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Lettera 259

Scritta verso il 429/430.

Agostino a Cornelio, un vedovo dissoluto che aveva chiesto ad Agostino l'elogio della moglie, ricorda quali sono le cose oneste che si possono chiedere agli amici ( n. 1-3 ) esortandolo a imitare la castità della defunta consorte se vuol ottenerne l'elogio funebre ( n. 4-5 ).

Agostino a Cornelio, dilettissimo signore e onorabile fratello

1 - A chi giova l'elogio della moglie defunta

Mi hai scritto perché io t'inviassi una lunga lettera consolatoria dato che sei rimasto fortemente turbato per la morte dell'ottima tua consorte, come ricordi che ha fatto il fedele servo di Dio Paolino all'indirizzo di Macario.

Veramente la tua consorte, accolta nel consorzio delle anime fedeli e caste, non cura né cerca le lodi umane, ma poiché questi elogi si fanno per conforto dei viventi, tu, dal momento che desideri consolarti con la sua lode, devi anzitutto vivere in modo da meritare d'essere un giorno là, dove si trova essa.

Orbene, io sono certo che tu non la pensi là, ove si trovano quelle che profanarono il talamo coniugale con l'adulterio o quelle che, senz'essere legate da alcun vincolo matrimoniale, si diedero a vita dissoluta nella fornicazione.

Per questo motivo, fare l'elogio di lei al fine d'allontanare, per così dire, il cordoglio dal marito, ben diverso da lei, è un'azione adulatoria, non già consolatoria.

Se infatti tu le volessi bene come te ne ha voluto essa, avresti conservato verso di lei la fedeltà ch'essa ha conservato verso di te.

Inoltre non si potrebbe affatto credere ch'essa si sarebbe unita in matrimonio ad alcun altro uomo nel caso che tu fossi morto prima di lei; per questo motivo non è forse vero che tu non avresti cercato, dopo di lei, neppure un'altra sola e lecita consorte, se tu sentissi veramente il bisogno d'essere consolato per la sua scomparsa col sentire l'elogio di lei?

2 - Perché Agostino non vuol accontentare un dissoluto

A questo punto tu mi chiederai: " Perché mi tratti così duramente? Perché mi rimproveri così aspramente? ".

Non siamo forse diventati vecchi a sentir queste parole mentre si trascina la vita che finirà prima che la si possa correggere?

Vorresti forse ch'io perdonassi il tuo funesto cinismo?

Quanto sarebbe meglio che tu perdonassi la mia sollecitudine, la quale, anche se non è amabile, è degna almeno di compassione?

Cicerone lanciava bensì invettive, animato da sentimenti ostili, e di natura ben diversa era il suo sforzo per governare a vantaggio dello Stato, ma diceva tuttavia: Desidero, Padri coscritti, essere indulgente, ma in sì gravi pericoli dello Stato desidero altresì non apparire negligente.1

Orbene, io, che tu sai quanto affetto nutro per te, io che sono ministro della parola e dei sacramenti di Dio, posto a servizio della città eterna, quanto più giustamente posso dirti: " Desidero, mio caro Cornelio, essere indulgente, ma fra sì gravi pericoli tuoi e miei, desidero nello stesso tempo non apparire negligente ".

3 - Cornelio scostumato e impudente

Una turba di donne ti sta alle costole e ti fa la sentinella, ogni giorno aumenta il numero delle adescatrici e noi vescovi ascolteremo, senza perdere la pazienza, il padrone o meglio lo schiavo di tante donne, il quale si strugge completamente nell'insaziabile lussuria a causa di tante meretrici e reclama da noi, in nome dell'amicizia, l'elogio della defunta sua casta consorte, sotto pretesto di lenire il suo cordoglio?

Quando tu eri, non dirò catecumeno, ma giovane come noi, come noi impigliato nel funestissimo errore, eri riuscito a correggerti di questo vizio col freno d'una fortissima volontà, ma dopo breve tempo sei ricaduto nuovamente nel vizio, in modo ancor più triviale, e in seguito ricevesti il battesimo nell'estremo pericolo della vita.

Ebbene, essendo tu adesso, non dirò cristiano, ma essendo già vecchio come lo sono io che per di più sono vescovo, ancora non ti correggi.

Tu desideri essere consolato da noi per la scomparsa della tua buona consorte, ma chi consolerà noi per questa tua morte più reale?

