Padri/Agostino/EspSalmi/119_29.txt Salmo 119 (118) Discorso 29 1 - [v 145.] La preghiera è un grido del cuore La preghiera è un grido che si leva al Signore; ma, se questo grido consiste in un rumore di voce corporale senza che il cuore di chi prega aneli intensamente a Dio, non c'è dubbio che esso è fiato sprecato. Se invece si grida col cuore, per quanto la voce del corpo resti in silenzio, il grido, impercettibile all'uomo, non sfuggirà a Dio. Quando dunque preghiamo, possiamo gridare a Dio o con la voce esterna ( se così esige il dovere ) o anche rimanere in silenzio; comunque, in ogni preghiera deve esserci il grido del cuore. Ora questo grido del cuore consiste in una grande concentrazione dello spirito, la quale, quando avviene nella preghiera, manifesta il profondo desiderio e l'ardore che sorreggono l'orante a non disperare del risultato. E si grida con tutto il cuore quando nel pensiero non si ha altro [ che la preghiera ]. Orazioni di questo genere sono rare per la più parte della gente, e solo pochi riescono a farle con frequenza; se poi ci sia qualcuno che preghi sempre così, non lo saprei. Ad ogni modo il cantore di questo salmo ci ricorda che tale è la sua preghiera, come dicono le parole: Io ho gridato con tutto il mio cuore: ascoltami, o Signore. Per dirci poi quale vantaggio abbia conseguito con il suo gridare, soggiunge: Le vie della tua giustizia ricercherò. Ecco perché ha gridato con tutto il suo cuore; ecco cosa ha desiderato gli fosse concesso dal Signore, qualora avesse ascoltato la sua preghiera: poter ricercare sempre le vie della sua giustizia. È necessario quindi che preghiamo per avere la mente in [ continua ] ricerca di ciò che ci viene ordinato di praticare. Ma quanto deve essere lontano dalla pratica colui che ancora ricerca! Difatti non sempre al ricercare segue il trovare, né al trovare segue [ sempre ] il praticare; mentre è vero che nessuno può praticare se prima non ha trovato, come pure è vero che nessuno può trovare se prima non ha cercato. Grande però è la fiducia che ci ha accordato il Signore Gesù quando disse: Cercate e troverete; ( Mt 7,7 ) mentre in senso opposto la Sapienza ( che poi altri non è se non Lui stesso ) dice: I cattivi mi cercheranno e non mi troveranno. ( Pr 1,28 ) Non sono dunque i cattivi ma i buoni coloro ai quali fu detto: Cercate e troverete. O meglio, lo si dice a coloro ai quali un po' dopo sono rivolte quelle altre parole: Se voi, pur essendo cattivi, sapete donare cose buone ai vostri figli. ( Mt 7,11 ) Ma allora, come si fa a dire a gente cattiva: Cercate e troverete, se nei loro riguardi è detto: I cattivi mi cercheranno e non mi troveranno? Forse che il Signore, promettendo loro di trovare ciò che cercavano, li indirizzava a cercare qualcos'altro che non la sapienza? Ma proprio in essa sono contenuti tutti i beni che debbono cercare coloro che anelano alla felicità; quindi in essa sono contenute anche le vie della giustizia di Dio. Non rimane altro, quindi, che intendere il passo sopra citato nel senso che non a tutti i cattivi è sbarrata la via al conseguimento della sapienza, se la cercano; ma lo è solamente a coloro che a tal grado hanno spinto la loro malizia da odiare la sapienza. Così infatti diceva: Mi cercheranno i cattivi e non mi troveranno perché hanno odiato la sapienza. ( Pr 1,29 ) Non la trovano, quindi, perché la odiano. Ma se la odiano, in che senso la ricercano? La ricercano non per se stessa ma in vista di qualche altra cosa che nella loro cattiveria amano e che ritengono di poter conseguire più facilmente attraverso la sapienza. Sono molti infatti coloro che con grandissimo ardore investigano le massime della sapienza, che cioè vogliono averla in teoria senza però impegnarsi ad attuarla nella vita. Non vogliono modellare la condotta sui precetti della sapienza e così pervenire alla luce di Dio, compito specifico della sapienza; ma attraverso parole imparate alla scuola della sapienza vogliono solo conseguire il plauso degli uomini: la qual cosa è vana