Padri/Agostino/EspSalmi/128.txt Salmo 128 (127) Discorso al popolo 1 - [vv 1-4.] Il problema della retribuzione divina Fratelli carissimi, in un passo dell'Apostolo è detto: Noi adattiamo le cose spirituali agli uomini spirituali; l'uomo carnale viceversa non è in grado di penetrare ciò che è dello Spirito di Dio. ( 1 Cor 2,13 ) Ora, nei riguardi del presente salmo c'è proprio da temere che questi uomini carnali, incapaci quindi di comprendere la verità rivelata dallo Spirito di Dio, si scandalizzino anziché venirne edificati. Lo abbiamo ascoltato mentre lo si cantava, ma voglio ripeterlo, sia pur cursivamente. Non sarà una esposizione ma una lettura, fatta in fretta, d'un testo breve in se stesso. Esaminate voi stessi! Ci sarà probabilmente fra voi qualcuno che abbia desiderato da Dio come bene primario cose come quelle elencate in questo salmo senza averle ottenute: e questo non perché Dio lo abbia abbandonato ma per un tratto più squisito del suo amore. Le stesse cose qui descritte come premio, di coloro che temono Dio, le avrà viste abbondare presso gente tutt'altro che timorata di Dio. I suoi passi avranno allora cominciato a incespicare e il suo incedere già minacciava ruzzoloni. Si sarà detto in fondo al cuore che inutilmente è stato fedele a Dio, dal momento che non ha ottenuto i beni promessi a chi lo teme, anzi gli stessi beni li riscontra presso coloro che non solo non temono Dio ma addirittura lo bestemmiano. Osservate infatti cosa si affermi! Beati tutti coloro che temono il Signore [ e ] che camminano nelle sue vie. Mangerai dei lavori dei tuoi frutti; sei beato; e ne ricaverai del bene. Fin qui potremmo ancora pensare, pur essendo persone carnali, trattarsi della felicità che ci è riservata nella vita avvenire; ma notate come continua: La tua moglie [ è ] come vite feconda ai fianchi della tua casa; i tuoi figli come polloni di olivo attorno alla tua mensa. Ecco, in questa maniera sarà benedetto l'uomo che teme il Signore. In che maniera? Eccola: la sua moglie sarà come una vite feconda lungo le mura della sua casa, i suoi figli attornieranno il suo desco come polloni di olivo. Ma allora quei tali che per amore di Dio ricusarono d'ammogliarsi resteranno senza ricompensa? Potrà certo rispondere la persona non sposata: Dio mi benedirà in altra maniera. Invece no! O ti benedirà così o non ti benedirà per niente. Sono infatti inequivocabili le parole: Ecco, in questo modo verrà benedetto l'uomo che teme il Signore. 2 - La prosperità mondana, concessa anche agli empi, disprezzata dai martiri A che cosa si riferisce tutto questo, o fratelli? Il profeta ci presenta una specie d'involucro, e fa così per impedire che noi, attaccandoci col desiderio a un benessere contingente e materiale, perdiamo i beni del cielo. È un involucro che racchiude non so qual altra cosa. Si ricorderà infatti la vostra Carità di quanto detto nella esposizione del salmo precedente, quello cioè che si trova prima di questo. Ci imbattemmo in un versetto oscuro ove si diceva: Come frecce in mano al potente, così i figli degli sbattuti; ( Sal 127,4 ) e andando a investigare chi fossero questi figli degli sbattuti, ci sembrò giusto intendere ( secondo il nostro parere, per un'ispirazione divina ) per figli degli sbattuti gli Apostoli, in quanto figli dei profeti. Questo, per il fatto che i profeti parlarono in maniera enigmatica e nascosero il significato ultimo [ delle loro parole ] in simboli oggettivi che costituivano come degli involucri rispetto ai misteri. Ora quel significato occulto non poteva essere svelato agli uomini senza che quegli involucri venissero sbattuti: ragion per cui gli Apostoli vennero chiamati figli degli sbattuti, in quanto trassero profitto dai profeti da loro sviscerati. Proviamo quindi anche noi a scuotere il nostro salmo, per non lasciarci ingannare dalle apparenze: affinché cioè non ci succeda che, palpando il contenuto nascosto lì dentro e non vedendolo, scambiamo il legno con l'oro e la terracotta con l'argento. Proviamo a scuoterlo, se così piace alla vostra Carità. Il Signore non mancherà d'assisterci affinché venga alla luce quel che si cela dentro, tanto più che oggi celebriamo, miei fratelli, il giorno natalizio dei martiri. Quanti mali non hanno sofferto i martiri! quante pene, quanti tormenti! Squallore di carceri, strette di catene, ferocia di belve, ardore di fiamme, trafitture di scherni. E sarebbero riusciti ad affrontare tutto questo se non avessero visto non so qual cosa verso cui protendersi, un qualcosa che non è del mondo presente né costituisce la sua felicità? Noi dunque celebriamo il giorno natalizio dei martiri, cioè di quei servi di Dio che disprezzarono il mondo attuale per conseguire la felicità eterna; e non è sconveniente che prendiamo alla lettera quanto è scritto nel nostro salmo e lo riferiamo alla felicità che può godersi quaggiù? Ci potrebbe capitare un uomo fedele a Dio, un cittadino della Gerusalemme celeste il quale, presa moglie, non abbia avuto prole; e non sarebbe sconcio se noi, di fronte a un tal caso, dicessimo: Quel tale non è una persona timorata di Dio, poiché, se temesse il Signore, la sua moglie sarebbe come una vite feconda entro la sua casa, e non sterile e incapace di generare figli? Se quell'uomo fosse timorato di Dio, i suoi figli sarebbero lì attorno alla sua mensa come piante d'olivo! Se dicessimo cose di questo genere, saremmo persone carnali, incapaci di penetrare nell'ambito dello Spirito di Dio. Cominciamo a scuotere noi stessi, per essere noi pure figli degli sbattuti, e, divenuti tali, essere altrettante frecce in mano del Potente. Con la spinta del suo precetto egli ci scaglierà nel cuore di coloro che non amano, finché, colpiti dai dardi della parola divina, non s'accendano d'amore. In effetti