquillo la gioia del mondo. Ma perché: Venite? Dove sono coloro che egli invita a venire per giubilare insieme dinanzi al Signore? Se non fossero lontani, non dovrebbero venire né avvicinarsi né muovergli incontro per esultare. Ma in che senso sono lontani? Può forse l'uomo essere localmente distante da colui che è dovunque? Vuoi essere lontano da lui? Dove te ne andrai, per creare questa distanza? Ci fu una volta un tale che era, sì, peccatore ma non aveva perso la speranza della salvezza. Pentito e spiacente dei suoi peccati, atterrito dall'ira divina e desideroso di placarla, in un altro salmo dice così: Dove me ne andrò per sfuggire al tuo spirito? E dove fuggirò per sottrarmi al tuo volto? Se salissi in cielo, tu saresti lassù. Che cosa gli rimane? Se salendo al cielo vi trova Dio, per fuggire da Dio dove se ne dovrà andare? Sta' a sentire! Se scenderò nell'inferno, tu ci sei. ( Sal 139,7-8 ) Saliva in cielo e vi trovava Dio; scendeva nell'inferno e non lo evitava. Dove andrà? dove scapperà? Da Dio irato dovrà fuggire presso Dio placato. Ma pur essendo assolutamente vero che nessuno può fuggire lontano da colui che è onnipresente, se non ci fossero alcuni che si trovano lontani da Dio non direbbe la Scrittura: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me. ( Is 29,13 ) Non si è lontani da Dio per fattori locali, ma in quanto non gli si somiglia. E che vuol dire non somigliargli? Condurre una vita cattiva, avere cattivi costumi. Come con la buona condotta ci si avvicina a Dio, così con la condotta cattiva ci si allontana da lui. Poni un solo ed identico uomo che col corpo resti immobile in un medesimo luogo: se amerà Dio si avvicinerà a lui; se amerà il peccato si allontanerà da Dio. Non muove i piedi, eppure si avvicina e si allontana. In questo genere di spostamenti infatti nostri piedi sono i nostri affetti: secondo l'inclinazione del cuore di ciascuno, secondo l'amore di ciascuno, ci si avvicinerà o ci si allontanerà da Dio. Quando ci imbattiamo in cose diverse l'una dall'altra, non diciamo forse tante volte: " Quanto dista questo da quello? ". Paragoniamo ( dico per dire ) due persone, due cavalli, due vestiti. Se uno dice: " Questo vestito somiglia all'altro; è tale quale l'altro ", ovvero: " Quest'uomo è una copia di quell'altro ", cosa ribatte uno che è di parere contrario? " Ma va' via. È lontanissimo dall'altro ". Cosa vuol dire con ciò? Che fra i due non c'è alcuna somiglianza. Stanno vicini, eppure uno è distante dall'altro! Ecco due malfattori, identici nel genere di vita e nella condotta. Fossero pure uno in oriente e l'altro in occidente, essi sono vicini fra loro. Lo stesso dicasi di due giusti. Anche se uno vive a levante e l'altro a ponente, sono l'uno accanto all'altro poiché sono in Dio. Se, invece, di due persone una è buona e l'altra è cattiva, anche se fossero stretti insieme da un'unica catena, sarebbero immensamente distanti tra loro. Resta, pertanto, vero che mediante la diversità della vita ci allontaniamo da Dio, come mediante la somiglianza ci avviciniamo a lui. Quale somiglianza? La somiglianza secondo la quale fummo creati e che, dopo averla guastata con il peccato, abbiamo recuperata quando i peccati ci sono stati rimessi. È un'immagine che si rinnova nel nostro intimo, nell'anima; è l'immagine del nostro Dio che, per così dire, si scolpisce nuovamente nella moneta, cioè nell'anima, per cui dobbiamo tornare nella sua cassaforte. Perché mai infatti, o fratelli, quando il nostro Signore Gesù Cristo volle mostrare ai suoi tentatori ciò che Dio esige da noi, ricorse proprio ad una moneta? Essi cercavano un pretesto per calunniarlo e gli posero il problema del tributo a Cesare. Vollero consultarlo come maestro di verità e, per tentarlo, gli chiesero se fosse o no lecito pagare il tributo a Cesare. Ebbene cosa disse il Signore? Perché mi tentate, ipocriti? Chiese che gli si presentasse una moneta e, quando gliela portarono, chiese: Che immagine reca? L'immagine di Cesare, risposero. E lui: Rendete a Cesare ciò che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio. ( Mt 22,15-21 ) E intendeva dire: Se Cesare reclama la sua immagine impressa sulla moneta, non esigerà Dio dall'uomo l'immagine divina scolpita in lui? Invitandoci a considerare questa somiglianza con Dio, il nostro Signore Gesù Cristo ci comanda di amare persino i nostri nemici, prendendo l'esempio proprio da Dio. Dice: Siate come il vostro Padre celeste, il quale fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi, e manda la pioggia ai giusti e agli ingiusti. Siate dunque voi perfetti come è perfetto il Padre vostro. ( Mt 5,45-48 ) Quando afferma: Siate perfetti come lui, c'invita a renderci simili a lui. E se c'invita a diventare simili a Dio, è segno che, diventando difformi da lui, ce n'eravamo allontanati. Andati lontano per la dissomiglianza, ci riavviciniamo attraverso il recupero della somiglianza; e allora si verifica in noi quanto è scritto: Accostatevi a Dio e sarete illuminati. ( Sal 34,5 ) C'era dunque della gente lontana e dedita a una vita cattiva. A costoro il salmo dice: Venite, esultiamo al Signore! Dove andate? dove vi ritirate, dove sgattaiolate dove fuggite, col vostro gioire mondano? Venite, esultiamo al Signore! Perché andare a godere dove vi rovinereste? Venite, esultiamo in colui che ci ha fatti. Venite, esultiamo al Signore! 3 - Giubiliamo a Dio, autore della nostra salvezza. Che vuol dire: " giubilare "? Avere un'allegria che non si può esprimere a parole e che, non potendosi esprimere a parole pur essendo concepita nel cuore, la si manifesta con grida. Ecco cos'è " giubilare ". La vostra Carità potrebbe andare con la mente al tripudio di certi cantastorie, e questo soprattutto quando ci sono come delle gare di allegria profana. Li vedete come, in mezzo alle canzoni che declamano a parole, ogni tanto trabocchino di allegria e, non essendo in grado di esprimerla a parole, si mettono a gridare. Con tali grida esternano quei sentimenti dell'animo che essi provano, sì, ma non riescono a tradurre con parole. Se dunque c'è della gente che va in visibilio per delle gioie terrene, non dovremmo noi giubilare intensamente di fronte alle gioie celesti, che per davvero sono ineffabili? 4 - [v 2.] Il duplice significato della parola confessione Preveniamo il suo volto con la confessione! Nella sacra Scrittura di " confessione " si parla in due sensi. C'è la confessione di chi loda, e la confessione di chi geme. La confessione di chi loda è un onore tributato a colui cui è indirizzata la lode; la confessione di chi geme è un atto di pentimento da parte di chi accusa se stesso. Ci si confessa, pertanto, o lodando Dio o accusando noi stessi; e non c'è cosa più eccellente che possa compiere la lingua. Anzi, io sono profondamente convinto che questi e non altri siano i voti di cui è detto in un altro salmo: Io ti renderò i miei voti: quei voti che le mie labbra hanno distinto. ( Sal 66,13-14 ) Nulla è più sublime di una tale distinzione. Nulla è altrettanto necessario e a capirsi e a praticarsi. Come distinguerai, allora, i voti che rendi a Dio? Loderai Dio e accuserai te stesso: è infatti sua misericordia se ci condona i peccati. Poiché, se avesse voluto trattarci secondo i nostri meriti, non avrebbe trovato altro che gente meritevole di condanna. Ecco perché, il salmista dice: Venite! Ci vuol far recedere dal peccato, in modo che Dio non ci chieda conto dei nostri trascorsi, ma si approntino ( per così dire ) nuovi registri, bruciati tutti quelli che contenevano i nostri debiti. Quanta lode dobbiamo quindi tributargli! Quanta misericordia ci ha usata! Confessiamolo, cioè diamogliene lode. Se infatti non ci fosse altra confessione se non quella dell'uomo pentito, non avrebbe mai detto il Vangelo a proposito del nostro Signore, che Gesù in quel momento esultò nello Spirito Santo e disse: Ti confesso, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché tu hai nascosto queste cose ai saggi e agli astuti e le hai rivelate ai piccoli. ( Lc 10,21 ) Gesù confessava al Padre; ma forse che si pentiva? Non aveva nulla di cui pentirsi, lui che non aveva commesso colpa alcuna. Se confessava qualcosa, era quindi nel senso che rendeva lode al Padre. Allo stesso modo, siccome il salmo si muove in un contesto di gioia, dovremo ( penso ) anche qui intendere " confessione " nel senso di lode a Dio, da cui deriverebbe anche il titolo: Lode del cantico. Non dovremmo pensare, quindi, alla confessione del penitente ma alla lode dell'osannante. Ma che senso avrà allora il richiamo che il salmista immediatamente aggiunge, nel quale, parlando di un certo tipo di confessione, dice: Preveniamo il suo volto con la confessione? Che vuol dire con queste parole? Egli verrà; ebbene, dice, preveniamo il suo volto con la confessione! Facciamolo prima; cioè, quando non è ancora venuto, confessiamo e disapproviamo il male fatto, affinché lui non abbia a trovare nulla da condannare ma tutto da coronare. E non sarà, questo tuo confessare i peccati, un gesto che torna a lode di Dio? Senz'altro! È una magnifica lode di lui. E perché mai? Perché tanto maggiore è la gloria del medico, quanto più grave o disperata era la malattia dell'infermo. Confessa dunque i tuoi peccati specialmente se, per le tue colpe, la tua situazione era proprio disperata. Tanto più grande è infatti la lode che merita chi t'ha perdonato, quanto maggiore era il numero delle colpe che pentito riconosci. Non ci sembri quindi che non sia più una lode del cantico la nostra, se prendiamo la " confessione " nel senso di accusa dei peccati. Anche questo rientra nella lode del cantico, poiché, riconoscendo la nostra colpevolezza, glorifichiamo la maestà di Dio. Preveniamo il suo volto con la confessione. 