gloria. Non cercano quindi la sapienza, e quando la cercano non la cercano per se stessa ( altrimenti vivrebbero secondo le sue esigenze ) ma vogliono soltanto riempirsi la bocca con parole apprese alla sua scuola: con la conseguenza che quanto più si gonfiano di parole, tanto più si estraniano dalla virtù. Il salmista al contrario chiede al Signore di poter attuare ciò che egli comanda: in modo che sia il Signore a operare in lui quel che comanda. È infatti Dio colui che opera in noi e il volere e l'agire, conforme alla [ nostra ] buona volontà. ( Fil 2,13 ) Dice: Io ho gridato con tutto il mio cuore: ascoltami, o Signore; le vie della tua giustizia ricercherò, non soltanto per conoscerle ma per vivere in conformità, evitando di essere come quel servo testardo che, anche dopo aver compreso ( la volontà del padrone ), non obbedisce. ( Sir 33,28-30 ) 2 - [v 146.]. Ho gridato: salvami! O, come leggono alcuni codici greci e latini: Ti ho gridato salvami! Che significa: Ti ho gridato, se non: " Ti ho invocato gridando? ". Ma dopo aver esclamato: Salvami, cosa aggiunge? E custodirò le tue testimonianze. Cioè non ti rinnegherò a causa della mia fragilità. Quando l'anima è in salute, allora si traduce in pratica quel che si conosce esser nostro dovere, e ci si impone anche, in caso di estremo cimento, di combattere fino alla morte corporale per la verità delle testimonianze divine. Se invece [ spiritualmente ] non si è in salute, la fragilità soccombe e la verità viene rinnegata. 3 - [v 147.] Questione filologica sul ????a Le parole successive contengono dell'oscurità e devono essere spiegate un po' più diffusamente. A notte fonda ho anticipato e gridato. Parecchi codici non leggono: A notte fonda, ma: In ora inopportuna; uno solo poi, e a stento, ho potuto trovare che recasse la doppia preposizione cioè durante l'ora inopportuna. Dove per "ora inopportuna" sono da intendersi le ore della notte, quando cioè il tempo non è opportuno ( vale a dire adatto ) per vegliare e realizzare qualcosa: la qual cosa è entrata anche nel gergo comune quando parliamo di "ora inopportuna". Anche la notte avanzata, cioè giunta a metà e quindi destinata al riposo, è stata chiamata in questa maniera, senza dubbio perché inadatta alle azioni da compiersi svegli. In tal senso gli antichi chiamarono tempestivo ciò che è opportuno e intempestivo ciò che è inopportuno: usando un termine derivato dalla radice " tempo ", non " tempesta ", che è un vocabolo ormai usuale nella lingua latina per indicare le perturbazioni atmosferiche. Di questo termine si servono ancora volentieri certi prosatori, i quali dicono: " in quella tempesta " per dire: " in quel tempo ". Né diversamente si espresse quell'autentico signore della nostra lingua quando disse: Da dove sorse improvvisa una tempesta così splendida? indicando con tale parola non un cielo coperto di nembi o turbato da venti, ma piuttosto il fulgore di un improvviso sereno. L'espressione greca ?? ????a, risultante non di una parola ma di due, cioè di una preposizione e di un nome, è stata resa da alcuni nostri traduttori con: A notte fonda; altri invece, e in maggior numero, l'hanno resa con: In ora inopportuna, un termine cioè il cui nominativo è " ora inopportuna ". Quanto agli altri che hanno tradotto: Durante l'ora inopportuna, sono stati più conformi al greco. ????a infatti significa " ora inopportuna " e ?? ????a corrisponde a: Durante l'ora inopportuna. A rendere a paroletta, cioè con due preposizioni, la frase e insieme parlare di notte profonda, si sarebbe dovuto dire: Durante la notte fonda: dove, delle due parolette " in ", una determina il tempo, mentre l'altra rientra nella composizione del nome. Quanto al significato infatti non fa differenza dire d'aver fatto una cosa al canto del gallo o sul cantare del gallo, e così non ci sarebbe stata differenza se il salmista avesse detto di aver gridato a notte fonda o durante la notte fonda. Il testo greco in se stesso dice: Durante la notte fonda, espressione che equivale a: In ora inopportuna, cioè quando le ore della notte non sono propizie [ all'azione ]. Ma basta ormai la disquisizione sul termine e la sua oscurità, e vediamo il senso della frase. 