noi potremmo tentare con loro un discorso di questo genere: Figli - o fratelli - miei, temete il Signore perché così avrete figli e nipoti e la vostra casa sarà colma di gioia; ma, ciò facendo, non scaglieremmo quei dardi che inducono ad amare l'eterna Gerusalemme, e chi ci ascolta rimarrebbe affezionato alle cose terrene. Vedendo poi che le stesse cose si trovano in abbondanza anche presso gli empi, se non in faccia perché non osano, ma certo nell'intimo del cuore direbbero: Ma allora com'è che quel tale, che certo non teme Dio, ha lui pure la casa piena di figli? Qualcuno potrebbe forse obiettargli: È vero, ma tu non puoi prevedere ciò che l'attende per il futuro. Non potrebbe succedere che, non temendo Dio, dovrà accompagnarli al sepolcro, e il fatto che gliene siano nati parecchi serva ad accrescergli il dolore quando se li vedrà morire? Potresti dirgli anche così, ma lui ti risponderebbe: Ho conosciuto un tale che era empio e pagano, che commetteva sacrilegi e adorava gli idoli ( e può darsi che l'abbia conosciuto sul serio e le sue parole rispondano a verità; può anzi averne conosciuto non uno soltanto o due o tre, ma molti ); eppure raggiunse una vecchiezza decrepita e morì sul suo letto, e quando lo portarono alla sepoltura, attorno a lui c'era una moltitudine incalcolabile di figli e nipoti. Ecco qua! Non aveva affatto temuto il Signore, e a chiudergli gli occhi c'era tutta una schiera di discendenti, di cui era stata oltre ogni dire feconda la sua casa. Di fronte a un simile ragionamento cosa replicare? Certamente a quell'uomo non potrà più capitare alcun male; non dovrà certamente nella sua vita accompagnare al sepolcro i suoi figli, se è vero che sono stati i suoi figli che alla sua morte lo portarono con pompa alla sepoltura. 3 - Cristo capo e corpo Su dunque! scuotiamo, scuotiamo [ l'involucro ], se ci piace essere figli degli sbattuti. Facciamone uscire il contenuto. Colui che riceve tali benedizioni è un uomo ben determinato e, se non si è membra di quest'uomo, non ci si può illudere di temere il Signore. Si tratta di una moltitudine di uomini e insieme di un uomo solo, poiché, pur essendo molti i cristiani, uno solo è il Cristo. Un unico uomo, Cristo, sono i cristiani insieme col loro capo che ascese al cielo. Non lui un individuo singolo e noi una moltitudine, ma noi, moltitudine, divenuti uno in lui che è uno. Cristo dunque, capo e corpo, è un solo uomo. E qual è il corpo di Cristo? La sua Chiesa. Lo afferma l'Apostolo: Noi siamo membra del suo corpo, ( Ef 5,30 ) e ancora: Voi siete corpo di Cristo e [ sue ] membra. ( 1 Cor 12,27 ) Cerchiamo quindi di comprendere la voce di quest'uomo, incorporati al quale anche noi formiamo un unico uomo. Nella realtà di questo corpo scopriamo i veri beni di Gerusalemme. Al termine [ del salmo ] si dice infatti: E veda i beni di Gerusalemme. ( Sal 128,1 ) Se guarderai con occhio terreno ai beni qui elencati, cioè abbondanza di figli e nipoti, prolificità e fecondità della sposa, non sonO questi i beni della Gerusalemme celeste. SonO beni della terra dei mortali, mentre quella è la terra dei viventi. Non considerare come bene supremo l'avere dei figli che, se non prima di te, certo dopo di te dovranno morire. Vuoi avere dei figli che mai avranno a morire ma potranno vivere per sempre insieme con te? Rimani stabilmente nel corpo di colui del quale è detto: Voi siete corpo di Cristo e [ sue ] membra. 4 - Questa dottrina insegna anche il nostro salmo, il quale se è oscuro lo è perché vuole esortarci a picchiare, se è occultato come da un velo lo è perché vuol essere sbattuto. Notate infatti com'esso inizi al plurale: Beati tutti coloro che temono il Signore, [ e ] che camminano nelle sue vie. Parla a molti; ma poiché questi molti sono in Cristo una sola realtà continua al singolare e subito dice: Mangerai i lavori dei tuoi frutti. Prima aveva detto: Beati tutti coloro che temono il Signore, [ e ] che camminano nelle sue vie; perché dire adesso: Mangerai i lavori dei tuoi frutti, e non piuttosto: Mangerete? E perché dire: I lavori dei tuoi frutti, e non: I lavori dei vostri frutti? Così presto si è dimenticato che parlava a molti? Se lo avrai sbattuto a dovere, cosa ti risponde? Parlando a dei cristiani, sebbene siano molti, nell'unico Cristo io li considero una sola unità. Voi dunque siete molti e siete uno; noi siamo molti e siamo uno. In che modo, pur essendo molti, siamo uno? Perché ci teniamo strettamente uniti a colui del quale siamo membra, e se il nostro Capo è in cielo lassù lo seguiranno anche le membra. 5 - La felicità vera posseduta nella speranza Inizi dunque la sua descrizione, ora che ci è noto chi sia ad essere descritto. Le cose che aggiungerà non potranno non essere chiare. Quanto a voi però, badate a temere il Signore e a camminare per le sue vie, senza invidiare coloro che camminano lontano dalle vie del Signore, se per caso li vedrete infaustamente felici. I mondani infatti sono felici ma infaustamente: al contrario dei martiri, i quali sono stati felicemente infelici. Sono stati infelici per un istante ma ora sono eternamente felici. Anzi, al momento stesso in cui erano per un istante infelici, in effetti li si credeva più sfortunati di quanto in realtà non fossero. Cosa dice infatti l'Apostolo? Sembriamo tristi ma siamo sempre nella gioia. ( 2 Cor 6,10 ) Perché Sempre? Nella gioia di qua e nella gioia di là. Sì, di qua e di là. Perché nella gioia di qua? Per la speranza. Perché nella gioia di là? Per il possesso reale [ di Dio ]. Grande gioia arreca la stessa speranza in chi sa che è destinato a godere. Ma se è vero che il godimento è nella speranza, notate cosa aggiunge: Pazienti nella tribolazione. ( Rm 12,12 ) Se pertanto i martiri erano pazienti nella tribolazione, lo erano perché godevano nella speranza: essi non avevano conseguito quanto loro si prometteva. Cosa dice infatti l'Apostolo? La speranza di ciò che si vede non è speranza; che se al contrario speriamo in cose che non vediamo, usiamo pazienza nell'aspettarle. ( Rm 8,24-25 ) Ecco la ragione per la quale i martiri sopportavano ogni pena: forti della pazienza, aspettavano ciò che non vedevano. I loro aguzzini amavano le cose visibili; essi si lasciavano uccidere perché aspiravano ansiosamente alle cose invisibili, affrettando col desiderio il momento di possederle, al segno che ogni lentezza nell'esecuzione della pena era da loro considerata un'inutile perdita di tempo. 