5 - [vv 3-5.] Molti i motivi per lodare il Signore E nei salmi giubiliamo a lui. Ho già detto cosa sia giubilare. Qui lo si ripete per incoraggiarci a farlo; e la stessa ripetizione è un invito. Non che già ci fossimo scordati di quanto ci era stato detto prima, cioè di giubilare, sì da necessitare d'un nuovo richiamo; ma spesso, quando l'animo è in preda alla commozione, si ripetono delle parole già dette non per dire qualcosa di nuovo, ma per ribadire quanto s'era detto. Ci si ripete, insomma, per manifestare la piena del sentimento che ci muove a parlare. In tal senso diceva il Signore: In verità, in verità vi dico. ( Gv 1,51 ) Sarebbe bastato dire: In verità una sola volta. E, se egli dice: In verità, in verità, la ripetizione non è altro che un rafforzamento. Il salmista dice: Giubiliamo a lui nei salmi. E che diremo nel nostro salmeggiare? Cosa diremo, o meglio, quali sentimenti esprimeremo giubilando? Cosa può costituire il tema della lode di questo cantico? Ascoltate! Un grande Dio è il Signore; egli è un re più grande di tutti gli dèi. Ecco perché giubileremo in suo onore. E giubileremo ancora perché il Signore non rigetterà il suo popolo, e perché nella sua mano sono i confini della terra e sue sono le altezze dei monti. Per tutto questo giubileremo a Dio. Inoltre giubileremo perché suo è il mare ed egli lo creò e perché le sue mani formarono la terraferma. A voler investigare come si conviene il significato di tutte queste cose, non ci basta ( penso ) il tempo; ma a sorvolarle completamente, ciò sarebbe per noi non soddisfare a un dovere. Ricevete, dunque, quel che potremo compendiare in un breve discorso, quale ci consente il tempo disponibile; tenendo presente che anche pochi grani producono un abbondantissimo raccolto quando la terra è fertile. 6 - Il vero Dio e le divinità forgiate dall'uomo Il primo motivo del nostro giubilo e della nostra lode è perché un grande Dio è il Signore e perché egli è un re più grande che non tutti gli dei. Concediamo pure che esistano degli dèi, al di sopra dei quali si leva nella sua grandezza il nostro Dio: il Dio dinanzi al quale giubiliamo, inneggiamo ed al quale leviamo la lode del cantico. Se ci sono, non ci sono certo per noi. Come dice l'Apostolo: Sebbene ci siano dei cosiddetti dèi sia in cielo sia sulla terra - difatti ci sono molti dèi e molti signori - per noi, tuttavia, c'è un solo Dio, da cui provengono tutte le cose e noi esistiamo per lui, come uno solo è il nostro Signore, Gesù Cristo, ad opera del quale esiste ogni cosa e nel quale siamo noi ( 1 Cor 8,5-6 ) Se dunque, non esistono per noi, per chi esistono? Ascolta un altro salmo: Tutte le divinità dei gentili sono demoni; il nostro Signore ha invece creato i cieli. ( Sal 96,5 ) Lo Spirito Santo, per bocca del profeta, non poteva usare una formula più splendida e più concisa per descriverti il tuo Dio e Signore. Era poca cosa infatti segnalarti che Dio è un essere più terribile che non tutti i demoni. Che c'è di straordinario nell'essere Dio superiore a tutti i demoni? Difatti tutte le divinità dei gentili sono demoni. Ma il tuo Dio dov'è? Il Signore creò i cieli. Il tuo Signore ha creato quel luogo dove i demoni non possono risiedere: il cielo, da cui i demoni furono scacciati. Più sublimi che non i demoni sono i cieli, ma il tuo Signore è più sublime dei cieli, di cui è stato il creatore. Quanto, dunque, sarà più eccelso di tutte le divinità pagane ( che sono demoni ) quel Dio che è più alto dei cieli da cui decaddero gli angeli divenendo demoni! Eppure, tutte le genti furono per diverso tempo in potere dei demoni. In onore dei demoni si costruirono templi, si eressero altari, si deputarono sacerdoti, si offrirono sacrifici; accanto a loro si collocarono degli invasati che fungessero da vati. Tutti questi atti di culto tributarono i pagani al demonio, mentre in verità essi non competono se non all'unico grande Dio. I pagani eressero templi ai demoni, come ha templi Dio; i pagani istituirono dei sacerdoti per i demoni come ha sacerdoti Dio; i pagani offrirono sacrifici ai demoni come se ne offrono a Dio. Questo è accaduto perché i demoni volevano apparire dèi. Ma non si sarebbero arrogati tali