Padri/Agostino/EspSalmi/111.txt Salmo 111 (110) Discorso 1 - La vita presente, vissuta nell'austerità, recherà frutti imperituri Sono giunti i giorni, in cui dobbiamo cantare l'Alleluia. State dunque attenti, o fratelli, per comprendere bene quel che il Signore ci ispira a nostra esortazione ed alimentare la carità, per la quale è cosa buona per noi essere uniti a Dio. ( Ef 5,19 ) State attenti voi, bravi cantori, amanti della lode e della gloria sempiterna del vero e incorruttibile Dio. Siate desti ed attenti voi, che sapete cantare ed inneggiare nei vostri cuori al Signore, rendendo grazie continuamente per tutte le cose, ( Ef 5,20 ) e lodate Dio, perché questo vuol dire alleluia. Certamente questi giorni vengono e passano e, quando poi sono passati, ritornano, e così simboleggiano il giorno che non viene né passa, perché non è preceduto da un ieri per venire né è sollecitato da un domani per passare. E quando noi giungeremo a tale giorno, vivendo in unione con Dio, neppure noi passeremo e, come in suo onore si canta in un Salmo: Beati quelli che abitano nella tua casa: nei secoli dei secoli ti loderanno, ( Sal 84,5 ) sarà questo l'impegno di chi è libero, questo il lavoro di chi non ha da fare, questa l'attività di chi è nella quiete, questa la preoccupazione di chi vive sicuro. Difatti, come questi giorni solennemente succedono in serena letizia ai giorni trascorsi della Quaresima, i quali prima della risurrezione del corpo del Signore simboleggiano la tristezza di questa vita, così quel giorno, che dopo la risurrezione sarà assegnato al corpo totale del Signore, cioè alla santa Chiesa, succederanno nella beatitudine eterna a tutti gli affanni e ai dolori di questa vita, finiti per sempre. Ora la vita di quaggiù esige da noi la continenza in modo che, sospirando sotto il grave peso della lotta e della fatica e desiderando di sopravvestirci della nostra abitazione che è dal cielo, ( 2 Cor 5,2 ) ci asteniamo dai godimenti mondani: e ciò è simboleggiato dal numero di quaranta giorni, durante i quali fecero digiuno Mosè, Elia e lo stesso Signore. ( Es 34,28; 1 Re 19,8; Mt 4,2 ) Sono infatti la Legge, i Profeti e lo stesso Vangelo - e questo riceve la testimonianza dalla Legge e dai Profeti, tanto è vero che sul monte il Salvatore apparve splendente in mezzo all'uno e all'altro personaggio, ( Mt 17,3 ) - a comandarci di tenere a freno, mediante il digiuno della temperanza, la nostra avidità da tutte le attrattive del mondo, le quali seducono gli uomini e li portano a dimenticarsi di Dio. Nel contempo viene predicata, nella sua perfezione, la Legge del decalogo - vero salterio a dieci corde - per le quattro parti del mondo, cioè in tutto l'universo, sicché il dieci, moltiplicato per quattro, formi il numero sacro di quaranta. Con il numero poi di cinquanta, nel quale dopo la risurrezione del Signore cantiamo l'Alleluia, non è più simboleggiato il termine o passaggio di un qualche periodo, ma quella stessa eternità beata, perché il " denaro ", ossia il dieci aggiunto al quaranta, è il salario che è pagato ai fedeli, i quali faticano in questa vita, e che il padre di famiglia ha stabilito in parti uguali per i primi e per gli ultimi. Ascoltiamo pertanto l'animo del popolo di Dio, tutto pieno della lode divina. Ecco, in questo Salmo esso riecheggia la voce di un uomo che esulta nella gioia della felicità, e prefigura il popolo il cui cuore si effonde nell'amore di Dio, cioè il corpo di Cristo, ormai liberato da ogni peccato. 