6 - Il martire Felice In questa maniera disprezzò il mondo il martire Felice ( davvero felice e per il nome e per il premio! ) di cui oggi celebriamo la festa. Egli temeva il Signore, ma la sua felicità, la sua beatitudine, gli derivò forse dal fatto che qui in terra la sua sposa fu feconda come vite e i suoi figli circondavano la sua mensa? Anche queste cose egli possiede, e in maniera perfetta, ma ciò in quanto inserito nel corpo di quel [ capo ] che il salmo descrive. Avendone compreso in questa maniera le parole, disprezzò i beni terreni al fine di raggiungere i beni futuri. Saprete poi, o fratelli, che Felice non fu ucciso come invece lo furono altri martiri. Fatta che ebbe la confessione, ci fu un rinvio nell'esecuzione della pena; ma il giorno dopo il suo corpo fu trovato esanime. I carnefici infatti poterono chiudere il carcere, ma al corpo non all'anima: sicché quando vennero per sottoporlo ai tormenti, trovarono che non c'era più, e quindi deposero la loro ferocia. Giaceva esanime e privo di sensi dinanzi a loro, per cui non lo si poteva torturare; ma era perfettamente dotato di senso dinanzi a Dio, per essere coronato. Orbene, fratelli, per qual motivo fu egli felice non tanto di nome ma anche per aver raggiunto il premio della vita eterna? Forse perché amò le cose descritte nel nostro salmo? 7 - Temere per il solo motivo del castigo è riprovevole Ascoltiamo il salmo riferendo a Cristo le sue parole, e tutti noi che apparteniamo al corpo di Cristo, essendo diventati sue membra, camminiamo per le vie del Signore. Temiamo il Signore con timore casto: quel timore che dura in eterno. C'è infatti un altro timore incompatibile con la carità, come insegna Giovanni: Nella carità non c'è timore, anzi la carità perfetta esclude il timore. ( 1 Gv 4,18 ) Non di ogni timore è detto che viene eliminato dalla carità; in un salmo infatti si dice: Il timore casto del Signore rimane nei secoli dei secoli. ( Sal 19,10 ) C'è dunque un timore che rimane e un altro che viene escluso [ dalla carità ]. Quello che viene escluso non è un timore casto, mentre è casto quello che rimane. Qual è il timore che viene escluso? Abbiate la bontà di stare attenti! Ci sono alcuni che temono [ Dio ] per il solo motivo di sfuggire ai mali di questo mondo, per non essere colpiti da malattie, per scongiurare danni, privazioni, perdite di persone care, per eludere condanne, prigionia o altre sofferenze. Per queste ragioni temono e paventano, ma certamente un simile timore non è casto. Ascolta ancora! C'è chi non teme le sofferenze di questo mondo ma ha paura dell'inferno, paura che, del resto, anche il Signore ci incute. Lo avete ascoltato alla lettura del Vangelo: Laggiù non morrà il loro verme né si spegnerà il fuoco che li divora. ( Mc 9,43 ) Ascoltando queste minacce, che toccheranno certamente agli empi, alcuni, presi da timore, si astengono dal peccato. Hanno paura e per questa paura non commettono peccati. Sono persone che temono [ il castigo ] ma non ancora amano la giustizia. Tuttavia quel timore che li spinge ad astenersi dal peccato crea in loro un'inclinazione costante per la giustizia, e ciò che prima era difficile comincia a piacere e si assapora la dolcezza di Dio. A tal punto l'uomo inizia a vivere nella giustizia non per timore delle pene ma per amore dell'eternità. La carità ha bandito un certo timore, sostituendolo con il timore casto. 8 - È salutare temere per amore della giustizia Cos'è questo timore casto, in riferimento al quale dobbiamo, miei fratelli, intendere le parole: Beati tutti coloro che temono il Signore [ e ] che camminano nelle sue vie? Se con l'aiuto del Signore nostro Dio potrò descrivere questo timore casto, forse molti, mossi proprio da questo timore casto, si sentiranno infiammati per conseguire l'amore casto. Mi sembra però che a spiegarvi un simile timore non riuscirei se non ricorrendo a un paragone. Immaginate una donna casta che teme suo marito, e immaginatevi un'altra donna che tema suo marito ma sia adultera. La donna casta teme che suo marito si allontani, l'adultera teme che torni. E se fossero tutt'e due assenti? L'adultera teme che arrivi, l'altra si preoccupa che tardi. Il nostro Sposo è, in certo qual modo, lontano; colui che ci ha dato per caparra lo Spirito Santo è assente. È assente colui che ci ha redenti col suo sangue, lo Sposo del quale nulla può esserci di più bello. È vero che egli volle apparire deforme ai suoi persecutori, come diceva Isaia che avete ascoltato poc'anzi: Noi lo guardammo, ma non aveva né bellezza né attrattiva ( Is 53,2 ); tuttavia sarà davvero deforme il nostro Sposo? Tutt'altro! Come infatti si sarebbero potute innamorare di lui tante vergini, che per lui hanno rinunciato ad avere in terra un marito? Se apparve privo di bellezza, fu nei riguardi dei persecutori: i quali, se non l'avessero considerato una persona spregevole, non gli si sarebbero avventati contro, né lo avrebbero flagellato, coronato di spine, coperto di sputi. Se gli fecero tutto questo, fu perché Cristo si presentò loro come uomo spregevole; né essi, d'altra parte, avevano occhio per vedere la bellezza