forme di religione al fine di ingannare la gente, se non avessero saputo che esse erano effettivamente dovute al vero Dio. È infatti, cosa ordinaria che una divinità falsa si arroghi ciò che è realmente dovuto al vero Dio. Vediamo, allora, quale sia il vero tempio di Dio. Lo dice [ Paolo ]: Il tempio di Dio è santo, e questo siete voi. ( 1 Cor 3,17 ) E se noi siamo tempio di Dio, la nostra anima ne è l'altare. E il sacrificio che cosa sarà? È, penso, quello che stiamo compiendo ora. Poniamo infatti la vittima sull'altare quando lodiamo Dio, e il salmo ci istruisce dicendo: Il sacrificio della lode mi glorificherà, e lì sarà la via dove io gli mostrerò la salvezza di Dio. ( Sal 50,23 ) Se poi ti interessa conoscere anche il sacerdote, egli è al di sopra dei cieli, e lassù interpella in tuo favore, dopo che qui in terra aveva dato la vita per te. ( Rm 8,34 ) Ottimamente, dunque! Un grande Dio è il Signore. Egli è un re più grande di tutti gli dei. La, parola " dèi " riferiscila, questa volta almeno, agli uomini; non si può dire infatti che il Signore sia un re superiore al demoni. Del resto, c'è una testimonianza convincente della Scrittura là dove dice: Dio stette nell'assemblea degli dei, a discernere lì nel mezzo gli dèi. ( Sal 82,1 ) Si dà loro il nome di " dèi " essendo dèi per partecipazione, non per natura; per la grazia mediante la quale li ha resi liberamente degli dei. Quanto dovrà essere grande quel Dio che rende dèi anche chi non lo è. E che differenza con gli dèi che l'uomo stesso si fabbrica! Quanto è grande il Dio che si forma degli dei, altrettanto sono nullità gli dei plasmati dall'uomo. Il vero Dio rende dèi coloro che credono in lui dando loro il potere di diventare figli di Dio. ( Gv 1,12 ) Egli è il vero Dio perché non è stato fatto Dio da nessuno; quanto a noi, che siamo stati divinizzati da lui, non siamo veri dèi, ma certo siamo superiori a quegli dèi che fabbrica l'uomo. Gli idoli delle genti sono argento e oro, opera delle mani dell'uomo. Hanno bocca, ma non parlano; hanno occhi ma non vedono. ( Sal 114,4-5 ) A noi almeno il nostro Dio ha dato degli occhi capaci di vedere; ma non per averci dato questi occhi in grado di vedere ci ha costituito dèi. Tale facoltà visiva l'ha data infatti anche alle bestie. Egli ci ha resi dèi in quanto ha illuminato il nostro occhio interiore. Lodiamolo! Inneggiamo a lui e giubiliamo in suo onore! Grande è il Signore! Egli è un re più grande di tutti gli dèi. 7 - Dio non ha rigettato completamente il suo popolo Il Signore non rigetterà il suo popolo. A lui la lode e il giubilo! Qual è il popolo che non rigetterà? Su questo argomento non ci è lasciata libertà di interpretazione. Abbiamo un intervento dell'Apostolo, il quale ci espone di chi si tratti, ( Rm 11,1 ) vale a dire del popolo giudaico. Fu questo il popolo in mezzo al quale vissero i profeti e i patriarchi, il popolo che si era propagato materialmente dal seme di Abramo. In seno a questo popolo accaddero anticipatamente tutti i sacramenti che contenevano la promessa del nostro Salvatore. Ci fu il tempio con le unzioni e il sacerdozio; figure, passate le quali a guisa di ombre, finalmente sarebbe arrivata la luce stessa. Ecco qual era il popolo di Dio a cui furono inviati i profeti: inviati a loro e nati fra loro. A loro inoltre furono consegnati gli oracoli di Dio con l'obbligo di custodirli. E allora? Forse che tutto quel popolo è stato condannato? Assolutamente no. L'Apostolo chiama quel popolo pianta d'olivo, la cui radice è nei patriarchi. Che se vi spuntarono dei rami secchi, i quali, per essersi spinti troppo in alto per superbia, divennero infruttuosi e furono tagliati via, al loro posto fu innestato l'olivo selvatico a motivo della sua umiltà. Ma cosa dice l'Apostolo, carissimi, per togliere all'oleastro innestato ogni tentazione di superbia? Se tu, dice, strappato dall'oleastro, cui appartenevi per natura, sei stato contro natura innestato nel buon olivo, quanto più coloro che sono della stessa natura saranno innestati al loro tronco di olivo? ( Rm 11,16-24 ) Tu eri dunque un oleastro, ma non persistendo nell'incredulità hai meritato di essere innestato sull'olivo; più facilmente quindi loro, se si ravvederanno, saranno reinseriti in quell'olivo cui appartengono per natura. Così l'Apostolo a proposito degli ebrei. Ecco dunque l'albero. Se alcuni rami si sono spezzati, non però tutti. Poiché, se tutti i rami si fossero spezzati, avremmo forse avuto un Pietro, un Giovanni, un Tommaso, un Matteo, un Andrea, e tutti gli Apostoli? E avremmo avuto un san Paolo, che così parlava e attraverso i suoi frutti ci si palesava quale oliva