2 - [vv 1.2.] Dio non vuole il peccato e perdona il peccatore pentito Ti confesserò, o Signore - dice - con tutto il mio cuore. Non sempre la confessione riguarda i peccati, ma c'è una forma religiosa di confessione con la quale si esprime la lode di Dio. Quella prima confessione piange, questa gioisce, quella mostra la piaga al medico, questa ringrazia per la salute riacquistata. Tale confessione serve ad indicare un uomo che non solo è liberato da ogni male, ma che è anche separato da tutti i malvagi. Vediamo perciò dove coli confessi il Signore con tutto il suo cuore. Nel consiglio - dice - dei giusti e nella congregazione: credo siano quelli che sederanno sopra i dodici troni per giudicare le dodici tribù di Israele. ( Mt 19,28 ) Tra loro infatti non c'è più nessun iniquo, né un Giuda di cui si tollerino i furti, né un Simon mago che, battezzato, voglia acquistare lo Spirito Santo ripromettendosi poi di rivenderlo, ( At 8,13.18-19 ) né un Alessandro calderaio che dimostri molti mali, ( 2 Tm 4,14 ) né alcuno che tra loro s'insinui come falso fratello, nascondendosi sotto la pelle di agnello. E se adesso in mezzo a siffatte persone deve pur soffrire la Chiesa, un giorno bisognerà che le escluda, quando tutti i giusti saranno insieme riuniti. Sono queste le grandi opere del Signore, da ricercare in tutte le sue volontà, secondo le quali non è negata a nessuno la misericordia se confessa il peccato, ma neppure resta impunita l'iniquità di nessuno, dal momento che egli flagella anche ogni figlio che accoglie. ( Eb 12,6 ) Ora se il giusto a stento si salva, dove compariranno il peccatore e l'empio? ( 1 Pt 4,18 ) Scelga pure l'uomo quello che vuole: comunque le opere del Signore non sono disposte in modo che la creatura, dotata di libero arbitrio, possa scavalcare la volontà del Creatore, anche se agisce contro questa volontà. Dio non vuole che tu pecchi, ed infatti te lo proibisce; tuttavia, se hai peccato, non pensare che l'uomo abbia fatto quel che voleva e che a Dio sia accaduto quel che non voleva. In realtà, egli come vuole che l'uomo non pecchi, così vuole perdonare chi pecca perché si converta e viva; e vuole anche, alla fine, punire chi nel peccato persevera perché non sfugga, nella sua ostinazione, alla potenza della divina giustizia. Perciò, qualunque cosa avrai scelto, non mancherà all'Onnipotente il modo di compiere su di te la sua volontà. Sono infatti - grandi le opere del Signore, da ricercare in tutte le sue volontà. 3 - [v 3.] Il perdono dei peccati è dono gratuito di Dio La confessione e la magnificenza sono sua opera. Che cosa c'è di più magnifico dell'atto di giustificare l'empio? Ma forse l'opera dell'uomo previene questa magnificenza di Dio nel senso che, confessando i propri peccati, egli meriti di essere giustificato. Sta scritto infatti che il pubblicano discese giustificato dal tempio più che il fariseo, perché non osava neppure alzare gli occhi verso il cielo, ma si batteva il petto, dicendo: O Dio, sii propizio a me peccatore. ( Lc 18,13 ) Questa è appunto la magnificenza del Signore: la giustificazione del peccatore, perché chi si umilia sarà esaltato, e chi si esalta sarà umiliato. ( Lc 18,14 ) Questa è la magnificenza del Signore, poiché molto più ama colui al quale molto viene perdonato. ( Lc 7,42-48 ) Questa è la magnificenza del Signore, poiché proprio dove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato anche la grazia. ( Rm 5,20 ) Ciò forse avviene per le opere? Non per le opere, dice l'Apostolo, affinché nessuno se ne possa vantare. Siamo infatti sua fattura, essendo stati creati in Cristo per le opere buone. ( Ef 2,9-10 ) In realtà, l'uomo non può operare la giustizia se non è giustificato; ma credendo in colui che giustifica l'empio, ( Rm 4,5 ) comincia per la fede a giustificarsi, e tale lo rivelano le buone opere che non precedono quel che ha meritato, ma che seguono quel che ha ricevuto. Dov'è dunque quella confessione? Non si tratta ancora di opera