4 - Tempo di pregare Durante la notte fonda ho anticipato e gridato: ho sperato nelle tue parole. Se riferiamo queste parole ai singoli fedeli e le prendiamo in senso proprio, capita spesso che durante tali ore notturne vigili l'amore per il Signore e, dietro la forte spinta che esercita il gusto della preghiera, non si aspetti ma si anticipi il tempo di pregare, che suole essere dopo il canto del gallo. Se poi per " notte " intendiamo tutta la durata del tempo presente, è certamente notte profonda tutte le volte che gridiamo a Dio prevenendo il tempo adatto, che è quello in cui egli ci accorderà quanto ci ha promesso, come altrove si legge: Preveniamo la sua faccia con la confessione. ( Sal 95,2 ) O potremmo ancora intendere per tempo notturno non ancora maturo il periodo che ha preceduto la pienezza dei tempi: nel qual caso la maturità sarebbe il tempo in cui Cristo si è manifestato nella carne. ( Gal 4,4 ) Ebbene, nemmeno allora tacque la Chiesa ma anticipò tale pienezza dei tempi, gridando nella profezia e sperando nella parola di Dio ( il quale è in grado di realizzare quanto promette ), secondo la quale nella discendenza di Abramo sarebbero state benedette tutte le genti. ( Gen 12,3; Gen 22,18 ) 5 - [v 148.] Questo appunto dicono le parole successive: Prevengono i miei occhi il crepuscolo, per meditare i tuoi detti. Ammettiamo che sia stato mattino il periodo in cui spuntò una luce a coloro che giacevano nell'ombra di morte. ( Is 9,2 ) Ebbene, non prevennero forse quest'ora mattutina gli occhi della Chiesa nella persona di quei santi che vissero antecedentemente sulla terra? Essi previdero l'avverarsi di questi fatti, meditando le parole di Dio che allora venivano dette e che nella Legge e nei Profeti annunziavano queste altre realtà future. 6 - [v 149.] Misericordia e giustizia, di Dio Dice: La mia voce ascolta, o Signore, secondo la tua misericordia, e secondo il tuo giudizio rimettimi in vita. Prima, infatti Dio nella sua misericordia rimette al peccatore la pena, poi, una volta che l'ha reso giusto, nella sua giustizia gli accorda la vita. Non senza motivo infatti si esprime secondo quest'ordine colui che dice: Io canterò a te la misericordia e il giudizio, o Signore. ( Sal 101,1 ) Né d'altra parte il tempo della misericordia esclude il giudizio, come indicano le parole dell'Apostolo: Se ci esaminassimo bene da noi stessi non saremmo giudicati dal Signore; quando invece veniamo giudicati, è il Signore che ci redarguisce per non condannarci insieme col mondo. ( 1 Cor 11,31 ) E il suo compagno d'apostolato: Ormai è tempo che cominci il giudizio dalla casa del Signore. E se comincia prima da noi, quale sarà la fine in coloro che non obbediscono al Vangelo del Signore? ( 1 Pt 4,17 ) Similmente il tempo della fine, cioè del giudizio, non escluderà la misericordia, in quanto Dio, come dice il salmo, ti coronerà nella misericordia e nella compassione. ( Sal 103,4 ) Ci sarà, è vero, anche un giudizio senza misericordia; ma questo sarà per i collocati a sinistra, i quali non vollero usare misericordia. ( Gc 2,13 ) 7 - [v 150.] Dice: Si sono avvicinati i miei persecutori all'iniquità, o, come leggono alcuni codici, iniquamente. I persecutori si avvicinano quando giungono a tormentare e a uccidere il corpo. Per questo il salmo ventuno, dov'è profetata la Passione del Signore, dice: Non ti allontanare da me, perché la tribolazione è vicina; ( Sal 22,12 ) e lo dice riferendosi a ciò che il Signore patì non all'approssimarsi della passione ma durante la passione. Chiamò prossima la tribolazione che esperimentava nella carne, in quanto nulla è più vicino all'anima di quanto non lo sia la carne che essa regge. Si avvicinarono dunque i persecutori, quando sottoposero a tormenti il corpo di coloro che perseguitavano. Ma nota cosa segue: Dalla tua legge si sono allontanati. Quanto più s'avvicinavano ai giusti volendoli colpire, tanto più si allontanavano dalla giustizia. In effetti che danno arrecarono a coloro che aggredivano perseguitando? Nel loro intimo essi avevano vicino il Signore, dal quale [ il fedele ] non è mai abbandonato. 