fosse? Non sono forse giudei tutti costoro? E non erano di quel popolo quei cinquecento fratelli cui apparve il Signore dopo la resurrezione? ( 1 Cor 15,6 ) E non lo erano anche quelle svariate migliaia che, alla voce di Pietro, si convertirono al Signore il giorno in cui gli Apostoli, ripieni di Spirito Santo parlarono nella lingua propria di tutte le genti? Si convertirono e con tanta foga, proruppero nella lode a Dio e nell'accusa di loro stessi che, quanti poco prima inferociti avevano versato il sangue del Signore impararono a berne mediante la fede! La conversione di tutte quelle migliaia di persone fu così radicale che li vediamo vendere i propri beni e deporre il ricavato ai piedi degli Apostoli. ( At 4, 4.34.35 ) Un tal gesto non era stato compiuto da quel ricco che ne aveva ricevuto l'invito dal Signore e che se ne andò via pieno di tristezza. ( Mt 19,21-22 ) Ecco, invece, che ora migliaia e migliaia di persone lo compiono con estrema prontezza. Ed erano persone per le cui mani era stato crocifisso il Signore! Si vede che quanto più profonda era stata la ferita del loro cuore, tanto maggiore fu il desiderio con cui ricorsero al medico. Ebbene, tutti costoro erano giudei, ed è di loro che parla il salmo recitato or ora: Il Signore non rigetterà il suo popolo. Vi si appella l'Apostolo, quando tratta di questa materia. Dice: Che diremo dunque, fratelli? Ha, forse, Dio rigettato il suo popolo, già preconosciuto? No, certamente! Anch'io, infatti, sono un israelita della stirpe di Abramo, della tribù di Beniamino. Dio non ha respinto affatto il suo popolo che conobbe già in antecedenza. ( Rm 11,12 ) Chiarissimo! Se Dio avesse respinto il suo popolo, non c'era più modo per lui di diventare apostolo, e se non c'era per lui, non c'era neppure per gli altri. Nella persona di costoro, dunque, gli ebrei furono popolo del Signore, non in tutti gli altri. Come sta scritto: Un residuo sarà salvo. ( Is 10,22; Rm 9,27 ) Non tutti, dunque; ma, vagliata l'aia, il buon grano venne rimesso nel granaio, mentre la paglia è rimasta di fuori. ( Mt 3,12 ) Quanti ne vedi, di questi Giudei induriti, è paglia che vedi. E dalla paglia che vedi s'è già separata la massa del buon grano, che è stato riposto nel granaio. Vediamo tutt'e due le cose, ma sappiamole distinguere. 8 - Cristo unisce Giudei e pagani Cosa aggiunge il salmo? Nelle sue mani sono i confini della terra. Noi conosciamo chi sia la pietra angolare. Essa è Cristo. Ora egli non potrebbe essere angolo se non cementasse in sé due pareti, che raggiungono l'angolo provenendo da direzione opposta ma nell'angolo escludono ogni opposizione. I circoncisi provenivano da una direzione, gli incirconcisi da un'altra; ma in Cristo i due popoli hanno fatto la pace, ed egli è divenuto quella pietra di cui dice la Scrittura: La pietra che i costruttori avevano scartata, ecco che è divenuta pietra angolare. ( Sal 118,22 ) Se Cristo fa da pietra angolare, non badiamo più alle distanze che intercorrevano tra i due, arrivati da lontano, badiamo piuttosto alla loro vicinanza ora che sono congiunti in Cristo. Tutto si risolve lì; lì dobbiamo vedere come Dio non abbia respinto il suo popolo. Ecco una delle due pareti; e di essa abbiamo già discorso in che senso Dio non abbia respinto il suo popolo. Da quel popolo sono venuti gli Apostoli, come pure tutti quegli israeliti che credettero al Vangelo e depositarono ai piedi degli Apostoli il prezzo dei beni venduti. ( At 4,34-35 ) Poveri volontari, ricchi nel Signore. Ecco una delle pareti, dove si è adempiuta ( come dicemmo ) la promessa che Dio non rigetterà il suo popolo. Vediamo ora l'altra parete. Nelle sue mani sono i confini della terra. Ecco l'altra parete: tutte le genti, poiché nelle sue mani sono i confini della terra. Accorsero infatti anche le genti, e nella loro totalità, verso la pietra angolare e ivi ricevettero il bacio di pace. Vennero da colui che, unico, era in grado di prendere le due cose e farne una sola. Non come gli eretici, i quali prendono ciò che è unito e lo spaccano in due! Sono cose che, a proposito di Cristo Signore, asseriva lo stesso Apostolo: Egli è, dice, la nostra pace; egli delle due cose ne ha fatta una sola. ( Ef 2,14 ) Quindi salga a lui il nostro giubilo. E perché? Perché il Signore non ha respinto il suo popolo. E poi? E anche perché nelle sue mani sono i confini della terra, e le sommità dei monti sono cosa sua. Le sommità dei monti sono le dignità terrene. Un tempo queste sommità ( intendo le autorità terrene ) avversavano la Chiesa, promulgavano leggi contro la Chiesa, e tentarono persino di cancellare dalla faccia della terra il nome cristiano. In seguito però si è adempiuta la profezia secondo la quale lo avrebbero adorato tutti i re della terra, ( Sal 72,11 ) e da allora sono divenute realtà anche le parole del nostro salmo, e cioè che sue sono le sommità dei monti. 