della giustizia, ma della riprovazione del delitto: in qualunque modo però si intenda questa confessione, neppure di essa ti puoi gloriare, o uomo, perché chi si gloria, si deve gloriare nel Signore. ( 1 Cor 1,31 ) Che cos'hai, infatti, che non abbia ricevuto? ( 1 Cor 4,7 ) Non è dunque soltanto la magnificenza l'opera di Dio, per la quale è giustificato l'empio, ma la confessione e la magnificenza sono, a un tempo, sua opera. Che cosa dunque possiamo dire? Diciamo che Dio usa misericordia a chi vuole e che indurisce chi vuole. C'è forse ingiustizia presso Dio? No certo, ( Rm 9,14.18 ) perché la sua giustizia rimane nei secoli dei secoli. Ma tu, uomo di questo mondo, chi sei per pretendere di rispondere a Dio? 4 - [vv 4.5.] Ha fatto memoria delle sue meraviglie, umiliando questo ed esaltando quello. Ha fatto memoria delle sue meraviglie, riservando in modo opportuno i prodigi straordinari, che l'umana debolezza, sempre interessata alle novità, suole ricordare, mentre ben più grandi sono i suoi quotidiani miracoli. Egli crea, per esempio, un'infinità di alberi in tutta quanta la terra e nessuno se ne meraviglia; una volta, invece, disseccò un albero con la sua parola e rimasero stupefatti i cuori degli uomini. ( Mt 21,19-20 ) Tuttavia ha fatto memoria delle sue meraviglie, e questo stesso miracolo s'imprimerà moltissimo nei cuori attenti, perché non potrà svilirlo il suo costante ripetersi. 5 - Cristo cibo dell'anima Ma a che cosa giovarono i miracoli se non a far avere timore? E a che cosa gioverebbe il timore se il Signore misericordioso e compassionevole non desse l'alimento a quelli che lo temono? Dico l'alimento che non si corrompe, il pane che è disceso dal cielo ( Gv 6,27.51 ) e che ha dato senza alcun merito da parte degli uomini. Cristo, infatti, è morto per gli empi. ( Rm 5,6 ) Nessun altro avrebbe potuto dare un tale alimento se non il Signore misericordioso e compassionevole! E se ha dato tanto per questa vita, se il peccatore, bisognoso di giustificazione, ha ricevuto il Verbo fatto carne, che cosa riceverà nel secolo futuro quando sarà glorificato? Davvero il Signore sarà memore nel secolo del suo testamento: egli non ha ancora dato tutto, se ha dato il pegno. 6 - [vv 6-9.] Mirabile il progresso di certi chiamati dal paganesimo Annunzierà al suo popolo la fortezza delle sue opere. Non devono rattristarsi i santi Israeliti, che hanno abbandonato tutte le loro cose e l'hanno seguito. Non devono rattristarsi, dicendo: Chi potrà salvarsi, se entra più facilmente un cammello nella cruna di un ago che un ricco nel regno dei cieli? ( Mt 19,24 ) Egli, infatti, ha loro annunziato la fortezza delle sue opere, perché quelle cose che sono difficili agli uomini, sono facili a Dio. ( Mt 19,26 ) Per dare ad essi l'eredità delle genti. E difatti si è andati alle genti ed è stato raccomandato ai ricchi di questo mondo di non nutrire pensieri superbi e non di riporre la loro speranza nell'instabilità delle ricchezze, ma nel Dio vivente ( 1 Tm 6,17 ), per il quale è facile quel che agli uomini riesce difficile. In questo modo molti sono stati chiamati, in questo modo si è entrati in possesso dell'eredità delle genti, in questo modo è anche avvenuto che tanti uomini, pur non avendo abbandonato in questa vita tutte le loro cose per seguire il Signore, hanno però saputo disprezzare la stessa loro vita per confessare il suo nome: essi, abbassandosi come cammelli sotto il grave peso delle tribolazioni, sono entrati come per la cruna dell'ago attraverso le pungenti strettoie della sofferenza. A far questo è stato lui, perché a lui sono possibili tutte le cose. 7 - Le opere delle sue mani sono la verità e il giudizio. Devono esser fedeli alla verità coloro che sono giudicati