8 - [v 151.] Continua ancora: Vicino sei tu, o Signore, e tutte le tue vie [ sono ] verità. Rientra nel costume dei santi e della loro confessione riconoscere la verità di Dio anche nei loro tormenti, in quanto cioè non li soffrono senza esserseli meritati. Così fecero la regina Ester, ( Est 4,17 ) san Daniele, ( Dn 6,22 ) i tre uomini nella fornace, ( Dn 3,24 ) e gli altri loro emuli in santità. Si potrebbe anche ricercare perché nel nostro salmo si dica: Tutte le tue vie [ sono ] verità, mentre in un altro salmo troviamo scritto: Tutte le vie del Signore sono misericordia e verità. ( Sal 25,10 ) Certamente, nei confronti dei santi, tutte le vie del Signore sono misericordia e sono verità perché come nel giudicare egli soccorre ( per cui non manca la sua misericordia ) così nel compatire rende ciò che ha promesso ( per cui c'è insieme la verità ). Non c'è quindi dubbio che nei confronti di tutti, sia quelli che libera sia quelli che danna, tutte le vie del Signore sono misericordia e verità, perché là dove non usa compassione fa mostra di sua verità prendendosi la vendetta. Libera cioè molti senza che l'abbiano meritato, ma nessuno condanna senza che se lo sia meritato. 9 - [v 152.] Il regno di Dio nella promessa e nella realtà Dice: [ Fin ] dall'inizio ho saputo, circa le tue testimonianze, che in eterno le avevi fondate. Il testo greco, che reca ?at????? alcuni dei nostri l'hanno tradotto con: Dall'inizio, altri: All'inizio, altri ancora: Negli inizi. Quelli che hanno preferito la frase al plurale si sono più avvicinati al greco; tuttavia l'uso del latino esigerebbe piuttosto che si dicesse: Dall'inizio, o: All'inizio quel che il greco esprime con ?at?????, cioè un plurale che poi ha valore d'avverbio. Così nella nostra lingua diciamo: " Lo farò in altre occasioni ", dove all'apparenza sembrerebbe usato un plurale femminile, mentre in realtà si tratta di una forma avverbiale per dire " un'altra volta ". Che significa dunque l'espressione: Dall'inizio o piuttosto ( per dirlo anche noi con una formula avverbiale ) sul cominciare, ho saputo, circa le tue testimonianze, che in eterno le hai stabilite? Dice che le testimonianze del Signore sono state da lui stabilite per l'eternità, e attesta che una tale cognizione egli l'ha avuta fin dall'inizio, né l'ha appresa da altre vie che non fossero le stesse testimonianze. Ma quali sono queste testimonianze, se non quelle in cui Dio ha attestato di voler dare ai suoi figli un regno eterno? Ora questo [ regno ] egli ha testificato di volercelo dare nel suo Unigenito, del quale fu detto: Il suo regno non avrà fine. ( Lc 1,33 ) Dice dunque che tali testimonianze sono fondate per l'eternità in quanto è eterno ciò che per esse Dio ha promesso. In effetti le testimonianze in se stesse non saranno più necessarie quando sarà visibile la realtà per credere alla quale si richiedevano anteriormente le testimonianze. Sicché ben si comprende il senso di quel Tu le avevi fondate. Cioè, in Cristo fu dimostrato che esse sono vere. Nessuno infatti può porre fondamento diverso da quello che è stato posto e che è Cristo Gesù. ( 1 Cor 3,11 ) Come dunque costui ha potuto conoscere tutto questo fin dall'inizio? Chi però parla così è la Chiesa, che non cessò mai di esistere sulla terra a cominciare dai primordi del genere umano. Essa ha le sue primizie nel santo Abele, immolato anche lui ( Gen 4,8 ) per rendere testimonianza al sangue del Mediatore venturo, che sarebbe stato versato per mano degli empi fratelli. Tant'è vero che all'inizio fu pronunziata proprio quella parola: I due saranno una sola carne, ( Gen 2,24 ) sacramento grande, al dire dell'apostolo Paolo, il quale, applicando il testo, diceva: Questo io dico in Cristo e nella Chiesa. ( Ef 5,32 )