9 - [v 6.] La tentazione è permessa sapientemente da Dio Ma tu, forse, ti preoccupi delle tentazioni in mezzo alle quali vivi. Hai conseguito la grazia così copiosa delle promesse divine, ma ti senti infastidito per gli scandali del mondo. Orbene nemmeno questi scandali potranno farti nulla, essendo la loro misura stabilita dal Signore. Suo infatti è il mare. Il mondo presente è un mare; ma anche il mare fu creato da Dio e i suoi flutti non possono spingersi oltre la spiaggia, là dove Dio fissò loro il confine. Non c'è quindi alcuna tentazione che ecceda la gravità fissata dal Signore. Lascia dunque che vengano le tentazioni e le prove anche più acerbe! Ne uscirai perfezionato, non logorato. Guarda un po' se non giovino le tentazioni! Senti l'Apostolo. Dio è fedele, e non permetterà che siate tentati al di sopra delle vostre forze; anzi, con la tentazione, vi troverà anche la via di uscita, affinché possiate sopportarla. ( 1 Cor 10,13 ) Non dice: " Dio non permetterà in maniera assoluta che voi siate tentati". Pertanto evitare la tentazione vorrebbe dire non accettare nemmeno la [ conseguente ] rifinitura. Ma occorre che tu sia rifinito, e fintantoché vieni rifinito, sei in mano dell'artista. Qualcosa ti toglie, qualcosa ti raddrizza, qualcosa ti squadra, qualcosa ti ripulisce. Ti lavora, insomma, con certi suoi attrezzi ( per così dire ). Ecco cosa sono gli scandali di questo mondo. L'importante è che tu non cada di mano all'artista. Non ci saranno tentazioni che vadano oltre le tue forze; e quelle che tu hai, Dio le permette per tua utilità perché tu ne tragga profitto. Ascolta, per finire, la conclusione tirata dall'Apostolo: Insieme con la tentazione, egli vi troverà il modo di uscirne, sicché voi la sopportiate. Se dunque ti assale un qualche spavento a causa del mare, non temere. Suo, infatti, è il mare, ed è stato lui a crearlo. Temi scandali da parte dei pagani? Anche loro sono creature di Dio; ed egli non li lascerà infierire oltre il limite che lui conosce essere vantaggioso per te. Non dice, forse, un altro salmo: Tutte le genti che tu hai creato accorreranno e si prostreranno dinanzi a te, Signore? ( Sal 86,9 ) Se dice: Tutte le genti che tu hai creato, è segno evidente che egli ha creato le genti; per cui il salmo può affermare: Suo è il mare ed è stato lui a crearlo; la terraferma l'hanno formata le sue mani. Sii tu una terra riarsa; abbi sete della grazia di Dio! Verrà su di te, dolce, la pioggia e produrrai del frutto. Dio non permetterà che le onde ricoprano i suoi seminati! La terraferma, infatti, l'hanno formata le sue mani. Nuovo motivo di giubilo! 10 - [v 6.] Dio non disprezza nessuna delle sue creature Abbiamo esposto tanti validi motivi per lodare Dio. E, siccome ciò è pura realtà, tornate col pensiero all'inizio del salmo. Venite, adoriamolo e prostriamoci davanti a lui, e piangiamo al cospetto del Signore che ci ha creati. Avendo egli stesso fatto tante e svariate cose, ecco che noi ne esultiamo. Passatene quindi in rassegna parecchie, eccolo ripetere l'invito. Venite, adoriamolo e prostriamoci davanti a lui, e piangiamo alla presenza del Signore che ci ha creati. Ho ricordato i motivi di lodare Dio; ebbene, non siate pigri, non rimanete lontani con la vita e la condotta. Venite, adoriamolo e prostriamoci davanti a lui. Ma, forse, voi siete in angustia per i vostri peccati, che vi avevano allontanato da Dio. Ecco allora il da farsi: Piangiamo al cospetto del Signore che ci ha creati. Ti arde, per caso, nell'anima il rimorso per il peccato? Spegni con le lacrime il fuoco della colpa: piangi dinanzi al Signore. Piangi sereno dinanzi al Dio che ti ha creato: egli non ripudierà in te l'opera delle sue mani. E non pensare, poi, che riuscirai da solo a rimetterti in sesto. Tu puoi danneggiarti; riparare il danno, non puoi. Per aggiustarti occorre la mano di chi ti aveva formato. Piangiamo dinanzi al Signore che ci ha creati. Versa lacrime dinanzi a lui, confessati, e previeni il suo volto nella confessione. Chi sei, infatti, tu che piangi e ti confessi a lui, se non una sua creatura? Non è di poco valore, agli occhi dell'artefice, un'opera che egli ha fatta, e non alla buona ma a sua immagine e somiglianza. Venite, adoriamolo e prostriamoci dinanzi a lui; e piangiamo al cospetto del Signore, nostro creatore. 