quaggiù. Ora quaggiù sono giudicati i martiri e sono avviati ad un giudizio, in cui saranno essi a giudicare non solo quelli che li hanno giudicati, ma anche gli angeli, ( 1 Cor 6,3 ) contro i quali in realtà lottavano quando sembravano giudicati dagli uomini. Non deve separarli da Cristo la tribolazione, l'angustia, la fame, la nudità, la spada. ( Rm 8,35 ) Fedeli sono infatti i suoi comandamenti: egli non inganna, concede sempre quel che ha promesso. Tuttavia, quel che ha promesso non dev'essere né aspettato né sperato quaggiù; al contrario, i suoi comandamenti sono confermati nei secoli dei secoli, attuati nella verità e nella giustizia. È appunto vero e giusto che quaggiù si lavori e lassù ci si riposi, perché egli ha mandato la redenzione al suo popolo. Da che cosa noi siamo redenti, se non dalla prigionia di questa peregrinazione terrena? Il riposo, dunque, non va ricercato se non nella patria celeste. 8 - In terra sofferenze e privazioni, in cielo felicità assoluta È vero, sì, che Dio ha assegnato agli Israeliti carnali la Gerusalemme terrena, la quale è schiava con i suoi figli; ( Gal 4,25 ) ma questa è cosa del Vecchio Testamento ed appartiene all'uomo vecchio. Coloro però che la intesero in senso figurato, divennero fin da allora credi del Nuovo Testamento, poiché la Gerusalemme che sta in alto è libera ed essa è la madre nostra, ( Gal 4,26 ) che vive eterna nei cieli. Mediante il Vecchio Testamento è stato in realtà dimostrato che esso prometteva delle cose transitorie; qui infatti si dice: Ha stabilito in eterno il suo Testamento. Ma quale Testamento, se non il Nuovo? E chiunque tu sia, che vuoi diventare erede di questo, io non permetterò che ti inganni; non devi pensare in senso carnale ad una terra che stilla latte e miele, né riprometterti di ottenere degli ameni poderi, o dei giardini rigogliosi ed ombrosi, o qualcosa di simile a ciò che quaggiù lo sguardo dell'avarizia suole ardentemente bramare. Poiché la cupidigia è la radice di tutti i mali ( 1 Tm 6,10 ) essa dev'essere mortificata perché quaggiù sia distrutta e non già differita perché sia saziata lassù. Per prima cosa, cerca di sfuggire alle pene e di evitare la geenna; prima di desiderare Dio che promette, sta' attento a Dio che minaccia. Difatti santo e terribile è il suo nome. 9 - [v 10.] Nel timore di Dio è l'inizio della sapienza, nella lode a Lui tributata il traguardo finale Al posto di tutti i piaceri di questa vita, che hai già sperimentato o che puoi anche moltiplicare ed accrescere con l'immaginazione, tu devi bramare la sapienza, che è la madre dei piaceri immortali. Ma principio della sapienza è il timore di Dio. Essa con questi piaceri ti rallegrerà e, senza dubbio, ti rallegrerà in modo ineffabile, offrendoti i casti ed eterni amplessi della verità; ma prima di richiedere il premio, tu devi donare le cose dovute. Perciò principio della sapienza è il timore del Signore. Buono è l'intelletto. Chi lo nega? Ma intendere e non fare è cosa pericolosa. Esso dunque è buono per quelli che operano. Né deve fare insuperbire la mente perché, come il timore di Dio è principio della sapienza, così la sua lode rimane nei secoli dei secoli; e sarà questo il premio, questa la fine, questa la sede stabile e perpetua. È là che si trovano i comandamenti fedeli, confermati nei secoli dei secoli, ed in questo stesso consiste l'eredità del Nuovo Testamento, stabilito in eterno. Una cosa sola - sta scritto - ho chiesto al Signore, e la richiederò: di abitare nella casa del Signore per tutti i giorni della mia vita. ( Sal 27,4 ) Sono infatti beati quelli che abitano nella casa del Signore; nei secoli dei secoli lo loderanno, ( Sal 84,5 ) proprio perché la sua lode rimane nei secoli dei secoli!