Forse per il fatto che noi non possiamo dimenticare i tuoi grandi favori verso di noi, dovremmo per questo essere ancora addolorati, a causa della tua condotta, esser trascurati, essere tenuti in nessun conto quando ci lamentiamo di te presso di te?

Noi però - dobbiamo confessarlo - non siamo nulla, per farti ravvedere e guarire del tutto: bisogna rivolgersi a Dio, pensare a Cristo, ascoltare l'Apostolo che dice: Oserò dunque prendere le membra di Cristo per farne le membra d'una prostituta? ( 1 Cor 6,15 )

Se nel tuo cuore disprezzi gli ammonimenti d'un vescovo tuo amico, chiunque egli sia, pensa che porti in te il corpo del tuo Signore.

Da ultimo, fino a quando vuoi peccare col procrastinare di continuo la tua conversione, dal momento che non conosci il tuo ultimo giorno?

4 - Cornelio imiti la pudicizia della defunta

Ma eccoti una prova per vedere quanto tu desideri l'elogio di Cipriana dalla mia bocca.

Se io vendessi ancora ai discepoli le parole nella scuola di retorica, prima riscoterei da loro il compenso.

Io voglio venderti l'elogio della tua castissima sposa, ma prima pagami il compenso, vale a dire la tua castità.

Pagami - ripeto - e prendi l'elogio.

Parlo in termini umani a causa della tua debolezza. ( Rm 6,19 )

Penso che Cipriana non si sia comportata bene nei tuoi confronti, se al suo elogio preferisci l'amore delle tue concubine e lo preferirai di certo, se preferirai restare in quell'amore, anziché giungere a ottenere l'elogio suddetto.

Perché vorresti strapparmi per forza un favore, importunandomi con le tue richieste, dal momento che capisci che torna a tuo vantaggio il prezzo che richiedo?

Perché implori con l'assoggettarti, ciò che puoi ordinarmi con l'emendarti?

Mandiamo ciascuno di noi un regalo all'anima della tua sposa e cioè tu l'imitazione e io l'elogio di lei.

Per altro, come ho detto più sopra, essa non ricerca più d'essere elogiata dagli uomini, ma dopo morta essa ricerca solo essere imitata da te, nella misura che t'ha amato da viva, sebbene tu fossi tanto diverso da lei.

Io farò quanto vuoi riguardo a lei, se prima tu farai ciò che voglio non solo io, ma anche lei.

5 - Cornelio viva casto per vivere sempre con la casta sua sposa

Quel riccone superbo ed empio - come racconta il Signore nel Vangelo - il quale indossava abiti di porpora e di lino finissimo e faceva pranzi sontuosi, stando negli inferi a pagare il fio delle proprie colpe, non era riuscito a ottenere neppure una goccia d'acqua dal dito di quel povero mendico, ch'era stato disprezzato e lasciato davanti alla sua porta; si ricordò allora dei suoi cinque fratelli e pregò Dio d'inviare loro quello stesso mendico, del quale vedeva il riposo nel seno d'Abramo, affinché non piombassero anche essi in quel luogo di supplizio. ( Lc 16,19-28 )

Se quello si ricordò dei suoi quanto più si ricorda di te la tua consorte?

Quanto più la tua casta sposa non vuole che tu vada a finire tra le pene degli adulteri, se neanche quel superbo voleva che i suoi fratelli piombassero tra le pene dei superbi?

Se il fratello non voleva essere unito ai fratelli nelle pene, quanto meno la tua consorte, ch'è in possesso della felicità, vuole avere il marito separato nelle pene?

Leggi quel brano del Vangelo: È la pia voce di Cristo; credi a Dio.2

Tu naturalmente sei desolato per la morte della tua sposa e credi di trovar conforto nelle mie parole, se ne tesserò l'elogio: riconosci invece che rimarrai desolato, se dovrai star separato da lei.

Devi forse, per il fatto ch'io non abbia ancora fatto l'elogio di lei, rattristarti più di quanto devo rattristarmi io, per il fatto che non è amata da te?

Se invece tu l'amassi davvero, brameresti d'essere con lei dopo la morte, ma tu non sarai con lei, se sarai come sei adesso.

Ama dunque colei della quale pretendi l'elogio, affinché io non sia costretto a negarti giustamente il favore che ipocritamente pretendi.

( E d'altra mano ): Dio ci conceda di rallegrarci della tua salute, o signore dilettissimo e onorabile fratello.

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1 Cicer., In Cat. 1, 2, 4
2 Aug., Ep. 32,5