di Cristo. Come dovrebbero essere gli occhi ai quali Cristo si manifesti nella sua bellezza? Come quelli che Cristo stesso esigeva quando rivolse a Filippo le parole: Da tanto tempo sono in mezzo a voi e non mi avete conosciuto? ( Gv 14,9 ) Occorre purificare questi occhi, perché siano in grado di vedere tanta luce. Penetrati, sia pure in modo ridotto, dal suo splendore, vengono scaldati dall'amore che fa loro desiderare la guarigione [ completa ] e così vengono illuminati. Che infatti Cristo, oggetto del nostro amore, sia fornito di bellezza, lo sapete dalle parole del profeta: Il più bello e grazioso tra i figli degli uomini. ( Sal 45,3 ) La sua bellezza supera quella di ogni altro uomo; ma noi cosa amiamo in Cristo? Il corpo crocifisso o il petto squarciato, o non piuttosto il suo stesso amore? Quando sentiamo dirci che egli ha patito per noi, cosa amiamo? È lo stesso suo amore che noi amiamo. Ci ha amati infatti affinché noi lo riamassimo; e perché noi avessimo la possibilità di riamarlo ci ha visitati con il suo Spirito. Bello dunque è il nostro Sposo, ma [ per ora ] assente. La sua sposa si interroghi per conoscere se sia casta. Tutti noi, fratelli, facciamo parte delle sue membra, e se siamo sue membra, siamo un unico uomo. Ebbene, ciascuno esamini se stesso per vedere quale timore abbia: se quello incompatibile con la carità ovvero il timore casto che dura in eterno. Oggi ciascuno ha avuto l'occasione per saggiarlo, ma, ve lo ripeto, per l'avvenire ne avrà altre. Il nostro Sposo è assente; e tu, interrogando la tua coscienza, sei contento che venga ovvero ti piace che tardi ancora? Esaminatevi, fratelli! Io ho picchiato alla porta del vostro cuore; lui ha già ascoltato la risposta del vostro uomo interiore. Cosa abbia detto la coscienza di ciascuno, non è potuto arrivare al mio orecchio poiché io sono un uomo, ma vi ha ascoltati colui che, assente corporalmente, vi è presente con la potenza della sua maestà. E quanti di voi, se si dicesse loro: Ecco Cristo è in arrivo, domani sarà il giorno del giudizio, non direbbero: Magari venisse davvero! Chi parla così dimostra d'amare molto. Che se al contrario si dicesse loro: Cristo tarderà a venire, avrebbero timore di questo ritardo, perché casto è il loro timore, e come ora temono il ritardo, così, dopo la sua venuta, potrebbero temere una [ nuova ] lontananza. Sarà comunque un timore casto e, per questo, sarà anche sereno ed esente da ansietà. Non saremo certo abbandonati da lui quando ci avrà incontrati, se da lui siamo stati cercati prima che noi stessi lo cercassimo. Ecco, miei fratelli, una nota caratteristica del timore casto: esso nasce dall'amore. Il contrario è di quell'altro timore, quello che non è casto: esso teme la presenza [ della persona temuta ] e ne teme i castighi. Se compie il bene, lo compie per paura: non per timore di perdere il bene [ che possiede ], ma per la paura di subire il male [ che gli si minaccia ]. Non teme di perdere l'intimità del suo Sposo bellissimo, ma teme di essere condannato all'inferno. Anche questo timore è, in fondo, buono e utile; tuttavia non durerà in eterno, non essendo appunto quel timore casto che dura nei secoli dei secoli. 9 - Segni del timore casto Quando si ha il timore casto? Voglio porvi una domanda che vi spinga a interrogare voi stessi. È vero che Dio non cessa di parlarci attraverso le sue Lettere, ma supponete che egli venga a parlarvi di persona e vi dica: Vuoi peccare? Pecca pure e fa' quel che ti pare e piace. Sia tuo tutto quello che in terra ti attrae. Se c'è uno col quale sei adirato, muoia all'istante; se c'è un altro che vuoi derubare, derubalo pure; se vuoi percuotere un altro, percuotilo; se ti piace che uno sia condannato, lo si condanni; se uno ha qualcosa di cui tu vorresti impadronirti, prenditi pure ogni cosa. Che nessuno osi opporti resistenza o dirti: Ma cosa stai facendo? Nessuno ti minacci di non fare [ la tale o tal altra cosa ]; nessuno ti chieda conto del perché l'hai fatta. Che tutti i beni della terra da te bramati ti siano dati in abbondanza e tu possa vivervi immerso, non per un po' di tempo, ma per sempre. Solo che, però, tu non vedrai in eterno il mio volto … Miei fratelli, perché il vostro sussulto se non perché è già nato in voi il timore casto che dura in eterno? Perché il vostro cuore è rimasto colpito? Fa' che Dio venga a dirti: Tu non vedrai in eterno il mio volto. Ecco, tu godrai di tutte le fortune del mondo e avrai tutti i beni temporali, fino ad esserne sommerso; non li perderai né dovrai mai lasciarli. Cosa vuoi di più? Il timore casto piangerebbe, nonostante tutto questo, e gemendo esclamerebbe: Al contrario, vadano in malora tutte queste cose, purché veda il tuo volto! Il timore casto, prendendo le parole del salmo griderebbe: O Dio degli eserciti, convertici e mostraci il tuo volto, e noi saremo salvi. ( Sal 80,8 ) Ovvero, con l'altro salmo: Una sola cosa ho chiesto al Signore. Osserva come sia ardente in costui il timore casto, l'amore autentico e sincero. Una sola cosa ho chiesto al Signore e questo continuerò a chiedere. Che cosa? Abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita. Ma questo non lo chiederà forse per conseguire una prosperità terrena? Ascolta come continui. Al fine di contemplare la dolcezza del Signore ed essere protetto in qualità di suo tempio. ( Sal 27,4 ) Cioè: essere suo tempio ed essere da lui protetto. Quest'unica cosa dovete anche voi chiedere. Per il suo conseguimento, e non per altro, dovete anche voi addestrare il cuore e temere soltanto la sua perdita. Così facendo, non invidierete alcuna delle prosperità terrene e spererete nell'unica vera felicità, e farete sul serio parte del corpo di colui al quale [ nel salmo ] si canta: Beati tutti coloro che temono il Signore [ e ] camminano nelle sue vie. 10 - Il pagano irride alla felicità promessa al cristiano Mangerai i lavori dei tuoi frutti. Sì, voi o, meglio, tu ( poiché voi, moltitudine, formate un solo uomo ) mangerai i lavori dei tuoi frutti. Chi non capisce l'espressione penserà che le parole siano invertite. Avrebbe dovuto dire infatti: Mangerai il frutto dei tuoi lavori, come fa molta gente, la quale mangia esattamente del frutto del proprio lavoro. Così chi coltiva una vigna. Non è che mangi il suo lavoro ma ciò che dal lavoro viene prodotto. Così chi coltiva piante da frutto. Chi potrebbe, del resto, mangiare il lavoro stesso? Ma i frutti delle piante coltivate, cioè i proventi del lavoro, ecco ciò che rallegra il contadino. Che significano allora le parole: Mangerai i lavori dei tuoi frutti? Ora è tempo di lavorare, più tardi verrà il frutto; ma, siccome il lavoro stesso non è senza gioia a motivo della speranza - lo dicevamo poc'anzi: Gioiosi nella speranza, pazienti nella tribolazione ( Rm 12,12 ) - per questo anche il nostro lavoro ci rallegra e ci dona la letizia, frutto di speranza. Se pertanto anche il nostro lavoro può essere mangiato e rallegrarci, quale sarà il frutto del nostro lavoro che ci sarà dato mangiare? Mangiavano il loro lavoro quei tali che, avanzando, camminavano e piangevano spargendo la loro semente. Ora, con quanto maggiore allegrezza mangeranno dei frutti del proprio lavoro, allorché, tornando, torneranno pieni di esultanza, portando i loro covoni? ( Sal 126,6 ) Che anche il lavoro, se di questo tipo, possa mangiarsi, voi, fratelli, lo sapete avendo ascoltato le parole del salmo precedente. Si parlava ai superbi, cioè a quanti pretendevano levarsi prima della luce o, in altre parole, precedere Cristo, non intendendo camminare per la via dell'umiltà che portò Cristo alla resurrezione; e a loro si diceva: Alzatevi dopo che siete stati seduti. ( Sal 127,2 ) Cioè: Umiliatevi prima e poi vi innalzerete, poiché anche lui, venuto ad essere glorificato per il bene vostro, prima fu umiliato. E cosa si diceva allora? Voi che mangiate il pane del dolore. Ecco cos'è il lavoro dei frutti: il pane del dolore. Se infatti non lo si potesse mangiare, non sarebbe chiamato pane, e viceversa, se questo pane non contenesse un certo gusto, nessuno lo mangerebbe. Con quanta dolcezza piange e geme la persona che prega! Le lagrime dell'orante sono più dolci dei godimenti che offre il teatro. Ascolta con quale infiammato desiderio si mangi questo pane, del quale qui è detto: Voi che mangiate il pane del dolore. Ne parla in un altro passo scritturale quell'innamorato del quale sappiamo di consueto riconoscere la voce quando risuona nei salmi. Dice: Le mie lagrime mi sono diventate pane di giorno e di notte. ( Sal 42,4 ) In che senso sono diventate pane quelle lagrime? Mentre mi si dice tutto il giorno: Dov'è il tuo Dio? Prima che ci sia dato vedere colui che ci ha amati e ci ha dato il pegno [ del suo amore ], essendo noi divenuti sua sposa, i pagani ci deridono dicendo: Si può sapere dov'è quello che adorano i cristiani? Ci mostrino una buona volta il Dio che adorano. Come io fo loro vedere il mio dio, così essi mi facciano vedere il loro. Quando il pagano ti rivolge queste parole, tu non hai nulla da fargli vedere, poiché egli non è tale che tu possa mostrargli [ il tuo Dio ]. Ti ritiri e cominci a piangere dinanzi a Dio. Rivolto a lui, che ancora non ti è dato vedere, sospiri e gemi per il desiderio. Ora, siccome questo pianto nasce dal desiderio di lui, le stesse lagrime ti sono dolci e saranno per te come un cibo; sono anzi diventate - proprio queste lagrime - il tuo pane di giorno e di notte, mentre ogni giorno ti si ripete: Dov'è il tuo Dio? Alla fine però verrà il tuo Dio, di cui adesso ti si domanda dove sia, e asciugherà le tue lagrime. Invece del pane delle lagrime subentrerà lui stesso e ti nutrirà in eterno: il Verbo di Dio, cibo degli angeli, sarà vicino a noi. ( Ap 21,4 ) Mangia quindi adesso i lavori dei frutti, in seguito mangerai i frutti del lavoro. Mangerai i lavori dei tuoi frutti; sei beato e te ne proverrà del bene. Sei beato, riguarda il presente; e te ne proverrà del bene riguarda il futuro. Sei beato mentre mangi i lavori dei frutti; te ne proverrà del bene quando sarà l'ora di raccogliere i frutti del tuo lavoro. Cosa dice? Se possederai il bene sarai certamente beato, e se sarai beato certamente dovrai possedere il bene. Ma vi è differenza fra attesa e possesso reale; e se tanto dolce è l'attesa, quanto più non dovrà essere dolce la realtà in se stessa? 11 - La Chiesa e la sua fecondità Siamo giunti alle parole: La tua sposa. Le si dice a Cristo, quindi la sua sposa è la sua Chiesa: noi stessi, sua Chiesa, siamo la sua sposa. Come vite feconda. Per quali suoi figli può dirsi vite feconda la Chiesa? Se guardiamo queste mura, vediamo entrarvi molti [ rami ] infruttuosi: vi entrano infatti molti ubriaconi, usurai, falsari; molti che consultano gli stregoni, che quando hanno male di testa ricorrono a sedicenti guaritori o guaritrici. Sarà mai questa la fecondità della vite, la prolificità della sposa? Certo no. Queste ne sono le spine, ma essa non è da ogni parte spinosa. Ha una sua fecondità; è una vite feconda: ma dove? Ai fianchi della tua casa. Non di tutti può dirsi che siano fianchi della casa. Indago cosa siano i fianchi della casa, e che dirò? Che sono le pareti, intendendo con ciò le pietre più resistenti? Se si parlasse di questo edificio materiale, forse potremmo intendere così il termine " fianchi ". Nel nostro caso però chiamiamo fianchi della casa coloro che si tengono uniti a Cristo. E ciò non senza motivo. Capita infatti anche nel nostro linguaggio ordinario, come quando, ad esempio, parliamo di uno che si comporta male perché