11 - [v 7.] Gregge e popolo del Signore Egli, infatti, è il Signore nostro Dio. E noi che cosa siamo, affinché possiamo prostrarci senza paura dinanzi a lui e piangere? Noi siamo il popolo del suo pascolo e le pecore delle sue mani. Vedi con quanta abilità ha invertito l'ordine delle parole per nulla curando la proprietà delle locuzioni. L'ha fatto perché noi comprendessimo che pecore e popoli sono la stessa cosa. Non dice: " Pecore del suo pascolo ", né " Popolo delle sue mani ", come sarebbe sembrato più logico, poiché le pecore hanno attinenza con i pascoli; ma dice: Popolo del pascolo. Dicendo: Popolo del suo pascolo, se ne conclude che il popolo sono le pecore. Proprio così: popolo e pecore si identificano. D'altra parte però, siccome noi abbiamo nei nostri greggi delle pecore comprate, non fatte da noi ( mentre il salmista aveva detto più sopra: Prostriamoci davanti a colui che ci ha fatti ), per questo dice ora, e con verità: Noi, pecore delle sue mani. Fra gli uomini non c'è alcuno che sappia fabbricare delle pecore. Le pecore, noi le possiamo comprare, regalare, ritrovare, ricondurre al gregge, o magari, anche rubarle; ma crearle non lo possiamo. Il Signore, invece, ci ha creati, e per questo noi siamo popolo del suo pascolo e pecore delle sue mani. Siamo pecore, in quanto egli si è degnato renderci tali con la sua grazia. Per queste pecore c'è una lode anche nel Cantico dei Cantici, ove si elogiano alcuni perfetti, qualificati come denti della sposa, cioè della santa Chiesa. I tuoi denti, dice, sono come un gregge di pecore tosate che risalgono dal bagno; esse partoriscono sempre gemelli, né fra loro c'è chi sia sterile. ( Ct 4,2; Ct 6,5 ) Chi sono i tuoi denti? Coloro per bocca dei quali tu parli. Sono, infatti, denti della Chiesa coloro per bocca dei quali la Chiesa parla. Come sono questi tuoi denti? Come un gregge di pecore tosate. Perché tosate? Perché hanno deposto ogni peso mondano. Non erano, forse, pecore tosate quei tali di cui vi parlavo poc'anzi? Coloro, cioè, che il comando aveva, per così dire, tosati? Aveva detto il Signore: Va', vendi ogni tuo avere, dallo ai poveri e ne avrai un tesoro nei cieli; e poi vieni e seguimi. ( Mt 19,21 ) Essi misero in pratica il precetto, si lasciarono tosare e partirono. Siccome poi credettero in Cristo e furono battezzati, cosa se ne dice? Risalgono dal bagno. Cioè: risalivano da dove erano stati purificati. Ognuna di loro partorisce gemelli. Chi sono questi gemelli? Sono quei due ben noti precetti nei quali si compendia tutta la legge e i profeti. Ebbene noi siamo il popolo del suo pascolo e le pecore delle sue mani. 12 - [v 8.] Dunque, oggi se ascolterete la sua voce. O mio popolo, popolo di Dio! Dio apostrofa il suo popolo, e non soltanto quella porzione che non respingerà, ma tutt'intero il suo popolo. La profezia dall'angolo rivolge la parola a tutte e due le pareti: ( Ef 2,20 ) parla, in Cristo, tanto al popolo giudaico quanto al popolo pagano. Se ascolterete oggi la voce di lui, non indurite i vostri cuori. Una volta, in passato, ascoltaste la sua voce tramite Mosè e induriste il vostro cuore. Parlava per bocca di un araldo, quando voi induriste il vostro cuore. Ora vi parla lui direttamente: siano, almeno adesso, arrendevoli i vostri cuori! Colui che un tempo inviava araldi a precederlo si è degnato venire di persona. Colui che parlava per bocca dei profeti, parla ora con la sua propria bocca. Se pertanto oggi ne ascolterete la voce, non indurite i vostri cuori. 13 - [v 9.] Le vicende del tempo dell'Esodo dense di ammaestramenti per noi Ma perché dici: Non indurite i vostri cuori? Perché voi ricordate cosa erano soliti fare i vostri padri. Non indurite i vostri cuori, come in quella, ben nota, irritazione, come nel giorno della tentazione nel deserto. Voi, fratelli, certamente ricorderete le vicende. Il popolo tentò Dio, e Dio gli diede delle lezioni salutari. A guisa di un espertissimo cavaliere, Dio lo guidò nel deserto con le briglie delle leggi e dei precetti. Anche se era come un puledro indomito, Dio non lo abbandonò: non gli fece mancare non solo i benefici della vita presente, ma nemmeno la severità con cui ravvedersi. Ebbene, non indurite i vostri cuori come durante l'irritazione, come nel giorno della tentazione nel deserto, quando i vostri padri mi misero alla prova. ( Es 16,2-3; Es 17,2-7 ) Che costoro non siano i vostri padri. Non imitateli! Vostri padri lo sono stati, è vero, ma se voi non li imiterete, non saranno più vostri padri: anche se, appunto, per essere voi nati da loro, essi vi sono padri. E se delle genti verranno dall'estremità della terra, come dice Geremia: Verranno a te genti dai confini della terra e diranno: Veramente i nostri padri hanno adorato degli dèi bugiardi: delle statue che non possono recare alcun aiuto ( Ger 16,19 ) …: se, dunque, delle genti ripudiando i loro idoli ricorreranno al Dio di Israele, sarà mai possibile che quando queste saranno accorse al vero Dio, si staccheranno da lui i figli di Israele? Sarà possibile che gl'israeliti abbandonino il Dio che li ha liberati dall'Egitto, guidati nell'attraversare il mar Rosso, dove sommerse i nemici lanciati al loro inseguimento, ( Es 14,21-31 ) che li condusse fuori dal deserto, li cibò con la manna, mai dimenticando la sferza che li inducesse al ravvedimento, mai sottraendo i benefizi della sua misericordia? Ivi mi tentarono i vostri padri, ma esperimentarono e videro le mie opere. Per la durata di quarant'anni videro le mie opere e per quarant'anni mi irritarono. Io per mezzo di Mosè operavo prodigi dinanzi al loro sguardo, ed essi indurivano sempre di più il loro cuore. ( Es 16,13-35 ) 14 - [v 10.] Il mistero del numero quaranta Per quarant'anni fui accanto a questa generazione. Che significa: Fui accanto? Mi resi presente mediante segni e prodigi. E questo non per un giorno o due, ma per quarant'anni io fui accanto a questa generazione e dissi: Costoro nel loro cuore vanno sempre errando. Quaranta anni è lo stesso che sempre. Il numero quaranta indica la totalità del tempo, quasi che i secoli abbiano a completarsi entro quel numero. Per questo motivo il Signore digiunò quaranta giorni; per quaranta giorni fu tentato nel deserto ( Mt 4,1-11 ) e per quaranta giorni rimase con i discepoli dopo la resurrezione. ( At 1,3 ) Con i primi quaranta giorni ci dà l'esempio della vita provata, con i secondi ci assicura la consolazione, perché, se siamo tentati, dobbiamo anche senza dubbio essere consolati. È infatti necessario che il corpo di Cristo, cioè la Chiesa, subisca delle prove in questo mondo; ma non le mancherà il consolatore, colui cioè che diceva: Ecco, io sarò con voi sino alla fine del mondo. ( Mt 28,20 ) E dissi: Costoro errano sempre nel loro cuore. Sono stato quarant'anni con loro, per mettere in evidenza di che indole fosse la gente che mi provoca all'ira di continuo, sino alla fine del mondo. Poiché con quei " quarant'anni " ha voluto designare tutta la durata del mondo. 15 - [v 11.] Il nuovo popolo di Dio E allora? Non ci sarà chi entri nel riposo di Elio in loro vece? Sono stati riprovati coloro che disprezzarono la misericordia di Dio e resistettero a Dio con durezza di cuore. Respinti costoro, forse che verrà a mancare a Dio un suo popolo? E non sarà più vero che Dio è in grado di suscitare dei figli ad Abramo, traendoli anche dalle pietre? ( Mt 3,9 ) Ecco qua. Io dissi: Costoro nel loro cuore vanno sempre errando; essi non hanno conosciuto le mie vie, e io nella mia ira ho giurato loro che non entreranno nella mia pace. Nella mia ira io ho giurato loro che non entreranno nella mia pace. Grande spavento! Abbiamo cominciato con la gioia, ma il salmo si chiude prospettandoci un grande timore: Nella mia ira io ho giurato: Essi non entreranno nella mia pace. È gran cosa che Dio parli; molto più è il fatto che giuri. Se giura un uomo, temi giustamente che, per non mancare al giuramento, egli traduca in atto anche ciò che ripugnerebbe alla sua volontà. Quanto più se giura Dio, che non può giurare sconsideratamente! Il giuramento vuol significare conferma. E per chi giura Dio? Per se stesso: non c'è infatti un essere superiore a lui, in nome del quale possa giurare. ( Eb 6,13 ) Ricorrendo a se stesso conferma le sue promesse; ricorrendo a se stesso conferma le sue minacce. Nessuno dica in cuor suo: " Ciò che Dio promette è vero, ma ciò che minaccia è falso ". Come è vero ciò che promette, così è sicuro ciò che minaccia. Se osserverai i suoi comandamenti avrai la pace, la felicità, l'eternità, l'immortalità. Come sei certo di questo, così devi essere convinto che, se non ti curerai dei suoi comandamenti, incorrerai nella morte, nei tormenti del fuoco eterno, e sarai dannato insieme col diavolo. Egli giurò loro, nella sua ira, che non sarebbero entrati nella sua pace. Ma occorrerà pure che qualcuno vi entri, in questa pace del Signore, poiché non è una ricompensa fatta per nessuno. Rigettati dunque gli altri, vi entreremo noi. Alcuni rami si sono spezzati per dissomiglianza [ di costumi ] e per mancanza di fede; noi vi saremo inseriti mediante la fede e l'umiltà. ( Rm 11,19-20 ) Entriamo, dunque, nella pace del Signore! Ma, come vi sono entrati tutti coloro che vi sono entrati, cioè coloro che erano stati prescelti e che non opposero resistenza indurendo il loro cuore? Vi sono entrati perché è vero che Dio non rigetterà il suo popolo. ( Sal 95,3 )