consigliato da amici disonesti. Diciamo: Ha cattivi fiancheggiatori. Che significa: Ha cattivi fiancheggiatori, se non che gli stanno attorno persone cattive? Di un altro viceversa diciamo: Ha buoni fiancheggiatori; e questo per indicare che vive seguendo buoni consigli o, in altre parole, che si regge sulla base di buoni consigli. Fianchi della casa sono, dunque, coloro che vivono uniti a Cristo. Non per nulla infatti la donna venne tratta dal fianco [ dell'uomo ]: ( Gen 2,21-22 ) Eva venne creata mentre l'uomo dormiva, la Chiesa derivò da Cristo morto, ma l'una e l'altra dal fianco dell'uomo. La prima quando all'uomo addormentato venne tolta una costola; la seconda quando il fianco di Cristo venne trafitto dalla lancia e dalla ferita scaturirono i sacramenti. ( Gv 19,34 ) Ebbene, sì, la tua sposa [ è ] come vite feconda; ma in quali persone? Nei fianchi della tua casa. È invece sterile negli altri, cioè in coloro che si trovano staccati da Cristo: i quali non voglio nemmeno computarli fra i componenti la vite. 12 - " Mi è fratello e sorella e madre " I tuoi figli. Identici sono sposa e figli. Nelle nozze e nei matrimoni d'ordine naturale una cosa è la moglie e un'altra i figli; nella Chiesa moglie e figli si identificano. Così gli Apostoli: facevano parte della Chiesa e della Chiesa erano membra. Erano quindi della sposa di Cristo, anzi costituivano la stessa sposa, per quella parte che loro competeva e che avevano conseguita fra le membra [ di lei ]. Perché allora è detto nei loro riguardi: Quando lo sposo se ne sarà andato, i figli dello sposo digiuneranno? ( Mt 9,15 ) È segno che loro sono la sposa, come sono anche i figli. Vi dirò, miei fratelli, una cosa sorprendente. Esaminando la parola del Signore, troviamo che la Chiesa è fratello, sorella e madre di Cristo. Ci riferiamo all'episodio quando fu annunziato a Gesù che lì fuori c'erano sua madre e i suoi fratelli. Per il fatto di essere fuori costituivano un simbolo. E chi simboleggiava la madre? La sinagoga. Chi i fratelli carnali [ di lui ]? I giudei che rimangono al di fuori. In effetti la sinagoga è rimasta fuori. Maria invece appartiene ai fianchi della sua casa, come vi fan parte quei suoi parenti che, nati dalla stirpe di Maria Vergine, credettero in lui. E questo non tanto perché fossero suoi congiunti di sangue quanto piuttosto perché ascoltavano la parola di Dio e la mettevano in pratica. Così infatti rispose il Signore: Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? ( Mt 12,48 ) Per questa espressione, per aver detto cioè il Signore: Chi è mia madre?, alcuni hanno voluto sostenere che Cristo sia stato senza madre. Ma con quale fondamento? Furono forse senza padre Pietro e Giovanni e Giacomo e gli altri Apostoli? Eppure di loro cosa si dice? Non chiamate nessuno vostro padre sulla terra, poiché uno solo è il padre vostro, quello che sta nei cieli. ( Mt 23,9 ) Lo stesso insegnamento che impartiva ai discepoli trattando del padre inculcava presentando il caso della sua propria madre. È infatti volontà del Signore che a ogni legame di parentela carnale preferiamo Dio. Se onori il padre perché ti è padre, onora Dio perché è tuo Dio. Tuo padre ti ha generato contribuendo con la sua carne, Dio ti ha creato intervenendo con la sua potenza. Nessun padre si adiri quando gli viene preferito Dio; anzi, goda perché talmente grande è l'onore a lui tributato che, per trovare uno superiore a lui, sia necessario risalire fino a Dio. Che dirò dunque? Cosa diceva il Signore? Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Stese le mani sui discepoli e disse: Ecco mia madre e i miei fratelli. ( Mt 12,46-50 ) Se erano fratelli, come potevano essere anche sua madre? Aggiunse: Chi infatti compie la volontà del Padre mio, questi è mio fratello e sorella e madre. Probabilmente fratello in relazione al fatto che nella Chiesa ci sono maschi, sorella per le donne che Cristo ugualmente annovera fra le sue membra. Ma madre per quale altro motivo se non perché nella persona del cristiano c'è lo stesso Cristo e ogni giorno la Chiesa partorisce di questi cristiani mediante il battesimo? Le stesse persone quindi che qualifichiamo come sposa di Cristo ne sono anche la madre e i figli. 13 - La carità è il nostro frutto Ci si dica ora come debbano essere questi figli. Come? Pacifici. Perché pacifici? Perché beati i pacifici perché essi saranno chiamati figli di Dio. ( Mt 5,9 ) Ricordiamo come nell'oliva è nascosto il frutto della pace: l'olio infatti simboleggia la pace, come anche simboleggia la carità, senza la quale non ci può essere pace. Risulta pertanto all'evidenza che quanti hanno diviso la pace sono privi di carità. A questo proposito ho già esposto alla vostra Carità il motivo per cui la colomba, tornando all'arca, portò le foglie e insieme anche il frutto. ( Gen 8,11 ) Voleva significare che quanti sono stati battezzati fuori [ della Chiesa ] sono stati battezzati come [ dal diluvio ] furono bagnati gli alberi, che rimasero fuori dell'arca. Se essi non produrranno soltanto foglie, cioè solo parole, ma anche frutti, cioè la carità, la colomba si incaricherà di ricondurli all'arca ed essi torneranno all'unità. Occorre però che questi figli siano attorno alla mensa del Signore come polloni di olivo. È un ideale di perfezione, è il colmo della beatitudine. Chi non vorrebbe trovarcisi? Se pertanto ti capita sott'occhio un bestemmiatore e vedi che ha moglie, figli e nipoti, mentre tu non ne hai, non invidiarlo. Sappi che la profezia s'è adempiuta anche in te in una sfera spirituale. O che per caso tu non ti senti fra le membra [ di Cristo ]? Se non ci sei, piangi, perché, come non ci sei di qua, così non ci sarai di là. Se invece sei nel loro numero, sta' pur tranquillo, perché, sebbene non ti ci trovi di qua ma solo di là, è molto più vantaggioso trovartici di là che non di qua. 14 - Se abbiamo [ quel che promette il salmo ], perché lo abbiamo? Perché temiamo il Signore. Ecco, così sarà benedetto l'uomo che teme il Signore. Una stessa cosa sono l'uomo e gli uomini. Gli stessi uomini formano questo uomo, poiché noi, che siamo molti, siamo un'unica realtà, essendo unico il Cristo. 15 - [v 5.] I beni temporali sono instabili Il Signore ti benedica da Sion. Tu cominciavi a soppesare le parole: Ecco in qual modo sarà benedetto l'uomo che teme il Signore, e, forse, i tuoi occhi già si volgevano a quei tali che non temono il Signore e constatavi come le loro mogli fossero feconde e numerosi figli attorniassero il desco del loro padre. Ti stavi per muovere in non so quale direzione. Ti benedica il Signore, ma da Sion. Non andare in cerca di benedizioni che non provengono da Sion. Ma non è stato il Signore, o miei fratelli, colui che ha benedetto anche gli altri? Certo, è del Signore anche la benedizione materiale. Se infatti non fosse del Signore ma egli fosse contrario, chi si sposerebbe? E se il Signore non volesse, chi sarebbe sano? Chi potrebbe essere ricco se il Signore non lo volesse? È dunque Dio colui che dà questi beni, ma non ti accorgi che li ha dati anche alle bestie? Non proviene perciò da Sion una tale benedizione. Ti benedica il Signore da Sion e che tu possa vedere i beni di Gerusalemme. Gli altri beni non sono di Gerusalemme. Vuoi persuaderti che non sono beni di Gerusalemme? Anche agli uccelli fu detto: Crescete e moltiplicatevi. ( Gen 1,22 ) Vuoi avere come tuo bene supremo ciò che è stato dato anche agli uccelli? Fu loro dato, è vero, per un decreto divino: chi non lo sa? Ma tu, se ricevi beni di questo genere, usane con sapienza e, se ti sono nati dei figli, pensa ad allevarli più che non a procrearne altri. Non è infatti nell'avere figli che si trova la felicità, ma piuttosto nell'averne di buoni. Se ti sono già nati, datti da fare per allevarli; se ancora non ne hai, ringrazia Dio: poiché, facilmente, avrai meno preoccupazioni, e poi, nei riguardi di quella madre [ che genera spiritualmente ], non è detto che rimarrai infecondo. Potrebbe anzi darsi che proprio per la tua cooperazione nascano spiritualmente da tal madre quei figli che, come polloni d'olivo, circondano la mensa del Signore. Ti consoli dunque il Signore facendoti vedere i beni di Gerusalemme. I quali beni veramente sono [ consistenti ]. Perché sono [ consistenti ]? Perché sono eterni. Perché sono [ consistenti ]? Perché là risiede il re: Io sono colui che sono. ( Es 3,14 ) Quanto invece ai beni presenti, sono e non sono. Non hanno stabilità: fuggono, corrono via. Hai dei bambini piccoli e tu li accarezzi. Si accarezzano perché bambini, ma forse che rimarranno per sempre tali? Tu stesso desideri che crescano, desideri che avanzino negli anni. Nota però come, sopraggiungendo una nuova età, la precedente scompare. Ecco venire la fanciullezza, ma sparisce l'infanzia; viene l'adolescenza ma sparisce la fanciullezza; viene la giovinezza ma muore l'adolescenza; viene la vecchiaia ma muore la giovinezza, finché, arrivando la morte, finisce ogni età. Desiderando quindi il passaggio ad una nuova età [ della vita ], desideri insieme anche la morte dell'età precedente. Tutte queste cose quindi non sono. Poni, allora, che ti siano nati dei figli qui in terra. Li hai forse avuti perché vivessero sempre insieme con te o non piuttosto perché, dovendo succederti, in qualche modo già ti estromettessero? E tu godi perché ti è nato chi ti caccerà di casa? Ogni figlio che nasce dice infatti ai genitori su per giù questo: Suvvia! è ora che pensiate ad andarvene; dobbiamo anche noi rappresentare la nostra parte. È infatti una commedia tutta la vita dell'uomo sulla terra; ed è anche una tentazione, come è stato detto: Assoluta vanità [ è ] ogni uomo che vive. ( Sal 39,6 ) Tuttavia, se si gode per dei figli che vengono a prenderci il posto, quanto più non si dovrà godere per quei figli con i quali si vivrà stabilmente e per quel Padre che ci ha generati, il quale non solo non muore ma ha il potere di farci vivere per sempre con lui? Ecco i beni di Gerusalemme; essi davvero sono beni che sussistono. Orbene, ti benedica il Signore da Sion, e che tu possa vedere i beni di Gerusalemme. Quanto agli altri beni a cui volgi lo sguardo, li vedi da cieco. Che tu veda!, ma quei beni che si vedono col cuore. E quanto tempo durerà il mio vedere i beni di Gerusalemme? Tutti i giorni della tua vita. Se la tua vita sarà eterna, in eterno vedrai i beni di Gerusalemme. Se al contrario, miei fratelli, si trattasse di questi beni temporali, non li vedresti per tutti i giorni della tua vita. Non che quando ti separi dal corpo muori totalmente: la tua vita continua nel senso che, anche morto il corpo, lo spirito seguita a vivere. È vero che gli occhi del corpo non vedono più, in quanto se ne è andato colui che vedeva attraverso gli occhi, ma questo tale, che un tempo vedeva con gli occhi, continua a vedere qualcosa, dovunque si trovi. Così, ad esempio, quel ricco che sulla terra indossava abiti di porpora e di bisso. Non era [ totalmente ] morto, poiché, se fosse morto, non avrebbe potuto soffrire le pene dell'inferno. Forse per lui sarebbe stato desiderabile morire, ma, purtroppo per lui, era ben vivo giù nell'inferno, dove soffriva tormenti ma non vedeva i beni che aveva lasciati sulla terra. Ecco, egli viveva e viveva in quella maniera, ma i beni di una volta non poteva vederli. ( Lc 16,19-23 ) Tu desidera dei beni che possano essere veduti tutti i giorni della tua vita. Desidera, in altre parole, vivere in eterno insieme ai tuoi beni. 16 - [v 6.] Un'eterna pace succederà ai travagli del tempo Considerate, fratelli, quali siano questi beni. Potrà dirsi di questi beni: Sono oro, argento, un podere ben coltivato, delle pareti di marmo o dei soffitti decorati? Certo no. Di beni come questi ne hanno, nella vita presente, in maggior copia i poveri. Il povero infatti può vedere il cielo stellato, e questo è più che non guardare un soffitto laminato d'oro, come può fare il ricco. Fratelli, quale sarà allora il bene per il quale ardiamo d'amore e infiammati sospiriamo?, il bene per raggiungere e vedere il quale ci sobbarchiamo a tanti disagi? Avete infatti udito dalla lettura dell'Apostolo che tutti coloro che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù subiranno persecuzioni. ( 2 Tm 3,12 ) È vero che attualmente il diavolo non infierisce più contro i cristiani servendosi degli imperatori, ma non per questo i cristiani sono esenti da persecuzioni. Se fosse morto il diavolo, allora sarebbero cessate per sempre le persecuzioni, ma, se l'antico avversario è in vita, come fa a non ispirare tentazioni a nostro danno, a non accanirsi contro di noi, non minacciarci o non suscitare scandali? Oh! comincia davvero a vivere una vita santa e ti accorgerai subito che chiunque voglia vivere piamente in Cristo Gesù soffrirà persecuzioni. Ma con quali prospettive dobbiamo subire così aspre persecuzioni? Se sperassimo in Cristo avendo di mira solamente la vita presente - dice l'Apostolo - saremmo i più disgraziati degli uomini. ( 1 Cor 15,19 ) Per qual motivo i martiri furono fatti sbranare dalle belve? Si potrà dire a parole quale fosse il [ loro ] bene? o ci sarà lingua che lo sappia descrivere o orecchio capace di ascoltare [ una tale descrizione ]? In realtà, si tratta di cose che orecchio mai ha udito e che mai sono penetrate nel cuore dell'uomo. ( 1 Cor 2,9 ) Sforziamoci soltanto d'amare e di progredire [ spiritualmente ]. Le battaglie - lo vedete - non mancano: dobbiamo combattere contro le nostre voglie disordinate, e, se al di fuori combattiamo contro gli infedeli e gli insubordinati, al di dentro combattiamo contro i richiami [ del male ] e gli istinti animaleschi. Dovunque stiamo combattendo, e per il corpo che, essendo corruttibile, appesantisce l'anima ( Sap 9,15 ) e per il fatto che, se da un lato lo spirito è vita, tuttavia il corpo è morto a causa del peccato. Ma cosa accadrà in seguito? Se però abita in voi lo Spirito di colui che ha risuscitato Cristo dai morti, egli darà vita anche ai vostri corpi mortali, in grazia dello Spirito che abita in voi. ( Rm 8,10-11 ) Quando dunque passeranno alla [ vera ] vita le nostre membra, ora mortali, nulla ci sarà che opponga resistenza al nostro spirito. Non ci sarà più né fame né sete, cose derivanti dalla corruttibilità del corpo. Infatti, in tanto ti ristori in quanto c'è in te un qualcosa che si logora. Ora combattono contro di noi le voglie di soddisfazioni sensuali, e nella fragilità del nostro corpo portiamo germi di morte. Verrà però il momento in cui la stessa morte sarà trasformata in uno stato di immutabilità e il nostro essere corruttibile si rivestirà d'incorruzione e ciò che è in noi mortale si rivestirà d'immortalità. Quale allora sarà la sentenza sulla morte? Dov'è, o morte, la tua resistenza? dov'è, o morte, il tuo pungiglione? ( 1 Cor 15,55 ) Probabilmente anch'essa morrà, ma ci si potrà ancora chiedere: Ci saranno altri nemici? No. Così infatti prosegue: La morte [ è ] l'ultimo nemico; e quando essa sarà stata sgominata, succederà l'immortalità. Non ci sarà più alcun nemico quando l'ultimo nemico, la morte, sarà stato eliminato. ( 1 Cor 15,26 ) La pace è quindi il nostro bene: quel bene che ora sospiriamo. Ecco, fratelli, il nostro bene, il nostro bene preziosissimo: si chiama pace. Voi vi domandavate come si chiamasse e se lo si dovesse identificare con l'oro o l'argento, con un podere o con un vestito. Il nostro bene è la pace: non quella pace che regna fra gli uomini, infida, instabile, mutevole e incerta, e nemmeno quella pace che l'uomo interiormente gode in se stesso. Abbiamo infatti già parlato della guerra che l'uomo sostiene con se stesso e come gli tocchi combattere finché non abbia domato tutte le sue passioni disordinate. Come sarà dunque la nostra pace? Tale che occhio mai l'ha veduta e orecchio mai udita. ( 1 Cor 2,9 ) Come sarà questa pace? Sarà una pace proveniente da Gerusalemme. Difatti Gerusalemme significa "visione di pace". In questa maniera dunque ti benedica il Signore da Sion: ti faccia vedere i beni di Gerusalemme, e te li faccia vedere per tutti i giorni della tua vita. E che tu veda, non solamente i tuoi figli, ma anche i figli dei tuoi figli. Che significa: I tuoi figli? Le opere che tu stesso compi quaggiù. E i figli dei figli cosa sono? I risultati delle tue opere. Tu fai l'elemosina: è un tuo figlio. In premio dell'elemosina ricevi la vita eterna: è un figlio di tuo figlio. Che tu veda i figli dei tuoi figli. In tal modo si verificherà anche l'augurio successivo con cui [ il salmo ] si conclude: Sia pace su Israele! È questa la pace che noi vi predichiamo, che noi stessi amiamo e desideriamo sia amata da voi. È una pace che conseguiranno coloro che qui in terra sono stati pacifici. Per essere di là nella pace occorre essere pacifici di qua. Tali pacifici attorniano la mensa del Signore come polloni di olivo, sicché l'albero non rimane infruttuoso come quel fico in cui il Signore non trovò frutto quel giorno che ebbe fame. ( Mt 21,18-19 ) E osservate cosa gli capitò. Aveva soltanto foglie e niente frutti ( proprio come quei tali che dicono belle parole ma non compiono opere buone ), sicché quando venne il Signore affamato non vi trovò nulla da mangiare. Il Signore ha fame della nostra fede e delle nostre opere buone. Diamogli da mangiare mediante una vita buona ed egli ci sazierà dandoci la vita eterna.